domenica 12 aprile 2009

Morihei Ueshiba: una fotografia dal 1973


Non a caso tra le biografie dei grandi Maestri di Aikido del passato non avevamo ancora inserito quella del Fondatore, Morihei Ueshibamolti Aikidoka storici e importanti sono pressoché sconosciuti al grande pubblico e quindi risulta interessante andare a gettare maggiore luce sulle loro vicende personali, ma con O’ Sensei è diverso: molto, quasi tutto, è stato scritto ed in molte esaustive versioni.

Stavamo aspettando l’occasione di colmare questo nostro vuoto in un modo diverso da quanto si può comunemente ormai leggere con semplicità sul Web: le biografie di O’ Sensei sono tendenzialmente più o meno allineate fra loro e costituiscono il tema di molti importanti testi, che non è possibile eguagliare per dettagli o elementi inediti (vedi “Il guerriero invincibile” o “Ueshiba” sul fondo della colonna destra di Aikime). Quindi abbiamo atteso di trovare qualche elemento nuovo in una storia già nota.
Grazie alla gentile disponibilità di Angelo Bichiri e Daniela Zanovello è stato tradotto a loro cura dal francese l’articolo “Budoka e Misticismo”, comparso nel gennaio del 1973 sulla vecchia rivista Budo Magazine Europe Judo kdk, che parla proprio della vita di Morihei Ueshiba.

Questo testo non è mai stato pubblicato in italiano.

L’articolo è stato fornito da Yamamoto Sensei, che studiò per alcuni anni all’Hombu Dojo di Tokyo negli ultimi anni in cui il Fondatore era ancora attivo su quel tatami; a quanto pare fu Tamura Sensei a fornirglielo direttamente negli anni che furono. Ora è introvabile anche nella sua versione originale cartacea, in quanto SOLD OUT persino nelle collane storiche vendute su Internet.

Perché ci siamo interessati a questo testo?

Perché anche con tutti i limiti dei suoi essenziali contenuti (rispetto ad altri più completi che si possono trovare) ed anche con qualche piccola imprecisione storica, rappresenta la fotografia di come l’occidente iniziava a conoscere O’ Sensei quattro anni dopo la sua scomparsa, tempo in cui non molte informazioni erano trapelate dal Giappone, ma ci si rendeva forse già conto dell’importanza che questo personaggio avrebbe ricoperto in futuro… a seguito del suo importante operato che allora veniva tramandato oralmente solo da coloro che ne erano venuti a personale e diretto contatto.

Lo scritto stesso è un pezzo di storia, che ha un suo valore indipendentemente dal contenuto e che ci permette, ancora una volta, di leggere cose forse già note ma da un inedito punto di vista, così come a noi pare sempre importante fare.

Quindi è nel giorno di Pasqua che ci piace far “prendere nuova vita” (senza voler risultare religiosamente blasfemi) a questo scritto ed al personaggio di cui in esso si narra, che oggi più che mai è rimasto operante con la sua fruttifica disciplina.

Segue il testo:

"Budoka e Misticismo" di Roland Habersetzer, Francia, 01/1973

Si è addormentato il 26 aprile 1969, all’età di 88 [86!] anni, dopo una vita interamente consacrata al Budo, attraverso manifestazioni quotidiane dell’Arte dell’esistere, dove lui stesso posò le regole dell’Aikido.
Figura leggendaria
da vivo, O’ Sensei Ueshiha ha saputo provare quelli che l’avvicinavano allo stupore facile, alla fede incondizionata che lo spirito poteva dominare la materia, in un epoca dove non veniva in aiuto l’allora di moda americanizzazione giapponese.

Quando O’ Sensei Ueshiba era attaccato da più avversari insieme e malgrado una schiacciante sproporzione non in suo favore, era come se tutto scivolasse da lui, come una sfera protettrice, nella quale si muoveva con grazia quel piccolo uomo sorridente, con la barba bianca che lo imparentava con i venerabili saggi dell’epoca Ming, di cui vediamo essere ornati gli oggetti d’arte cinese.
O’ Sensei Ueshiba respirava il Budo, era Budo. Con i maestri Kano (Judo) e Funakoshi (Karate) fu senza dubbio uno di quelli che hanno marcato un punto invincibile sul cammino che porta a questo “BU” i migliaia di pellegrini che stimano il valore del sacrificio.

È stato un raro esempio di unicità di corpo e spirito, tanto cercata nel mondo e la sua storia può diventare una realtà tangibile.

Il saluto a O’ Sensei rivelava un senso profondo: inchinarsi non solo all’uomo, la sua Arte, la sua scienza, la sua esperienza, ma anche davanti alla testimonianza di questa entità che l’abitava, le cui manifestazioni confondevano i più increduli.

Il Maestro Morihei Ueshiba era nato a Tanabe nella provincia Kii ( attualmente prefettura di Wakayama, nel sud del paese) nel novembre 1883, un anno dopo che il Maestro Jigoro Kano ebbe gettato le basi del suo Judo.

Rimase magro e debole fino dall’adolescenza e fu cresciuto della sua vulnerabilità. Ma non era ancora un problema cruciale [per lui] visto che il piccolo Morihei aveva per ambizione solo di fare il mercante; è per questa ragione che andrà a Tokyo nel 1901, decisione che cambierà la sua vita.

Lavorando duramente di giorno per guadagnarsi da vivere, seguendo numerose esperienze per indottrinarsi, la sera studiava del Ju Jutsu, appena scoperto nella capitale.
Il giovane ragazzo di 18 anni si consumò rapidamente nel fisico e dovette ritornare nel suo villaggio natio, tra le sue montagne di Wakayama, per ristabilirsi.

A Tokyo aveva conosciuto la prima e decisiva tappa di quel che sarebbe divenuto un pellegrinaggio alle differenti sorgenti del vecchio Ju Jutsu.
Aveva seguito l’insegnamento del maestro Takusaburo Tozawa, della scuola Kito Ryu (1901).

La fragilità fisica gli aveva impedito questa volta di spingere gli studi oltre.
Ma il primo passo era fatto e Ueshiba non si sarebbe fermato
, ma avrebbe reagito con le caratteristiche forti del suo spirito.

Da quel giorno si dedicò con passione, allenandosi severamente per sviluppare quel corpo che l’aveva tradito, con marce forzate quotidiane, praticava esercizi per rinforzare la muscolatura con sacchi di riso, via via più pesanti.

A 20 anni era cambiato molto.

Il giovane Ueshiba era diventato un uomo forte, di 82 kg anche se di altezza modesta (1,54 m). Piccolo ma forte, gli succedeva di vincere numerosi concorsi di forza nei villaggi del distretto.

È qui che inizia la sua seconda tappa della sua lenta formazione. Nella città di Sakai pratica il Ken Jutsu scuola Yagyu Ryu del Maestro Masakatsu Nakai (1903), uscendone diplomato dal Maestro.

Più tardi il padre dell’Aikido confermerà che numerose basi della sua arte risalgano a quell’epoca (notoriamente per quel che concerne il movimento dei piedi e la disposizione delle mani).
Il legame di quel che sarebbe diventato poi l’Aiki e il Ken Jutsu era evidente, ma era ancora molto lontano dalla sua maturazione.

Nel 1904 vive un intermedio militare; Morihei Ueshiba giovane recluta, partecipa alla guerra russo- giapponese, vinta da questi ultimi; questa vittoria inattesa getta le basi dell’impero nipponico, ed esalta il patriottismo militare che andrà rafforzandosi.
Ueshiba riportava dal passaggio di quel drappello (il piccolo contingente militare a cui Morihei era aggregato) nuove esperienze acquisite sotto il fuoco dell’azione [militare], egli ne avrebbe tratto vantaggio per rinforzare un carattere non comune.

Torna a Tanabe dove rimpiazzerà il padre come leader della comunità, ebbe il tempo di iniziarsi al Judo Kodokan sotto la direzione del M° Kiyoichi Takagi, prima di ammalarsi una seconda volta… contraccolpo dovuto alle privazioni fisiche, risentite a causa del servizio militare.
Si ristabilì dopo sei mesi di letto.

Ma il suo spirito d’intraprendenza ebbe il sopravvento e Ueshiba cercò la direzione nella quale poteva occuparsi utilmente.
Era il 1910, il governo
Meiji incoraggiava la colonizzazione dell’Hokkaido, l’isola settentrionale dell’arcipelago nipponico, vero “farwest” con terre vergini che aspettavano uomini energici che le sapessero valorizzare.
Ueshiba fu uno di questi, che si impegnarono in questa nuova occupazione
, tanto bene che l’anno dopo venne eletto membro del consiglio municipale del villaggio di Kami Yubetsu, presso di Shirataki.

Nel 1912 verrà ricompensato per la sua instancabile attività con la donazione di terre e l’appellativo di “Re di Shirataki”; parallelamente Ueshiba ebbe la fortuna di toccare nuovamente l’essenza delle arti marziali tramite il M° Sokaku Takeda, che insegnava Ju Jutsu della scuola Daito Ryu a Engaru, sull’isola di Hokkaido.

Per Ueshiba è una inaudita fortuna, presso la quale ottiene il massimo del profitto, perché capisce a 28 anni che questo nuovo contatto verso il mondo che lo attrae lo porterà a rispondere via via alle tante domande che si poneva.

Il Ju Jutsu della scuola Daito (“grande oriente”) era considerata in Giappone “tesoro nazionale segreto” in ragione del suo eccezionale valore e della sua lunga storia che risaliva a Tsunemoto, sesto figlio dell’Imperatore Seiwa (o Sadazumi) del nono secolo.

Il metodo era stato trasmesso da generazione in generazione nel Clan dei Minamoto, ma sarà Shinra Saburo Yoshimitsu a rendere noti, dice la tradizione, i punti forti e i punti deboli del corpo [umano] dopo lunghe ricerche, studiando i cadaveri dei guerrieri. Si dice che egli ebbe la rivelazione del [la bontà del] suo metodo [di lotta] osservando i ragni mentre attaccavano la preda.

Fu divulgato dalla famiglia Takeda che ne divenne depositaria. Fu Nebumoto, 25° rappresentante di questa famiglia. che chiamò questa scuola “Daito”.
Il contatto con Sokaku Takeda fu decisivo per Morihei Ueshiba, che intravide per la prima volta la nascita del suo personale Aiki che aveva radici nel metodo Daito Ryu; aveva come discepolo una devozione totale verso il suo Maestro, gli preparava i pasti, costruiva la sua casa, viveva al suo fianco, dimenticandosi [di tutto il resto] e concentrandosi solo sullo studio.

I momenti di insegnamento erano rari, quindi preziosi, Ueshiba non ne perdeva uno, imparando velocemente, con l’estrema facilità di assimilazione che gli era propria
. Takeda riteneva importante che egli conoscesse l’essenziale, quindi nel maggio del 1916 gli dette il diploma di Maestro della sua scuola.

Poco tempo dopo Morihei Ueshiba ricevette cattive notizie sulla salute di suo padre, quindi lasciò tutto quello che aveva acquisito ad Hokkaido al suo Maestro Takeda e decide di tornare a casa.
Portava con sé il più prezioso avere, un carattere cresciuto in una nuova prova e i segreti di una nuova scuola di Ju Jutsu, quella cioè che l’avrebbe marchiato più profondamente.

Ma il destino volle che le sue preoccupazioni spirituali trovassero quiete nella sorte di un incontro.
Nel treno che lo riportava al sud, Ueshiba sentì parlare dell’esistenza di un profeta animato da rari poteri spirituali, che risiedeva a Ayabe, nella prefettura di Kyoto, il reverendo Onisaburo Deguchi. Pensando alla nuova prova da affrontare e al diminuire della [sua] l’energia spirituale, decise di rendere visita a quest’uomo.

Questo incontro lo impressionò parecchio, fu per lui una rivelazione; tornò a casa (dove trovò suo padre deceduto) e decise subito di installarsi a Kyoto con tutta la sua famiglia, vicina a Deguchi, al fine di potersi dedicare al problema della vita e della morte che lo tormentava.

Deguchi poteva aiutarlo efficacemente perché Ueshiba aveva una totale fiducia in lui, questa guida spirituale risulterà un punto terminale del tempo di gestazione di questo Aikido, che da 15 anni prendeva lentamente forma.

Deguchi pretendeva di essere fondatore di una nuova religione, l’Omotokyo, che poteva definirsi come la sintesi del Buddismo cinese, dello Shintoismo giapponese e lo Sciamanesimo (religione animista praticata in Mongolia e in Siberia).
La meta di questa religione era di unificare il mondo tramite l’amore per il prossimo, il principio di bontà, un concetto che farà decidere a Ueshiba di umanizzare le vecchie Arti Marziali; da tecnica di distruzione potevano diventare sorgente di vita, armonia e amore.

Ueshiba si buttò con tutte se stesso, sempre studiando Ju Jutsu della scuola Shinkage Ryu da cui aveva ottenuto il diploma nel 1922.

La sua vita quotidiana cambiò a tal punto che alcuni lo ritenevano un po’ matto. Passeggiava meditando sui promontori vestito di bianco, o pregava con fervore, passando a fasi alterne da prostazioni a passioni verso il firmamento.
Non era più lo stesso uomo, il misticismo prevaleva e impregnava la scorza del Budoka già compiuto.

Fedele discepolo di Deguchi, Ueshiba si offrì in modo naturale alla grande avventura che voleva tentare in Mongolia. Il profeta aveva intenzione di fondare un regno religioso, nel quale venissero sintetizzate tutte le credenze dell’Asia: in questo paese sarebbe potuta regnare [a suo dire] una pace reale, basata sull’unità e la prosperità naturale.
La partenza si fece in grande segreto, il 13 febbraio del 1924, con un piccolo pugno di convinti discepoli. Il primo obiettivo era Moukden in Manciuria, dove incontreranno il generale Lu Chan Kuei che permetterà alla piccola truppa di passare la frontiera mongola.

La Cina allora era in piena crisi rivoluzionaria e nelle province l’autorità riconosciuta era fortemente instabile; Lu- Cha Kei fu assassinato e il viaggio di Deguchi e della sua piccola truppa prese presto l’andamento di un esodo; i fuggitivi non potendo eludere i pericoli della situazione vennero presi prigionieri dai cinesi.
Scamparono al plotone d’esecuzione, rimanendo comunque incatenati in prigione a Paiyitaila. L’avventura si dimostrò una disastrosa tournè.

Il governo giapponese comunque, dopo numerosi tentativi, ottenne la loro liberazione ed il 25 luglio 1925 ritornarono nel porto di Moji, dove furono accolti con ovazioni da numerosi amici.

Deguchi e Ueshiba si stabilirono nuovamente a Ayabe dove il secondo si mise nuovamente a studiare le Arti Marziali, nella foresta che copriva i pendii della montagna.
Tra il 1925 e il 1926 Ueshiba fu assorbito dallo studio della lancia. Sviluppava in sé il 6° senso, che gli permetterà entrare nel dominio di un’efficacia reale.

È infatti nel 1925 che Ueshiba scopre infine, quasi brutalmente, la nuova dimensione del Budo… che risponde a tutte le sue preoccupazioni, fu una risposta mistica, che lo ricompensava della sua vita da asceta; una sorta di illuminazione improvvisa, che lo lasciava senza forze ma pieno di gioia, perchè la risposta dopo tanti anni sembrava sgorgare da se stessa. Ecco la traduzione che il Maestro rimandava di quel giorno indimenticabile:

“Passeggiavo nel mio giardino, quando all’improvviso ho preso coscienza che terra e cielo entrarono in vibrazione, una palla di fuoco si sollevava dal suolo, mi avvolgeva e trasformava il mio corpo, diventato leggero, leggero.
Il mio corpo e il mio spirito si illuminarono.
Capivo il linguaggio degli uccelli e ho percepito chiaramente l’essenza del creatore. Ho capito immediatamente che la sorgente del Budo era l’amore di Dio.
Lacrime di gioia inumidirono il mio viso.
Ho sentito che la terra era la mia casa, il sole , la luna e le stelle le mie cose.
Fui liberato da ogni desiderio, non solo della gloria e del prestigio, ma anche da quello di essere forte. Capì che lo spirito di Budo era la pace, l’allenamento del Budo consiste nell’emanare l’amore di Dio”.

Il maestro Ueshiba aveva dunque raggiunto l’ultima tappa, quella del risveglio del sé tanto cercato dagli asceti: in lui [ciò] aveva rischiarato tutto in un sol colpo e gli aveva permesso di superare un problema che fin a quel momento si era posto in termini di forza e tecnica.
Il maestro Ueshiba vivrà ancora due anni a Ayabe.
La sua reputazione era tale che sovente persone che avevano già un alto grado nella disciplina dei diversi Budo venivano a conoscerlo per beneficiare del suo insegnamento; maestri come: Kubota, Otsuta, Inagaki, Oshikawa, Inoue, Abe, Tomiki, tutti esperti in Judo e Kendo.

Intanto, rispondendo a numerosi inviti, il maestro Ueshiba che ancora non aveva il suo Dojo stabile prese ad insegnare il suo metodo in modo itinerante.
Rispondendo all’invito dell’ammiraglio Takeshita acconsentì a tenere un corso di 21 giorni alla guardia imperiale di Tokyo, a coloro in possesso del grado minimo di 5° Dan di Judo e Kendo.

Infine, al termine del 1927 lasciò Ayabe per stabilirsi a Tokyo.
Fu il tempo dei confronti e delle difficoltà organizzative.
Il suo primo Dojo fu il salone da bigliardo prestato dal principe Shimazu.

Gli allievi affluivano sempre più numerosi, fra loro personaggi influenti nella società, a causa del fatto che l’Aikido divenne il nuovo Budo “alla moda” arrivarono anche molti ufficiali superiori dell’arma, e persino attori, ballerini venuti per studiare spostamenti e movimenti del corpo nell’Aiki.

A questo ritmo però il primo Dojo era diventato troppo piccolo, quindi si decide questa svolta, di costruire di un Dojo centrale permanente. Durante questo periodo di transizione il maestro Ueshiba dovette affrontare suo malgrado numerose sfide o tentativi di aggressione destinati a tastare la famosa efficacia dell’Aikido.
Né uscì sempre con clamore e l’Aikido ne beneficiò di una grandissima pubblicità.

Il maestro Ueshiba conobbe momenti d’intensa gioia, il giorno in cui il Maestro Jigoro Jano, accompagnato dai membri più alto in grado del Kodokan, vennero a vederlo e apprezzarono l’Aikido… in questi termini “questo è il mio Budo ideale”…venendo la frase dal Fondatore del Judo, rispettato in tutto il Giappone, e godente di un’influente posizione nella società, non era di poco peso!

Il Maestro Kano andò però più in là ancora, mandando numerosi suoi discepoli per studiare l’Aikido, sotto la direzione di Ueshiba.
Ci fu tra questi il maestro di Judo Nagaoka (che abbandonò poco tempo dopo per ragioni di età avanzata) e Minoru Mochizuchi (che si concentrò a fondo su questo nuovo studio).

Il nuovo Dojo, il Kobukan fu aperto finalmente nell’aprile 1931 a Ushigome (periferia di Tokyo) in partenza su un tatami con 80 materassine, che velocemente vennero portate a 130.
C’erano all’epoca una quarantina di allievi che frequentavano con passione, volontà di ferro e una reale sete di apprendere, in un ambiente considerato adesso come l’età d’oro dell’Aikido.
Un’epoca in cui si era devoti al Maestro, ci si alzava alle 5 del mattino per pulire il Dojo , perché fosse pronto alle ore 6.30.
Non vi era posto per gli inattivi, tra questi ferventi discepoli negli anni 1933-1934 ci furono futuri Maestri di grande risonanza: Rinjiro Shirata, Shigemi Yonekawa, Zensaburo Akazawa, Tsuyoshi Shiota, Kenji Tomiki, Tesshin Hoshi, Gozo Shioda e molti altri che semineranno nel mondo intero l’Aikido, spargendo il messaggio del maestro Ueshiba, purtroppo a volte deformato.

Parallelamente alla vita dell’Hombu (Dojo centrale), Morihei Ueshiba ebbe un’altra soddisfazione, il 13 ottobre 1932 fu fondata l’Associazione per lo sviluppo del Budo, il “Budo Sen’Yokai” di cui fu eletto Presidente.
Il centro di questa Associazione si trovava nella città di Takeda, in cui il Maestro comprò una casa, dalla quale diresse gli allenamenti.

Nel 1940, sotto l’amministrazione del primo ministro Inoue, venne creato un nuovo comitato per la promozione del Budo, in cui il Maestro Ueshiba naturalmente era membro.

Fu il quel periodo che soggiornò un’ultima volta in Manciuria, con una delegazione di Budoka, per festeggiare il 10° anniversario dell’Impero di Mandchoukouo controllato dal Giappone.

Era l’epoca dove Koichi Tohei, attualmente 9° Dan, raggiungeva il gruppo.

La guerra scoppia nel 1941, con la partenza per il fronte le attività dell’Hombu Dojo rallentano, l’istruzione è dispensata da Waka Sensei [Maestro ereditario] Kishomaru Ueshiba, figlio del Maestro e da Kishomaru Asawa.
Sappiamo che la disfatta del Giappone e l’occupazione americana miravano a distruggere le antiche strutture tradizionali del paese, portando un colpo fatale all’insieme delle Arti Marziali che erano a giusto titolo il mezzo per la sopravvivenza dell’anima tradizionale nipponica. Solo le attività sportive restarono tollerate, quindi bisognava sotto minaccia di sparizione, far evolvere gli antichi Budo per farli accettare nel quadro del Giappone in ricostruzione.

Così fu anche per l’Aikido, già dal 22 maggio 1945 l’Associazione Kobukai fu cambiata in Aikikai e questa nuova organizzazione ebbe uno scopo [dichiaratamente] educativo e sportivo: verrà approvata nel 1948; assistiamo quindi alla rinascita dell’Aikido, prima in Giappone e in seguito nel mondo intero, soprattutto dopo il 1950.

l Maestro Ueshiba avrà largamente il tempo di vedere la perennità della sua opera, prima della sua scomparsa nel 1969. Potrà pertanto rendersi conto dell’effervescenza che lentamente intorpidiva il suo Aikido tradizionale, una scissione tra la non violenza e la tecnica che mira soprattutto all’efficacia in combattimento.
Seppe senza dubbio che quella evoluzione era inevitabile e irreversibile, questo era il riscatto da pagare per la sua espansione.

Tutto questo proveniva dal non aver captato il messaggio di un Maestro che tutti i praticanti di Aikido venerano; il messaggio di un uomo che aveva certamente costruito il suo metodo sulla sistesi di molte scuole antiche di Ju Jutsu ma che soprattutto l’aveva arricchita da mistiche appassionanti e determinanti per il tocco finale della sua Arte.
È per questo che poche persone, anche esperte nella tecnica d’Aikido hanno capito il senso reale delle parole del Maestro.

“Non vi è né forma né stile nell’Aikido. Il movimento dell’Aikido è movimento della natura dove il segreto è profondo e infinito”.

Roland Habersetzer

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un bellissimo documento, grazie!

Chakram

carlo seishindojo ha detto...

Interessante come sempre.
Grazie mille!