lunedì 22 maggio 2023

Aikido ed il paradosso dell'uke oppositivo

Quanto dovrebbe essere oppositivo uke durante la pratica?

Quanto dovrebbe farci sudare la realizzazione della tecnica che vorremmo creare grazie al suo attacco?

... Un tema molto crucciale nei circuito dell'Aikido (e anche oltre)... poiché un uke eccessivamente compiacente rischia di fare danno esattamente come potrebbe farlo se si mostrasse troppo oppositivo... ma a proposito esistono numerose (e divergenti) scuole di pensiero.

Essendo la nostra disciplina di chiara matrice marziale, si suppone che le azioni siano ambientate in un contesto conflittuale... ovvero nel quale chi attacca non è li per cadere, a meno che venga costretto a farlo, o che scelga di farlo per non ferirsi.

Al contrario, un attaccante che si auto-abbatte non permette uno studio serio al proprio partner di pratica, che magari potrebbe sentirsi pure per qualche istante Kenshiro... ma risulterebbe solo l'eroe di una pantomima fake.

Ovvio quindi che una qualche forma di resistenza da parte di uke dona senso all'azione del proprio tori... ma quanta?

Dalla Scuola dalla quale provengo, uke deve sempre tenere più stretto possibile, deve piazzarsi bene a terra e non deve muoversi di un millimetro... a meno che non sia tori ad indurlo al movimento, sbilanciandolo e vincendo le sue resistenza con un buon angolo ed un buon timing.

In questa accezione, più uke si mostra oppositivo... maggiormente deve essere abile tori a performare la tecnica: per fare questo si utilizza tantissimo l'allenamento statico, poiché è noto a tutti dalla fisica delle medie che mettere in movimento un corpo fermo richiede di superare la sua forza di inerzia iniziale.

Più semplice risulta sbilanciare una persona che è già lanciata in un attacco, e di conseguenza ha essa stessa un equilibrio meno stabile.

Nell'Iwama Ryu quindi si privilegia per anni un kihon statico proprio per evitare che l'attacco sia scialbo e quindi perda di valore la nostra azione: ci sta, ma cosa accade poi realmente in pratica?

Ve lo racconto, pure di primo pelo, perché l'ho vissuto sulla mia pelle per anni.

Una tendenza nata nella pratica con una certa utilità, può diventare mostruosa ed inutile se mandata ai suoi estremi.

Ad esempio l'ultima volta che sono stato ad Iwama, era chiaro come le prese che ricevevo non si prefiggessero solo il compito di avere un attacco serio... ma di impedirmi di fare ciò che il Sensei stesso mi stava chiedendo di fare. Mi spiego meglio.

Tenere forte è un conto... ma tenere forte e tirare nel senso opposto a quello in cui la mia mano avrebbe dovuto andare è un mero atto di sabotaggio: uke, che sapeva bene cosa avrei dovuto fare (perché lo aveva visto dal Sensei) cercava di remarmi contro in ogni stante della tecnica, irrigidendosi, andando nella direzione opposta a quella che avrei dovuto percorrete, etc.

Era "ganzo" ci riusciva a portare a termine l'azione NONOSTANTE uke avesse fatto di tutto per impedirlo.

L'allenamento risultava quindi particolarmente inutile: ogni tecnica una sorta di panca piana, nella quale usare la mia forza contro uke, che utilizzava la sua forza muscolare contro la mia... in quello che ho molte volte chiamato "braccio di ferro waza". Così l'opposizione risultava abbastanza inutile, poiché non mirava a far crescere il proprio tori, quanto a svalutarlo con un atteggiamento passivo-aggressivo.

Bisogna infatti notare che l'attacco è sempre un dare energia, un fornire un impulso che entra in tori... non limitarsi ad annullarne ogni movimento con un'azione uguale e contraria: se mi attaccassero così per la strada... attenderei che si stanchino!

C'è un altro simpatico baco nel dare sempre più opposizione possibile da parte di uke: i neofiti.

Ovvio che, se uno ha appena iniziato la pratica, qualsiasi espero è in grado di opporsi in modo tale da non fargli venire più nulla, da stoppargli qualsiasi tentativo di liberarsi sin dal principio: ma, nuovamente, sarebbe utile un atteggiamento simile?

Farebbe progredire il neofita o lo demotiverebbe inutilmente?

Nell'Iwama Ryu questo atteggiamento è stato molte volte usato per sancire chi fosse il maschio-alfa sul tatami: "quello che riesce a fare le tecniche con tutti gli uke, mentre nessuno riesce a fare le tecniche con lui quando tocca a lui essere uke".

Pisellismo... insomma: poi alcuni corsi si chiedono come mai non sono frequentati da donne e ragazze. Ovvio che non lo siano: il gentil sesso non è per nulla interessato ai giochi di compagni che utilizzano la pratica per misurarsi l'ammennicolo con una certa frequenza.

Quindi ostruzione si... ma fino ad un certo punto, oltre il quale diventa addirittura controproducente.

Ora esaminiamo la posizione diametralmente opposta, ovvero quella nella quale uke segue, sempre e comunque.

In questo caso di buono c'è che si apprende la non-resistenza, il jutai, che sembra essere un elemento piuttosto importante per il corpo e per la mente di un praticante di arti marziali.

Il problema però è che un attacco privo di ogni forma di resistenza, poiché da un impulso e poi si lascia trascinare ovunque questo lo condurrà... sa di attacco magari omicida, ma suicida un secondo più tardi.

L'avversario che si auto-abbatte - lo abbiamo detto qualche riga sopra - offre poca (se non nulla) possibilità a chi lo riceve di migliorarsi... perché è proprio indipendente da qualsiasi cosa faccia tori.

Risulta una recita, con ruoli prefissati... nella quale uno fa finta di attaccare e l'altro di difendersi, ma dove non c'è nulla di tutto ciò, perché l'attacco stesso non ha i presupposti di un attacco nemmeno lontanamente reale. In questo caso la scenetta può anche riuscire bene e risultare particolarmente armonica e spettacolare... ma è stato estromesso di netto il conflitto, che invece era proprio la caratteristica preminente del contesto dell'allenamento.

Molte Scuole - in modo più o meno consapevole - agiscono secondo questo copione almeno parzialmente fake: di solito si tratta di tutti coloro che non praticano raramente un allenamento di tipo statico (come accade l'Aikikai Honbu Dojo) o che si dedicano al cosiddetto "soft touch" (ad esempio coloro che seguono Endo Sensei, per fare un nome molto noto).

In realtà ci sono cose mirabili che si possono apprendere in queste Scuole, come la rilassatezza, il senso del timing (che appunto migliora più siamo rilassati), del ritmo della pratica, etc... Non si tratta quindi di contesti "fake", ma di luoghi nei quali uke diventa un po' "il giocattolo di tori", il quale lo "addestra" a fare un po' ciò che questi ritiene più produttivo per lui.

Buono, produttivo ed utile per certi aspetti... se non fosse il fatto che in un conflitto è tori che deve imparare ad armonizzarsi al proprio attaccante, e non il contrario. Questo tipo di pratica quindi è importante, ma rischia - ad un certo punto - di pervertire il significato stesso di arte marziale.

Esiste però una terza via, forse la più interessante a mio avviso... ma anche quella che necessita di esperienza maggiore da parte di tutti i praticanti, indipendentemente dal ruolo che ricoprono: quella del kaeshi waza, ovvero della "contro-tecnica".

In questo contesto, il mandato di uke è quello di fare un attacco credibile... ma non solo UNO.

Durante lo svolgimento dell'azione, egli può divincolarsi e riattaccare o tentare di applicare una contro-tecnica ogni qualvolta che ciò gli risultasse possibile: in questo modo tori sa di avere fra le mani una bomba inesplosa... che può ferirlo anche DOPO che il suo primo attacco è stato reso inoffensivo.

Sfortunatamente, questo livello della pratica richiede sia a tori, che ad uke di avere già sviluppato alcune capacità non esattamente basilari: una certa precisione tecnica, ma anche una sensibilità acuta ed un buon senso del timing... oltre alla chiara intuizione di quando ha senso continuare con la propria azione, o quando è bene invece desistere.

Il livello kaeshi waza infatti tende ad alimentare una certa dose di competizione fra i praticanti, che può risultare dannosa, se non addirittura pericolosa: tori vuole chiudere la tecnica a tutti i costi perché il compagno non possa più ribellarsi ad essa (di solito facendo un più massiccio utilizzo della forza muscolare), mentre uke tende a non accettare mai del tutto che per lui sia finito il tempo di attaccare e che gli convenga quindi cedere per non farsi male.

Entrambe le situazioni rischiano di essere estremizzate e quindi diventare pericolose per l'integrità dei praticanti. Più di una persona con la quale ho parlato mi riferiva, ad esempio, che Hosokawa Sensei smise di insegnare e far praticare kaeshi waza proprio per questa ragione.

Però non è detto che sia impossibile utilizzare bene uno strumento, solo perché è facile che esso sia usato male.

Il kaeshi waza, infatti, è un'ottima risposta a quanta resistenza debba fare un uke: richiede quest'ultimo sia ingaggiato al proprio mandato ben oltre l'attacco iniziale, ma per tutta la durata dell'azione.

Ogni volta che uke scorge un angolo libero o un istante di scopertura del compagno glielo fa notare con un ulteriore attacco: certo, è facilissimo per tori offendersi, prendere la cosa sul personale e preferire un "uke addomesticato" a dovere... ma se accetta che gli vengano rimandati i suoi punti lacunosi nella pratica di certo potrà crescere molto velocemente.

Quando ciò accade può non essere piacevole, ma risulta sicuramente utile per chi veramente è interessato allo studio di se stesso sotto stress!

Per la cronaca, la tradizione insegna che la pratica del kaeshi waza è essa stessa un katageiko, ovvero un allenamento pre-ordinato: si lascia volutamente un "buco" nella propria tecnica, così che uke impari ad avvertirlo e ad approfittarne per fare una contro-tecnica.

Questo però non è che l'inizio dello studio del kaeshi waza in realtà: se questo viene affidato solo ad una situazione pre-ordinata si rischia infatti di sfociare in un nuovo teatrino fake, ovvero nel quale tutti sanno già cosa fare, quando e come farlo.

Il kaeshi waza reale è un'altra cosa... ovvero deve avvenire all'improvviso, quando meno uno se lo aspetterebbe, senza che ci sia stato alcun accordo precedente fra i praticanti.

Ma anche in questo tipo di pratica e pur se non viene incentivata alcuna forma di competizione, esistono delle zone d'ombra dalle quali è bene tenersi alla larga: ad esempio deve essere chiaro per uke come la possibilità di kaeshi waza deve essere impiegata SOLO per fare notare al proprio compagno una sua apertura della quale non è consapevole... e che ciò è da fare in questo modo SOLO se presumiamo che questi sia in grado di cogliere il messaggio positivo che può trarne per la propria pratica.

In altre parole NON serve a nulla fare kaeshi waza per mostrare che siamo maschi alfa, in alternativa ad opporre una resistenza in grado di "schiacciare" fisicamente ed emotivamente il proprio compagno. Risulterebbero infatti due modalità diverse di fare la stessa cosa... peraltro inutile per entrambe i praticanti.

Ci sono anche momenti nei quali opporre una resistenza attiva o passiva è più sensato che in altri.

Nella pratica ordinaria one-to-one - ad esempio - può avere un senso... nel bel mezzo di un randori durante un esame non saprei se ne avrebbe altrettanto... Ha senso se si pratica con Aikidoka che hanno avuto modo di maturare un certo livello di padronanza di sé e di ciò che accade intorno a loro; può essere del tutto improduttivo, se non addirittura pericoloso invece fra neofiti.

Insomma è una cosa complicata perché la resistenza che è bene fare da uke dipende da numerosi parametri diversi, e spesso è solo l'esperienza ciò che ci può guidare nei vari distinguo.

Una cosa è certa: con l'aumentare del livello di un praticante è naturale che anche il suo compagno possa aumentare in proporzione la sua resistenza (passiva e/o attiva)... poiché ciò risulta di beneficio a chi la riceve.


Essendo l'argomento importate quanto complesso, ci stiamo attrezzando con numerosi video esplicativi sul tema... quindi presto avrete buone nuove!

Stay tooned.


Marco Rubatto





lunedì 15 maggio 2023

Formazione nazionale dei Tecnici Aikido FIJLKAM 2023

Ogni anno vi tengo al corrente sulle novità del Settore Aikido FIJLKAM, poiché mi pare importante veicolare alla community ciò che avviene dentro ad un'istituzione... specie se la maggior parte degli Aikidoka in Italia ne sono al di fuori, e quindi potrebbero non esserne informati con una certa costanza.

Quest'anno in FIJLKAM abbiamo coronato un altro importante traguardo: quello di dedicare un evento di tipo "nazionale" alla formazione dei Tecnici Federali in possesso delle Qualifiche di insegnamento più alte.

Tradizionalmente questo evento formativo coincideva con il Seminar Nazionale, che per moltissimi anni si è svolto presso il Centro Olimpico del Lido di Ostia, ma lo scorso anno la Commissione Tecnica Nazionale che presiedo ha proposto ed è riuscita a farsi approvare dal Consiglio Federale che gli eventi nazionali raddoppiassero, e ve ne fosse uno specificamente dedicato alla formazione dei Tecnici Federali.

Perché questo cambiamento?

La ragione principale è quella di potersi dedicare il più possibile ad una formazione specifica, che non può agevolmente essere fatta in un ambito che mette sullo stesso tatami praticanti dal 6 kyu al 6 dan. Tenete presente che la formazione nazionale è OBBLIGATORIA per il mantenimento della propria Qualifica di Insegnanti, quindi ci è parso più che importante dare più qualità specifica possibile a chi deve ottemperare ad un obbligo.

Un praticante, anche magari datato, ha esigenze differenti da chi ha intrapreso la carriera di docente; quest'ultimo è interessato ad aspetti molto più poliedrici di quelli meramente di carattere tecnico... e siccome è tenuto a formarsi in continuazione, più attenzione e qualità riceve, più lo farà volentieri e spontaneamente... anche al di là degli obblighi previsti dal Regolamento Organico Federale.

Lo Stage Nazionale di Aikido continuerà ad essere organizzato in modo itinerante, sempre nel periodo ottobre-novembre... ma la partecipazione quest'ultimo NON sarà più obbligatoria per i Tecnici Federali, visto che da ora essi potranno invece OGNI ANNO contare sul LORO appuntamento formativo, presso il Centro Olimpico FIJLKAM di Ostia (se riusciamo, lo manterremo intorno ad aprile).

Nello specifico, vediamo insieme in cosa è consistita questa prima proposta formativa: ci siamo trovati al Centro Olimpico gli scorsi 14, 15 e 16/04 ed il venerdì abbiamo approfittato per fare una riunione de visu - dopo ben 3 anni - con i Fiduciari Regionali ed i Tecnici presenti.

Eravamo una quarantina abbondante di persone, su un totale di circa 65-70 Tecnici Federali attuali in tutto, quindi una partecipazione discreta per questo primo appuntamento sperimentale. Per questo primo anno, abbiamo consesso facoltà ai Tecnici di poter scegliere anche il prossimo Seminar Nazionale come credito formativo personale, quindi ci auguriamo di vedere li quelli che sono mancati all'appello questa volta.

Non è risultato per nulla banale costruire un'attività formativa specifica per l'Aikido, che quindi non fosse solo di tipo tecnico, visto che la platea è - come sempre in Federazione - formata da Docenti interstile;  quest'anno abbiamo dovuto superare una difficoltà ulteriore, ovvero dovere gestire questo evento con la metà esatta delle risorse della CTN.

Per ragioni di salute il Mº Nuccio Iuculano ed il Mº Giancarlo Giuriati non hanno potuto essere dei nostri, e ad entrambi auguriamo una pronta e completa ripresa... quindi ci siamo trovati io ed il Mº Giovanni Desiderio a gestire quasi tutte le attività sia pratiche che teoriche.

Ci siamo fatti però egregiamente supportare da Pietro Leto Sensei, che - oltre ad essere un Tecnico Federale - è anche un formatore BLSD certificato e con un'ampia esperienza sul campo, ed a lui quindi abbiamo affidato un corso intitolato "cenni di primo soccorso, cardio protezione, ed utilizzo del defibrillatore", che è stato tenuto in Aula Magna nel pomeriggio di sabato 15/04.

Il Mº Giovanni Desiderio si è occupato, in separata sede prima con ISTRUTTORI e MAESTRI, e quindi con gli ALLENATORI di tracciare alcune linee del progetto federale di Aikido a favore dei bambini, intitolato "sviluppo delle capacità motorie del bambino (5-9 anni)". Queste sono state lezioni teorico-pratiche.

Io invece, in contemporanea, ho trattato prima con gli ALLENATORI e quindi con gli ISTRUTTORI e MAESTRI lo studio delle forme con le armi; il titolo delle lezioni era: "buki waza, origine ed evoluzione del katageiko".

Con il primo gruppo (i meno esperti fra i Docenti) abbiamo praticato alcuni kata desueti (18 no jo kata e 32 no jo kata) e poi ragionato insieme sulle motivazioni che possono avere spinto il Fondatore a fare evolvere le forme di jo che utilizzava, notando come parti di esse siano state utilizzate per creare i suburi di base, che molti di noi praticano regolarmente nei Dojo.

Ecco una delle forme che abbiamo utilizzato. Al termine di essa si vede bene - ad esempio - che il suburi nº 19 (hidari nagare gaeshi uchi) ed il nº 20 (migi nagare gaeshi tsuki) vi erano contenuti entrambi.


Con il secondo gruppo (i più esperti fra i Docenti) abbiamo praticato i 10 ken tai jo furui (dei quali abbiamo parlato già QUI di recente), e quindi abbiamo studiato dove i pattern di movimento derivanti da essi siano stati poi riutilizzati nel buki waza studiato odiernamente (kumijo, kumitachi).

Possiamo dire di avere fatto lezione pratiche, ma anche di "archeologia" Aikidoistica al contempo.

Per colmare il vuoto di una lezione che non è stato possibile fare in streaming con il Mº Giancarlo Giuriati (che ha però fornito una dispensa a tutti i partecipanti) il Mº Giovanni Desiderio ha offerto una lezione pratica di bokken, con approfondimento sugli aspetti fuori dagli schemi e dalle applicazioni predefinite che normalmente utilizziamo in Aikido.

Io invece ho tenuto in contemporanea una lezione teorica, intitolata  "le dinamiche di un Dojo di successo", che si è prefissa di fornire strumenti per aumentare il numero dei propri iscritti e far riflettere sugli elementi in grado di determinare la “fortuna” di un Dojo, rispetto alla sua problematicità. Le slides utilizzate sono poi state messe a disposizione dei presenti.

Si è fatto cenno alla percezione stessa della realtà ed alle principali aspettative di chi si approccia oggi all’Aikido, per comprendere come essere in grado di accogliere le differenti prospettive dei praticanti attuali e di quelli futuri. É stato fatto cenno all'importanza della conoscenza di base della nomenclatura giapponese utilizzata durante le attività, così come la chiarezza e la professionalità nelle comunicazioni grafiche sui Social Media. Sono stati mostrati alcuni errori tipici legati alla mancanza di queste conoscenze comunicative. In fine è stata fatta una panoramica su possibili applicazioni future della disciplina ad ambiti ancora particolarmente nuovi dal punto di vista accademico, come quello del benessere psicofisico dei praticanti.

E la giornata intensa di sabato si è conclusa con una dopocena insieme, nella sala giochi del Centro Olimpico... mangiando la colomba, sorseggiando una birretta e giocando a ping pong e bigliardo.

Domenica sono partito io, con un laboratorio ricolto in contemporanea a tutti i livelli di Qualifica, intitolato "brainstorming e mirroring". I partecipanti, divisi in gruppi, hanno tenuto delle micro lezioni nelle quali era loro facoltà insegnare ciò che desidereranno al piccolo gruppo del quale erano parte; i ruoli di docente e discente sono ruotati sino a quando tutti non li hanno ricoperti entrambi. É stato chiesto a tutti, al termine di ogni micro-lezione, di individuare ed esplicitare al docente di turno sia un punto di forza percepito, sia un aspetto al loro dire ulteriormente migliorabile. Si sono quindi raccolti, a campione, i rimandi di 2 gruppi e si è discusso insieme sui risultati ottenuti da questo confronto aperto.

Ha concluso il week end di formazione il Mº Giovanni Desiderio con la lezione "Aikido tradizione ed innovazione", che ha provato ad evidenziare i punti di forza delle tradizioni della disciplina e le innovazioni di una pratica moderna con la fusione dei due aspetti.

Anche quest'anno abbiamo fornito ai partecipanti un form di gradimento, grazie al quale farci sapere come si fossero trovati, quali fossero eventuali punti di criticità riscontrati ed ulteriori suggerimenti per le attività future. Da questo è emerso come sembra non sia andata per nulla male, considerando che era una prima volta per tutti e he abbiamo portato a casa il risultato con metà delle nostre abituali risorse!

C'è stata una ulteriore novità a riguardo: essendo noi in presenza di SOLI Insegnanti di Aikido, abbiamo previsto anche una ulteriore parte del survey nella quale i Docenti stessi che hanno tenuto il corso potessero esprimere un parere sulla qualità dei loro discenti, sui loro punti di forza, così come sugli aspetti che in loro potrebbero ancora migliorare.

Giusto per pareggiare le possibilità di giudicare e di essere giudicati... ma soprattuto di imparare a farcene qualcosa di positivo dalle critiche altrui! Ovviamente, è tutto PUBBLICO e lo potrete trovare QUI.

Esiste la possibilità che i prossimi Stage Nazionali subiscano un'inflessione nelle partecipazioni, un po' per via del fatto che i Tecnici Federali potranno parteciparvi così come scegliere di non farlo, ed anche per via del fatto di essere organizzato sempre in Comitati Regionali differenti... quindi più vicino ad alcuni gruppi di praticanti e più lontano da altri. Tuttavia questo non ci preoccupa più di tanto: è bello lavorare con chi desidera esserci, oltre che con chi è chiamato a farlo da un regolamento.

A proposito: segnatevi tutti che i prossimi 27,28 e 29 ottobre 2023 saremo tutti appunto a PALERMO proprio per il prossimo Seminar Nazionale di Aikido 2023, che si preannuncia essere un tripudio di leve articolari, arancine, proiezioni, pasta con le sarde, buki waza, cassate e cannoli!!!

Una splendida occasione di sudare insieme sul tatami, certi che sarà difficile non recuperare sali minerali ed enzimi nutritivi (e non solo) a tavola....


Marco Rubatto



lunedì 8 maggio 2023

Ken tai jo: lo yin che tiene testa allo yang

A più di 10 anni dall'ultimo articolo di Aikime sull'argomento (che troverete QUI), torniamo a parlare di una pratica interessante e poliedrica, ovvero gli esercizi di "spada contro bastone".

[剣体杖] Ken tai jo può definirsi la summa dell'espressione dell'Aikido con le armi, anche se - al livello di questa pratica - ha forse poco senso parlare di tecniche a mano armata (buki waza) o a mano libera (taijutsu)

Morihiro Saito Sensei ha insegnato in molti Paesi una serie di 7 esercizi, che sono cambiati leggermente pure da quando io stesso pratico Aikido, quindi parliamo di una trentina di anni a questa parte.

Qui vi lascio la playlist nella quale sono visualizzabili tutti e 7...



La loro caratteristica è la possibilità (spesso più teorica che praticata) di armonizzarsi con un bastone di legno sui fendenti di uno shinken, ovvero una spada dalla lama affilata (nel video i miei attaccanti utilizzano uno iaito, quindi di metallo, dal peso e geometria identici ad uno shinken, ma con la lama non affilata).

Ovviamente la possibilità di un oggetto affilato di metallo di andare ad incidere su uno di legno è molto elevata, quindi la prima cosa che da subito mi ha sorpreso è la constatazione che è sempre ukejo (la persona che riceve con il bastone) a controllare al termine uchitachi (la persona che attacca con la spada)... e non il contrario.

Se si fosse solo voluto studiare una serie di duelli simulati - resi kata - fra una spada ed un bastone, perché non farne un po' nei quali vince il bastone ed un po' nei quali vince la spada?

Domanda forse banale, io me la feci per la prima volta nel 1993... e non avendo avuto modi di evocare l'anima del Fondatore attraverso una seduta spiritica, ho iniziato a studiare per trovare alcune possibili risposte soddisfacenti.

Ma prima di rimandare cosa credo di avere compreso al momento, devo specificare di avere notato - nuovamente sin dagli inizi della pratica - altre serie di esercizi che, a modo loro, seguivano dinamiche simili a ken tai jo: mi riferisco a tachidori, jodori e tankendori.

In questi ultimi - rispettivamente - si sottrae l'arma a chi ci attacca con la spada, con il bastone e con il coltello: la somiglianza con ken tai jo risiede nel fatto che NUOVAMENTE sembra prevalere la parte debole/delicata, ovvero la persona disarmata, su quella armata... che sarebbe in grado di fare più danno.

Fra spada e bastone, pare avere sempre la meglio il bastone; fra armato e disarmato, ha la meglio sempre il disarmato... questo è contro-termodinamico oppure serve a qualcosa di specifico?

La risposta (provvisoria, ovviamente) che mi sono dato al momento è che O' Sensei volesse far risaltare o sottolineare una sorta di preminenza della sensibilità sulla forza... dello YIN sullo YANG, potremmo anche dire.

In questo senso, sarebbe importante che negli esercizi risulti hito no michibichi (la persona che conduce) chi è armato in modo più versatile (che è una caratteristica dello YIN) o chi è disarmato proprio: chi sta messo nella condizione inizialmente più svantaggiata, insomma.

Questo aspetto per me era già interessante così... ma nel lontano 2011 (se non ricordo male) Bill With Shihan (allievo sia di O' Sensei, anche se se lo deve essere goduto ben poco, sia di Saito Sensei) per la 2º volta venne ad Ostia a tenere uno stage nazionale FIJLKAM... ed in quell'occasione mostrò - di volata e senza nemmeno farli praticare - altri 10 ken tai jo cosiddetti "furui", ovvero "antichi/desueti", che si praticavano ad Iwama sino agli inizi degli anni '70.

Ricordo che me le godetti perché l'uke di turno a sto giro non fui io!

Però questi esercizi mi interessarono un sacco, e non tanto perché non li avessi mai visti prima, quanto perché ero interessato a cosa ne avesse spinto l'abbandono per optare didatticamente sulle forme più moderne, quelle cioè che avevo studiato e praticato pure io nei 20 anni precedenti.

Altra domanda da seduta spiritica all'anima di O' Sensei!

Ma mentre preparate il tavolino a 3 gambe e la plancette, ecco una playlist che ve li mostra tutti e 10...



In questo senso la pandemia mi ha aiutato molto, perché mi ha dato modo di fare molta ricerca di documenti storici ed occasioni di praticare buki waza, quindi ora li conosco un tot pure io!

Cosa emerge da questi ulteriori - ma precedenti a livello temporale - esercizi?

La necessità di un enorme senso del timing, innanzi tutto... ed il timing è una caratteristica essenzialmente YIN!

Quindi la ricerca di ogni geometria che consentisse di non far collidere il proprio jo con il bokken del compagno... o di farlo nel modo più armonico ed avvolgente possibile.

Quest'ultima è una caratteristiche comune anche del  ken tai jo più moderni, ma in quelli "furui" emergono anche altri interessanti pattern resi poi famosi da altri esercizi di buki waza, sia di Aiki jo, che di Aiki ken.

Un po' come a dire che questi 10 ken tai jo antichi potrebbero essere i genitori di tutto quanto il buki waza moderno, che poi sono stati "smontati" nelle loro parti costituenti e "riutilizzati" in altri contesti... specialmente nell'Aiki jo.

Mentre è infatti storicamente chiaro quali studi abbiano ispirato Morihei Ueshiba nell'Aiki ken (in proposito vedi QUI), non si può dire altrettanto nell'Aiki jo; da ciò la mia attuale ipotesi di lavoro è che il Fondatore abbia incluso inizialmente l'utilizzo del jo proprio per difendersi da un possibile attacco di shinken... ed in seguito questo bastone sia stato utilizzato in modo sempre più strutturato, fino a diventare una vera e propria risorsa per l'allenamento assolutamente paragonabile alla spada (se non anche qualcosa di più).

L'Aiki jo risulta infatti notevolmente più ampio dell'Aiki ken... a livello di curriculum tecnico. In questo senso il primo sarebbe di carattere più YIN (ampiezza, versatilità), mentre il secondo più YANG (essenzialità, determinazione).

Sarà così o no? Forse non avremo mai una chiara certezza, ma è per me appassionante aggiungere sempre ulteriori tasselli al mosaico, proprio come ho fatto durante la pandemia.

Volenti o nolenti quindi ken tai jo ci invitano ad un tot di esplorazioni (oltre che di frustrazioni), sia di tipo storico, che legate ai principi stessi della disciplina: una sorta di punto di incontro anche fra pratica e filosofia, se vogliamo.

La trovo una pratica molto "spacchettante", che desidero approfondire ulteriormente nel miei studi, per questo ho creduto fosse importante riprendere dopo tanto tempo l'argomento anche qui sul Blog.

YIN e YANG sono due principi importanti per ogni disciplina, marziale o meno, giapponese o meno: per questo l'affermare che ci possa essere una prelazione/supremazia di uno sull'altro potrebbe essere misinterpretato.

Viviamo in una società che troppo spesso eccede nella razionalità e nel maschilismo, quindi lasciare più spazio alla percezione ed intuizione può quindi risultare uno stratagemma per riequilibrare una dinamica bipolare che per molto tempo, specie nelle arti marziali, ha svalutato parte di se stessa... ovvero propri quella che Morihei Ueshiba avrebbe quindi dotato di nuova luce e prospettiva.

Marco Rubatto






lunedì 1 maggio 2023

Aikido, il compromesso e la fine del contratto unilaterale

Abbiamo esplorato l'Aikido sotto molte prospettive in questi anni...

Una che però continua ad affascinarmi, interessarmi ed ispirarmi parecchio è la componente relazionale di questa disciplina.

Sono numerose le attività legate al movimento che consentono di approfondire la relazione, pensiamo - ad esempio - a tutti gli sport di squadra... tuttavia l'Aikido pare essere raro nel suo genere... in quanto questa relazione viene esplorata durante una condizione piuttosto avversa e specifica, cioè quella del CONFLITTO.

Ciò crea non pochi problemi e paradossi nella pratica:

- Tori ed uke sono d'accordo fra loro?

- Se si, allora dove starebbe il conflitto?

- Uke dovrebbe opporsi a tori e questi cercare una soluzione a questo conflitto?

- Se fosse così... è solo tori ad esercitarsi a risolvere qualcosa, o viene coinvolto pure uke in un processo di trasformazione?

Trovate voi le vostre risposte a queste domande, io mi limito a riflettere a voce alta su un aspetto che mi affascina moltissimo: l'ANALISI TRANSAZIONALE... ovvero la "scienza" degli scambi umani e dei contratti fra le persone.

I CONTRATTI sono strumenti utilizzati per normare una transazione fra 2 o più individui, mettendo nero su bianco diritti, doveri e responsabilità di ciascun firmatario di tale atto formale. In questo modo, una parte non può "svegliarsi" dal nulla e recriminare per sé ciò che non è stato esplicitamente menzionato in fase di stipula.

Pensiamo, ad esempio, alla compravendita di un bene immobile (la casa) o mobili registrati (l'automobile o la moto)... ci fa comodo che sia tutto scritto in modo dettagliato, PRIMA di apporre una nostra firma di approvazione al documento, vero?

Ecco, qui si esplicita il valore aggiunto della pratica della nostra disciplina: ci stiamo infatti abituando ad una società strabordante di contratti unilaterali da firmare, obtorto collo, in tutti gli ambiti.

Fino dal giorno della nascita in uno Stato moderno, il cittadino acquista diritti e doveri nei confronti del medesimo che non vengono minimamente decisi dal "sottoscrivente" del contratto: se nasci in Italia hai diritti e doveri di un italiano, se nasci in Israele invece hai diritti e doveri di un israeliano.

Nessuno chiede al bebè cosa ritiene giusto o equilibrato chiedere alla controparte (lo Stato), in proporzione a ciò che ha intenzione di offrire (l'individuo).

Si obietterà che un neonato non sarebbe comunque in grado di fare questa scelta nemmeno se questa fosse possibile e gli fosse proposta, e ciò risulta vero... ma non è che poi qualcuno di viene a proporre una revisione del contratto non appena mostri di essere in grado di intendere e di volere: oramai sei dentro... e ti tocca vivere da italiano fino a quando - eventualmente - non chiedi la cittadinanza israeliana...

Ma cambiare Stato non è comunque l'analogo di sottoscrivere un contratto paritario, è solo come cambiare contratto unilaterale con uno che ci sembra solo più favorevole... ci avevate mai pensato?

É come cambiare la Compagnia che ci fornisce luce e gas...

Quando uno vuole aprire un conto in banca o si rivolge ad un Operatore telefonico... ha la "libertà" di sottoscrivere o meno i fogli pre-compilati che sono stati predisposti per i futuri clienti, ma non ha alcun potere di deciderne il contenuto, nemmeno nella più piccola virgola.

Quando una Banca o un Operatore telefonico cambiano le loro impostazioni contrattuali, informano il cliente: se a questi non dovessero piacere è "libero" di andare altrove... ma non di avere una qualche forma di peso per ripristinare le condizioni precedenti che aveva sottoscritto.

La stessa cosa se acquistiamo un qualsiasi device tecnologico: è necessario accettare le policy del costruttore, o della dita di software altrimenti il prodotto nemmeno inizia a funzionare.

Siamo "liberi" di accettare tutto o di non avere un smartphone, in realtà: ovvero NON siamo liberi per nulla, specie se lo smartphone ci serve, ad esempio, per lavorare!

Beh, in questo senso l'Aikido potrebbe essere definito come "la FINE del contratto unilaterale" fra 2 o più individui, anche se questi sono impegnati in un conflitto.

Se uke dovesse firmare un contratto che dice: "Tu sei libero di attaccare come vuoi, ma sappi che se lo fai sarai portato al suolo con una leva articolare, che ti piaccia o meno, che ciò ti danneggi a qualche livello oppure no"... egli non sarebbe veramente libero di praticare, perché il 50% del suo tempo lo passa appunto nel ruolo di uke. Ed a chi piace poter essere prevaricato a prescindere da qualcun altro?

Questo sarebbe il contratto unilaterale che farebbe forse piacere a tori fargli firmare...

Al contrario, se tori dovesse firmare un contratto che dice: "Quando verrai attaccato, tu devi prima di tutto tutelare chi ti aggredirà, preservandolo in ogni modo possibile... pure a dispetto della tua stessa integrità psico-fisica", sicuri che questi sottoscriverebbe volentieri?

A chi piace rischiare a prescindere qualche osso o articolazione, firmando una cambiale in bianco in questo modo?

Questo sarebbe il contratto unilaterale che farebbe piacere ad uke fargli firmare...

Ecco l'Aikido è ciò che sta nel mezzo a questi due casi limite: quindi è sempre un contratto, ma non può essere unilaterale per definizione; dovrà tenere conto della necessità di uke di essere preservato (così potrà nuovamente attaccare e proseguire il suo prezioso lavoro), ma dovrà tenere conto pure del diritto all'integrità di tori... cioè dovrà prevedere che uke e tori si assumano entrambi parte della responsabilità di ciò che accadrà in seguito alle loro azioni reciproche.

E il contratto sarà siglabile solo se presenterà mutui vantaggi, sarà diverso da somma zero, e quindi di tipo win/win. Nessuno sottoscrive volentieri un contratto per essere solo dalla parte sfavorita, ovviamente... viene sempre cercata una forma di compromesso, che è vissuta come "vantaggiosa" a livello individuale.

Pure se noi ci stiamo abituando a farlo in continuazione con Enti e Compagnie nei confronti delle quali l'equilibrio di potere è completamente sbilanciato a nostro svantaggio... e più siamo malati e problematici, più iniziamo a credere che tutto ciò sia qualcosa di "normale".

L'Aikido quindi contribuisce a risvegliare in una società di dormienti la vera natura dell'individuo, ovvero di essere auto-determinato e parte dei processi decisionali che conducono a risultati di un certo tipo, piuttosto che di un altro... così come sprona l'individuo ad assumersi parte delle responsabilità delle azioni sia personali, che collettive che avvengono.

L'Aikido ci ri-proietta ad assumerci il nostro più autentico "potere personale" di sentirci una parte IMPORTANTE del tutto, una parte dalla quale NON è possibile prescindere, per quanto piccola: un minuscolo frammento che è in grado di far sentire l'onda lunga della propria presenza nell'equilibrio dell'intero universo. Altro che contratti unilaterali!

Al contrario invece della parte disumana di questi ultimi, l'Aikido richiede una flessibilità unica, nel sottoscrivere contratti continuamente variabili, ma il cui principio rimane immutabile... e che potrebbe essere espresso in: "Se io sono OK e tu sei OK, cosa possiamo fare insieme per continuare ad avere queste caratteristiche?".

E chi l'avrebbe mai detto che la ricerca di un compromesso utile a tutte le parti fosse una possibile forma assunta da una disciplina marziale di stampo tradizionale?

Marco Rubatto



lunedì 24 aprile 2023

Ichi no tachi: l'anello di congiunzione fra Kenjutsu ed Aikiken

Numerose volte su queste pagine ho ribadito come l'Aiki ken fosse qualcosa di molti differente dal ken jutsu, nonostante ne fosse una sua diretta derivazione.

Quest'oggi esamineremo insieme un esempio piuttosto evidente di tutto ciò, ovvero la struttura di ichi no tachi, ovvero il primo kumitachi ideato da O' Sensei e giunto fino a noi attraverso le mani di Morihiro Saito Sensei.

Ci riferiremo al Kashima Shintō Ryū (鹿島新当流), ovvero ad una Scuola tradizionale di Arti Marziali giapponesi (koryū), fondata da Tsukahara Bokuden, nel periodo Muromachi (c.1530).

A causa del periodo tumultuoso della sua formazione (chiamato "Sengoku Jidai"), caratterizzato da guerre feudali, le tecniche della Scuola sono basate sull'esperienze vissute sui campi di battaglia, e sulla ricerca di punti deboli sull'armatura del nemico.

Ufficialmente il Kashima Shintō Ryū possedeva anche una serie di tecniche di estrazione della spada (iaijutsu), che però si perdettero nel tempo.

ATTENZIONE a non confondere tutto ciò con il Kashima Shin Ryū (鹿島神流), che è quello che poi studiano in maggioranza gli Aikidoka, specie quelli che seguono Christian Tissier Shihan.

Nonostante la somiglianza dei nomi, il Kashima Shin Ryū ha una relazione solo passeggera con il Kashima Shintō Rryū. Entrambe le scuole considerano Kashima no Tachi come un importante antecedente comune, tuttavia Tsukahara Bokuden ha generato, in modo indipendente, una raffinatezza diversa su Kashima no Tachi, rispetto a quella di Matsumoto Bizen no Kami (un semi-leggendario guerriero-spadaccino giapponese e fondatore del Kashima Shin Ryū).



Nella sequenza precedente vediamo (dal minuto 1:14 al 1:24) un kata-kumitachi che ha lo stesso pattern di ichi no tachi, se non fosse per il fatto che è chi fa il taglio orizzontale a "vincere".

Di certo Morihei Ueshiba deve essere venuto in contatto con questo katageiko, poiché ne ha utilizzato la struttura, tuttavia per farne qualcosa di completamente nuovo nella prospettiva.

Ecco qui di seguito un video che offre diversi riferimenti storici che connettono ichi no tachi dell'Aikido ai suoi antenati del kenjutsu...

A proposito di ciò, consiglio a tutti di leggere il dettagliato articolo-traduzione, a cura di Enrico Neami Sensei, che potrete trovare al seguente LINK.



La prima similitudine è nella struttura stessa dell'esercizio:

- 3 movimenti (+1, che poi è stato eliminato);

- un taglio orizzontale verso sinistra;

- uno yokomenuchi a sinistra ed uno a destra:

Il movimento che è stato eliminato è un secondo taglio orizzontale, questa volta da sinistra verso destra, fra i 2 fendenti yokomenuchi.

La prima differenza sta negli obiettivi di ciascun fendente: in passato si mirava ai polsi, o comunque alla periferia del corpo dell'avversario, mentre ora si cerca la sua linea centrale.

La seconda differenza, questa volta SOSTANZIALE, sta nelle prospettive di questo combattimento preordinato: anticamente si cercavano forme per vincere sul proprio avversario, mentre nell'Aiki ken si cercano forme per controllare il centro di quest'ultimo, ma senza lederlo.

Si parla quindi di "katsujinken", ovvero "la spada che da la vita”, anziché di "stetsuninto" quella che la sottrae: la differenza è abbastanza pronunciata!

Quando affermiamo quindi che il Fondatore abbia - in qualche modo - riscritto il Budo classico parliamo proprio di questo: dal Daito Ryu derivano la maggior parte delle pratiche di taijutsu che facciamo in Dojo, così come dal kenjutsu derivano quelle di spada... ma O' Sensei è stato capace di utilizzare questi strumenti storici per creare qualcosa di nuovo ed inedito, ovvero una disciplina che INCLUDE l'avversario e lo rende parte di ciò che è da rispettare e proteggere.

Questo è precisamente ciò che rende l'Aikido una disciplina win/win, dove quelle precedenti si erano fermate al paradigma win/lose.

E veniamo quindi all'ichi no tachi come lo pratichiamo noi oggi...


Morihiro Saito Sensei, molti anni fa, durante un seminar affermò che il Fondatore gli fece praticare questo esercizio per TRE anni di fila, sempre e solo QUESTO esercizio. Evidentemente il suo Maestro lo doveva considerare particolarmente pregno di importanza...

Ma tutto ciò fu in realtà solo l'inizio...

L'Aiki ken si sviluppa tecnicamente in modo molto vario, così' che da questo ichi no tachi si possa evolvere in molteplici altre forme, dette henka no tachi ("la spada delle variazioni").

A questo proposito, includo qui sotto un video che include 20 variazioni di questo esercizio, alcune sulla 1º possibilità di effettuarne, atre sulla 2º... ed - in entrambi i casi - mostrando sia variazioni di spada, sia varianti che includono il taijutsu.


E non è che io abbia mostrato TUTTE le variazioni possibili: tutt'altro, si sarebbe potuto continuare ancora molto a lungo.

Lo schema portante è sempre qualcosa di molto simile all'esercizio nato centinaia di anni fa con il Kashima Shinto Ryu, tuttavia ora la portata, il significato e le possibilità applicative sono molto cambiate.

Studiare le [古流] Koryū - le Scuole antiche - risulta qualcosa di molto utile ed interessante per comprendere la storia ed il lineage che ci ha condotti fino al punto in cui siamo entrati in scena noi tutti: non sono pochi però gli Aikidoka che mi sembrano persone che visitano il Museo Egizio per comprendere come funzioni uno smartphone!

Per questo fine - attualmente - riterrei più saggio farsi un giro nella Silicon Valley, con tutto il rispetto per Tutankhamon.

L'Aiki ken ha dinamiche così differenti dal Ken jutsu, che studiare quest'ultimo e poi cercare le attinenze con il taijutsu dell'Aikido rischia di essere addirittura fuorviante, talvolta.

Una fra tutte: le antiche scuole di spada usavano ovviamente la katana come arma da taglio, invece molto dell'Aiki ken utilizza il bokken come arma a sé, legata alla percussione nei colpi, anziché al taglio vero e proprio.

Questo cambia molto, se non tutto, nell'attitudine di ogni fendente: sferrarne uno per tagliare o per creare un ematoma prevede due modalità completamente differenti di portare il colpo.

Se si studia Ken jutsu e lo si applica all'Aikido, indurrà a cercare "tagli" in ogni movimento di taijutsu... cosa che talvolta - in realtà - è realistico, ma appunto SOLO TALVOLTA e non sempre!

Occhio quindi al retro-engineering spinto e operato senza una guida competente, perché potrebbe farci giungere a conclusioni farlocche, senza malizia alcuna e senza rendercene conto più di tanto.

In ogni caso, studiare è un processo che serve sempre, al limite ad accorgerci che ciò che abbiamo studiato non serve a molto: studiate quindi un po' il bokken che vi piace, il mio intento è tutt'altro che convertirvi all'Iwamismo, ci mancherebbe.

Mi limito ad esporre parte della storiografia che ora è disponibile per tutti ed è verificabile da fonti più che attendibili, gratuite, da chiunque ed anche solo on-line.

Per anni ho dovuto attraversare l'Italia o persino andare all'estero per apprendere contenuti simili a quelli presenti in questo Post: come cambiano i tempi... Quando si dice "l'evoluzione dell'Aikido", eh?!


Marco Rubatto