lunedì 27 novembre 2023

Aihanmi e gyakuhanmi: i componenti di base della reciprocità

Magari questo Post potrà essere considerato per principianti, perché conterrà delle ovvietà per i più esperti... ma sia i principi, che i principianti ci stanno molto a cuore...

Sia mai che qualche sedicente "esperto", leggendolo, si accorga di non esserlo poi ancora così tanto!

In Aikido utilizziamo l'hanmi, ovvero una posizione del centro addominale che fa assumere al corpo un profilo triangolare alla sua base, piramidale se lo vogliamo vedere in 3D.


Questo fatto crea immediatamente due semispazi, che nell'immagine abbiamo chiamato "uchi", ovvero "interno" e "soto", ossia "esterno": il primo si apre alla zona degli organi vitali, il secondo alla schiena.

[半身] "Hanmi" è una parola giapponese, che letteralmente significa "metà (del) corpo"... quindi è una postura che ha il compito di ridurre l'esposizione di un praticante ad un attacco frontale, ed - al contempo - massimizza la capacità di indirizzare la propria energia lungo una traiettoria, che all'incirca è quella che dal piede posteriore passa per il vertice anteriore di questo triangolo.

Ne segue che due praticanti, tori ed uke, quando si incontrano, possono essere in 2 differenti posizioni reciproche...

possono avere lo stesso hanmi, ed in questo caso chiamiamo la posizione [相半身] "aihanmi" 


 


oppure la posizione opposta dell'hanmi, che in questo caso chiamiamo [逆半身] "gyakuhanmi".




"Eccheccenefregaannoi"... qualcuno potrebbe dire?!

Ed invece no, poiché queste due posizioni reciproche determinano praticamente il 100% dell'Aikido tecnico che pratichiamo nei nostri Dojo.

Le modalità per arrivare a queste due posizioni reciproche sono molte, e dipendono in gran parte dal tipo di attacco che uke opera su tori... tuttavia, ciò che cambia sostanzialmente è che la parte uchi di uno si trovi di fronte alla parte soto dell'altro (come capita in aihanmi), o - viceversa che le parti soto ed uchi di entrambi si trovino le una di fronte alle altre (come succede in gyakuhanmi).

Possiamo affermare che queste 2 distinte possibilità formino una sorta di "Tao dell'Aikido", offrendo la possibilità ai neofiti di studiare TUTTE le differenti posizioni reciproche (che in realtà sono molto più varie e complesse di queste qui).

Passiamo quindi brevemente in rassegna le possibilità tecniche di crearle, suddividendo gli attacchi in queste 2 macro categorie; avremo...


AIHANMI

[片手取り] katatedori (aihanmi), oppure [交差取り] kosadori - presa al polso

[胸取り] munadori - presa al petto (*)

[両肩取り] ryokatadori - presa ad entrambe le spalle (*)

[両手取り] ryotedori - presa ad entrambi i polsi (*)

[後ろ両肩取り] ushiro ryokatadori - presa da dietro ad entrambe le spalle (*)

[後ろ両手取り] ushiro ryotedori - presa da dietro ad entrambi i polsi (*)

[正面打ち] shomenuchi - fendente frontale (*)

[突き] tsuki - pugno / affondo (*)

[横面打ち] yokomenuchi - fendente laterale (*)


GYAKUHANMI

[肩取り] katadori - presa alla spalla 

[肩取り面打ち] katadori menuchi - presa alla spalla con fendente frontale

[片手取り] katatedori (gyakuhanmi) presa al polso

[諸手取り] morotedori - presa con due mani

[胸取り] munadori - presa al petto (*)

[両肩取り] ryokatadori - presa ad entrambe le spalle (*)

[両手取り] ryotedori - presa ad entrambi i polsi (*)

[後襟取り] ushiro eridori - presa da dietro al colletto

[後ろ両肩取り] ushiro ryokatadori - presa da dietro ad entrambe le spalle (*)

[後ろ両手取り] ushiro ryotedori - presa da dietro ad entrambi i polsi (*)

[正面打ち] shomenuchi - fendente frontale (*)

[突き] tsuki - pugno / affondo (*)

[横面打ち] yokomenuchi - fendente laterale (*)


Con l'asterisco (*) ho contrassegnato tutti quegli attacchi che contemplano ENTRAMBE le possibilità di essere realizzati, fermo restando che nelle esecuzioni più di base (ovvero quelle STATICHE), le liste precedenti si modificherebbero così:


AIHANMI

[片手取り] katatedori (aihanmi), oppure [交差取り] kosadori - presa al polso

[後ろ両肩取り] ushiro ryokatadori - presa da dietro ad entrambe le spalle

[後ろ両手取り] ushiro ryotedori - presa da dietro ad entrambi i polsi

[正面打ち] shomenuchi - fendente frontale


GYAKUHANMI

[肩取り] katadori - presa alla spalla 

[肩取り面打ち] katadori menuchi - presa alla spalla con fendente frontale

[片手取り] katatedori (gyakuhanmi) presa al polso

[諸手取り] morotedori - presa con due mani

[胸取り] munadori - presa al petto

[両肩取り] ryokatadori - presa ad entrambe le spalle

[両手取り] ryotedori - presa ad entrambi i polsi

[後襟取り] ushiro eridori - presa da dietro al colletto

[突き] tsuki - pugno / affondo

[横面打ち] yokomenuchi - fendente laterale


Da questa "epurazione" possiamo constatare come - di base -  le condizioni gyakuhanmi sono molto più numerose di quelle aihanmi. E questo è un primo dato parecchio importante.

In generale, tutti gli attacchi operati sull'asse centrale di tori, (shomenuchi, alcuni tipi di katatedori), che sono numericamente MENO, vengono affrontati aihanmi, mentre tutti gli attacchi laterali (yokomenuchi e tutte le prese laterali effettuate sul corpo) sono effettuati in guardia reciproca gyakuhanmi.

Il secondo dato importante è che le varie Scuole di Aikido privilegiano talvolta lo studio di tecniche aihanmi oppure gyakuhanmi differenti nei loro programmi tecnici... e questa è una notevole fonte di incomprensione fra vari stili e didattiche.

Nell'Iwama Ryu, ad esempio, katatedori aihanmi compare per la prima volta nel curriculum di 2º kyu (chiamandolo "kosadori"), mentre in ogni scuola Aikikai esso costituisce la base dei movimenti, fin dai primi giorni della pratica.

E come mai queste macro-differenze?

In realtà - ad un occhio più attento ed esperto - queste differenze scompaiono, poiché mentre nell'Aikikai tutto il katame waza (ikkyo, nikyo, sankyo e yonkyo) vengono studiati appunto da katatedori aihanmi, nell'Iwama Ryu le stesse tecniche vengono studiate a partire dall'attacco (statico) shomenuchi, ovvero un altro modo di stare reciprocamente in AIHANMI.

Cambia il nome, cambia l'attacco, ma NON CAMBIA la sostanza della posizione reciproca. Solo che i più si mettono a criticarsi gli uni, gli altri, prima di essere in grado di comprenderlo!

Bizzarro, non è vero?!

Questa distinzione fra profili reciproci (uguali, oppure opposti) continua anche nell'utilizzo delle armi, nelle quali con il bokken risulta molto più semplice tenere l'aihanmi, mentre con il jo entrambe le posizioni sono parecchio diffuse.

Ad essere un po' più maturi, ad esempio, potremmo iniziare a studiare la variazione del profilo reciproco, anziché continuare con una didattica buona solo a patto di percorrerla tutta per 15 anni senza chiederci mai uno straccio di "perché".

Ecco che l'Aikido inizia ad essere costruito su principi che sono validi per qualsiasi differente approccio e metodica.

In ogni caso, questa importante osservazione delle 2 differenti posture di base risulta un altro tassello importante del puzzle che - via via - stiamo componendo insieme per giungere ad una "matrice" della disciplina, appunto utilizzabile in modo dipendente dalla propria estrazione, stile o Scuola di appartenenza. 

Questa polarità di base è ovviamente DUALE, così come lo è il resto della pratica di base (soto/uchi, omote/ura, irimi/hirai)... e si presta bene anche a tutta una serie di riflessioni filosofiche, che per importanza e leggibilità preferisco rimandare ad un prossimo futuro articolo.

E voi cosa preferite:  aihanmi o gyakuhanmi?


Marco Rubatto








lunedì 20 novembre 2023

L'Aikido senza il conflitto ed il rischio

"Arte Marziale" a noi occidentali suona come "Arte di Marte", che era il dio della guerra e dei duelli (oltre che del tuono, della pioggia e della fertilità, per la mitologia più arcaica)... e la guerra ed i duelli implicano CONFLITTO.

La parola stessa "conflitto" ha come etimologia "urto", "scontro".

Noi pratichiamo una disciplina nella quale ogni urto, ogni scontro può diventare occasione per un'armonizzazione, un incontro: un bel cambio di paradigma, non c'è che dire!

Però in Aikido ciò è possibile - se e solo se - esiste un potenziale CONFLITTO da trasformare in qualcos'altro di più proficuo e significativo per chi lo vive.

Nello scrivere questo Post stavo invece riflettendo su tutte quelle situazione nelle quali l'Aikido tende forse (e purtroppo) ad essere vissuto senza che al suo interno vi sia alcuna forma di CONFLITTO.

Tori si armonizza ad uke, senza favorire alcuna forma di resistenza, e di "scontro" [perché ciò gli consente di non ferirsi]... uke, dal canto suo, cerca di ricevere la tecnica del suo compagno senza resisterle, ma di utilizzare la strada che questi gli offre per uscire incolume dal "duello".

Ad un certo punto uno si armonizza per le sue ragioni, l'altro pure... e il CONFLITTO dov'è finito?

Talvolta è stato TRASFORMATO, sublimato... altre volte NON c'era proprio, sin dall'inizio.

Mi è capitato più volte di essere ospitato da gruppi estremamente cordiali, nei quali le tecniche venivano eseguite con assoluta fluidità ed estetica: l'unico problema che riscontravo era:

- un uke che non attaccava mai sul serio, quindi non mettendo mai (ed in alcun modo) in difficoltà il suo compagno;

- un tori che non chiudeva mai nessuna tecnica fino in fondo, per lasciare al compagno una via più facile per uscire dai suoi impasse.

Ci troviamo quindi in presenza di un "Aikido SENZA il conflitto".

La domanda che mi sono fatto tutte quelle volte - e che ora condivido insieme a voi - è: possiamo ancora definire Aikido tutto ciò?

Esistono molte discipline che si fanno a coppia (o in gruppo), nelle quali è necessario sviluppare una certa abilità di percezione di sé e dell'altro, una certa sincronia, capacità di timing sottile, gestione delle distanze, pensiamo solo al pattinaggio artistico, al tango, nuoto sincronizzato, etc...

L'unica cosa che le accomuna è il non essere ambientate in un'atmosfera conflittuale: ci può essere una sfida (duello?) con altre coppie/squadre che fanno la stessa disciplina, ma lo scontro sta esplicitamente al di fuori della coppia del gruppo.

Nelle Arti Marziali il CONFLITTO invece ci sta dentro, all'opposto.

Ci sono quindi aspetti nei quali l'Aikido assomiglia più a queste ultime, ed altri aspetti nei quali invece sembra più simile all'elenco di discipline fatte poc'anzi: ma cos'è l'Aikido se non c'è il CONFLITTO?

Forse si limita a ridursi ad un gruppo di persone che si ritrovano volentieri insieme (che non è affatto poco, di questi tempi!) ad eseguire delle forme a mandorla, come fossero balli a coppia o di gruppo.

Delle Saṅgha (comunità) nelle quali si condividono interessi comuni e ci si da una sorta di regolamento gerarchico interno, che distingue i laici dai prelati, o i kohai dai senpai... i deshi dal Sensei se vissuto "alla giapponese".

Però, se ci limitiamo a questo, Morihei Ueshiba non avrebbe portato alla luce nulla che non fosse già presente (i primi Saṅgha sono del 400 a.C.).

Facciamo un esempio terra terra: c'è un allievo/a che arriva per un paio di volte al Dojo con i piedi o le ascelle che puzzano...

La prima volta si è tutti un po' a disagio, si cerca di capire chi è... e quindi si evita come la peste il tizio o la tizia con l'aura verde che sa di stallatico.

Ma se accade di nuovo, bisogna dirgli qualcosa o dobbiamo tutti sopportare i suoi effluvi?

È rispettoso per le nostre narici (e pure per le sue, forse poco sensibili) fargli notare che è necessario avere cura della propria igiene personale e del proprio abbigliamento se si condivide dello spazio con gli altri: specie se si giunge ad una cera prossemica ravvicinata, come nell'Aikido.

Nel fare questo (con tutto il tatto di questo mondo) possiamo dirigerci verso una sua comprensione o anche verso una sua chiusura, un suo sentirsi giudicato male dagli altri... al limite verso una zona nella quale andare in conflitto con lui/lei.

Magari chi si lava una volta all'anno nel Gange potrebbe non comprender le ragioni di chi ha il bidet a casa!

Ma il CONFLITTO è forse qualcosa al quale rinunciare per andare per forza d'accordo?

Secondo me NO.

Ci sono CONFLITTI che valgono assolutamente la pena di essere vissuti, anche perché senza di essi non ci può essere alcuna reale evoluzione.

Se il mio uke non mi attacca mai veramente, non mi fa mai correre alcuna forma di rischio reale... per quale ragione dovrei imparare a togliermi dalla sua traiettoria?

Per fargli un favore, o per farne uno a me stesso?

Se mi attacca per finta, imparerò a schivare o ad utilizzare un'attacco finto per costruire la mia tecnica.
Ovvio che mi parrebbe scemo attaccare al massimo della velocità e dell'intensità un neofita, "giusto per fargli vivere un conflitto reale": deve prima possedere la capacità di farsene qualcosa di utile, non deve essere sovrastato e schiacciato dalla sua stessa esperienza!

Ma non possiamo sempre "fare finta": ci dovrà pur essere un giorno nel quale se non ti togli da sotto il mio bokken, ti apro la testa come un'anguria... o no?

Stessa cosa dicasi per un tori che non chiude mai alcuna tecnica per non ledere il proprio compagno: certo che a volte succede che un neofita mi attacchi ad un'intensità molto superiore a quella alla quale è poi capace di ricevere la tecnica a sua volta... ma appunto, si tratta di un neofita.

In questi casi tori frena, o accetta che la sua tecnica risulti "castrata" poiché non ha intenzione di ferire il suo uke: ma esiste un livello un livello al quale se questi attacca a 1000, poi si assume la responsabilità di amministrare i suoi 1000 che tornano indietro?

Non di più, solo ciò che lui ci ha dato... ma quelli tutti fino all'ultima goccia, però: qualcosa di quindi DIRETTAMENTE proporzionale.

Secondo me, si: anzi, se questo non avviene in alcun caso, stiamo contribuendo a sottrarre uno degli elementi più importanti all'allenamento, ovvero il conflitto stesso e la gestione del rischio che da questi consegue.

Un uke compiacente può essere il miglio modo pre approcciare la nostra disciplina, perché da tempo di imparare al sicuro... ma un uke SEMPRE compiacente non mi fa evolvere, perché non ci mette fuori dalla mia zona di comfort, ovvero l'unico luogo nel quale questo può avvenire!

Il principio di integrità dovrebbe restare il primo requisito della pratica, quindi okkyo a fare cose che sono incompatibili con il proprio ed altrui sistema psico-corporeo: tuttavia nemmeno questo dovrebbe essere un tappo per la propria crescita, o una scusa per non farla.

Un tempo con le Arti Marziali si rischiava la vita su un campo di battaglia, e proprio questo le distingue (ancora oggi) dagli "Sport da combattimento", che sono (necessariamente) pieni di regole da rispettare, proprio per preservare l'incolumità di chi li pratica.

Il RISCHIO era qualcosa di contemplato nella pratica, e - tutto sommato - lo è ancora, o lo dovrebbe essere; per fare un esempio pratico fra molti: "aprire un Dojo" non è come "fare finta di aprire un Dojo"... le responsabilità che ci si assume ed i rischi di insuccesso sono REALI.

Non rischiare mai in prima persona e non fare rischiare niente agli altri - in realtà - ci espone a tutta un'altra serie di RISCHI, per quanto paradossale ciò possa apparire. Uno fra tutti è quello di guardare la vita dalla finestra, provando un senso di inutilità ed impotenza.

Vogliamo allora educare gli allievi ad assumersi le loro responsabilità, pur anche se in dosi omeopatiche?
Io credo che sia importante: eliminare completamente il rischio ed il conflitto è un buon viatico per "giocare al Budo"... e poi auto-convincersi che non sia un gioco, ma la realtà.

E svegliarsi da questo incanto può fare più male che non esserci mai cascati dentro... oltre a rendere il Dojo una sorta di dopolavoro, piacevole - per carità - ma dove tutto si fa, tranne che crescere.

Talvolta, avere CONFLITTI perché le persone imparino a lavarsi i piedi, ci allontana dal RISCHIO di sentire una certa puzza.
Talvolta RISCHIARE è l'unico modo per non crogiolarsi in una falsa atmosfera di pace con se stessi, che tenta maldestramente di coprire il CONFLITTO che non abbiamo avuto il coraggio di affrontare.


Marco Rubatto




lunedì 13 novembre 2023

Seminar Nazionale Aikido FIJLKAM 2023

Gli scorsi 27, 28 e 29 ottobre, si è svolto a Palermo il consueto Seminar Nazionale di Aikido, per la 3º volta nella sua forma itinerante.

Per chi si fosse perso qualche puntata precedente, ricordiamo che dal 2023 la Federazione ha inaugurato una formula inedita per la formazione dei suoi Tecnici, che prevede un week end al Centro Olimpico Federale (nel periodo aprile-maggio) del Lido di Ostia...

... E quindi il consueto Seminar Nazionale, che però viene ospitato via via dai Comitati Regionali che ne fanno richiesta: in questa nuova formula, l'evento non è più obbligatorio (come invece lo era in passato), e convoglia tutti i Tecnici e gli allievi che DESIDERANO incontrarsi a lavorare insieme sul tatami, con la Commissione Tecnica Nazionale ed i suoi collaboratori.

Dall'ultima volta che ne abbiamo parlato sono accadute alcune cose importanti: il Mº Italo Taddeo è stato nominato "Segretario della CTN", mentre i Mº Giancarlo Giuriati e Nuccio Iuculano hanno purtroppo avuto alcuni problemi di salute.

La scelta della Sicilia, oltre che per l'enorme disponibilità ed operosità del Comitato Regionale locale, è stata operata anche proprio per includere il Mº Iuculano, che era impossibilitato temporaneamente a viaggiare in aereo.

Una grossa fetta di Aikido Federale, molto presente al nord Italia, è stata quindi piuttosto scomoda nel recarsi fino a Palermo, ma - solo dal mio Dojo - siamo scesi in 16... a dimostrazione che tutto è possibile se si crede fino in fondo al progetto al quale stiamo lavorando!

L'accoglienza sicula (che avevo già provato molte volte) è stata grandiosa e pare abbia superato di gran lunga tutte le aspettative dei partecipanti.

Lo Stage si è svolto presso il Centro Congressi del San Paolo Palace Hotel, un simbolo di Palermo per la lotta alla mafia (era stato confiscato nel 2000 ad un prestanome dei fratelli Graviano, boss di Brancaccio), dove è stato allestito un tatami di circa 280 mq.

É risultato molto comodo e funzionale trovare una location nella quale poter stare tutti insieme per 3 giorni, a praticare, mangiare e dormire (un po' come avviene al Centro Olimpico di Ostia), perché questo tipo di convivialità aiuta un sacco a tessere buoni rapporti fra le persone.

I partecipanti sono stati molti meno del solito, una cinquantina (in passato erano oltre 120)... ma eravamo ben consapevoli che aumentare le possibilità di formazione avrebbe - nell'immediato - causato una distribuzione dei grandi numeri sui 2 eventi nazionali, anziché concentrarsi nell'unico che c'era in precedenza.

Questo però ci ha permesso di lavorare in un'atmosfera più raccolta e famigliare, nella quale c'era più tempo da dedicare a ciascun partecipante, ai suoi dubbi o a rispondere alle varie domande che sono state poste (fuori e dentro il tatami).

Sono molto contento, insieme al resto della CTN,  dell'atmosfera serena ed impegnata che si è respirata in quei giorni!
Purtroppo non ero fisicamente molto in forma, e per me non è stato facile il week end (avevo un inizio di bronchite ed un febbrone da cavallo)... ma impasticcandomi un tot, sono riuscito a fare ciò che mi ero promesso (e poi mi ci sono voluti 10 gg. per riprendermi).

Il venerdì 27/10 abbiamo iniziato con un corso BLSD (con certificazione) per tutti i Tecnici Federali che ne avevano fatto richiesta, magistralmente condotto da Pietro Leto e Mariafrancesca Franco: ricordo che è un obbligo di legge essere formati nel primo pronto soccorso, specie in materia di cardioprotezione, ed essere in grado di utilizzare correttamente un defibrillatore semiautomatico.
Il corso BLS va ripetuto ogni 2 anni e la Federazione ha offerto a tutti i suoi iscritti un grande servizio nell'includerlo nelle sue attività di formazione, senza gravare con costi aggiuntivi.

Di seguito a ciò, è stata fatta una lezione teorica inedita, vertente su "Aikido e l'alimentazione": il Dott. Riccardo Pitarresi, nutrizionista, ci ha deliziato con una disamina veloce, ma approfondita sulle esigenze principali di chi pratica con regolarità una disciplina come la nostra.

Devo dire di esser stato particolarmente colpito da questo giovane professionista, per il fatto che si fosse andato a documentare con una certa precisione sull'Aikido, probabilmente dopo essersi confrontato più volte con il ns. Fiduciario Regionale, Sig. Pietro Leto (che non smetteremo più di ringraziare per l'ottimo lavoro organizzativo svolto).

Mi aspettavo una lezione su "sport & nutrizione", ma qualcosa di più generico... mentre il Dott Pitarresi si è rivelato molto preparato e competente, riuscendo ad offrire alcuni consigli pratici a chi, fra i presenti, gli rivolgeva domande molto specifiche (idratazione, calo di energia, integratori salini, etc).

Da sabato mattina in poi si è svolto il Seminar Nazionale vero e proprio, nella solita modalità, ovvero intervallando lezioni unificate e monografiche per livelli: la sensazione generale è stata di gradimento della proposta, anche se questa formula richiede ai partecipanti di fare delle scelte e quindi non consente di seguire tutte le lezioni previste dal programma (dato che alcune di esse avvengono simultaneamente).

I docenti sono stati: il Mº Giovanni Desiderio, il Mº Nuccio Iuculano, il Mº Italo Taddeo ed il sottoscritto.

Nella pausa pranzo, sono stato intervistato dalla giornalista, Sig.ra Dora Di Cara, che ha di seguito pubblicato il suo pezzo su PalermoAttiva: potrete leggerlo QUI.

Rileggendo, mi sono reso conto che dall'articolo non traspare tanto ciò che ho detto in quella sede, quanto ciò che una persona non esperta della disciplina può avere compreso delle mie parole: macro-strafalcioni a parte, però ho molto apprezzato il tentativo della Giornalista di entrare in empatia con quanto stava vedendo fare sul tatami, riempiendomi di un mare di domande, dimostrazione chiara della sua curiosità autentica.

Al termine dell'evento, come al solito, si sono svolti gli esami dan: questa volta il mio stesso Dojo porta a casa lo yondan di Salvatore Ligama... e si sa che fari punti fuori casa vale il doppio!

Questa volta il modulo di gradimento del Seminar Nazionale è stato inviato ai partecipanti tramite Web (come richiesto dal modulo di gradimento dell'evento precedente): questa è la ragione per la quale vedrete modificata un po' la grafica rispetto a quella alla quale vi avevo abituati (diagramma a torta 2D, anziché istogrammi 3D).
La fonte dei dati è differente, ma così è anche più precisa... anche se forse esteticamente meno appagante.

Potrete trovare QUI e scaricare gli esiti dei questionario di valutazione.

La Riforma sullo Sport sta interessando molto da vicino il nostro mondo: e la Federazione è al momento molto attiva per rendere più semplici possibili tuti gli adeguamenti di legge che a breve sarà obbligatorio adottare per le ASD... ma ve ne parlerò in un'occasione futura.

Per ora mi limito a condividere la soddisfazione per un Settore in continua crescita in molte regioni italiane (la prima volta che sono andato in Sicilia avevo condotto un semina con una dozzina di partecipanti... ed ora siamo riusciti addirittura a farci il Seminar Nazionale!)... cosa che è tutt'altro scontata, specie in un momento storico nel quale invece alcune altre realtà Aikidoistiche paiono in notevole fase recessiva.

Per quanto poco possa essere noto nel nostro mondo, essere parte di una Federazione Nazionale al momento sembra fare sempre più la differenza. Alla via così!


Marco Rubatto

Presidente Commissione Tecnica Nazionale Aikido FIJLKAM






lunedì 6 novembre 2023

L'asse di sbilanciamento ed il Jutai Waza

Con i miei ragazzi, la scorsa stagione, abbiamo affrontato uno studio piuttosto sistematico di ogni differente tecnica di Aikido; abbiamo già visto QUI che si tratta di un numero finito di pratiche.

Per ciascuna di esse, abbiamo ricercato innanzi tutto gli assi ed i punti di sbilanciamento, a partire da una pratica statica, con un uke non oppositivo, ma con altrettanta assenza di coercizione da parte di tori/nage... che abbiamo chiamato "Jutai Waza", ovvero "tecniche cedevoli".

In questo modo, si sono delineati alcuni scenari interessanti sui principi stessi che animano le tecniche, esaminiamoli insieme!

Innanzi tutto, rispetto ad un hanmi di riferimento, sappiamo che esiste 1 asse di sbilanciamento e 2 punti di quell'asse utilizzabili in ambito tecnico per creare facilmente uno sbilanciamento...


Ecco, esaminiamo subito - attraverso una serie di video dedicati - che tutte le tecniche di Katame Waza ricadono sotto regole alquanto specifiche sull'utilizzo di questi punti...

OMOTE WAZA

- utilizzano PRIMA il punto di sbilanciamento che si trova alle spalle di uke e POI quello che si trova davanti a questi.

Di seguito troverete, come esempio, i video di ikkyo omote e di yonkyo omote, ma tutti gli altri potranno essere visti cliccando QUI.






URA WAZA

- si sbilancia il compagno PRIMA sul suo punto anteriore e QUINDI si chiude il movimento in un punto che era originariamente dietro.

Di seguito troverete, come esempio, i video di ikkyo ura e di yonkyo ura, ma tutti gli altri potranno essere visti cliccando QUI.





Si percepisce quindi che esiste una forma di dualità e complementarietà fra queste 2 tipi di pratica, per quanto riguarda l'utilizzo dell'asse di sbilanciamento. Questo permette di comprendere bene l'importanza di DISTINGUERE la differenza che passa tra omote ed ura in fase di apprendimento delle basi.

Inoltre emerge prepotentemente come questi principi vengano ad essere piuttosto modificati se si pratica in modo statico o più fluido: per questa ragione abbiamo optato per video che partono da una situazione statica, ma che evolvono come se essa fosse più dinamica (altrimenti, ad esempio l'omote utilizza il punto di sbilanciamento frontale, così come l'ura... e la distinzione che abbiamo fatto NON emerge altrettanto chiaramente).

Se fosse necessario, ora possiamo capire bene perché un Insegnante meticoloso come Morihiro Saito Sensei ripetesse spesso durante i suoi Seminar in mezzo mondo: "Hitotsu, hitotsu, omote ura no kubetsu, ki hon to ki no nagare no kubestu wakatte kudassai”... ovvero "Per favore, capite bene, una ad una, la differenza tra omote e ura e tra ki hon e ki no nagare".

Ovvio che poi la pratica diventa circostanziale più si aumenta l'intensità dell'attacco e la propria abilità... ma si tratta comunque sempre di ricreare alcune regole geometriche precise, che vale la pena di studiare a fondo, PRIMA di pensare che ogni modalità sia altrettanto consona ed opportuna.

Ora invece diamo uno sguardo ai Nage Waza...

Anche in questo caso, ce ne saranno alcuni nei quali il kuzushi principale avverrà verso il punto di sbilanciamento ANTERIORE, altri nei quali preverrà quello POSTERIORE... ed altri ancora che possono risultare una combinazione più creativa di queste 2 situazioni limite.

Se affrontiamo questa esplorazione a partire nuovamente da omote ed ura, ci accorgeremo che sembrano valere le regole OPPOSTE a quelle appena esaminate nel Katame Waza; prendiamo ad esempio shihonage...

OMOTE WAZA



URA WAZA



Si evidenzia cioè un forma di complementarietà nel Nage Waza, rispetto al Katame Waza
... ma è anche vero che mentre in quest'ultimo gruppo esistono molte tecniche che si possono eseguire in omote ed ura... nel gruppo che stiamo studiando adesso esiste praticamente solo shihonage ad avere questa caratteristica; è presto quindi per giungere a conclusioni relative ai principi con così pochi dati a disposizione.

Fra le tecniche che utilizzano essenzialmente il punto di squilibrio POSTERIORE abbiamo...

TENCHI NAGE



IRIMI NAGE



KOKYU NAGE (alcune forme)



Mentre fra le tecniche che utilizzano essenzialmente il punto di squilibrio ANTERIORE abbiamo...


KAITEN NAGE



KOSHI NAGE



KOKYU NAGE (alcune forme)



Questi sono solo esempi, l'elenco completo, al solito, lo troverete QUI, ovvero sul nostro Canale YouTube.

Vediamo - in ogni caso - che in tutto l'Aikido tecnico si passa per questo asse di sbilanciamento, facendo rimbalzare uke fra i 2 punti di kuzushi che stanno di fronte ed alle spalle di quest'ultimo.

Questo asse, ovviamente, trasla a seconda della pozione dei piedi... ma una volta che lo abbiamo individuato, conosciamo bene la direzione nella quale guidare l'energia dell'attaccante: sempre verso uno dei 2 punti di squilibrio evidenziati nella figura accanto.

NON esiste una tecnica che abbia una dinamica differente, poiché essa significherebbe radicare il nostro uke al suolo, anziché sbilanciarlo.

Sappiamo anche che un buon tai sabaki (A) può creare un kuzushi (B), ossia lo sbilanciamento del nostro compagno... e lavorando in sua presenza è possibile riuscire a creare un waza (C) senza l'impiego di eccessiva forza fisica: ecco, il jutai waza è il tramite più semplice che fino ad ora ho trovato per esaminare il punto (A)... senza il quale diventa complicato arrivare al (C) in modo soddisfacente.

Esistono Scuole e stili di Aikido che già regolarmente basano la loro didattica su questi principi (ad esempio Endo Sensei ed i suoi Senpai, così come alcuni altri Docenti dell'Honbu Dojo)... mentre per altri potrebbe essere una novità (nell'Iwama Ryu, ad esempio, se ne faceva raramente menzione): trovo tuttavia che il loro utilizzo abbia favorito parecchio l'apprendimento dei mie ragazzi, quindi ne consiglio la sperimentazione, ben al di là dello stile utilizzato nel vostro Dojo.

E mi auguro che possiate trovare gli stessi benefici che ho trovato io stesso, buon keiko!


Marco Rubatto



lunedì 30 ottobre 2023

L'Aikido e la macchina biologica

Che la pratica dell'Aikido sia qualcosa di fisico lo ha già detto qualcuno... si?!

A quanto pare serve proprio un gomito per fare ikkyo ed un polso per kotegaeshi, quindi se fossimo degli ectoplasmi queste tecniche ci verrebbero perlomeno maluccio.

Vero anche che nel praticare stiamo attenti a tutta una serie di fattori che invece risultano meno materiali, ma non per questo meno importanti: kimochi, reishiki, zanshin... e 100 altre parolacce giapponesi pericolosissime da pronunciare, conoscere e da vivere sul tatami.

Siamo anche la disciplina che parla di più sul tatami, più del Judo, più del Karate o del Kendo... molto spesso filosofeggiamo, tanto da esagerare talvolta, sfociando in Aiki-conferenze molto occidentali, di certo non ben viste da chi pratica in modo più tradizionale e rigoroso.

Ma in ogni caso, abbiamo bisogno del nostro corpo per fare esperienza diretta della pratica, degli angoli, delle forze scambiate, delle cadute, della morbidezza o rigidezza: se non avessimo un corpo, tutto ciò non sarebbe possibile, né sensato.

Prendere una martellata su un piede o raccontare ad un altro cosa si prova a prendere una martellata su un piede?
NON sono due esperienze che hanno la stessa valenza: la prima risulta molto più coinvolgente ed esaustiva, anche se molti di noi preferirebbero accontentarsi della seconda: l'esperienza FISICA diretta è ciò che facciamo con il nostro CORPO.

Noi però NON non siamo il nostro corpo, ci abitiamo semplicemente dentro.

Per agevolare la presa di consapevolezza di questo, immaginiamo un'automobile, oppure un cappotto: sono oggetti in grado di muoversi e di interagire con l'ambiente circostante... almeno fino a quando c'è qualcuno che guida l'automobile, o che indossa il cappotto.

Il nostro corpo è quindi "semplicemente" una sofisticatissima "macchina biologica", che permette alla nostra coscienza di fare esperienza nella materia, nello spazio e nel tempo.

Il concetto stesso di apprendimento necessita di un luogo nel quale esista il tempo, così che si possa fare una qualche forma di distinzione fra il momento in cui non conosciamo ancora una cosa e quello successivo, nel quale l'abbiamo appresa. Se non ci fosse che un eterno presente, saremmo tutti congelati nella condizione nella quale ci troviamo, senza possibilità alcuna di cambiare (il cambiamento è proprio definito come "variazione nel tempo"), né di descrivere o di essere descritti, poiché si riesce ad identificare e descrivere bene solo ciò che viaria.

Le costanti - appunto - non cambiano ed hanno derivata uguale a zero... mentre a noi servono massimi, minimi e asintoti... per descrivere una "funzione", la nostra in questo caso.

Questa sembra essere la triste condizione alla quale sono condannati gli "angeli", che secondo la tradizione non si sono mai incarnati... e che quindi rimangono ciò che sono, restano ciò che erano quando sono stati creati... anche se, non avendo capito molto della NOSTRA e della LORO origine, molte persone li vogliono ergere a "custodi": custodi de che?! Per essere guardiano di qualcosa, si suppone che questa entità sia più esperta di me in ciò di cui è a guardia... beh, senza una loro macchina biologica a loro disposizione, pure gli angeli al massimo possono fare il tifo per noi e magari invidiarci un pizzico... perché siamo destinati ad evolverci, al contrario loro!

Bene: se quindi il corpo è quella straordinaria macchina biologica che ci permette tutto questo... sottoponendolo a cicli di allenamento, è possibile fargli esperire (dal di dentro) sensazioni, tattili o meno, che non avrebbero la stessa valenza se guardate su Netflix, stando in pantofole sul divano.

E cosa fa di solito la gente?

Sta a guardare Netflix (ed anche altri portali simili) in pantofole sul divano, mentre molti di noi sono a rotolarsi sul tatami: senza tanto leggere fra le righe... vi ho appena indicato una buonissima ragione per praticare Aikido (o qualsiasi altra disciplina psico-fisica), nel caso non lo facciate ancora!

Ma ci serve approfondire meglio come funziona questa "macchina": innanzi tutto è banale ricordarci che è sempre unica nel suo genere... nel senso che ce ne sono circa 8 miliardi simili su questo pianeta, ma non ce n'è veramente una uguale ad un'altra. Questo è conseguenza del fatto che ciascuna nostra macchina biologica è "tailor made", ovvero fatta su misura per la coscienza che la abita... and of course anche tutte le coscienze sono fra loro simili, ma anche differenti allo stesso tempo.

Questa è una delle ragioni per le quali è così difficile andare d'accordo: possiamo avere ALCUNI punti in comune, ma MAI tutti, perché siamo diversi di default.

La nostra macchina biologica però, oltre che ad essere un ottimo strumento per fare esperienza terrena, è anche una sorta di "specchio" della coscienza che la abita e vivifica: e quando cambia il suo aspetto, sta cambiando anche l'aspetto dell'essere che si affaccia dai suoi occhi... del suo pilota, o indossatore.

L'Aikido è uno dei modi che esistono per far fare esperienza di guida al pilota della macchina biologica, o di sfilata di moda all'indossatore del cappotto.

Ma non è una semplice esperienza come un'altra: essa infatti si ambienta nel CONFLITTO, ovvero dove c'è qualcosa che apparentemente stona con l'armonia universale delle cose. Il compito del pilota o dell'indossatore e ritrovare armonia anche mentre la sua macchina biologica è impegnata in una situazione FISICAMENTE (ed anche emotivamente) conflittuale.

Se ci immedesimiamo troppo con il nostro corpo, l'esperienza di conflitto inizierà a non produrre più qualcosa di armonico, perché inizieremo a voler proteggere la nostra macchina biologica da qualsiasi minaccia esterna (l'attacco di uke), indipendentemente da cosa possa accadere al nostro avversario (alla sua macchina biologica, per dirla tutta).

Qui si vede tori che per controllare uke, talvolta arriva a fargli provare un tot di dolore, fino a ferirlo, se questo è ciò che gli garantisce che smetta di attaccare e minacciarci. Qui il Budo diventa impositivo, apparentemente per ragioni più che logiche, ma si perde l'Aiki del "noi".

Se ci si immedesima troppo poco con il nostro corpo accade però esattamente la stessa cosa: lasceremo che uke ci ferisca con il suo attacco, sminuendo l'importanza di rimanere in salute per fare questa ed altre esperienze future... oppure ci lanceremo in imprese che la nostra macchina biologica NON è in grado di reggere, divenendo cioè autolesionisti inconsapevoli.

Ed il nostro corpo è prezioso, perché - ricordiamolo - senza di esso non è possibile NESSUN cambiamento ed evoluzione!

Quindi bisogna rinsaldare il collegamento fra corpo e coscienza che lo abita, così che essa si specchi più fedelmente possibile con il suo soma... senza però lasciare che questa identificazione diventi totale, e così che si inizi a litigare per la macchina o per il cappotto.

Sia la macchina, che il cappotto, sono cose importanti... ma sono anche semplici strumenti per spostarci o per passare l'inverno al caldo: una volta che una macchina o un cappotto si sciupano, li si cambia, semplicemente.

Ora che possiamo vedere nel SOMA lo specchio di una coscienza, allora possiamo utilizzarlo anche per esplorare tutti quei luoghi o aspetti che della coscienza ancora non conosciamo. Allora ci alleneremo volontariamente ad andare fuori dalla nostra zona di comfort con il corpo, perché ciò è sinonimo di andarci con la nostra consapevolezza stessa.

Ed il corpo ha l'immenso pregio di ancorarci ad una realtà materiale, spesso molto distante dalla realtà che ci creiamo internamento, a livello prettamente mentale: se penso di non essere in gradi di fare una cosa o di essere già troppo bravo nel farla... ho un metodo infallibile per comprendere se tutto ciò è vero o è solo una mia pippa mentale. Sperimento con il mio corpo!

L'Aikido, oltre tutto, ci fornisce strumenti per esplorare in modo più che completo le nostre paure e fragilità... che sono appunto lo specchio dei luoghi nei quali la nostra coscienza, per prima, si sente fuori dalla comfort-zone, ne parlavamo poc'anzi.

Se iniziamo a fare caso al nostro corpo, a come si muove nello spazio e nel tempo... a come si muove sotto minaccia, vedremo molte cose dell'essere che ci abita dentro: talvolta se si vuole conoscere il vasaio, è sufficiente fare attenzione a come è costruito il vaso, così come se vogliamo conoscere un autore, è sufficiente leggere con attenzione alcuni suoi libri.

Possiamo quindi conoscerci attraverso l'analisi di come si muove la nostra automobile o da come sfila il nostro cappotto... ma possiamo anche crescere ed evolvere chiedendo al nostro veicolo/cappotto di agire in modo differente rispetto al passato: in questo senso il SOMA è uno strumento a 2 vie, quella del feedback e quello dell'azione trasformativa.

Magari non ci avevate mai pensato...

Quando ho iniziato a fare Aikido, tendevo a strizzare i polsi dei miei compagni come dei limoni... cosa che non era sempre utile o piacevole per loro: mi stavo proteggendo.

Questo mi ha permesso di comprendere PERCHÉ mi stessi proteggendo, PERCHÉ mi sentivo minacciato... e con sorpresa ho realizzato che l'attacco esterno centrava proprio poco, ero insicuro dentro, non sapevo chi ero e non mi volevo nemmeno bene più di tanto.

E qui è iniziato, tramite il SOMA, il processo di evoluzione personale: imparando a rispondere alle medesime situazioni in modo differente dal passato... ho imparato che esistevano modi diversi per fare le stesse cose, modalità però che erano più rispettose del mio uke, dei principi della disciplina ed - in ultima analisi - di me stesso.

Attraverso la macchina biologica mi sono accorto dei bias che stavo vivendo, e sempre grazie ad essa ho iniziato a cercare soluzioni alternative... fino a quando non le ho trovate.

Ho portato un esempio personale non tanto perché possiate farvi una camionata di fatti miei, quanto perché sono le uniche esperienze delle quali sono titolato a parlare, essendo state esperienze personali.

L'utilizzo del SOMA, del materiale, per indagare e quindi anche modificare ciò che è coscienziale/animico/spirituale è un astuto processo non ancora del tutto chiaro all'umanità... immagino per via del fatto che essa è poco propensa a studiare se stessa attraverso le proprie macchine biologiche.

Ma chi fa Aikido questa scusa di certo non ce l'ha!

Esiste quindi un modo molto SPIRITUALE di praticare, ovvero quello di ruzzolarsi fisicamente sul tatami, sudando il più possibile... così da onorare ed utilizzare al meglio lo strumento nel quale la nostra coscienza si specchia e si affaccia al mondo del possibile cambiamento.

Torneremo su questo argomento in futuro... per oggi mi fermo qui, poiché mi sembra che i fondamenti di ciò che è utile per introdurlo siano stati dati.

Esiste un modo positivo di vivere la SOMATIZZAZIONE: ora sta a ciascuno di noi scoprire empiricamente qual è.


Marco Rubatto