C'è un gran vociare sul fatto che
l'Aikido venga considerata una vera Arte Marziale o meno: per alcuni si, per altri no... ma di certo
deriva da una pratica assolutamente marziale.E, come ogni disciplina che coinvolge corpo e mente, è soggetta a traumi più o meno ricorrenti... dei quali vorrei parlare quest'oggi... riprendendo un discorso iniziato QUI, oltre 14 anni fa.
Non esiste un sarto con una certa esperienza che non si sia mai bucato il dito con un ago, o un muratore che non si sia martellato un'unghia per sbaglio... quindi - verosimilmente - come iniziamo una pratica fisica dobbiamo mettere in conto che possano verificarsi alcuni micro traumi di varia natura.
Mi colpì moltissimo, tuttavia, una formazione che feci al Centro Olimpico Federale di Ostia nel 2017, nel quale il medico sportivo della nazionale di Judo era venuto a tenere una lezione proprio su questo argomento ai Docenti dei Settori Aikido e Ju Jitsu FIJLKAM.
All'inizio del suo intervento, chiese ai presenti che numero medio di infortuni e di che tipologia avevamo ogni anno nelle nostre Società Sportive:
rimase perlopiù stupefatto dal basso tasso di incidenti rimandati, e dalla loro relativa lieve entità.Nel Judo una caduta che richiede un intervento chirurgico di rifacimento di un'articolazione è abbastanza frequente, specie in alti livelli di gara: noi non abbiamo gare (il Ju Jitsu invece si), ma comunque non si andava oltre alla clavicola rotta o alla contusione di una caviglia... in media (ed il Ju Jitsu molto più che l'Aikido, fra l'altro).
Segno è che la nostra disciplina non è particolarmente soggetta a traumi che hanno gravi conseguenze: certo alcune leggende metropolitane parlano di "morti di koshinage"... ragione per la quale alcuni stili hanno estromesso questa tecnica dai loro curriculum tecnici, tuttavia sul numero globale degli Aikidoka, possiamo considerarci abbastanza al sicuro da eventi estremi di tipo fisicamente traumatico.
Di certo
shihonage è potenzialmente una tecnica killer (per spalla, gomito e polso), se
tori chiude più del dovuto ed alcune chiavi articolari possono condurre alla rottura, lussazione o sub-lussazione degli arti.
Uno degli incidenti più comuni e frequenti - per quando appaia bizzarro - avviene nella pratica di ikkyo (omote waza), che di chiavi articolari non ne ha nemmeno una!
Accade che un uke troppo lasso avvicini troppo il proprio gomito alla faccia, facendo si che il pollice di tori che gli ha afferrato il gomito gli finisca nell'occhio: anche in questo caso, però, nulla che non si risolva con un arrossamento (di solito).
Abbastanza frequente è anche la rottura della clavicola a seguito di una semplice caduta in avanti (zenpo kaiten ukemi), specie da parte dei neofiti. Ci sono distorsioni a caviglie e ginocchia... ma è raro che si arrivi alla frattura ossea vera e propria (se non, appunto, per ossa minuscole come la clavicola).
Mi è capitato più volte di vedere dita dei piedi incerottate o fasciate, sia per abrasioni sul
tatami, che per distorsioni legati a qualche materassina lievemente discostata da quella a fianco; quando invece sono le dita delle mani quelle fasciate è una tecnica di leva che è sfuggita al controllo di chi la stava eseguendo.
C'è l'usanza di segnalare visivamente ai compagni di pratica una propria fragilità, utilizzando fasciature, polsiere o altri escamotage per far comprendere che una nostra articolazione è più delicata delle altre, e quindi di andarci piano quando siamo "sotto i ferri" del nostro tori.
Io pratico ininterrottamente da 33 anni e mi è capitato di avere diversi piccoli incidenti di percorso (più che altro stiramenti ed alcune piccole contusioni), ma nessun trauma grave, tipo rottura ossea (al momento... e mi auguro di continuare così!).
Credo però che i traumi più grandi della pratica da Aikidoka NON avvengano a livello fisico, ma psicologico; forse verrebbe da considerare meno grave una problematica che non mostra aspetti organici, ma non credo siano da sottovalutare nemmeno i disagi di carattere psichico ed emotivo.
Ci si abitua a dare tutto (e questo è un bene), ma
anche a non fermarsi un attimo prima che questo "tutto" non si trasformi in "troppo": di solito, anche dietro ad un'infortunio di tipo fisico c'è un'errore di valutazione (sia di
tori, che di
uke, molte volte) che si potrebbe più descrivere come
una devianza psichica di almeno uno dei due praticanti... il quale riteneva ok ciò che poi si è mostrato non esserlo sul serio per entrambi.
Proiezioni "inferte" a chi credevamo le potesse reggere... ma che poi frana sotto le nostre mani, e talvolta finisce pure col farsi male, ad esempio.
Salti che un praticante "crede" di poter realizzare, senza però fare i debito conti con la forza di gravità...
Leve tirate "per proteggersi" da chi non ci stava realmente minacciando fino a quel punto.
Si tratta - insomma - di
un sacco di PROIEZIONI MENTALI maldestre, che facciamo su noi stessi e sugli altri... e che talvolta sfociano in piccoli traumi fisici, mentre altre volte ci fanno semplicemente provare dolore inutile.
Il dolore inutile in Aikido potrebbe nascondere anche una forma di sadismo occulto, per il quale piegare l'altro al nostro volere è qualcosa di consentito, se ben mascherato da "tecnica efficace". Mi ricordo quando io stesso avevo questa "malattia": non erano tante le persone che amavano praticare con me (ed ora non posso dare loro torto!).
Non essendo in grado di rispettare me ed il mio corpo, non ero in grado di rispettare nemmeno i miei compagni di pratica ed il loro corpo...
Questa capacità (di rispettarsi e rispettare) un tempo
credevo fosse da acquisire con la pratica, ora so che non è sempre detto che ciò avvenga: conosco un botto di gente che per se stessa (e per chi sta loro accanto) sceglie corsi "ruvidi" apposta, forse per sentire (inconsciamente) dolore, che nella maggior parte delle volte si rivela essere inutile e controproducente, sia per il corpo, che per la psiche che lo abita. Si arriva addirittura all'aberrazione di considerare "di valore" una pratica solo se fa male o se è in grado di infliggere dolore al prossimo.
Al solito, le discipline come l'Aikido possono essere scelte consapevolmente per fare il prossimo passo verso se stessi, o per erigere un muro fra sé e sé.
Ci sono due ultimi punti che mi piacerebbe esaminare velocemente...
Il primo è
quando accade che ci si faccia fisicamente male (poco importa se con conseguenze o meno nel tempo):
questi momenti... che uno maledirebbe, li per li, invece
risultano preziosi per chi è in grado di apprendere dalle proprie esperienze, anche da quelle più negative.
Accade che il dolore sia una sorta di segnale di allarme rispetto al fatto che siamo sulla "rotta sbagliata", in qualche modo... e questo parla sempre di NOI, anche se a provocarci questo dolore è un nostro compagno di pratica.
- perché non sono riuscito ad armonizzarmi al suo gesto? (se ero io quello che poteva fare meglio)
- perché mi sono andato a scegliere proprio quel compagno di pratica? (se è lui quello che mi ha provocato dolore, nonostante io stessi facendo del mio meglio per non averne)
Sotto questo punto di vista, un trauma che mi richiede di stare assente dal corso per alcune lezioni / settimane / mesi è un'evento che mi richiede di riflettere di più, man mano risulta grave l'entità del trauma.
Così è possibile fare
kaizen (miglioramento continuo) anche attraverso un'esperienza dolorosa.
Ultimo punto: quando è un principiante a ferirsi - non importa come o perché - ci troviamo davanti ad una persona che parte in salita il suo percorso con se stesso e verso se stesso.
Alcune volte (poche), costatiamo così quanto è forte la determinazione di chi abbiamo dinnanzi, proprio perché il suo percorso parte in salita... altre volte (la maggioranza) è un evento troppo grande per essere digerito nel modo migliore, ed il neofita smette di praticare definitivamente.
Pochi di noi in età lavorativa si possono permettere di stare con un braccio al collo o con un gesso alla gamba per più di un mese perché "al corso mi hanno fatto male" oppure "mi sono fatto male da solo"...
Fanno spesso prima a cambiare hobby, pensando che l'Aikido non sia qualcosa che faccia al caso loro. E queste cose succedono, purtroppo, talvolta.
Dal mio punto di vista però queste sono proprio dinamiche che andrebbero evitate il più possibile: la capacità di comprendere quanto la nostra consapevolezza sia determinante nei movimenti che facciamo (e ci facciamo fare) richiede tempo, così come richiede tempo comprendere quanto l'Aikido possa fare per noi in questo senso.
Consentire che un nostro compagno subisca un trauma troppo prematuramente è la stessa cosa che esporre una piantina appena sbocciata ad un uragano... possiamo lamentarci poi se cerca un altro campo nel quale crescere? Forse ora lo farei anch'io...
Saito Sensei era maniacale nell'assicurarsi che nessuno sul
tatami corresse pericoli durante l'allenamento e spesso ripeteva che
la bontà di un Insegnante è quella di accertarsi che tutti pratichino in sicurezza sotto la sua supervisione.Gli incidenti accadono, non credo possano essere azzerati definitivamente... però è nostro dovere fare di tutto per rendere remota la possibilità di smettere di praticare proprio perché stiamo praticando... non vi pare?
Marco Rubatto
PS: esiste un volume intitolato "Aikido: una guida per la prevenzione ed il recupero delle lesioni", di Encarna Planells, edito da Jute Sport. É incluso nell'elenco disponibile alla sezione "BOOKS" del Blog.
Mi piacerebbe dire che è un bel libro e che l'ho trovato utile, ma mentirei spudoratamente: purtroppo credo sia uno dei testi più inutili che è stato scritto con la parola
"Aikido" nel titolo, secondo me.
Se volete evitare di farvi male, siate presenti a voi stessi, osservate cosa accade intorno a voi... e siate consapevoli di come muovete la vostra energia, mentale, emotiva e fisica... sono convinto otterrete risultati migliori che leggere questo testo!