lunedì 16 giugno 2025

Stage di Aikido "aperto a qualsiasi praticante, purché regolarmente assicurato"

Nelle locandine che pubblicizzano Seminar, raduni ed eventi legati alla pratica dell'Aikido, quante volte avete letto: "Aperto a qualsiasi praticante, purché regolarmente assicurato"?

Beh, a mio avviso questo annuncio offre un chiaro (e forse disarmante) specchio dello stato dell'arte, almeno nel nostro Paese...

Nessun Aikidoka è costretto ad avere nozioni di diritto civile e penale per frequentare una lezione di Aikido extra in un altro luogo, rispetto a quello nel quale si allena di solito... ed infatti, la maggior parte dei praticanti e - purtroppo - pure degli Insegnanti si limitano a comportarsi come ha visto fare ad altri.

Peccato che questa cosa faccia acqua da tutte le parti!

In Italia, per praticare una disciplina sportiva, è necessario presentare alla Società/Associazione Sportiva di riferimento un certificato medico, che attesta la propria idoneità alla pratica della disciplina in questione.

Per alcuni l'Aikido non sarà considerabile uno sport, ma per il nostro palinsesto legislativo LO É.

Questo certificato medico serve alla Società /Associazione Sportiva in questione ad attestare di avere messo l'atleta (mi scusino i puristi marziali, così si chiamano le persone che fanno sport) in condizioni di sicurezza nella pratica, e questo è anche il tassello che permette loro di ASSICURARE il loro iscritto / associato.

Ciascuna Società / Associazione Sportiva si affilia alla Federazione (FIJLKAM, per le Arti Marziali) o ad un Ente di Promozione Sportiva, e questa affiliazione permette di TESSERARE i loro atleti presso lo stesso Ente.

Questo Ente, preso atto della consegna del certificato medico in corso di validità, EROGA un'ASSICURAZIONE che copre ogni tesserato durante la pratica sportiva che è stata dichiarata dalla Società / Associazione Sportiva nel proprio Statuto (del quale è obbligatorio fornire copia all'Ente).

L'associato è quindi assicurativamente COPERTO solo nella sede che è stata indicata all'Ente di riferimento e nelle giornate ed orari che sono stati comunicati preventivamente. Ci sono poi Enti che assicurano i propri associati h24 ed in qualsiasi luogo del territorio italiano nel quale sia presente un'altra Società / Associazione Sportiva, affiliata al MEDESIMO Ente, o evento sportivo promosso sempre dal MEDESIMO Ente.

Per esempio, FIJLKAM assicura me ed i miei allievi in qualsiasi Società Sportiva Federale italiana (per la pratica dell'Aikido, NON di un'altra disciplina federale!) ed in qualsiasi evento federale, regionale o nazionale che sia (dedicato ovviamente al Settore Aikido).

C'è però da sapere che questa polizza copre solitamente SOLO gli infortuni che accadono DURANTE la pratica (per noi, cioè, ciò che avviene sul tatami) ma NON è detto che copra tutti i sinistri che possono accadere presso la Società / Associazione Sportiva, ad esempio se si rompesse un vetro e si venissi feriti, se si cadesse sotto la doccia, se ci cadesse qualcosa in testa...

Per questa ragione, ogni Società / Associazione Sportiva è tenuta anche a sottoscrivere una polizza assicurativa RC, che tuteli la sicurezza dei suoi iscritti al di fuori dell'attività sportiva vera e propria.

La stessa medesima cosa vale in un Palazzetto Sportivo, durante un evento.

La regola aurea che governa la responsabilità civile verso i praticanti, in ogni caso, è la seguente: chi ORGANIZZA è colui che si cura di assicurare all'utenza un luogo sicuro e si assume la responsabilità di pagare le conseguenze di persona (o tramite la sua Società / Associazione Sportiva) in caso contrario.

Perché quindi questa lunga spiegazione della normativa vigente in tema assicurativo?

La ragione è molto semplice: chi organizza un evento Aikidoistico NON può manlevare la sua responsabilità scrivendo sulla locandina "Aperto a qualsiasi praticante, purché regolarmente assicurato"... perché aspetta giuridicamente a lui ASSICURARE chi entra dalla porta!

Questa cosa non vale in tutto il mondo: ci sono nazioni nelle quali le polizze assicurative personali sono pressoché obbligatorie (o comunque molto comuni) e spesso coprono anche i soggetti dai rischi di infortunio durante la pratica sportiva.

Ad esempio, in Svizzera, è sufficiente una dichiarazione di manleva simile scritta su una locandina o sul proprio sito internet per informare che spetta a chi giunge provvedere autonomamente alla propria assicurazione personale per praticare, in quanto non si potrà rivolgere a terzi in caso di danno.

Ma qui non siamo in Svizzera... quindi questa cosa NON vale. Perché quindi la maggioranza degli Stage in Italia viene organizzata come se fossimo nella Confederazione Elvetica?!

Abbiamo la fortuna di praticare una disciplina che di solito non causa incidenti seri alla salute degli Aikidoka: qualche contusione, distorsione... nei casi più gravi una frattura; rarissimi sono i traumi cranici o quegli incidenti che rischiano di lasciare postumi seri e/o permanenti...

Ma questo NON significa che gli organizzatori di Eventi possano credere di scaricare la propria responsabilità scrivendolo su una locandina fatta con Word!

Di solito chi organizza è sempre alla ricerca di attrarre praticanti anche altre aree, Scuole, stili: un po' credo faccia parte dei principi stessi dell'Aikido garantire una porta aperta per chiunque desideri accomodarsi... dall'altra parte, siccome gli eventi sono spesso risicati come numero di partecipanti, allora dare il benvenuto a qualcuno proveniente da giri differenti dal proprio spesso rende l'evento economicamente più sostenibile.

Si tratta quindi di un fenomeno molto comprensibile, a livello sia umano che organizzativo, quello di cercare di includere altri Aikidoka: io lo vivo come qualcosa di positivo, almeno.

Solo che in Italia siamo frammentati in una ventina di Enti differenti, fra Federazione ed EPS, per non contare poi tutte le Associazioni private: la probabilità quindi di richiamare a sé persone assicurate presso Enti differenti dal proprio è molto alta.

Non ho bisogno di spiegarvi io però che FIJLKAM non mi coprirebbe mai l'infortunio ad un evento UISP, o CSEN, vero?
Né ASI o Libertas, coprirebbero mai un infortunio accaduto durante un raduno dell'Aikikai d'Italia o della AICS, ovviamente!

Quindi, a cosa serve scrivere sulle proprie locandine "Aperto a qualsiasi praticante, purché regolarmente assicurato"? A niente!

Fino a quando andrà tutto bene... andrà tutto bene, invece quando poi dovesse accadere un sinistro (magari anche lieve) alla persona "sbagliata", potrebbero fioccare denunce, e la responsabilità di risarcire economicamente il danno arrecato dalla propria incompetenza ed improvvisazione su questi argomenti.

Un libero professionista, ad esempio, che non può lavorare se non guida... e che fosse costretto ad un mese di fermo per una lussazione ad una spalla, perché non dovrebbe pretendere almeno ripagati i danni economici indiretti che subirebbe?

Ma chi dovrà pagare: chi lo ha leso o l'organizzatore che ha reso possibile la pratica nella quale è accaduto il sinistro?

Di solito accade che ciascuno cerca di rifarsi su qualcun altro... specie se c'è da tirare fuori dei soldi: io denuncio il tizio che mi ha fatto male, questi denuncia l'organizzatore perché non ha provveduto ad adeguata assicurazione i praticanti. Quest'ultimo tenterà di difendersi in giudizio (fallendo), facendo presente che i partecipanti avrebbero dovuto pensare autonomamente alla proprio copertura assicurativa... e non se ne esce per qualche anno di avvocati e di spese...

Purtroppo conosco molte storie relative a dinamiche simili, e vi "assicuro" (scuserete il gioco di parole!) che a volte le cose sono andate anche più tragicamente di quanto uno si sarebbe potuto immaginare (ci sono state persone morte per un infarto, ma in un luogo nel quale non avrebbero dovuto trovarsi... cosa che ha fatto partire le procedure previste dalla Questura, rasentando il blocco a data da definirsi dell'attività fino alla chiusura delle indagini in corso).

Ne vale quindi la pena?

Secondo me è necessario fare un distinguo: certi eventi NON sarebbero nemmeno più organizzabili, stando alle normative attuali, perché non è facile assumersi l'onere di assicurare chi entra dalla porta (sia perché costa, sia perché molto spesso non abbiamo idea fino all'ultimo di chi parteciperà).

Sappiamo però anche bene quando ciò crea potenziali pericoli reali (casi di ampia partecipazione, se non addirittura di sovraffollamento, casi nei quali c'è molta eterogeneità fra i partecipanti)... e quando invece viene a trovarci il nostro amico di un altro Dojo una sera, per un po' di keiko ed una birra insieme a seguire.

Le Assicurazioni servono proprio per coprire il più possibile dai rischi, ma non è pensabile che questi possano SEMPRE essere interamente coperti: quindi la differenza la fa il BUON SENSO di chi è chiamato a prendere delle decisioni, si organizzative, sia partecipare ad eventi nei quali deve essere chiaro che NON saremo coperti da alcuna assicurazione.

In Aikido esiste ancora un'ignoranza preoccupante su queste tematiche, infatti ne avevamo già parlato insieme... ma continuo a vere on-line locandine di questo o quello Shihan che accoglie "tutti i praticanti, purché regolarmente assicurati".

É un po' come andarsi a nascondere dietro un dito, e le organizzazioni più evolute hanno già compreso come ridurre questo tipo di rischi... ma forse ciascuno ha ancora l'organizzazione che si merita! Che ve lo dico a fare...

In fondo fra "assicurato" e "ass-inculato" per un giapponese non cambia molto la pronuncia, cambia solo la sensazione si fastidio al fondo schiena...


Marco Rubatto




lunedì 9 giugno 2025

Aikido e la difesa personale più frequente

Si fa da anni un gran parlare on-line in merito all'Aikido e le sue origini marziali, la sua efficacia in caso di un'aggressione reale per la strada... e devo dire che pochi argomenti come questo mi paiono completamente insensati, futili, ed inconcludenti!

C'è però da dire che un Aikidoka riceve in effetti, con una certa frequenza, attacchi dai quali sarebbe bene che imparasse a difendersi senza se e senza ma: non mi riferisco ai borseggiatori, alle coltellate dei malviventi o alle testate degli ubriachi... no, queste cose capitano veramente di rado, se andiamo a controllare nelle statistiche.

Io mi riferisco ad attacchi VERAMENTE REALI, e che OGNI Aikidoka è destinato a ricevere a ripetizione prima o poi!

E sono biechi, sono imprevedibili, arrivano da tutte le parti... senza alcun preavviso o alcuna possibilità di difendersi attraverso una tecnica conosciuta: mi riferisco a quando viene messo sotto attacco il tempo che ciascuno di noi dedica alla pratica stessa...

É risaputo che l'Aikido non possa essere un'attività da fare per 10 lezioni e poi basta, oppure ancora una volta al mese o quando abbiamo tempo di dedicarci ad essa.

L'Aikido è un'attività che necessita di un passo CADENZATO, di prendere un RITMO costante... decideremo noi se mono, bi, tri-settimanale o anche tutti i giorni... però è un ritmo che - una volta scelto - deve poter essere mantenuto; funziona un po' come una dieta alimentare, che da i risultati SOLO in presenza di una certa qual disciplina e costanza.

Beh, questa "disciplina" talvolta siamo i primi a non sapercela dare, quindi magari siamo ingaggiati con il tatami e lo frequentiamo pure volentieri... ma se questa sera gioca la nostra squadra del cuore, per le semifinali di coppa, per giunta... come si fa a perderci questa partita, sul divano a tifare con amici e famigliari?!

Se piove e fuori fa freddo, chi ce lo fa fare di rimetterci le scarpe ed uscire di casa... dopo una dura giornata di lavoro?!

Questo, di solito, è l'inizio della fine di un Aikidoka...

E se per caso non siamo noi a distrarci dal nostro DO, lo cercano di fare con una certa regolarità tutte quelle persone che ci ruotano intorno, che non sono coinvolte come noi in un percorso di tipo personale, che richiede costanza e regolarità.

Ci saranno quindi:

- l'anniversario di fidanzamento/matrimonio

- l'addio al nubilato/celibato degli amici

- il compleanno di papà/mamme/fratelli/suoceri/suocere/figli/nipoti ed animali domestici

- da fare qualche straordinario imprevisto, perché in ditta siamo tutti mal messi con il lavoro

- ci sarà qualcuno da accudire, che però (guarda caso) potrà essere accudito SOLO in orario del nostro corso

- ci sarà l'elettrauto, il medico di famiglia, il veterinario, il colloquio con i professori dei ns figli/nipoti

- ci saranno gli imprevisti davvero imprevedibili, come le ruote che si bucano, le lavatrici e le caldaie a gas che si rompono... e saranno tutte cose che potranno essere aggiustate SOLO nei giorni e negli orari nei quali dovremmo essere sul tatami per il nostro corso di Aikido.

E mi sto riferendo al corso regolare che di solito è in settimana: lasciamo perdere poi ciò che riguarda gli eventi formativi (stage) che capitano di sabato e di domenica!

Li apriti cielo e terra chiuditi: c'è la famiglia, le cresime, i matrimoni, le scampagnate... la nostra presenza sarà raccomandata quasi come fossimo gli Amministratori Delegati della FIAT, durante la riunione di acquisizione della Chrysler del 2009!

Ma se non impariamo noi a DIFENDERE gli spazi ed i tempi che abbiamo scelto di concedere a noi stessi, davvero crediamo che la società o qualcun altro farà questo al posto nostro?!

La risposta - più che certa - è NO!

E non è un male che si debba fare questa "fatica" aggiuntiva: ovvio che inseriti in una società energivora, che ci vorrebbe far dedicare alle cose che contano SOLO con la nostra energia residua, con gli scarti che siamo capaci di trattenere dopo che abbiamo ottemperato ai nostri doveri sociali (scuola, lavoro, famiglia, etc)... arriveremo all'ora del corso di Aikido munti come una mucca tisica da un contadino sadico!

Tuttavia, proprio questo a volte può far scattare una sorta di lampadina di emergenza: un allarme che ci segnala che facciamo un sacco di cose, ma non è per nulla detto che siamo i padroni dei nostri spazi e dei nostri tempi.

Si usa molto dire che siamo in un regime di libertà, vero?

E infatti siamo assolutamente liberi di fare ciò che vogliamo, dopo che per il 99% del nostro tempo abbiamo fatto ciò che la società ci richiede: una sorta di gabbia a cielo aperto, nelle quale a nessun prigioniero verrebbe sfiorato dal pensiero di essere un carcerato.

Da giovane devi studiare sodo per quando sarai grande, da grande devi lavorare sodo per quando sarai vecchio... da vecchio - sempre se e la salute è dalla tua - ti potrai godere un meritato riposo... anche se è molto probabile che non sarai più nelle condizioni fisiche e mentali di fare veramente ciò che desideri!

Però poi qualche deviante vorrebbe fare addirittura un percorso di crescita personale, che lo possa portare a capire qual è la sua vera natura e che cosa è venuto a fare su questo pianeta: ma siamo scherzando!?!

Beh, questo processo è facilissimo da stoppare: ad un percorso personale serio servono anni di costante pratica... allora basta togliere il tempo e lo spazio perché ciò possa avvenire ed il gioco è fatto!

Tanto il tempo e lo spazio personali di ciascuno di noi sono già estremamente RISICATI: solo una persona con una certa focalizzazione e determinazione sarebbe in grado di risalire la corrente degli impegni sociali, un po' come fa un salmone, per essere libero quando VUOLE e per il numero di volte che gli SERVE farlo... no?

Queste persone determinate non sono esattamente comuni, ma i continui attacchi ai nostri progetti personali rischiano di farci diventare proprio così, oppure svelano quanto poco ci teniamo a portare avanti ciò che abbiamo iniziato... magari con tutta la passione di questo mondo, ma senza possedere la determinazione necessaria a farli proseguire con immutato profitto.

E non vi parlo dell'aggressione che si sente ogni tanto al telegiornale: ogni giorno - in media - almeno uno (o più) dei miei allievi mi manda un messaggio in cui dice: "Ciao Sensei, volevo solo avvisarti che non posso venire a lezione perché devo fare X" oppure "perché è capitato Y".

Siamo umani, quindi ovvio che un imprevisto può accadere a chiunque, me compreso... e che avendo parecchi allievi è statisticamente probabile che qualcuno si incasini all'improvviso: segnalo solo che a me gli imprevisti accadono con una frequenza MOLTO minore rispetto ad altri... credo che l'ultima lezione di Aikido che ho perso per uno di essi risalga, più o meno, al 1994...

Allora: cos'è questo "super potere" che mi ritrovo... che mi assicura di essere (praticamente) sempre puntuale agli appuntamenti che prendo con me stesso?

Come si acquisisce?

Come si affrontano i continui attacchi al tempo ed ai nostro spazi personali che arrivano da tutte le parti... da Netflix, dai parenti, datori di lavoro ed amici?

Queste cose sono fottutamente REALI, cioè che capitano di certo a TUTTI i praticanti, non come le aggressioni stradali, voglio dire, che nel 2024 sono accadute in Italia allo 0,00031 % della popolazione (183 aggressioni su 59 milioni di abitanti).

Provate ad iscrivervi ad un corso di difesa di tempi e spazi personali... magari poi così vi insegnano le tecniche che vi consentiranno di frequentare anche il corso di Aikido, tanto di tempo libero ne avete da vendere, no?


Marco Rubatto






lunedì 2 giugno 2025

Aikido e ADHD: un fenomeno in crescita esponenziale

Sono sempre più frequenti i casi di bambini e ragazzi che vengono a provare l'Aikido nel mio Dojo e sui quali vengo informato esserci una diagnosi di ADHD.

Avendo lavorato per numerosi anni nel sociale, a contatto con questo tipo di "problematiche", è più semplice per me come comportarmi, infatti il 99% di questi ragazzi si ferma e diventa un membro stabile, integrato e soddisfatto dei corsi di Aikido rivolti ai bambini o agli adolescenti.

Ma siccome è un fenomeno in crescita esponenziale, ho ritenuto opportuno parlarne insieme, presumendo possa essere di qualche aiuto per gli Insegnanti meno fortunati o formati di me in questo campo specifico.

Innanzi tutto diciamo che ADHD è un acronimo che sta per "Attention Deficit Hyperactivity Disorder", ovvero "Disordine Iperattivo per Deficit di Attenzione"... e si tratta di difficoltà nel mantenere l'attenzione in modo selettivo, eccessiva attività, difficoltà nell'autoregolazione del proprio comportamento (es. impulsività) e/o iperattività motoria, che possono differire dalle aspettative sociali.

Questa "problematica" è solo UNA di quelle che vengono diagnosticate sempre più di frequente e crescono come funghi nei Centri di Neuropsichiatria infantile: c'è chi è "dislessico" (fatica ad articolare correttamente le parole), chi è "discalculico" (fatica a fare i calcoli a memoria), chi è "disgrafico" (fatica a scrivere correttamente)... tutte dinamiche che ricadono sotto una più generica D.S.A., ovvero "Disturbi Specifici dell'Apprendimento", poi c'è chi presenta dei disturbi dello spettro autistico (come la sindrome di Asperger, etc). Insomma: i casi sono molteplici, ma dalla porta sembrano entrare sempre più un tot di bambini e ragazzi, in qualche modo "problematici", o che comunque necessitano di attenzioni maggiori degli altri.

Ora... vero è che le neuroscienze hanno compiuto passi da gigante negli ultimi 50 anni e che quindi alcune patologie sempre esistite ora sono state studiate e rese riconoscibili e quindi anche diagnosticabili, però è anche vero che la nostra società tende un po' a prendere la scienza come un aspetto dogmatico della vita, quasi come se fosse la nuova religione dei nostri tempi.

Infatti, quando nella definizione di ADHD si parla di comportamenti che "possono differire dalle aspettative sociali"... chi ci dice che le aspettative sociali siano così da accondiscendere?!

Se la società avesse prospettive poco sane, tipo quella di obbligare un bambino delle elementari a stare fermo e seduto per 5 ore di fila... e poi questi risultasse più vivace del previsto o meno incline a compiacere le regole che lo vorrebbero una statua a comando... sicuri che sarebbe lui l'ipercinetico? Magari potrebbero essere gli altri ad essere un po' narcolettici... o semplicemente più "addomesticati".

É lui ad avere un problema oppure è una persona libera e sana, con esigenze sane... che capita in un mondo malato? Questo non è così banale, né immediato da stabilire.

Prendiamo il "deficit di attenzione" che mostrano proprio i nostri ragazzi ADHD, ad esempio: pare non riescano a stare attenti per un tempo prolungato, perciò necessitano di continui stimoli o di essere ripresi e riportati ad uno stato di focalizzazione su quanto sta spiegando l'Insegnante di turno... questo è quello che emerge, questa è la ragione che ha portato a diagnosticare loro un disturbo generale o particolare dell'apprendimento.

Ma noi siamo proprio certi di sapere bene cosa sia "l'attenzione"? Vediamo cosa ci dice in merito la scienza... 

L'attenzione sarebbe "un processo cognitivo complesso e multidimensionale, che ci consente di selezionare, elaborare e concentrarci su specifici stimoli, informazioni o attività, mentre filtriamo o ignoriamo le distrazioni".

Questa definizione mostra quanto ancora non sia così semplice definire un processo complesso, da noi compreso solo in parte, ad esempio...

- cos'è un processo cognitivo? Per definirlo in modo univoco, dovremmo sapere con esattezza cos'è la mente, ma al momento esistono solo modelli differenti di riferimento, che talvolta si sovrappongono, altre divergono fra loro;

- cos'è un processo "multidimensionale"? Che riguarda più dimensioni dell'esistenza, certo... ma quali? Sapremmo elencarle tutte ed essere certi di non lasciarne fuori nemmeno una? Difficile!

- cos'è la capacità di "concentrarci", di "focalizzarci"? A livello pratico lo sappiamo tutti di cosa si tratti, ma essendo un fenomeno legato alla coscienza, non esiste un algoritmo o un modello capace di rappresentarlo con una certa approssimazione accettabile;

- è chiaro come funziona questo processo di "filtro" di cui parla la definizione? Purtroppo, entrando nel campo della soggettività, NO;

- cosa significa "distrazione"? Devianza rispetto a ciò che dovrebbe avere la nostra attenzione, ma se non definiamo in modo univoco l'attenzione, diventa impossibile anche definire in modo univoco la sua assenza o il suo contrario!

Quello che si costata, empiricamente (ovvero basandosi sull'esperienza comune) è che un certo - e crescente - numero di individui NON viene più catturato completamente dalle metodologie didattiche che si utilizzano in modo standard nella società... e che magari sembrano andare bene per il 95% delle persone in età evolutiva, ma non per tutti.

Ma quel 5% di "devianti" sono persone "malate" o sono semplicemente DIFFERENTI e quindi con essi dovremmo utilizzare metodi diversi per ottenere gli stessi risultati che otteniamo con il loro compagni, cosiddetti per etichetta "normodotati"?

Questa non è una questione di lana caprina, perché se è gente malata è necessario trovare per loro una cura... invece nell'altro caso dobbiamo ammettere che il nostro approccio all'età evolutiva è obsoleto e va rinnovato per includere nuovamente TUTTI i suoi fruitori.

In altre parole, o abbiamo un fetta crescente della società che nasce storta, oppure stiamo stigmatizzando una fetta crescente della nostra società PUR di non ammettere che sono i nostri metodi "standard" ad avere raggiunto i loro limiti!

E qui inizio a fare presente alcune questioni che reputo di vitale importanza sull'argomento...

1) le problematiche sembrano riguardare un ECCESSO di vitalità, una necessità di iper-stimolazione, quasi a dire che risulta ipo-stimolazione quella che normalmente si fornisce a questi soggetti; il contrario NON è segnalato praticamente MAI; l'apatia eventuale ricade nel punto seguente...

2) le persone con disturbi dell'apprendimento accade che si chiudano in sé stesse più per incapacità di comunicare e rapportarsi con gli altri... che per voglia o necessità di farlo;

3) il sistema educativo attuale rilega all'espressione fisica una porzione esigua del tempo dell'apprendimento, tanto che la cinestesia (tatto, gusto, olfatto) NON rientra nelle esperienze comuni che si fanno per apprendere; quasi tutto è rilegato a vista ed udito, ma la fisicità ed il contatto diretto fra persone (epidermico, intendo) consente di scambiare una quantità e qualità di informazioni esponenzialmente più amplie e varie di quelle legate solo a ciò che si vede e si sente.

Da queste considerazioni emerge che:

1) sembra che la stimolazione ordinaria sia troppo poca, non troppa... segno che la nuova umanità si sta evolvendo, e non sta semplicemente "avendo dei problemi": possiamo pensarla così SOLO se non siamo disposti ad evolverci con essa e rimaniamo ancorati a ciò che andava bene in passato; chi di noi, del resto, amerebbe guardare un film come "Via col Vento", già lungo di suo... ad un terzo della velocità di riproduzione?

"FERMO, vietato annoiarti... e te lo devi sciroppare tutto e facendo pure finta che ti piaccia e che ti sia utile!"

2) la rinuncia alla comunicazione è un fattore che fa soffrire i soggetti interessati, ma se si è capaci di indicare loro come esprimersi e scambiare esperienze, essi spontaneamente escono dalla loro condizione di hikikomori;

3) un sistema educativo completo NON può prescindere da un approccio psico-corporeo, quindi basato su ciò che è possibile comprendere a livello intellettuale INSIEME alle esperienze che è possibile fare proprio SOLO attraverso la propria fisicità ed il movimento del soma.

In Aikido siamo particolarmente "fortunati" sotto questo aspetto, perché il corpo è il principale ed ordinario strumento di lavoro, quindi è possibile compensare con la carenza di movimento che questi soggetti sono costretti a vivere quotidianamente, specie fra le mura scolastiche.

In più, nelle Arti Marziali ed in Aikido nello specifico... siamo ordinariamente abituati a dover gestire un'enormità di stimoli contemporaneamente: c'è l'attacco dell'avversario, il nostro spostamento, l'interazione mente-corpo per realizzare la tecnica specifica che ci è stata richiesta, il problema della propriocezione corporea, il coordinamento fra i movimenti propri e l'armonizzazione con quelli altrui.

Una sorta di fucina solare di stimoli... ovvero esattamente ciò di cui si nutre e della quale ha bisogno un cosiddetto "ADHD".

E quindi accade (a me è successo l'ultima volta la settimana scorsa), che arriva un bambino con una certificazione ADHD ed in 4 lezioni riesce a fare cose che hanno richiesto a suoi compagni circa 3 mesi di allenamento: questo per voi è un "problema" o una "risorsa"?

Non ho nulla contro quei bambini e/o ragazzini che fin da piccoli vengono portati da logopedisti e psicologi... dobbiamo però ricordarci che i parametri con i quali giudichiamo che una persona abbia questo o quel problema sono stati creati pensando a qualcosa che in realtà NON esiste, ovvero il concetto di “normalità”.

Pare che Albert Einstein abbia iniziato a parlare tardi, verso i 3 anni: non è stato mica “normale”… oggi lo avrebbero portato di sicuro dal logopedista, mentre lui ha avuto solo bisogno del suo tempo per “sbocciare”.

I ragazzi sono TUTTI diversi fra loro, ma vengono educati con metodologie comuni e di massa, che non tengono conto delle loro caratteristiche peculiari… quindi in una classe pollaio, nella quale un bambino deve stare seduto 5 ore consecutive... chi vuole alzarsi forse sarà considerato “iper-attivo”, ma può essere solo uno che ha l’esigenza di muoversi più di un altro.

Forse chi presenta un “disturbo dell’attenzione” può anche semplicemente essere uno che apprende più velocemente dei compagni, che quindi ad un certo punto si distrae perché si annoia, non trova più motivi per stare attento... e forse io fare altrettanto al suo posto!

Purtroppo al momento facciamo del "non essere tutti paragonabili" un problema, visto che siamo ancora incapaci di puntare sulle qualità migliori di ciascuno.

Io "sono quello che sono", e prima faccio pace con questo, prima potrò pensare di utilizzarlo al meglio... e così anche chiunque altro oltre me.

Oggi vedo bambini che credono di essere malati perché sono diversi dagli altri compagni: secondo me quelli malati forte sono quelli che hanno fatto credere loro questa scemenza!

Non sto negando le evidenze delle neuroscienze moderne: ne constato solo i pesanti limiti ed il terribile modo con il quale molte famiglie devono affrontare una sorta di stigma imposto per “protocollo”.

Se vogliamo aiutare un bambino, oltre a dirgli cosa “ha” come caratteristiche “devianti” rispetto ad una media statistica… insegniamogli il valore inestimabile dell’esistenza della propria UNICITÀ.

Aiutiamolo a scoprire cosa di UNICO è venuto a fare al mondo, anziché misurargli l’incapacità di poterlo incasellare con le altre pecore del gregge.

Una società tarata sul valore medio evidentemente non sa che la statistica è proprio l’escamotage con il quale aggiriamo l’imprevedibilità dei sistemi complessi.

È una sorta di dichiarazione esplicita dell’ignoranza ed inconsapevolezza con la quale viviamo ciò che non abbiamo ancora ben compreso.

Per FORTUNA esistono strumenti come l'Aikido, grazie al quale è possibile usare l'intero sistema psico-corporeo per conoscere se stessi e gli altri: una disciplina nella quale "muoversi" non è SBAGLIATO, nella quale tirare fuori la propria "energia" non lo è PERICOLOSO... anzi!

I casi di "aggressività" che mi sono capitati in una ventina di anni di insegnamento ai più piccoli si sono rivelate praticamente TUTTE storie nelle quali il bambini/ragazzo NON era in grado di comunicare il proprio disagio e quindi attuava dei comportamenti lesivi verso gli altri o auto-lesivi (in alcuni casi).

Il problema NON si è mai rivelata l'energia in eccesso, ma l'incapacità di utilizzare quest'ultima in modo costruttivo nel contesto in cui il giovane si trovava: insegnato questo... TUTTE le problematiche sono SPARITE o rientrate autonomamente!

Sono diventati capaci di stare fermi (quando è per loro utile farlo, non quanto è utile per me!), hanno imparato a focalizzare la loro attenzione per periodi anche parecchio prolungati (quando per loro si è mostrato utile farlo, non quando necessariamente lo desideravo io!)... si sono stemperate le situazioni nelle quali il rapporto degenerava in comportamenti aggressivi.

Quale "terapia", quale "farmaco", quale "programma speciale" è stato usato?

Ovviamente da me NESSUNO... se non stare con loro in modo autentico, provare a comprenderli prima ancora di giudicarli o etichettarli... accettare i loro limiti (come accetto i miei), provare ad espandere i loro limiti (come faccio con me stesso).

Abbiamo fra le mani il nostro futuro, ed ha un valore unico ed inestimabile: forse dovremo spendere più tempo a ringraziare per questo dono, ed assumerci maggiormente la responsabilità di essere per loro guide sagge... anziché trovare un acronimo da appiccicare loro, che mascheri o giustifichi le nostre paure e/o la nostra sensazione di inadeguatezza nei loro confronti...


Marco Rubatto





lunedì 26 maggio 2025

Aikikai di che?

Assistiamo ad un fenomeno particolarmente curioso nella nostra disciplina, che è quello della credibilità relativa alle certificazioni esistenti.

Abbiamo già parlato altre volte di questo argomento, ma a questo giro desidero soffermarmi sui risvolti più grotteschi che sono stati scatenati da queste dinamiche curiose.

Sappiamo bene che la Fondazione Aikikai [財団法人合気会] - il nome completo è Zaidan Hōjin Aikikai - è un'organizzazione dell'Aikidō, creata dallo stesso Morihei Ueshiba e riconosciuta ufficialmente dal governo nipponico fin dal 1940... tuttavia ne esistono numerose ramificazioni all'estero, tanto che quasi ogni Stato ha una SUA organizzazione Aikikai satellite.

Abbiamo quindi l'Aikikai d'Italia (nata nel 1970, grazie all’opera di Hiroshi Tada Sensei), l'Aikikai di Francia... quella belga, quelle greca, quella israeliana, quella spagnola, quella portoghese... e così via dicendo.

E, come spesso accade, soprattutto quando le community si allargano... queste entità satelliti - pur rimanendo ufficialmente sotto l'ombrello Aikikai giapponese - hanno teso a differenziarsi da quest'ultima per modalità di insegnamento, requisiti tecnici richiesti agli esaminandi di questo o quel grado dan, organizzazione e conduzione dei corsi, quote da versare da parte degli iscritti, etc.

Questo mi sembra NATURALE, poiché ogni realtà ha dovuto armonizzarsi al proprio territorio, calzando le esigenze e tenendo conto delle caratteristiche (fisiche, culturali, sociali, economiche) dei propri membri autoctoni.

Di solito queste entità satellite hanno anche un PROPRIO sistema di graduazione e di certificazione "locale", oltre a dare modo ai propri iscritti di accedere ANCHE alla certificazione della casa madre di Tokyo: l'unica differenza fra quest'ultima e le sue "succursali" più o meno dirette è proprio nell'organizzazione delle certificazioni... che sono identiche per tutti, sia per chi pratica in Giappone, sia per chi invece pratica in occidente o altrove nel mondo.

L'Honbu Dojo di Tokyo ha quindi una sorta di "zecca" unica per tutti... ed inserisce anche una filigrana nei suoi diplomi per garantirne l'autenticità (ci sono stati alcuni tentativi di falsificazione e plagio in passato), in cambio di bei soldini per avere una pergamena sul quale il proprio nome e grado è certificato dal Doshu in persona (che dal 4 gennaio 1999 ad oggi è Moriteru Ueshiba, nipote del Fondatore).

Questo sembra avere un gran valore - perlomeno simbolico - da parte degli Aikidoka moderni, poiché garantisce una sorta di appartenenza diretta all'organizzazione creata da Morihei Ueshiba, e quindi da loro la sensazione di un lineage DIRETTO fra il Kaiso (Fondatore) e l'Aikidoka yudansha in basso a destra (ossia quello almeno possessore di un grado dan).

Se poi uno si allena un giorno ogni 3 mesi, ma ha l'aggancio ed i soldi necessari per arrivare al foglio di pergamena a mandorla che riporta l'hanko (il timbro-sigillo) dell'attuale Doshu... fa ufficialmente parte della "grande famiglia" di O' Sensei... almeno su un pezzo di carta!

Capite bene come i pezzi di carta TALVOLTA esprimano qualcosa di autentico... e TALVOLTA invece no!

In ogni caso, siccome ogni Aikikai satellite ha i PROPRI certificati Aikikai, ottenuti sottoponendosi ai PRORI esami dan e dopo avere pagato le PROPRIE quote per riceverli... c'è una generale corsa ad avere riconosciuto il proprio grado anche dall'Honbu Dojo, proprio per la sua caratteristica di "universalità/internazionalità".

E quando sono un Insegnante, magari di rango abbastanza elevato, come faccio a DISTINGUERMI dai miei pari grado?

Per capacità e competenza?

Quando scrivo "Marco Rubatto, 5º dan AIKIKAI"... a quale Aikikai mi staro riferendo?

Quella italiana, quella francese, quella svizzera o di quella belga?

Di solito si inizia dalla LOCANDINA dei Seminar che tengo, nella quale ci tengo a sottolineare che il mio Xesimo dan è Aikikai, ma dell'Aikikai di Tokyo... ATTENZIONE: quello very very original... mica pizza e fichi delle Associazioni Nazionali satellite... che non si sa nemmeno bene come facciano le cose!?

E qui iniziano delle cose che - a mio avviso - fanno riderissimo!

Si ha un po' la sensazione di assistere ad un branco di Docenti che urla: "il mio grado è di quelli buoni, di quelli che contano su serio!", "quelli non falsificabili", "quelli difficili e costosi da ottenere". Questa dinamica, se da un lato è molto umana... dall'altro fa intuire quanto poco ci si fidi di alcune Organizzazioni dalle quali e come se si volesse prendere distanza con questo comportamento.

La dicitura corretta, se proprio si dovesse sentire l'esigenza di specificare che il proprio grado proviene proprio da Tokyo, sarebbe [合気会 總 本部] "Aikikai so Honbu", che suonerebbe un po' come "Aikikai Sede Centrale"... e ricordiamoci che "HoNbu" si scrive con la N (unica consonante libera nella lingua giapponese), e non con la M.

Resta per me un mistero come l'Honbu Dojo stesso traslitteri diversamente il suo stesso nome sul proprio sito Web... ma dei giapponesi è vietato capire proprio tutto tutto!

Ma poi questo ricorda di quella barzelletta nella quale due parrucchieri, che hanno la locanda nella stessa via, cercano di rubarsi la clientela... attraverso lo slogan più altisonante.

Il primo scrive dinnanzi al suo locale: "Qui c'è il parrucchiere migliore di tutta la via".

Il secondo, sentendosi scalzato: "Qui c'è il parrucchiere più bravo del quartiere".

Il primo allora deve correggere: "Qui c'è il parrucchiere più bravo della città!".

Il secondo, non volendo essere da meno: "Qui c'è il parrucchiere più bravo d'Italia".

Il primo, non demordendo: "Qui troverete il parrucchiere più bravo dell'intero pianeta!".

Il secondo. che non ci pensava proprio a cedere la preminenza: "Qui il parrucchiere più bravo dell'universo!"

Fu proprio in quel momento che il primo parrucchiere si accorse che se avesse scritto semplicemente:"Qui c'è un bravo parrucchiere"... avrebbe mostrato di essere meno megalomane e più credibile del suo rivale.

Potrò sbagliarmi, però di rado chi mi ha chiesto di condurre un Seminar lo ha fatto perché il mio grado Aikikai arriva da Tokyo e non dall'Aikikai d'Italia o di qualche altro Paese!

Hanno prima badato ad altro... secondo me: qual è la mia visione dell'Aikido, cosa ho fatto per la disciplina, cosa potrei insegnare che a loro interessi; la certificazione sicuramente ha un suo peso, non affermo il contrario, però sono certo essere UNA delle cose che si guardano, ma sicuramente non l'unica!

Spesso sono stato "messo alla prova"... nel senso che chi mi ha chiamato voleva vedere chi ci fosse DIETRO a quella certificazione, prima di fidarsi, prima di chiedersi se fosse il caso di invitarmi nuovamente ad insegnare nel suo Dojo.

Quindi abbiamo una certificazione che sembra essere preminente rispetto alle altre - ovvero quella Aikikai so Honbu -, ma poi abbiamo anche un giudizio di merito che NON può essere interamente messo a tacere da nessun foglio di pergamena, per quanto giapponese, per quanto proveniente proprio dalla "Sede Centrale" dell'Aikido mondiale.

Ci sono, fra l'altro, diverse argomentazioni che non tutti conoscono, che permettono di rendere relativa QUALSIASI tipo di certificazione fatta dalle società umane, visto che nessuna di esse può vantare di essere senza difetti. Giapponesi compresi!

Un grado "Aikikai di Tokyo" sarà forse più "stabile", "univoco", "meno discutibile" di altri gradi Aikikai zonali... però bisogna anche dire che in Europa - e in Italia nello specifico - NESSUNO di essi, ad esempio, possiede alcun valore per l'insegnamento della disciplina.

Qui da noi devi essere un Docente Federale FIJLKAM o certificato da un Ente di promozione Sportiva... il resto sono solo cose che scaldano il cuore a noi Aikidoka con il debole per il papiro a mandorla.

Ma anche se volessimo parlare proprio di certificazioni "a mandorla", dobbiamo sapere che le cose NON sono sempre proprio come ci appaiono: vi faccio un esempio pratico...

Prendiamo il titolo di [師範] "Shihan": nella cultura giapponese esso è un onorifico riservato agli Insegnanti di alto livello, la cui etimologia suona come "insegnate, maestro, mentore da usare come modello"... ovvero una persona da imitare per le sue alte doti morali, etiche, tecniche e per il suo costante impegno nella divulgazione della disciplina.

E non c'è alcun dubbio che questo titolo onorifico sia nato per scopi più che positivi e venga ancora oggi utilizzato ANCHE in questo senso. Studiando però le regole internazionali I.A.F. (International Aikido Federation) si scopre che l'Aikikai è una fondazione che desidera rimanere sia super partes, che a CAPO di ogni organizzazione nazionale che desidera avvalersi del riconoscimento dell'Honbu Dojo di Tokyo.

Questo significa che NESSUNA organizzazione internazionale (al momento) può avvalersi di una collaborazione con l'Aikikai, perché viene percepita da questa come PARITARIA, anziché come subordinata: e voi mi direte: "Eh allora?"...

E allora le regole attuali permettono di ricevere il titolo di "Shihan" SOLO a quegli Istruttori di alto rango che appartengono ad organizzazioni NAZIONALI, che sono andate a piazzarsi SOTTO l'ombrello dell'Aikikai.

Infatti a me non tornava tanto come l'Honbu Dojo alcune volte "tirasse un po' dietro" il titolo di Shihan a persone che hanno un terzo della mia esperienza e non lo concedesse, invece, ad Istruttori di fama internazionale, magari già 7º dan Aikikai da un pezzo (questo titolo tradizionalmente si può ricevere dal 6º dan in poi).

Ma non doveva essere un titolo legato a quanto meriti la persona di essere imitata e da esempio per tutti gli altri Aikidoka?!?

Si, infatti... ma a patto che ti genufetta alle "mie regole", altrimenti puoi essere imitabile e di buon esempio fin che vuoi, ma io Aikikai non ti considero nemmeno di striscio. Anzi, mi stai pure un po' sui rognoni, perché ti vedo come un competitor!

Capite com'è facile PERVERTIRE una certificazione?

Sembrerebbe che chi possiede questo titolo abbia qualcosa in più di chi invece non ce l'ha... ma non è detto, anzi può accadere proprio l'esatto contrario: magari sono un Aikidoka mediocre, per far si che non abbandoni il giro con i miei allievi una Aikikai nazionale/locale ogni tanto mi "regala" un grado, e lo fa convertire successivamente a grado "so Honbu"... poi dal 6º dan in su mi sviolina con l'allettante titolo di "persona da imitare" (che si paga, manco a dirlo... non è proprio gratis).

Se invece io fossi un Insegnante internazionale riconosciuto dall'Aikikai, che tiene Seminari in tutto il globo, che ogni anno fa decine di esami per conto dell'Aikikai, ma che NON appartiene ad una Organizzazione Nazionale Aikikai... invece io quel titolo me lo SCORDO, potrei essere pure la reincarnazione di O' Sensei, ma nessuno entrerebbe nel merito del mio "vero" valore... per via di un protocollo di regole che lo impediscono a priori.

Ha senso?

Per me veramente poco...

Ho saputo che a qualcuno il titolo di "Shihan" è stato addirittura REVOCATO in qualche caso, ovvero tolto dopo che era stato prima concesso!

Perché questo? Perché il 7º dan Aikikai in questione (un allievo storico di Saito Sensei) PRIMA apparteneva ad un'organizzazione Aikikai Nazionale, poi ha avuto un conflitto che lo ha portato a SEPARARSI da quella Organizzazione... ed ha fondato una SUA Organizzazione, ma gli ha dato carattere "internazionale", giacché Dojo ed allievi sparsi un po' nei 5 continenti.

Ed ecco che il suo titolo di "Shihan" gli viene revocato, ma non perché abbia commesso qualche nefandezza Aikidoistica, abbia usato violenza contro qualcuno, abbia infangato il nome dell'Aikido e dell'Aikikai... NO, assolutamente: lui faceva bene prima e continua a fare bene adesso, ma è passato da stare SOTTO l'Aikikai a stargli DI FIANCO. Tutto qui!

Ed allora è meglio non imitarlo più tanto... Io trovo questa cosa molto comica, se solo non fosse anche parecchio tragica e paradossale.

Quindi "Aikikai di che"?

Di quello buono? Di quello "Original", con Denominazione di Origine Controllata?

Di quello che puoi ottenere se hai l'aggancio giusto ed i soldi necessari anche se ti alleni il 31 dicembre 2022 e poi il 21 aprile 2025 (ovvero, ogni morte di Papa)?

Di quello che, se segui le regole, puoi avere anche tu la tua bella pergamena piena di kanji?

Se servisse solo un "Aikikai.doc" basterebbe un file di Word...

Credo che le certificazioni siano importanti: io ne ho parecchie ed in differenti campi e sprono coloro che fra i miei allievi intendono insegnare di dotarsi delle proprie... tuttavia c'è però poi la persona che SONO, che rimarrebbe quella pure se tutti i miei diplomi andassero a fuoco o se me li togliessero perché ho fatto il brutto cattivo bambino disobbediente.

L'Aikido che VIVO ogni giorno è bene possa essere specchiato ANCHE con i diplomi che ci sono sul muro del Dojo... ma se proprio dovessi perdere qualcosa, so già che sarebbe impossibile sottrarmi l'esperienza, che mi ha reso parte di chi SONO.

Sorrido invece di tutti quelli che avrebbero la sensazione che non resti loro nulla se dovessero venirgli meno i gradi, i titoli ed i diplomi, perché evidentemente avevano con loro più carta che Aikido.


Marco Rubatto