lunedì 18 marzo 2024

[杖形] Jo kata: la ricerca infinita, attraverso movimenti definiti

Continuiamo la nostra esplorazione della "forma" attraverso  lo studio dei kata di jo che ci ha lasciato il nostro Fondatore.

Per certo sappiamo che essi sono solo 2... due e mezzo se contiamo la breve forma ciclica contenuta dentro ad uno dei due: si tratta di...

- 31 no jo kata

- 13 no jo kata

( e 6 no jo kata, contenuto dentro 31 no jo kata)

Questi sono i cosiddetti kata [開祖直伝] "Kaiso jikiden", ovvero trasmessi direttamente da Morihei Ueshiba a Morihiro Saito Sensei, forse unico suo Deshi stabile al tempo dello studio ed approfondimento dell'Aiki jo ad Iwama.

Molti sono però i suoi allievi che hanno studiato queste forme e diversi fra loro hanno poi codificato una serie piuttosto vasta di visioni personali dei kata di jo.

Quest'oggi però ci soffermiamo sul SOLO lavoro del Fondatore, che consideriamo particolarmente importante per cogliere alcuni aspetti che erano preminenti per la pratica di quest'ultimo.

Iniziamo dal 1º kata, ovvero "31 no jo kata"...

É una forma bella lunga, che ha visto numerose modifiche e variazioni prima di essere "chiusa" come oggi noi la conosciamo.

Questo ci da una prima enorme ed importante informazione: Morihei Ueshiba era in un percorso evolutivo, perché continuava a cambiare nel tempo... quindi e vogliamo fare ciò che ha fatto lui, dobbiamo darci lo stesso permesso.

Lo dico perché ci sono alcuni puristi che vorrebbero che tutti si LIMITASSERO a scimiottare SOLO i movimenti col il jo che faceva il Fondatore, o - al limite - Saito Sensei, di fatto estromettendosi da uno degli aspetti più importanti di una disciplina tradizionale... ovvero la sua mutevolezza nel tempo.

NO, se vogliamo fare come fece O' Sensei, dobbiamo darci l'opportunità di cambiare nel tempo, come fece lui stesso, sperando ovviamente di diventare meglio di ciò che eravamo in passato (non di certo peggio!)



Nel video precedente vengono esaminati:

- movimenti rispetto ad un sistema di riferimento fisso;

- ricorrenze dei movimenti all'interno della forma;

- respirazione durante l'esecuzione della forma;

- cambiamento della forma quando la si pratica in modo veloce.

Per i più curiosi, ecco una clip che mostra questo kata nel 1964, ovvero quando era ancora in fase di evoluzione, contava 32 movimenti, anziché 31... ed aveva un inizio ed un finale leggermente differenti...



Ecco invece 6 no jo kata, ovvero la forma ciclica, contenuta in 31 no jo kata (dal movimento 13 al movimento 18)...



Si tratta di un esercizio particolarmente adatto per i principianti, poiché riesce a connettere fra loro 2 suburi di base (tsuki jodan gaeshi uchi e menuchi gedan gaeshi) e può essere agilmente utilizzato per mostrare come respirare dentro alle sequenze preordinate di movimenti, utilizzando il fatto che questa forma risulta "simmetrica", con 3 movimenti di affondo (espirazione) e 3 movimenti di preparazione a tali affondi (inspirazione).

Naturalmente, per comprendere a fondo 31 no jo kata è necessario studiare anche il suo "bunkai", ovvero la sua applicazione a coppia, praticando 31 no kumi jo... ma ci torneremo presto in un futuro Post...

Veniamo invece al 2º kata vero e proprio, ovvero 13 no jo kata...



Anche in questo caso, nel video precedente possiamo vedere:

- movimenti rispetto ad un sistema di riferimento fisso;

- ricorrenze dei movimenti all'interno della forma;

- respirazione durante l'esecuzione della forma;

- cambiamento della forma quando la si pratica in modo veloce.

Si tratta di una forma molto più corta della precedente, ma in alcuni suoi elementi addirittura più complessa... Iniziamo col dire che è un lavoro lasciato INCOMPIUTO da Fondatore, poiché alla sua morte non aveva ancora assunto una forma stabile e definitiva (al contrario di 31 no jo kata).

Cosa avrebbe potuto sviluppare oltre il 13º movimento Morihei Ueshiba è qualcosa che non sapremo mai con certezza. I primi 13 movimenti però erano divenuti stabili, ed è per questo che Morihiro Saito Sensei ha tramandato SOLO quelli.

Immaginate, infatti, di comparire nel Giappone del secolo scorso, intorno al 1965-1968, e dover tramandare ciò che vedete fare al vostro Maestro, senza avere più di tanto strumenti fotografici o video per immortalare i suoi movimenti. Prima di YouTube c'era la MEMORIA personale dei praticanti ed il tentativo di tramandare ciò che avevano visto e capito (che poteva essere pure molto differente da ciò che il Sensei tentava di comunicare loro!)

Tradizionalmente, 13 no jo kata si studia anche a coppie, ma in modo differente rispetto a 31 no jo kata: mentre infatti per quest'ultimo esiste una vera e propria applicazione a coppia... per il primo esiste una forma di armonizzazione a blocchi, chiamata 13 no jo awase.

Più recentemente (anni 1990 - 2000) è stata sviluppata anche una forma di kumijo simile a quella che si utilizza nel 31 no ho kata, ma io non l'ho mai vista spiegare, né praticare da Morihiro Saito... quindi tendo a pensare che sia una forma più elaborata dai suoi allievi, che ereditata direttamente dal Fondatore.

Come detto, però, di tutto ciò che è applicativo ed a coppie ci occuperemo presto altrove...

OGNI kata ha elementi comuni: movimenti di parata e movimenti di attacco ad avversari immaginari (che possono rendersi fisici nel lavoro applicativo a coppia) e cambi di direzione di 180º, ad indicare l'intenzione di fare fronte a più avversari che attaccano in contemporanea (o entro un breve lasso di tempo, ma), provenienti da direzioni opposte.

A titolo puramente storiografico, riportiamo di seguito un kata desueto, composto da circa 18 movimenti, che veniva praticato dal Fondatore intorno al 1964: noteremo che anche questa forma ha le stesse caratteristiche delle 2 più famose e giunte a noi oggi.


Non so dirvi molto su quest'ultimo kata, proprio perché l'ho scoperto solo durante la pandemia, quando ho avuto il tempo di esaminare in modo più approfondito alcuni filmati storici: ecco però un altro brillante esempio del fatto che Morihei Ueshiba cambiava ed evolveva in continuazione... già che questa forma è stata poi abbandonata (da essa però si vede come siano stati presi diversi movimenti, che sono poi stati codificati nei jo suburi, come gli hasso gaeshi go hon e i nagare gaeshi go hon).

Attraverso la ripetizione di alcune forme - come spesso avviene nella cultura giapponese - si cerca di sviluppare alcune particolari e specifiche skills: velocità, equilibrio, potenza, prontezza, mente libera, rilassatezza, determinazione, precisione... etc.

E ciò può avvenire INDIPENDENTEMENTE dalla forma che si utilizza: in ciò trovano giustificazione secondo me chi utilizza anche forme differenti da quelle che ho mostrato poc'anzi.

E di kata di jo c'è solo l'imbarazzo della scelta: per stare ad Aikidoka famosi, Koichi Tohei Sensei, Hiroshi Tada Sensei e Hirokazu Kobayashi Sensei... sono 3 Maestri che hanno dato il LORO apporto personale allo studio ed allo sviluppo di nuovi kata, che si vedono essere "imparentati" con quelli di O' Sensei, pur divergendo da essi in più movimenti.

Se poi andiamo a cercare jo kata nelle Scuole di Scherma tradizionale e di Jodo credo ci sia solo l'imbarazzo della scelta!

Il mio interesse a LIMITARMI allo studio di ciò che ha elaborato il Fondatore non vuole essere una forma di chiusura ad ulteriori interpretazioni del suo lavoro... ma proviene da 2 differenti constatazioni:

- la mia curiosità ed intenzione di tentare di conoscerlo ATTRAVERSO le sue opere, un po' come si tenta di conoscere uno scrittore leggendo i suoi libri, o un vasaio... esaminando nel dettaglio i vasi che ha realizzato;

- il mio notare che lo studio continuativo di 2 soli kata (31 e 13 no jo kata), con le loro numerose applicazioni a coppie mi ha richiesto oltre 25 anni di pratica ininterrotta, e continuo tutt'ora a trovare sacche di nuovo ed inesplorato al loro interno.

Per questa ragione mi limito a questo lavoro: non perché schifi il resto, ma perché sento che per me c'è ancora tantissimo da studiare e comprendere in queste SOLE 2 forme. Se ne facessi altre, amplierei la vastità del mio repertorio, ma ridurrei la profondità delle mie conoscenze specifiche.

É come scegliere di fare un cratere largo 2 chilometri, ma profondo 1 metro... oppure fare un buco di 1 metro, ma profondo 2 chilometri: sono scelte personali.

Per questa ragione ho titolato il Post "una ricerca infinita, attraverso movimenti definiti": per me è questo che sono i jo kata... e continuare tutt'ora a scoprire quanto essi siano imbibiti di elementi e principi di Aiki ken e taijutsu rende questa ricerca ancora più completa ed avvincente.

Vi lascio con un prezioso reperto video storico, ovvero Morihiro Saito Sensei che nel 1979 (soli 10 anni dopo la morte del Fondatore) da un'ampia dimostrazione del buki waza di base di fronte all''Aiki Jinja. Buona visione!



Marco Rubatto



lunedì 11 marzo 2024

Il furbetto da tatami: come rovinarsi la pratica da soli

Siamo parte di una società nella quale pare che "vincano sempre i più furbi"... e che quindi ogni mezzo sia lecito per ottenere ciò che desideriamo. Specie qui in Italia...

Beh, la pratica dell'Aikido ha regole un po' differenti da ciò, quindi quest'oggi vi mostriamo cosa può accadere a fare troppo "il furbetto da tatami".

Essi sono una categoria molto ampia di persone, in funzione della loro esperienza di pratica, di quanto tempo hanno avuto per comprendere che tentare di fregare qualcun altro è - infondo - un modo egregio di fregare se stessi.

Partiamo dal caso più semplice, ovvero la persona che vorrebbe praticare, ma non spende altrettanto volentieri i suoi soldi per farlo... quindi cerca in tutti i modi di non pagare o tardare i suoi pagamenti.

Parliamo di persone che farebbero lezioni di prova libera (e quindi pure gratuita) un po' in tutti i corsi che incontrano... perché così nel frattempo "praticano senza pagare". Peccato che una lezione di prova è una lezione di prova, non è parte di un percorso strutturato.

Non sarei riuscito a diventare 5º dan con un numero molto alto di lezioni di prova: prima o poi bisogna scegliere DOVE praticare, ed ahimè quello coincide anche con il momento nel quale bisogna incominciare a PAGARE per farlo.

Ma il furbetto da tatami, anche in quel caso, cerca di dilazionare il più possibile i suoi contributi... ad esempio dimenticandosi di saldare mensili/trimestrali, etc.

Di solito,  il Sensei ed i compagni - credendolo in buona fede - lo lasciano partecipare ugualmente alle lezioni, quindi questi trova nuovamente spazio per "marciarci un po' su".

Ma ogni atteggiamento manipolativo è pure un po' suicida in Aikido, come già si rammentava...

Se tutti facessero così, il corso non troverebbe più i fondi per esistere (pagare i locali, le utenze, l'insegnante) e sarebbe inevitabilmente destinato a chiudere: quindi si troverebbe all'improvviso "senza casa" pure il furbetto da tatami, senza nemmeno rendersi conto del motivo!

Un altro tipo di "furbetto da tatami" è quello che si sottopone agli allenamenti SOLO fino a quando gli si chiede di fare ciò che gli PIACE.

- É bella la filosofia... ma non voglio sudare;

- É bello sudare... ma non mi piace la filosofia;

- É bello buttare a terra gli altri... ma non mi piace che gli altri buttino a terra me;

- É bello quando mi buttano a terra... ma non mi piace quando devo fare qualcosa io;

- É bello l'omote... ma non mi piace l'ura;

- É bello ciò che dice il Sensei... ma io posso fare poi quello che voglio e quando lo voglio;

In questi casi si tratta più di una persona che utilizza una disciplina, senza sottoporsi mai del tutto ad essa: si lascia delle porte aperte a fare ciò che vuole, anche se di difficilmente ciò potrebbe tornargli utile.

Già qui... lo capite la dinamica quanto è boomerang?

Quando ci si sottopone ad una disciplina e si sceglie una guida... è perché DA SOLI non si sarebbe in grado di compiere lo stesso processo di crescita che è invece possibile fare in un buon gruppo di pari e sotto la supervisione del proprio mentore.

É solo questione di tempo che ciò ci richieda di andare a fronteggiare ciò che più ci spaventa, ci scomoda... ciò che vorremmo negare perché non ci riteniamo pronti ad guardare diritto negli occhi. Questi sono appunto i casi nei quali il gruppo di Aikidoka ed il Sensei ci aiuta a tenere il timone diritto in mezzo alla tempesta... anche se noi torneremmo volentieri nel porto di partenza della nostra nave.

Mi è capitato spesso (e credo mi capiterà ancora) che gli allievi NON si trattino fra loro al meglio delle loro capacità quando non sentono il mio fiato sul collo.

Quando mi allontano da certe coppie, quello è esattamente il momento nel quale i praticanti si mettono a parlare, escono dal mandato dell'esercizio, si fanno l'un l'altro delle forme di imposizione, se non proprio di nonnismo, etc...

Tutti piccoli "furbetti da tatami"... topi che ballano quando non c'è il gatto, ma non si accorgono che quella danza danneggia innanzi tutto loro stessi. Se infatti si comportano "bene" solo quando sono sotto i miei riflettori... è segno che non hanno ancora compreso il valore di comportarsi in un certo modo, innanzi tutto nei confronti di loro stessi.

Mi frega assai che "mi facciano contento", che assecondino le mia aspettative mettendo la maschera dell'allievo modello... quando poi di fatto dentro covano mostri di ogni tipo: meglio VEDERE una persona per quello che è, ma sono ancora tante le persone che si atteggiano come pensano mi piacerebbe che loro facessero.

Vedo tutti costoro come "furbetti da tatami" più sciocchi, che furbetti, in realtà: persone ancora intrappolate dalle aspettative di apparire e non spinte dalla necessità di essere coerenti con loro stesse.

Ma questa giostra finisce, purtroppo o meno male per loro: l'Aikido - la vita in generale - ti fa sempre specchiare in ciò che sei, non in cosa PENSI di essere o cosa tenti di convincere gli altri di essere... quindi prima o poi i giochi di questi "furbetti da tatami" vengono a galla.

Ed è meglio che lo facciano mentre l'esperienza è ancora modesta, così da vivere una maturità marziale più sana: pensate invece quando un "furbetto da tatami" CRESCE senza cambiare/maturare... e diventa a sua volta un Sensei!

Io ne incontro parecchi pure di questo tipo "evoluto": sono persone che hanno manipolato loro stesse ed il prossimo per tutta la vita: diventa quindi sempre più complicato per loro cambiare rotta ed ammettere a loro stessi che hanno puntato tutto sul nulla cosmico.

Negli anni ho incontrato...

- docenti che hanno dichiarato di avere i prerequisiti per sostenere un esame, quando sapevano bene invece di non averli;

- docenti che hanno dichiarato di avere lasciato a casa documenti importanti, che si erano invece scordati di produrre;

- docenti che tenevano seminar in città diverse dalla propria per poter incontrare l'amante, lontani dalla possibile interferenza del proprio coniuge;

- docenti che tesseravano nel proprio gruppo la mamma la zia, la cugina, il panettiere ed il giornalaio per dimostrare di "avere i numeri" sul tatami, che ovviamente poi si rivelavano solo fake;

- docenti che utilizzavano la propria posizione di rilievo in seno ad un'Organizzazione di Aikido per "schiacciare" coloro che ritenevano pericolosi per la stessa loro posizione;

- docenti che si sono dichiarati malati (producendo tanto di certificato medico) per non sottoporsi alla formazione, salvo poi essere immortalati sul proprio profilo Social mentre praticano ed insegnano Aikido altrove...

... giusto per fare i primi esempi eclatanti che mi vengono in mente.

Allora - dico io, ad esempio - un cosiddetto "maestro" (la minuscola è una scelta) che per non impegnarsi si dà per malato, cosa può insegnare di positivo con l'esempio ai propri allievi?

Beh, non lo so... ma sicuramente chi lo ha fatto per qualche istante si è sentito "furbetto", ed ha pensato: "Adesso li frego io!!!".

In Federazione ne abbiamo da tempo scovato uno così...  e gli abbiamo dato una "pettinata", porello...

Siccome da anni ci mandava una giustificazione medica (che potrebbe anche essere del tutto autentica, intendiamoci) per avere la scusa di non farsi mai vedere quando era ora di fare formazione... ma dirigeva Seminar per un EPS al contempo... abbiamo iniziato a metterlo fuori quadro, togliendogli di fatto la possibilità di fare il Docente per la FIJLKAM, tanto le cose sono 2:

- se sta male sul serio, non potrebbe né praticare, né insegnare, quindi avere una qualifica d'insegnamento non gli servirebbe a nulla;

- se non sta male sul serio, può comunque continuare ad insegnare per un EPS come ha fatto fino ad ora...

... ma ciò che è certo è che adesso va a fare il furbetto ALTROVE!

Non è che però uno debba fare una guerra santa contro i furbetti... poiché, come già detto, essi si qualificano e si giustiziano da soli.

Ciò che è triste è che possono anche non capirlo, e quindi passare una vita cercando di fregare, in qualche modo, il prossimo... pure praticando una disciplina che afferma che "il prossimo altro non è se non un aspetto di te stesso".

Allora questo Post non intende svelare nulla di nuovo rispetto a quanto anche voi stessi abbiate visto accadere nei contesti nei quali vi muovete: sicuramente qualcuno di voi avrà incontrato qualche "furbetto da tatami" nella propria esperienza.

E attenzione, perché se non ne aveste mai incontrato nemmeno uno, o è perché siete estremamente fortunati, oppure è perché quel furbetto... potreste essere proprio VOI!


Marco Rubatto




lunedì 4 marzo 2024

Saito dame... gli errori del Sensei e le piaghe d'Egitto

La scorsa settimana è accaduta una cosa molto particolare, della quale approfitto per fare insieme qualche riflessione: in un momento di assoluto cazzeggio serale, la mia attenzione è caduta su un video, l'ennesimo clip di Morihiro Saito Sensei che insegna in qualche Seminar in giro per il mondo.

Fortunatamente per noi tutti, i possessori di questi video ormai divenuti storici, talvolta li condividono sui loro canali Social, rendendoli visibili e fruibili a tutto il resto della Community.

Solo TALVOLTA però!

In questo caso, il video proveniva da un seminar tenuto nel 1990 a Nidda, in Germania: si vedeva Saito Sensei eseguire 31 no kumijo, abilmente supportato da Paolo Corallini Sensei, nel ruolo di uchijo.

Beh... fino a qui tutto piuttosto regolare. Tuttavia qualcosa di strano mi era saltato all'occhio, senza che mi rendessi nemmeno conto di cosa fosse.

Ad una seconda visione però... TAAC! Eccolo li: Saito Sensei aveva eseguito tutta la sequenza DIMENTICANDO però la trance di movimenti che va da 13 a 17 (jusan kara - jushichi made, per i nippofili). Possibile... Saito che sbaglia???

SI... proprio lui, famoso per i suoi [駄目] "dame" ("non buono/utile") se ne sarebbe meritato uno a sto giro?

SI, ma può capitare... dalle nostre parti si dice che "sbaglia pure il Papa a dire messa", quindi qualche imperfezione può sicuramente essere accaduta anche a lui.

Ed anche a CHIUNQUE altro, se ci pensiamo, da O' Sensei a Gesù Cristo... perché questi, ben prima di essere divinità viventi (sempre che lo siano state davvero) erano certamente UOMINI.

La natura umana stessa è imperfetta, e ciò non avviene a caso... perché la perfezione ha in sé l'impossibilità di "fare meglio", quindi diventerebbe del tutto improficuo essere qui a migliorare noi stessi, se non potessimo più farlo perché siamo già il top in tutto.

Saito Sensei, per distrazione, fretta... o vai a sapere per quale altro misterioso motivo, tralasciò la sequenza 13-17 nel 31 no kumijo: e allora?

NIENTE, questo ovviamente non sposta di un capello la sua grandezza, la sua competenza ed il suo valore o il senso di gratitudine ed ammirazione che possiamo provare nei suoi confronti per la monumentale opera didattica e divulgativa che ha svolto... tuttavia ho segnalato sotto il profilo di Andreas Wiemann questa stranezza, visto che il video lo aveva postato lui.

La stranezza successiva che mi è accaduta però è stata quella di vedermi BANNATO da questa fonte, dopo avermi reso indisponibili i suoi contenuti Web. Perché? Non lo so, ma ci ha messo veramente non più di 5 minuti a farlo.

Forse ha creduto gli stessi rovinando un mito d'infallibilità?

Non lo so e forse non lo saprò mai... ma per me è molto interessante notare come questo tipo di dinamiche sia del tutto comune nel nostro mondo.

Ho visto sbagliare - dal vivo - molto grandi Maestri, ma di raro ho visto loro ammettere cosa era successo.

Non è il caso di Morihiro Saito Sensei (ce non ho mai visto sbagliare vistosamente dal vivo), ma vi assicuro che ho visto tanta gente cercare di aggiustare il tiro, facendo finta di nulla... anziché ridere della propria imperfezione.

La cosa peggiore che mi è accaduta sul tatami, in merito a ciò, è stata a Lignano Sabbiadoro, nel 2006: mi ricordo ancora la sessione di pratica, ero la con un mio allievo ed amico... il tema della sessione era "ken awase" (manco a farlo apposta, ne parlavamo sul questo Blog proprio la scorsa settimana!).

Ad un certo punto il Sensei mostrò la pratica di ogni esercizio nella modalità "dankai teki ni" e quindi quella "awase"... ma lo fece solo per go no awase e per shichi no awase. Fra di essi, però, ci aveva fatto praticare anche roku no awase... ma questo direttamente nella modalità di armonizzazione dinamica.

Alla fine della sessione, egli chiese agli astanti se ci fossero delle domande: il mio amico quindi gli chiese perché avevamo fatto roku no awase direttamente in dinamica, saltando la forma dankai teki ni.

Il Sensei, dopo avere sentito la domanda (l'unica che gli pervenne, fra l'altro), la ignorò... e disse che siccome non c'erano domande allora la sessione era terminata.

NO, una domanda c'era stata, invece!

Probabilmente per questioni di tempo (far stare tutto il programma nelle ore disponibili)... o per una semplice dimenticanza (che ci sta pure!) era stata saltata quella specifica modalità di pratica, ma il Sensei NON volle rispondere ad una domanda che forse gli era suonata come "critica" al suo operato, mentre in realtà era stata rivolta solo per sapere se c'era stato un motivo specifico o didattico per le modalità di pratica che ci aveva proposto... o se fosse stata una semplice dimenticanza.

Nada: le domande PERCEPITE come scomode, impertinenti, o fuori luogo sembrava NON meritare una risposta. Quella fu una delle numerose occasioni che mi suggerirono che il mio Aikido in futuro avrebbe preso delle strade alternative a quella che stavo percorrendo allora.

Da Aikidoka ero ancora sufficientemente inesperto per poter giudicare l'operato di un Sensei di così grande abilità e preparazione, ma da Educatore già sapevo quanto fosse pericoloso, disfunzionale ed incongruente mostrarsi aperto a rispondere a delle domande, se poi di fatto non si ha l'intenzione / il coraggio di farlo sul serio e fino in fondo.

La piccolezza li mi è parsa più dell'uomo, che del ruolo del Sensei o del tecnico: la tendenza diffusa di prendere abbastanza le cose SUL PERSONALE, a mio avviso è veramente un segno di pochezza... mi spiace di doverlo ammettere, ma è ciò che ho provato... augurando certo di sbagliarmi.

Anche questo episodio - da solo - non credo significhi che quel Sensei sia un cattivo insegnante, intendiamoci... è però lo stesso mood di Andreas Wiemann... che ai miei occhi non funziona, ovvero se un allievo riesce a vedere un potenziale errore del suo docente, anziché essere lodato da questi per il suo occhio attento, viene un po' marginalizzato, preso per irrispettoso.

Ma perché, gli Insegnanti possono ancora sbagliarsi?

Ma CERTO che possono, anzi... se non lo facessero più mi preoccuperei parecchio fossi in loro, perché è segno che non sono più in grado di progredire ed evolvere a loro volta... e si troverebbero il fiato sul collo dei loro allievi in un batter d'occhio.

Un paio di errori al giorno, di quelli belli memorabili ed imbarazzanti da ammettere a me stesso ed agli altri, io vedo di farli... a mo di terapia contro l'ipertrofia dell'ego.

Dal mio punto di vista ha poco senso invocare le piaghe d'Egitto contro gli infedeli che dovessero accorgersi che non è tutto perfetto: è come tentare di coprire un letto matrimoniale con un asciugamano... se tiri di qui, scopri di là, e rendi ciò che potrebbe essere visibile ancora più evidente.

Forse è altrettanto vero che in certi ambienti (e l'Iwama Ryu è di certo solo uno fra essi) è poco ammissibile che un Sensei possa essere sorpreso a commettere errori, ed è ancora meno ammissibile che sia un allievo qualsiasi a sottolineare la cosa: cosa si fomenta però in questi casi...

Richieste di cecità selettiva? Quando il Sensei fa meraviglie applaudi forte, mentre quando ne combina una meno felice, fa finta di nulla?

Costruzione di falsi miti viventi? Persone che avrebbero rinunciato alla loro limitatezza umana e percorrerebbero le vie polverose del mondo per indicarci la strada redentrice? C'è gente che ha ancora così tanto bisogno di credere alle favole, per quanto la realtà fa loro paura?

C'è più volontà di costruire "facciate" o autenticità, noi Aikidoka cosa desideriamo per il nostro futuro?

Forse c'è più l'esigenza di mantenere una sorta di controllo sui eventuali dissidenti, un po' come fa il nostro Governo ora con chi manifesta per fermare la carneficina in corso a Gaza... L'Insegnante che dovesse essere sorpreso da un allievo a sbagliare potrebbe vedersi abbassare le sue quotazioni e la sua credibilità... 

Niente di più idiota e falso: l'Insegnante che ha creato allievi IN GRADO di accorgersi di una sua lacuna (per quanto momentanea ed occasionale), ha la riprova che questi sono attenti, presenti e preparati... altrimenti nemmeno sarebbero in grado di riconoscere il lapsus.

Ed anziché temere di poter essere accantonato o superato da essi... egli DOVREBBE dare tutto se stesso perché ciò un giorno possa effettivamente avvenire, poiché il compito di un Sensei è lanciare nel futuro persone migliori di lui, più preparate ancora di quanto egli non sia ora.

Un certo Leonardo da Vinci, in tempi Aikidoisticamente non sospetti, scriveva infatti: "Tristo è quel discepolo che non avanza il suo Maestro" (nel senso di "triste è quell'allievo che non arriva più avanti del suo Maestro").

Ma non siamo ancora giunti a comprendere questa saggezza del 1500, a dimostrazione di quanto Da Vinci Sensei fosse avanti coi tempi... o di quanto noi siamo rimasti indietro rispetto alle nostre possibilità!

Quindi come ci comportiamo?

Non rispondiamo alle domande scomode, banniamo le persone che si permettono di far notare una pecca al nostro Sensei beniamino o mitico: tutto va nella direzione OPPOSTA al DIALOGO ed al CONFRONTO... ovvero a ciò che fa crescere sul serio.

Tutti atteggiamenti di chi lo teme invece il confronto, forse per paura di non aver argomenti particolarmente convincenti da mettere sul piatto, non lo so... ma ci meravigliamo che in generale il nostro movimento faccia fatica a decollare, se ancora pregno di dinamiche simili?

Ci meritiamo ampiamente il nostro parziale insuccesso collettivo, almeno fino a quando saremo succubi di simili atteggiamenti malati del neolitico.

L'unico sbaglio davvero grosso che facciamo e non avere ancora imparato nulla dagli errori in generale... e dagli sbagli che abbiamo fatto fino ad ora in particolare.

L'Aikido è un'altra cosa, e tanti cari saluti ad Andreas Wiemann! 


Marco Rubatto



lunedì 26 febbraio 2024

剣合わせ KEN AWASE: muovere la spada insieme

A distanza di quasi 3 anni dal primo Post sulle basi dell'Aiki Ken, nel quale abbiamo introdotto i suburi, ovvero il lavoro da fare senza un partner (potrete recuperarlo QUI, se ve lo foste perso), iniziamo un nuovo importante capitolo, ovvero quello di [剣合わせ] "ken awase": le armonizzazioni della spada.

Molti praticanti sostituiscono le Scuole di Scherma giapponese all'Aiki Ken, lo sappiamo quasi tutti molto bene e ne abbiamo parlato molte volte su queste pagine... forse proprio perché non hanno mai riflettuto a fondo (e/o non sono mai stati aiutati a farlo dai loro Maestri) sulla differenza abissale che esiste fra il "lavoro di spada" concepito tradizionalmente e quello che ha introdotto O' Sensei, in modo innovativo e peculiare.

La storia ci presenta due spadaccini, "uchitachi" (colui che attacca) ed "uketachi" (colui che riceve) ingaggiati in numerose forme di duello, che sono state anche codificate da pregevoli ed antiche Scuole di Kenjutsu (come [天真正伝香取神道流] Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū, [鹿島神流] Kashima Shin Ryū, solo per citare le 2 più famose...).

Uno attacca, l'altro si difende... e dopo alcuni scambi, uno ha la meglio sull'altro.

Morihei Ueshiba ha riletto questa tradizione sotto una nuova luce, ed ha iniziato ad utilizzare la spada (di legno, in questo caso) in modo inedito, ovvero ponendosi in un atteggiamento NON-DUALE... che evita di basarsi su chi AGISCE per attaccare, e chi REAGISCE all'attacco...

... bensì due individui, dei quali il primo cerca di divenire UNO con l'altro, imparando così a muoversi in modo sincronico (e non conseguente) al proprio partner. L'attaccato si armonizza all'attaccante, e non viceversa.

In quest'ottica, prima ancora di codificare un "duello Aiki", sono stati creati alcuni esercizi che sviluppano SOLO questa capacità: armonizzarsi al partner, cogliendo intuitivamente la sua velocità, la profondità del suo attacco... cioè essendo in grado di interagire in modo consapevole con il [間合い] "maai", lo spazio/distanza-timing".

Siamo quindi ora in una fase nella quale iniziamo ad avere un compagno FISICO con il quale praticare, a differenza di Ken Suburi, ma l'interazione è unicamente mirata a sviluppare la capacità di "andare insieme": diciamo che una persona che osserva uchitachi ed uketachi che interagiscono non dovrebbe essere in grado di cogliere chi dei due si muove per primo.

Dovrebbe vedere SOLO movimenti sincroni.

Questo aspetto per forza è anche contenuto nelle antiche Scuole di Scherma giapponese, poiché si tratta di un principio universale... tuttavia l'Aiki Ken lo focalizza in modo peculiare e specifico PRIMA di approcciarsi alle forme di duello codificato... proprio per porsi in modo alternativo rispetto alla dualità "attaccante-attaccato", "azione-reazione", vincente-perdente".

In tutto l'Aiki Ken se non c'è [合わせ] "awase" (armonizzazione) si può dire che non abbia senso la pratica, e quindi nemmeno la ripetizione a nastro di 10.000 varianti elaborate di duello codificato.

Sono quindi stati sviluppati 4 esercizi di base, che permettono di includere questo aspetto fondamentale nella propria pratica; vediamoli uno ad uno...


MIGI NO AWASE: armonizzazione a destra

Uchitachi fa un semplice fendente frontale (shomenuchi), mettendo in movimento il primo suburi di ken; contemporaneamente a ciò, uketachi compie un analogo fendente frontale (shomenuchi), spostandosi però alla destra della linea di azione del partner (sei chu sen).



Come si potrò notare dal video, la distanza fra i praticanti è molto ampia, sicuramente esagerata per un attacco di tipo realistico, ma la funzione di questo esercizio (e del prossimo) è solo quella di imparare il timing del movimento, mentre l'armonizzazione della distanza verrà introdotta negli ultimi 2 esercizi.

Quando si diventa capaci di prendere il ritmo dell'attaccante, chiederemo a questi di modificarlo in continuazione (es: 2 attacchi veloci, 1 lento, 2 medi, 3 veloci, 2 lenti, etc...), per vedere se siamo in grado di variare a nostra volta il nostro ritmo SENZA sapere prima quale velocità egli utilizzerà.

In questo modo sviluppiamo due differenti attitudini della mente, ovvero [無心] "mushin" (mente libera) e [残心] "zanshin" (mente pronta)... ovvero abbiamo la possibilità di lavorare su due principi che poi potremo utilizzare trasversalmente in tutto l'Aikido.


HIDARI NO AWASE: armonizzazione a sinistra

Uchitachi fa un semplice fendente frontale (shomenuchi), mettendo in movimento il primo suburi di ken; contemporaneamente a ciò, uketachi compie un analogo fendente frontale (shomenuchi), spostandosi questa volta però alla sinistra del sei chu sen.



Questo esercizio ha tutte le caratteristiche già esaminate in quello precedente, ma avviene con un cambio di guardia per uketachi, che passa da migi ken no kamae ad hidari ken no kamae, ovvero dalla guardia destra di spada a quella sinistra.

Nuovamente, impariamo a prendere il ritmo dell'attaccante, specie quando questi inizia a variarlo in modo inaspettato e casuale... ma chiediamo al nostro corpo di eseguire nel mentre un movimento più elaborato del precedente.


GO NO AWASE: armonizzazione del 5 (5º suburi di ken)

Uchitachi esegue una serie di fendenti laterali (yokomenuchi), uno a sinistra ed uno a destra e così via... mentre uketachi indietreggia armonizzandosi ad essi con una sorta di 4º suburi di ken eseguito arretrando, anziché avanzando (shomenuchi).

Ukeru ken è l'attitudine di "ricevere" con la propria spada, andando a deviare la spada dell'attaccante senza perdere di vista la sua linea centrale: ne segue che questa NON risulta una parata, che di solito ha il compito di fermare completamente l'energia in arrivo.... bensì di incanalarla lateralmente al proprio centro. 



In questo esercizio inizia a divenire importante anche la distanza reciproca, oltre che il timing: è necessario riuscire a mantenere una prossemica invariata fra i praticanti (di solito, issoku ittō no maai, "un passo, una distanza"), il che significa che per un avanzamento grande di uchitachi dovrà corrispondere un altrettanto grande arretramento di uketachi (altrimenti la distanza si chiuderebbe)... mentre se l'attacco ha un ingresso modesto, anche uketachi deve indietreggiare solo modicamente (altrimenti la distanza si aprirebbe).

Non vi è un numero minimo o massimo di ripetizioni: esse sono gestite in base allo spazio fisico che i praticanti hanno a disposizione; lo si utilizza tutto con uno praticante che attacca "all'andata" e quindi si "torna" indietro utilizzando lo stesso spazio a ruoli invertiti.


SHICI NO AWASE: armonizzazione del 7 (7º suburi di ken)

Uchitachi esegue una serie di fendenti laterali (yokomenuchi) a destra ed una serie di affondi (tsuki) a sinistra... mentre uketachi indietreggia armonizzandosi a queste due tipologie di attacchi in modo coerente e specifico a ciascuno di essi.
L'armonizzazione su yokomenuchi risulta identica a quella già studiata nell'esercizio precedente... mentre l'armonizzazione sul colpo di punta si esegue compiendo un movimento spiraliforme interno, complementare a quello spiraliforme esterno che compie uchitachi.



Si nota - innanzitutto - che all'inizio dell'esercizio esiste un movimento convenzionale nel quale uketachi passa con il bokken SOTTO a quello di uchitachi: ciò risulta un segnale contemporaneamente al quale entrambi i praticanti cambiano la guardia (passando da  migi ken no kamae ad hidari ken no kamae); questo avviene poiché la guardia più tipica di entrambi è quella destra, ma l'esercizio non può "decollare" fino a quando entrambi non hanno assunto quella sinistra.

A differenza di go no awase, in questo esercizio l'attaccante impara a sferrare un colpo di punta ogni qual volta che uketachi tenta di abbassare il suo bokken sulla sua destra: quest'ultimo compie questo movimento per il desiderio di togliere di mezzo l'arma del compagno ed avere spazio libero per un attacco di risposta.

L'interazione diventa quindi più complessa, poiché uketachi NON si limita a deviare solo l'attacco che riceve... bensì sviluppa l'attitudine a rispondere ad esso (appunto provando ad abbassare l'arma di uchitachi sulla sua sinistra).

L'attaccante rimane in attesa di questa azione PRIMA di sferrare il colpo di punta, il che crea una sorta di "dialogo ritmico" fra i praticanti... intenti ad avere lo stesso timing, a mantenere inalterata la loro distanza reciproca, ma ANCHE di dipendere gli uni dagli altri durante l'azione.


ATTENZIONE

Negli ultimi 2 video (go no awase e shici no awase) avrete notato la possibilità di partire con l'allenamento detto "dankai teki ni", cioè "a livelli/step fra (sé e il) nemico"; questo rappresenta una modalità non direttamente legata a ciò che faceva il Fondatore, ma ideata da Morihiro Saito Sensei alla fine degli anni '80 per pure esigenze didattiche.

In questa modalità i due praticanti NON si muovono insieme (e quindi l'uno non si armonizza all'attacco dell'atro), ma a step successivi: quando uno si muove, l'altro sta immobile (e viceversa); così facendo era possibile far sviluppare un movimento corretto anche ad un gran numero di persone contemporanee che non avevano esperienza precedente di Aiki Ken (la stessa modalità, anche detta "stop and go", si utilizza anche nell'Aiki Jo).

La pratica di armonizzazione vera e propria (awase) viene proposta una volta che il dankai teki ni riesce ad essere eseguito con un sufficiente livello di precisione.


PROGRESSIONE DIDATTICA

4 esercizi di base...

1º - mi armonizzo al timing del compagno

2º - mi armonizzo al timing del compagno, ma compio un movimento più complesso con il corpo

3º - mi armonizzo al timing ed alla distanza del compagno, compiendo una serie di movimenti più complessi con il corpo

4º - mi armonizzo al timing ed alla distanza del compagno, compiendo una serie di movimenti più complessi con il corpo, instaurando una sorta di dialogo interattivo fra i praticanti.

Notate quanta cura è stata conferita all'aumentare graduale della difficoltà per i praticanti?

Questa si chiama "didattica", ovvero capacità di trasferire nozioni, anche complesse, a chi ancora non le possiede: tutto ciò non è così comune fra le Scuole tradizionali di Scherma giapponesi, che invece si basano più sul: "Fai così per 20 anni, poi, forse... un giorno capirai".


VARIANTI

Questi 4 esercizi di armonizzazione di base sono poi completati da una serie piuttosto grande di varianti (sul nostro canale YouTube ne troverete come minimo una trentina!), sulle quali però preferisco non fare menzione oggi: ci torneremo più avanti... quando questi concetti di base avranno avuto modo di sedimentare e di diventare facilmente esprimibili per molti di voi nella pratica sul tatami.


Un ultima riflessione...

Quando pratichiamo - anche con un partner - NON dobbiamo compiere il madornale errore di dare il via ad atteggiamenti dal sapore competitivo, anche solo a livello stealth: NON pratichiamo per "vincere" sull'altro o per diventare "migliori" dell'altro... lo facciamo per migliorare, competere e vincere contro noi stessi semmai, per avere dopo una versione migliore e più consapevole di chi eravamo prima del keiko.

A questo proposito, durante la pandemia, quando al Dojo potevo andarci solo io... ho avuto l'occasione di incontrare il mio avversario più temibile e l'onore di combatterci: ho catturato questi istanti in quest'ultimo video per voi, buona visione!



Marco Rubatto




lunedì 19 febbraio 2024

Cambi di consonanti per Aikidoka

Con il mio lavoro mi trovo molto spesso ad esaminare le dinamiche del CONFLITTO, innanzi tutto quello FISICO, occupandomi di Aikido... ma anche inerente allo stato MENTALE ed EMOTIVO di chi vi è coinvolto.

Per fortuna mia e vostra, questo campo è già stato abbondantemente esplorato dalla biologia, dalla sociologia e della psicologia... e si è giunti alla conclusione che le 3 naturali risoluzioni di un conflitto, a livello del mondo ANIMALE, perlomeno.

Queste 3 modalità ancestrali sono state chiamate con l'acronimo F. F. F., ovvero:

A) - FIGHT, combatti contro il conflitto (fino a quando non lo vinci)

B) - FLIGHT, fuggi dal conflitto (fino a quando lo hai seminato)

C) - FREEZE, immobilizzati (fino a quando il conflitto non è passato)

Alla prima categoria appartengono di solito i predatori, che attaccano quando si sentono minacciati: i felini, per esempio; la seconda categoria è costituita maggiormente dai predati, che fuggono via dalla minaccia: è il caso della gazzella che scappa dal leone; alla terza categoria invece appartengono quegli animali che stanno fermi fino a quando non avvertono che il pericolo si è esaurito: pensiamo alle tartarughe, le lumache, certi tipi di crostacei... oppure gli animali che si fingono morti, perché sanno che i predatori non si nutrono di carogne.

Ci farà più o meno piacere sapere che , a livello umano, mettiamo in atto esattamente le stesse dinamiche in caso di avvertita minaccia, poiché il conflitto è qualcosa che a volte bypassa la razionalità e ci riporta a reazioni di tipo inconscio, strettamente legate al sistema limbico ed al cervello rettiliano.

Pensiamo, ad esempio, al significato di "me la sono fatta sotto dalla paura"... questo modo di dire nasconde in sè un senso tutt'altro che figurativo: un animale predato espelle urine e feci in modo automatico se sotto minaccia, perché così può correre via più veloce... perché più LEGGERO!

Il problema di questo tipo di risoluzione naturale del conflitto è però che praticamente MAI la relazione conflittuale si risolve con un WIN/WIN: talvolta uno dei due predatori uccide il rivale in combattimento (quindi per uno che vince, ce n'è uno che perde)... qualche gazzella sfugge di corsa e semina il leone (ed in questo caso vince la gazzella), talvolta però non ce la fa ed il leone se la mangia (un punto a segno per il leone, zero per la gazzella)... qualche tartaruga lascia a becco asciutto il rapace che la voleva divorare, ma qualche rapace riesce a beccare e rompere il carapace e si mangia la tartaruga (sempre uno che vince ed uno che perde).

Per dirla in francese, quindi: se facciamo Aikido, credendo di risolvere il conflitto in questo modo... ce l'abbiamo in quel posto!

Tori/nage cercherà di "abbattere" l'uke che attacca, o cercherà di "fuggire" dal suo attacco... oppure ancora, resterò immobile fino a quando l'attacco cessa: nel primo caso magari anche utilizzando la forza fisica per combattere contro l'attaccante, se occorre; nel secondo caso augurandosi di essere più veloce dell'attaccante, nel terzo caso prendendosi in pieno addosso l'impeto dell'attacco.

In tutte queste dinamiche c'è ben poco Aikido, quindi.

L'Aikido è CARATTERIZZATO appunto da un rapporto WIN/WIN, nel quale ci guadagna/impara qualcosa chi applica una tecnica (tori/nage), ma non a discapito di chi la riceve... così come l'attaccante (uke) impara alcuni aspetti fondamentali della pratica, senza avere bisogno di uccidere qualcuno per farlo.

Allora ciò è sinonimo che l'acronimo F. F. F. non è adatto alla nostra disciplina, ma che essa può regalarci una prospettiva ulteriore e forse anche più evoluta... di risoluzione ARMONICA di un conflitto!

Esistono vari modi di inquadrare questo nuovo paradigma, ma per semplicità utilizzerò oggi l'acronimo C. C. C. che sta per:

A) - CONNECTION, mi connetto e mi allineo al conflitto che sto vivendo

B) - CURIOSITY, mi pongo con un fare esplorante e curioso rispetto al conflitto

C) - CREATIVITY, mi do il permesso di trovare vie inedite di vivere il conflitto

Mi rendo ben conto che uno scritto rende ben poco merito alla POTENZA di questo paradigma, ma vi assicuro che - a livello fisico, così come ad ogni altro livello - esso è in grado di far si che il conflitto si AUTO-RISOLVA spontaneamente, consentendo però una posizione WIN/WIN a tutti coloro che ne arano coinvolti.

Questo è ESATTAMENTE ciò che cerchiamo con l'Aikido!

Esaminiamo quindi, punto per punto, questa nuova prospettiva...

Se sono CONNESSO con il conflitto allora non erigerò alcuna barriera di separazione fra esso e me, poiché lo percepirò, istante per istante, nelle sue caratteristiche ed anche nei suoi mutamenti.

Un tori/nage si connetterà all'attaccante semplicemente per percepirlo, non per vincerlo o controllarlo. Il vecchio paradigma delle Arti Marziali richiedeva invece tutt'altro.

Uke che sta per essere proiettato nel ricevere la tecnica non irrigidirà la muscolatura (facendosi male da solo con le leve che si creerebbero) per paura di ciò che sta per succedergli, poiché questo sarebbe l'equivalente di mettere un muro, una corazza di protezione fra sé ed il conflitto che sta vivendo (il cadere, appunto). Non sarà nemmeno passivo o floscio... sarà presente perché CONNESSO istante per istante con chi lo proietta o immobilizza.

Se sono CURIOSO, ho una propensione positiva rispetto a ciò che accadrà, non sarò intrappolato in nel senso di aspettativa, perché mi starò dando l'opportunità di esplorare nuovi scenari possibili: sarò di nuovo PRESENTE, PRONTO, INGAGGIATO, in un buon equilibrio fra la RICEZIONE e l'AZIONE, fra uno stato ATTIVO ed uno PASSIVO.

Se sono CREATIVO non baserò il mio futuro su ciò che ho fatto in passato. L'esigenza delle Arti Marziali tradizionali di ripetere molte volte un movimento per interiorizzarlo credo sia stato compreso poco, oppure frainteso molto...

RIPETERE un pattern specifico (diciamo "una tecnica di Aikido") NON servirà a potermene agevolare tale e quale in caso di necessità in uno scontro reale... ma a farmi assorbire quei principi contenuti nella forma che poi potrò utilizzare in uno scontro reale, con tutte le specificità del caso, che saranno sempre UNICHE ed IRRIPETIBILI.

Non entrerò in una sorta di biblioteca dell'Aikido per chiedermi "di quale volume ho bisogno" per rispondere ad una situazione reale improvvisa e velocemente mutabile: questa operazione sarebbe LENTISSIMA rispetto alle esigenze ed alle contingenze del momento conflittuale... e quindi risulterebbe per forza fallimentare.

Allora assorbirò i PRINCIPI da tutte le forme marziali che pratico e poi mi darò la libertà di lasciare che questi principi prendano la FORMA CHE SERVE quando vivo un conflitto specifico (e lo sono tutti, unici nel loro genere, intendo).

Quindi senza CREATIVITÁ non ci può essere alcuna risposta intelligente WIN/WIN ad un conflitto reale, poiché sarà inutile rievocare le conoscenze apprese in passato, così come sarebbe di ostacolo intrappolarmi sulle aspettative che ho per il futuro: il vivere con intensità il presente, che è l'unico tempo REALE che esiste, sarà la soluzione per tutte le parti coinvolte nel conflitto.

Vedete che queste 3C presuppongono la coltivazione ed il mantenimento di un'attitudine APERTA, PRESENTE e COINVOLTA con ciò che accade, senza fughe, passività attacchi o innalzamento di barriere fra sé e l'altro, fra sé ed il problema, fra sé ed il conflitto.

In Aikido diremmo forse "zanshin" (mente pronta), "mushin" (mente libera), "shoshin" (mente curiosa del principiante), "fudoshin" (mente calma), "yoshin" (mente giovane)...

Tutto ciò che abbiamo scritto va nella direzione di sviluppo di una certa spontaneità del movimento, del corpo così come della mente... che è l'esatto opposto della ripetitività del katageiko al quale siamo abituati di solito ("Maestro fare, io copiare").

Forse non proprio a caso il Fondatore dell'Aikido, in età avanzata, parlava di "Takemusu Aiki", ovvero la sorgente SPONTANEA dell'Aiki a partire dal conflitto... ci avevate mai pensato?

Ripetere le tecniche è molto utile, ma NON per imparare pattern da ripetere in caso di necessità, quanto per interiorizzare principi (come radicamento, estensione, centering, awase, kuzushi, ki no musubi, zanshin... etc), che poi troveranno il modo creativo di prendere una nuova forma concreta e specifica durante l'imprevedibilità di un conflitto altrettanto specifico, improvviso ed inatteso.

La differenza però la fa che con C. C. C. il conflitto sarà UTILE a TUTTI coloro che ne verranno coinvolti, non importa se come attaccanti o come attaccati.

Per studiare questi principi però è necessaria pratica sul tatami più ancora che uno testo... e di rado ho l'occasione di presentarli come si deve ai Seminar che tengo, per pura questione di tempo: quando vado in giro trovo la maggioranza degli Aikidoka (e pure degli Insegnanti, devo ammettere) ancora del tutto focalizzati e talvolta anche incasinati ed impreparati sugli aspetti tecnici della disciplina.

Mi ci sono voluti una ventina di anni buoni per affacciarmi anche FUORI dalla TECNICA, pur continuando a coltivarla in parallelo; mi rendo quindi conto che il praticante medio è ancora tutto preso da capire come relazionarsi con cose come shihonage, koshinage, i kumijo o le varianti di ken tai jo...

Però intorno a tutto ciò che è tecnico, e quindi anche didatticamente trasmissibile in modo chiaro, esiste un mondo che fa rileggere queste pratiche alla luce dei PRINCIPI che contengono... ma quest'ultimo non può essere insegnato da fuori, se non se ne fa prima una esperienza diretta e personale.

Ed in ultimo - ma non di certo per importanza - c'è poi il mondo delle PROSPETTIVE, ancora più ampio e forse importante di quello dei principi... ai quali ho voluto dedicare il Post di oggi, proprio perché noto quanto ci sia fame di ciò che per fortuna mia (e forse pure dei miei allievi) è diventato la quotidianità.

Dal mio punto di vista, sicuramente modesto e parziale, credo che i PRINCIPI e le PROSPETTIVE saranno il futuro dell'Aikido, quando più o meno tutti saranno capaci di fare un ikkyo o di tenere in mano un jo ed un bokken... e già qualche anno fa avevo tentato di scrivere un libro anche dedicato a questi argomenti importanti; purtroppo però al momento sono troppo impegnato su altri fronti ed i miei progetti personali dovranno attendere momenti più propizi.

Nel frattempo, facciamo insieme il possibile per fare questo enorme salto di maturità... in grado di farci apprezzare non solo il COSA facciamo su un tatami (tecniche)... ma anche il COME lo facciamo (principi), e - soprattuto - il PERCHÉ lo facciamo (prospettive).

E se non ci soddisfa la prospettiva che abbiamo utilizzato fino ad ora, sentiamoci senz'altro liberi di cambiarla: F. F. F. → C. C. C.


Marco Rubatto