lunedì 20 ottobre 2025

Il grande paradosso dell'Aikido fra specificità ed universalità

Di recente ho realizzato esistere un vero e proprio paradosso che la maggioranza degli Aikidoka potrebbero non avere ancora colto del tutto... mi riferisco alla differenza che passa fra contestualizzazione e specificità delle nostre pratiche ed principi generali che invece possono essere estesi addirittura ad altre discipline e contesti.

Provo a spiegarmi... quando pensiamo all'Aikido, desideriamo diventare più bravi in qualcosa di specifico, o più capaci di applicare i suoi principi alla vita quotidiana?

Quando vogliamo pubblicizzare il valore inestimabile che ha per noi la pratica dell'Aikido, di solito pensiamo a cosa lo CARATTERIZZA in un modo SPECIFICO, così da poter affermare: "Mentre le altre discipline marziali puntano su questo e quell'altro modo di fare... NOI dell'Aikido andiamo in un'altra direzione..."

In questo caso stiamo utilizzando la specificità per fare emergere degli aspetti caratteristici della disciplina che pratichiamo, e che ovviamente consideriamo di enorme valore, altrimenti non ci verrebbe nemmeno da sottolinearli così tanto (la non violenza, la connessione, il rispetto per il partner, etc)!

Molti Sensei quotati anche a livello mondiale hanno creduto bene manifestare "la via dell'unicità" dell'Aikido nelle loro lezioni, nei loro libri o video-interviste. Credo sia qualcosa di molto comprensibile, e che non si possa considerare - tout court - un errore.

Ora però chiediamoci: quanto invece è stata pubblicizzata l'UNIVERSALITÀ dell'Aikido?

Quanto peso è stato dato allo studio di quei principi che studiamo nella nostra disciplina, ma che risultano gli stessi di molte altre discipline marziali, se non addirittura di altre discipline psico-fisiche, legate al movimento corporeo... o addirittura alla vita quotidiana?

Poche settimane fa, abbiamo parlato insieme dell'Aikido nelle arti espressive di movimento (troverete QUI l'articolo), ovvero dello studio mirato di tutte quelle skills che è necessario acquisire quando si muove il corpo, e che sono molto ben evidenziabili ANCHE nella pratica dell'Aikido.

Quindi, quando vogliamo promuovere la nostra disciplina, siamo più propensi a dire:

- con essa imparerai cose che non si trovano altrove?

oppure

- con essa imparerai cose importanti che si trovano ovunque?

... pensiamoci un attimo, nella mia esperienza la prima ipotesi è molto più frequente rispetto alla seconda: l'Aikido quindi - in questo caso - viene interpretato più come la somma delle sue unicità, in una operazione di ANALISI rispetto a tutto ciò che di altro si può trovare in giro.

Specificità batte universalità 1 a 0!

Veniamo però ora all'insegnamento dell'Aikido ed alle metodiche che si utilizzano per la maggiore: l'aspetto tecnico, ad esempio...

Quando ci si approccia all'aspetto tecnico, esistono differenti tipi di didattica adottabili, ciascuno dei quali si è costruito dei pattern di movimento standardizzati, ai quali chiediamo ai praticanti di aderire: una sorta di IKEA di ikkyo, kotegaeshi e kokyunage, che SCOMPONE un movimento complesso in sotto-unità funzionali più semplici, atte a far meglio digerire ad un neofita (ma anche ad un grado più avanzato) alcuni schemi che avrebbero bisogno di essere integrati fra loro.

Uno dei problemi dell'Aikido è però che questa IKEA tecnica non è nemmeno UNICA nel mondo, c'è l'IKEA Aikikai Honbu Dojo, quella dell'Aikikai d'Italia, quella dell'Aikikai di Francia... c'è l'IKEA di Iwama, quella di Kobayashi, quella del Ki Aikido...

Ciascuna Scuola ha provato a creare i suoi mattoncini lego di base ed asserisce che il modo migliore di apprendere è iniziare da una scatola che ha pochi pezzi, con istruzioni molto chiare per il montaggio!

Però, visto che i pezzi sono diversi e le istruzioni sono scritte in lingue differenti... i neofiti rischiano di restare molto confusi se frequentano approcci diversi in contemporanea, ma la vera particolarità di questo modus operandi è proprio la volontà di GENERALIZZARE il più possibile l'insegnamento.

Una sorta di catena di montaggio dell'Aikido nella quale ad ogni stazione (in modo differente a seconda della corrente Aikidoistica nella quale si è finiti) si dice ad OGNI individuo cosa deve fare se vuole apprendere: siete d'accordo che questo approccio tende ad essere (almeno negli intenti) generalista?

Ci troviamo dinnanzi alla tendenza opposta a quella analizzata prima: si cerca di standardizzare, ovvero a fare SINTESI, mettendo insieme i vari pezzi, al fine di ottenere un risultato.

Universalità batte specificità 1 a 0!

Il paradosso invece questa volta nasce dal fatto che un approccio generalista viene applicato ad individui che sono TUTTI fra loro sempre differenti per definizione: non esistono nella nostra storia due esseri umani identici, pure se nati in epoche diverse.

Ma allora com'è che vogliamo applicare un metodo standard alla bio-diversità naturale... invece di essere capaci di coglierne gli aspetti unici e creare delle didattiche specifiche per ciascun individuo?

Certo, è molto comodo trattare tutti allo stesso modo, ma ci ricordiamo che ci stiamo rapportando con esseri profondamente differenti gli uni rispetto agli altri?

Allora perché non invertire il trend e mettere a punto una didattica specifica ed individualista, laddove gli individui che devono apprendere sono effettivamente unici?

Sarebbe forse più complicato... o non si sa come farlo perché al momento solo in pochi ci sono riusciti?
Fate caso che rispondere non è poi così banale...

Ho molto apprezzato ogni volta che - partecipando ad un Seminar con un grande numero di presenze - il Sensei di turno ha avuto parole per tutti, ma poi anche parole specifiche per me e ciascuno degli altri partecipanti... mostrando quindi ANCHE la capacità di entrare nel merito specifico di chi gli stava di fronte, oltre che trattarci tutti come "un fenomeno MEDIO".

Ed ecco quindi emergere il paradosso del quale parlavamo in precedenza: trattiamo una disciplina che ha al suo interno un'UNIVERSALITÀ importantissima come se avesse quasi solo SPECIFICITÀ ed UNICITÀ... mentre poi di fatto trattiamo gli individui nella loro SPECIFICITÀ ed UNICITÀ come se avessero solo tratti COMUNI. Ci avevate mai fatto caso?

Io si, perché ho pure notato che nei - rari - luoghi nei quali questo paradosso è stato compreso e la dinamica è stata invertita (almeno parzialmente) l'Aikido funziona meglio, sia a livello di singolo Dojo, sia a livello comunicativo rispetto alla community dei potenziali interessati alla disciplina, ma che ancora non la conoscono.

Fateci caso, se avete voglia o la cosa vi ispira: l'Aikido utilizzato per apprendere principi generali ed insegnato in modo specifico raggiunge obiettivi impensabili per l'Aikido utilizzato a raggiungere scopi specifici, utilizzando metodologie generali.

Forse questa è una delle sfide del nostro secolo per la disciplina, che di per sé ha tutti i numeri e le caratteristiche per fare un grande valore aggiunto fra gli individui... ma che viene usata in modo ben poco ottimale da quelli che consideriamo "addetti ai lavori"...

Ed, in generale, auspichiamo il successo dei "grandi numeri", senza ricordare che essi sono la somma di tante importantissime unicità da onorare.

Marco Rubatto




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