lunedì 28 marzo 2016

I benefici della pratica dell'Aikido

Supponiamo di non sapere nulla sull'Aikido e su questa disciplina in generale...

... e supponiamo anche che un interessato alla sua pratica ci chieda quali potrebbero per lui essere i benefici di intraprenderla, ecco più o meno cosa ci sentiremmo di rimandargli.

Con l'Aikido impariamo a muovere il nostro corpo in modo via via più essenziale ed armonico: la vita sedentaria di tutti i giorni, per molti di noi, non richiede la conoscenza del "contenitore" nel quale viviamo...

Praticando Aikido, incontreremo innanzi tutto noi stessi ed i nostri limiti psicofisici, imparando a riconoscerli, rispettarli... ma anche a superarli se ce ne fosse possibilità ed occasione!

La salute è definita dalla propria capacità di omeostasi in uno stato di serenità psicofisica, non solo dall'assenza di una patologia conclamata. Muovendoci la favoriamo a 360º, risvegliano quelle enormi capacità rimaste sopite a causa di una vita sedentaria, caratterizzata da cibo poco sano e da relazioni umane spesso poco soddisfacenti.

Muovendo il corpo, muoviamo senza dubbio anche la nostra mente... quindi praticare Aikido può diventare sinonimo di conoscerci di più anche a livello interiore: la richiesta di costanza, impegno, tenacia, focalizzazione è qualcosa di impopolare, ma altrettanto determinate ai nostri giorni.

Cresce a dismisura il numero delle persone che sono insoddisfatte dalla propria esistenza, anche perché esse hanno da molto smesso di esserne i diretti artefici: l'Aikido aiuta i praticanti a ri-percepire  questo importante aspetto della vita... anche solo per poche ore alla settimana, li rende infatti nuovamente partecipi del proprio contributo nell'auto-determinazione di sé.

Ricavarsi uno spazio settimanale da dedicare ad un'attività che ci piace è un gran regalo che ciascuno può fare a se stesso: uno spazio dal quale lasciare fuori i problemi del quotidiano (le rate del mutuo, i suoceri, il datore di lavoro...) per immergerci nelle nostre passioni e nello studio di noi stessi, comprese le parti in ombra di noi, quelle cioè che conosciamo meno... ma che spesso intervengono a sbarrarci la via, specie nelle situazioni già complesse.

L'Aikido è una disciplina ideale per fare accadere tutto ciò!

Esso ci consente di incontrare nuove persone, provenienti da diversissimi ambiti sociali, accomunate dalla nostra stessa passione... con le quali interagire in modo costante, sudare insieme, dare e ricevere mutuo supporto: nuovamente, una condizione rara ma importantissima per creare la propria rete di amicizie e rapportazioni più autentiche!

Generalmente iniziamo per curiosità o quasi per gioco, ma le persone che incontriamo con l'Aikido spesso segnano in meglio la nostra esistenza, divenendo un punto di riferimento importante a livello personale anche molto ad di là della disciplina che pratichiamo insieme.

Un Dojo, ossia un luogo in cui si pratica Aikido, è un luogo nel quale si formano sempre strane affinità elettive fra le persone... ed in oltre, viene frequentato da idraulici, medici, fruttivendoli, avvocati, scrittori... quindi sarà molto frequente che le interazioni umane diventino poi anche causa di  incontro professionale/umano nel quotidiano di ciascuno, proprio perché ogni praticheranno attingerà prima dalla cerchia delle sue amicizie fidate in caso di bisogno di qualsiasi tipo...

In Aikido si studia il conflitto, nella sua parte più pratica e visibile... ossia quando esso diventa un'aggressione fisica.

Non tutti - per fortuna - hanno l'esigenza di saper gestire una situazione simile nel quotidiano, ma di certo le nostre vite personali sono ricche di conflittualità di svariate tipologie differenti: i principi di questi conflitti sono del tutto simili, quindi riuscire a gestire al meglio un affronto di tipo fisico può essere un ottima base di partenza per affrontare positivamente anche ogni altra tipologia di problema di questa natura.

Non sosteniamo che l'Aikido debba per forza divenire un utile strumento di difesa personale... ma crediamo che molte aggressioni siano quasi attirate da individui poco coscienti di loro stessi e delle loro risorse potenziali.

Prendere contatto con sé, anche nelle situazioni più ostiche, diventa quindi un'ottima prevenzione indiretta delle situazioni di reale aggressione fisica. Nessun aggressore tende a provarci, se percepisce che la persona che egli vuole "sottomettere" (preda) in realtà dispone di risorse potenzialmente incontrollabili anche per lui.

Un aggressore, di solito, cerca prede deboli ed indifese... senza troppo carattere o con tendenze alla sottomissione i cui segni egli avrà imparato a leggere molto bene, se vuole capare a lungo nei panni di aggressore.

Un praticante di Aikido non si appresta bene a questa descrizione, perché è una persona che è costantemente capace e disposta a mettersi in discussione, anche nei contesti più complicati da gestire: nell'ottica di un'aggressore, un Aikidoka potrebbe risultare una sorta di "bomba inesplosa"... che potrebbe fare danni all'improvviso, quindi verrà accuratamente evitato!

Non crediamo che sia sufficiente fare Aikido per non essere aggredito per la strada, né che sia interessante praticarlo solo per evitare questa eventualità... ma è realistico pensare che questa disciplina abbia in sé le potenzialità marziali dalle quali è storicamente derivato.

L'Aikido è in grado di farci conoscere culture, usi, tradizioni e costumi molto differenti da quelli che siamo soliti contattare nel quotidiano: è una disciplina giapponese, che incarna ancora molto bene lo spirito e le tradizioni marziali e spirituali di questo affascinante popolo.

Per via delle sue origini geograficamente e culturalmente lontane, è in grado di farci esaminare problemi vecchi da nuovi punti di vista... quindi ci arricchisce di prospettive inedite con le quali vivere il quotidiano: un aspetto assolutamente importante, che migliora in modo significativo la percezione del nostro agire.

L'Aikido consiste nello studio della relazione con se stessi e con il prossimo in condizioni di conflittualità e quindi di stress: anziché allontanare le difficoltà, ci insegna a viverle in modo più proficuo ed evolutivo...

... la nostra società ha molto da apprendere da questo processo, nel quale la condizione in cui viviamo diventa il punto di partenza per operare quei cambiamenti che desidereremmo, senza pensieri magici o utopici... ma - al contrario - fortemente radicati nel "qui ed ora".

Credete che tutti questi benefici siano poca cosa?

Chiedete un parere ad un praticante di Aikido di vecchia data, una persona che non abbia nulla da guadagnare dal rimandarvi la sua esperienza: se vedrete i suoi occhi accendersi, mentre ve ne parla... andate alla ricerca di quel qualcosa che lo ha reso "innamorato" di ciò che vi dice!!!




lunedì 21 marzo 2016

La cintura nera di Aikido: fate largo, arriva l'esperto!

Combinazione discutevamo in questi giorni in Redazione su quanto fosse lunga la strada di un Aikidoka... e contemporaneamente sui Social Network è comparso un post che ricordava la stessa cosa.

Ci sono sembrati segni giusti per ricordare a noi stessi ed a tutti gli altri, quanto l'ottenimento della tanto famigerata "cintura nera" NON sia tanto il segno del raggiungimento di un traguardo ultimo, quanto l'umile connotazione dell'inizio di un percorso...


Ci siamo infatti mai chiesti come mai i gradi dan, ai quali vengono connotati da un numero crescente da 1 a 8, partano con lo SHOdan e non dall'ICHIdan?!

I numeri in giapponese sono i seguenti:
lettura   ON      KUN
[]      ichi       hito: "uno"
[]        ni        futa: "due"
[]       san       mi: "tre"
[]       shi       yon: "quattro"
[]        go       itsu: "cinque"
[]     roku        mu: "sei"
[]     shici       nana: "sette"
[]    hachi       ya: "otto"

... e tutti i gradi dan vengono identificati dal numero corrispettivo: un 3º dan, in giapponese si chiama "san dan", etc

Ma perché il primo gradino si chiama quindi "shodan"?

La ragione è piuttosto semplice: il kanji "sho" [初] si legge anche "hatsu"... ed è lo stesso che compare in "hajime", cioè "inizio, prima volta, primo, nuovo".

Lo SHOdan quindi corrisponde ad un nuovo inizio, un qualcosa nel quale siamo arrivati al punto di incominciare un nuovo percorso: non si intende quindi nel modo più categorico l'idea di averlo terminato, anzi!

Molti anni fa, un nostro vecchio Insegnante spesso ci ripeteva: "L'Aikido incomincia da cintura nera..."

Questa cosa sembrava abbastanza paralizzante dal nostro punto di vista, poiché una "cintura blu" all'epoca ci pareva un gran figo dell'Aikido!!!

(un tempo anche nel nostro Dojo si utilizzavano le pacchianissime cinture colorate, ma abbiamo abbandonato da tempo questa abitudine per passare ai più tradizionali gradi kyu)

Come, a cintura nera NON saremo dei Maestri della nostra disciplina?!
Si, esatto...proprio così!

La cintura nera è quel momento importante nel quale ci si inizia a reggere impedì con le proprie gambe - Aikidoisticamente parlando - ma non in cui possiamo crederci esperti in una disciplina come l'Aikido! Per questo iniziamo a pensare che una vita intera di dedizione non basti...

In molti Dojo si presenta ancora questo alone di reverenza mistica per le cinture nere, ma è prettamente un'idea occidentale che esse rappresentino uno straordinario livello di bravura.

Dopo tutto siamo possediamo mediamente una volontà debole, quindi la sola idea di raggiungere un traguardo che richiede dai 5 ai 7 anni di impegno ci sembra qualcosa di riservato "a veri duri", mentre è solo il livello in cui si ufficializza (a noi stessi, prima di tutto) che si ha seria intenzione di iniziare a studiare Aikido.

Potremmo dire che i gradi kyu sono quel tempo in cui stiamo scegliendo se occuparci di Aikido in qualche misura nella vita oppure no: per la maggioranza delle persone questa esperienza è più che sufficiente per placare la loro fame di arti marziali come la nostra.

Il tasso di abbandono dei praticanti PRIMA di giungere alla cintura nera è prossimo al 90% circa, quindi effettivamente solo pochi possono fregiarsi di essere giunti fino ad un simile traguardo, il problema è che l'intera considerazione di questo processo è etichettato "al ribasso" ed alla svalutazione del suo reale valore.

In una società nella quale qualcuno riesce "addirittura" a raggiungere la cintura nera, egli sarà venerato come un semi-dio, ma non perché lo sia sul serio... quanto perché non stiamo osservando il fenomeno con gli occhi adeguati ad esso.

La via delle arti marziali, che per molti è un piacevole intermezzo con il quale crogiolarsi per qualche mese, diviene più che altro un vero e proprio modo di concepire la propria esistenza, di scegliere l'attività lavorativa, il partner, le amicizie...

... poiché TUTTO ciò che facciamo gira intorno a CHI VOGLIAMO ESSERE ed alle attività che ci permettono di diventarlo: ovvio quindi che questa NON possa essere un'operazione che si liquida in 4 o 5 anni!

Non abbiamo ancora sentito notizia di qualcuno che sia arrivato a conoscere TUTTO di una disciplina: di solito, più uno studente approfondisce, più percepisce quanto ci sia ancora da approfondire...

... come mai quindi attribuiamo all'inizio di un percorso il significato di una sua improbabile e poco dignitosa fine?

Perché siamo abituati a pretendere poco da noi stessi e quindi ci crogioliamo con quei residui che riusciamo ad ottenere dalla vita: la responsabilità è anche un po' nostra!

Non è che percorrere una strada per molto tempo sia più onorevole che percorrerla per pochi km: questo sicuramente no... il punto perfido però è considerarsi maratoneti professionisti perché abbiamo corso per un isolato!

A ciascuno il proprio livello di ingaggio... ma - per l'Aikido - la cintura nera NON è un traguardo poi così significativo... quanto un buon trampolino per tuffarsi nell'esperienza vera, quella cioè di diventare una cosa sola con la disciplina che pratichiamo.

Diremo di più: esistono molti praticanti - la maggioranza - che si "accontenteranno" di rimanere praticanti a vita... nel senso che non intraprenderanno MAI la strada dell'insegnamento, mentre altri - pochissimi rispetto ai primi - intenderanno a loro volta trasmettere cosa hanno appreso ad altri.

Per questi ultimi, l'apprendistato è incommensurabilmente più ripido e richiedente!

La tradizione rimanda che il primo grado di responsabilità si acquisisce ALMENO con il 2º dan, quando si viene nominati [副指導員] "fuku shidōin"... ovvero "Assistente Istruttore Qualificato"...

... mentre la possibilità di tenere un vero e proprio corso autonomamente arriva alla nomina di [指導員] "shidōin", cioè al raggiungimento del 4º dan.

La parola deriva da [指導 (する)] "shido (sure)"... e consiste nel kanji "yubi" [指], che significa "dito", ma anche  da "sasu" [指す], che è il verbo "indicare". "Michibiku" [導] significa "guida" o "leader". "Shido" è un termine che veniva utilizzato anche nella cavalleria, all'interno del codice d'onore dei Samurai.

L'Aikikai ha adottato questo sistema di designazione degli Istruttori nel 1970, più o meno al tempo della creazione della International Aikido Federation.

Ogni Ente nazionale si è più o meno accorto che la carriera di un praticante DEVE ad un certo punto differenziarsi da chi è intenzionato a continuare a praticare per puro piacere personale... quindi sono stati coniati certificati simili a quelli giapponesi, che nelle nostre latitudini si chiamano "Aspirante Allenatore", "Allenatore", "Istruttore", "Maestro", etc.

Quindi una cintura nera NON è un maestro per forza!!!

"Maestro" è generalmente un termine che viene attribuito per il conferimento di una QUALIFICA, che prevede uno specifico percorso supervisionato: dopodiché ugualmente non si sarà appreso tutto dell'Aikido però!!!

Figuratevi quindi se una cintura nera è un esperto... È forse poco più di un "adolescente" nella disciplina, che è arrivato ad un punto importante del suo percorso... quello cioè al quale si INIZIA A FARE SUL SERIO!

Sentiamo di tutto sul tatami, fuori dal tatami e sul Web, e spesso vengono affibbiati i peggio titoli a delle persone che possiedono un'esperienza relativamente insignificanti (nulla di personale!): "Sai quel mio collega d'ufficio... è una CINTURA NERA di Aikido!!!"

Embè? È un Aiki-pupo... ma se continua da qualche parte arriverà pure lui, forse, un giorno...


Non si tratta di svalutare tutto l'impegno e la costanza che richiede il giungere a cingere i propri fianchi della tanto famigerata cintura SERIA, ma di ridimensionare questo stereotipo al suo reale valore: Morihei Ueshiba, Jigoro Kano, Gichin Funakoshi e Bruce Lee non erano solo "cinture nere" (l'ultimo citato praticava stili cinesi, nei quali la cintura più alta non è neppure quella nera!).

Una cintura nera ha il preciso compito di ritornare al candore di quando ha iniziato a praticare... a forza di praticare: la sua cintura diverrà via via più sgualcita, grigetta, bianca in alcuni punti (l'anima del tessuto delle cinture nere è BIANCA!).

Una cintura nera nuova è qualcosa che diventa significativa quanto inizia ad essere usurata!

Il Doshu, ora Moriteru Ueshiba, porta la CINTURA BIANCA proprio in memoria di questa volontà simbolica di "tornare alle origini": capite quindi che prendere la cintura nera non è proprio segno di essere arrivati da nessuna parte?

Buon Aiki-viaggio a tutti, perché il sublime sta nel percorso stesso... più che nella destinazione.




lunedì 14 marzo 2016

Aikido & spiritualità - 2: nei misteri dello spazio-tempo

Continuiamo la nostra indagine sul connubio Aikido e spiritualità con qualche riflessione su una delle più complesse e straordinarie caratteristiche dell'uomo: la mente!

Dove ci fossero segni significativi della sua presenza (rari ai nostri giorni!)... è appassionante stabilire dove essa dimori e come operi: un neurochirurgo austriaco piuttosto famoso, Karl Pribram (che ci ha lasciati solo l'anno scorso) sin dagli anni '40 dello scorso secolo ha fornito contributi sostanziali sulla comprensione della neurofisiologia del cervello... divenendo particolarmente noto per la teoria formulata insieme al fisico David Bhom sul modello "olonomico del cervello".

In buona sostanza, in cosa consistettero i suoi studi?

Nel tentativo di individuare dove fossero "immagazzinati i ricordi" nella mente e quindi nel cervello umano. Non stiamo qui a ripercorrere le vicende che gli resero complesso questo compito... ma evidenziamo quali furono i risultati delle sue ricerche: i ricordi NON SI TROVANO DA NESSUNA PARTE!

Egli mostrò chiaramente come molti dei nostri pensieri possono avere un effetto tangibile sulla nurofisiologia dell'encefalo, ma comunque NON risultino un suo prodotto... bensì piuttosto una sua LETTURA... in una sorta di "matrice", di "campo" nella/nel quale siamo inconsapevolmente immersi.

La natura oggettiva della realtà sarebbe - secondo la moderna fisica - nient'altro che il collasso di funzioni d'onda di una sorta di gigantesco ologramma, percepito, letto come reale proprio grazie ai due lobi cerebrali, che funzionano in modo completamente distinto ed indipendente.

Si tratterebbe di una sorta di "lettori di ologrammi" in grado di misurare uno stesso fenomeno (la realtà, appunto) partendo da "misurazioni" fra esse indipendenti e complementari.

Insomma, non stiamo a farvela lunga sull'argomento, ma la mente potrebbe essere più vista come l'interazione di due "dispositivi" in grado addirittura di oltrepassare il Principio di Indeterminazione di Heisenberg...

... esso postula che non è possibile con uno strumento solo ottenere DUE misure precise di un fenomeno: per il cervello varrebbe il principio opposto, ossia due diversi "strumenti" avrebbero una visione chiara dello stesso fenomeno, proprio perché lo misurano partendo da dinamiche indipendenti e fra esse complementari.

Il lobo destro è a-temoprale, e funziona come un lettore in grado di leggere CONTEMPORANEAMENTE, mentre il lobo sinistro è a-spaziale... quindi è capace di leggere DOVUNQUE: ne segue che la nostra realtà spazio-temporale viene a formarsi come il collasso delle funzioni d'onda di universi nei quali il "dove" ed il "quando" hanno un certo grado di "parentela".

Più esiste integrazione fra la parte destra e quella sinistra del cervello (attraverso il corpo calloso), più la realtà sarebbe interpretata in modo stabile e consapevole dalla "mente": una sorta di "schermo" sul quale vengono proiettate e fuse le "immagini" provenienti dai nostri due lettori di griglia orografica.

Ne seguirebbe che la mente - di suo - non sarebbe altro che una sorta di "recipiente" che consente alle informazioni di essere mescolate fra loro in modo più o meno accurato... per aiutarci ad interpretare gli stimoli che provengono da fuori di noi.

Questa interazione "lobo destro - lobo sinistro - mente" non sarebbe altro che quello che chiamiamo "coscienza di noi stessi"... per molti anche intimamente interconnessa con le nostre convinzioni più profonde e quindi intrecciata alla spiritualità.

Tutte cose belle, ma cosa c'entrano con l'Aikido?

Beh, moltissimo!

Ogni volta che cerchiamo lo spazio-tempo più opportuno per interagire con il nostro partner/avversario (in giapponese fattore noto come 間合 "ma-ai"), non facciamo altro che allenare i nostri proiettori olografici alla migliore interazione fra loro per cogliere quell'istante "qui-ed-ora" che ci fa percepire di essere in armonia ("awase") con la situazione che stiamo vivendo.

L'awase prevede l'utilizzo "dello stesso tempo" del proprio compagno... ma come facciamo a muoverci "sincroni" con lui, se non sappiamo quando egli si muoverà, né con quale velocità lo farà?

NON si può - infatti - se solo in tempo fosse reale... cosa che a quanto pare per fortuna non è!
Iniziamo a percepire un'azione che non si è ancora manifestata, proprio perché abbiamo in noi "dispositivi" che risultano indipendenti dallo scorrere del tempo: sono consci dell'eterno presente, unico vero istante reale nel quale qualcosa può avvenire.

La stessa cosa dicasi per la scelta della distanza migliore: la coscienza a-spaziale non può fallire in un campo in cui essa è sempre presente, indipendentemente dalla lontananza con il nostro avversario...

Spazio/tempo è sinonimo quindi di "coscienza"?

È come se stessimo allenando la nostra coscienza a percepirsi in modo più intimo e completo GRAZIE all'interazione che abbiamo nel mondo, anche se essa fosse di carattere conflittuale... proprio come avviene sul tatami!

La coscienza di noi stessi - tutti i livelli, quindi anche a quello spirituale - sarebbe mutuata, allenata, aumentata, messa alla prova, sperimentata, indagata attraverso ogni azione... anche di carattere squisitamente fisico: il fatto che poi noi la si porti alla ribalta in un ambito molto particolare, come quello della marzialità, fa la differenza.

Noi percepiamo lo spazio come continuo ed abbiamo la sensazione che anche il tempo scorra in modo costante, ma non è così: è risaputo in fisica che sia spazio che tempo sono grandezze "quantizzate", ossia formate da tanti piccoli pacchetti.

Lo spazio più piccolo possibile è la lunghezza di Plank, (1,616 252 × 10-35 metri) ossia una grandezza spaziale al di sotto della quale il concetto di "dimensione" perde ogni significato fisico: quindi ogni dimensione misurabile sarà data da un numero esatto di lunghezze di Plank ed anche ogni misurazione spaziale dovrà risultare pari ad un certo numero finito di questi micro-intervalli...

Per il tempo vale esattamente la stessa cosa: il tempo più piccolo esistente è pari al tempo di Plank (5,391 × 10−44 s), dimensione temporale al di sotto della quale non ha significato fisico andare.

Quando cerchiamo il "giusto ma-ai" non stiamo facendo altro che andare alla ricerca dell'intervallo spazio-temporale più opportuno in riferimento ad una situazione: cerchiamo cioè di posizionarci nello spazio di Plank e nel tempo di Plank che massimizzino la congruenza del nostro relazionarci al conflitto.

Un "attimo prima/dopo"... un "troppo vicino/lontano" in combattimento possono fare esattamente la differenza fra la vita e la morte, almeno un tempo era così: lo spazio-tempo diventa il terreno in cui si muove la coscienza di ciascuno di noi, nel quale si mettono in discussione tutto il nostro sistema di credenze, le paure, come le aspettative.

Stiamo muovendo lo spirito attraverso ogni atomo del nostro corpo, specie quando esso si trova ad affrontare l'imprevisto, l'ineluttabile.

I movimenti in Aikido si fanno spesso in modo speculare: questo significa far lavorare la destra (spazio) come la sinistra (tempo)... così che il concetto di spazio-tempo risulti completamente comparabile con quello di tempo-spazio; stiamo integrando nel modo ideale la confidenza e l'interazione dei dati che provengono dall'universo olografico...

E questo ologramma di cosa sarebbe specchio?

Secondo quel vecchio rimbambito e sbarellato di Morihei Ueshiba esso sarebbe addirittura specchio di noi stessi e di quanto ci conosciamo: pensate voi che roba imbecille... o che autentico colpo di genio!

Noi abbiamo un "fuori" che specchia un "dentro" e che viene letto ed interpretato da due macchine biologiche (i lobi cerebrali) che sono naturalmente immerse in quella dimensione sottile alla quale altrimenti non avremmo accesso diretto.

Sotto ipnosi profonda, esiste una "strana" parte della nostra coscienza che ama definirsi quella "matrice di punti di luce che abita fra un tempo e l'altro, fra uno spazio e l'altro"... interessante, non è vero?!

Un saggio individuo frequentato da alcuni di noi in passato soleva dire:

"Chi è Dio? È l'universo introverso.
Cos'è l'universo? È Dio estroverso".

Non abbiamo l'ardire di dargli torto o ragione, ma intendiamo semplicemente supportare alcune riflessioni ed esplorazioni: di sicuro un Aikidoka ci sembra un "endonauta", oltre ad una persona interessata a risolvere i suoi conflitti esteriori in modo più armonico possibile... e le due cose possono (devono?) essere di certo anche contemporanee.

In ogni caso il binomio "spirito-materia" potrebbe collassare nel monomio "coscienza", e ciascuno di noi potrebbe avere il diritto ed il piacere di indagare questa affascinante possibilità!



lunedì 7 marzo 2016

L'Aiki Nomad Seminar sbarca finalmente in ITALIA!

Sono numerosi anni che vi parliamo di un evento Aikidoistico itinerante inerente piuttosto particolare...

... poiché è diverso tempo che siamo stati coinvolti da esso in prima persona, sia come organizzatori, sia come partecipanti: ci riferiamo all'Aiki Nomad Seminar... e lo facciamo ancora più volentieri oggi, visto che quest'anno esso sbarcherà finalmente in ITALIA, per la sua 5º EDIZIONE!!!

Il 15, 16 e 17 aprile prossimi, l'appuntamento è a Torino... per un evento inedito nel nostro Paese... mi, precisamente, di cosa si tratta?

Potrete già trovare alcune prime indicazioni e report QUI e QUI e per fortuna abbiamo report video di ogni edizione precedente che vi riportiamo di seguito... così che possiate dare voi stessi un'occhiata diretta!


1º edizione: Uster (Zurich - CH) 2012




L'Aiki Nomad Seminar è un evento Aikidoistico itinerante creato da 4 Insegnanti professionisti che si riuniscono una volta all'anno per fare della nostra disciplina un'occasione di dialogo, arricchimento e confronto, a partire dalle necessità dei partecipanti.

Data l'eterogeneità di questi ultimi (in merito all'esperienza ed alle Scuole di appartenenza), l'Aiki Nomad Seminar NON è pensato come un evento "tecnico" (non nel senso più comunemente inteso, ameno), poiché si è visto come l'eccessiva enfasi tecnica potrebbe limitarne la portata ed il messaggio intrinseco.

Ciascuno deve essere libero di seguire il proprio riferimento tecnico fra le mura del suo Dojo, così come prendere gradi e qualifiche dalla fonte che reputa più idonea e significativa per sé...

... ma incontrarsi, al di fuori di questi elementi prettamente "strutturali", consente a chiunque di esplorare gli aspetti della disciplina che reputa più importanti per sé e che rendono attuale ed importante il continuare a frequentarla!


2º edizione: Montreux (CH) 2013




Ciascuno di noi ha una sua peculiare visione della vita, che può essere armonicamente comparata con quella del prossimo, sia esso un famigliare... un collega di lavoro o un compagno del Dojo.

Interrogarci sui perché delle nostre azioni ed abitudini è una buona prassi... ed all'Aiki Nomad Seminar cerchiamo di connettere il più possibile il nostro vissuto privato con quanto apprendiamo e pratichiamo sul tatami.

Da dove nasce questa esigenza?

Semplice: quando l'Aikido è vissuto in modo sereno e gioioso (situazione più rara di quanto si penserebbe)... subito un'altra insidia emerge a capolino...

I gruppi si trasformano in una sorta di comunità "di ripiego" rispetto a quella della società nella quale siamo immersi: ci troviamo così bene al Dojo, fra i compagni che condividono le nostre passioni... che li frequentiamo non tanto per continuare ad approfondirle, quanto perché temiamo di tornare "fra la bolgia" di quelli che non ci comprendono, di quelli con i quali abbiamo continue conflittualità difficili da gestire.

Noi non crediamo che l'Aikido serva a questo, anche se siamo felici che tramite a questa disciplina si possano creare molte belle relazioni umane, magari destinate a durare tutta la vita.


3º edizione: Lugano (CH) 2014




L'Aikido serve proprio a dotarci di quegli strumenti capaci di farci vivere più serenamente la nostra quotidianità... sia essa quella che è!

Non quindi l'ennesima fuga da noi stessi e dal prossimo, magari pure nella convinzione di essere in qualche modo "superiori"... proprio per via della nostra necessità e ricerca continua di pace, serenità ed armonia...

Chiunque ricerca nella sua esistenza più serenità, più pace ed armonia: il problema è che spesso -mentre lo fa - si incasina la vita ancora di più... e poi non è più capace di districarsi dai nodi che ha contribuito lui stesso a formare ed a stringere!

La pratica dell'Aikido dovrebbe forse assomigliare più ad uno specchio di noi stessi, così da poter modificare quegli aspetti di noi che oggi scopriamo, mentre ieri non sospettavamo nemmeno ci appartenessero...

... qualcosa cioè di incredibilmente usufruibile e pratico per il nostro quotidiano, nel quale tutto ciò che di tecnico, di etico e di spirituale serva a qualcosa di molto ben chiaro ed utile al nostro vissuto più ordinario!


4º edizione: Uster (Zurich - CH) 2015




Quest'anno quindi il primo Aiki Nomad Seminar italiano sarà interamente dedicato appunto a questo importante tema: "Come è possibile vivere l'Aikido nel quotidiano?"

... e non ci riferiamo certo a come fare kotegaeshi all'impiegato delle Poste che non ci risponde celermente, dopo aver noi fatto una lunga fila!

... o koshinage al nostro datore di lavoro, quando si lamenta delle nostre incapacità!  ^__^

Studieremo, tramite semplici esercizi, com'è possibile trasporre sul tatami le conflittualità che incontriamo nel quotidiano... e quindi come avvantaggiarci nella vita di tutti i giorni delle esperienze e delle filosofie che viviamo durante la nostra pratica ordinaria.

Un'occasione imperdibile per tutti coloro che hanno a cuore l'attualizzazione del loro impegno costante nel Dojo, ma anche per coloro che intendessero scoprire l'Aikido ed il suo enorme potenziale odierno.

La difesa da un'aggressione fisica - per quanto appaia sempre più frequente, a detta dei media - non è assolutamente la forma di conflitto più comune e complessa da gestire: tensioni e stress lavorativi, relazionali, famigliari sono invece elementi con i quale chiunque di noi deve in qualche modo interfacciarsi, nel modo migliore.

Noi impareremo come vivere queste conflittualità attraverso l'Aikido ed il processo per renderle importanti occasioni di crescita ed evoluzione personale.

Veniteci quindi a trovare: troverete QUI il file da scaricare ed i recapiti ai quali chiedere tutte le INFO per partecipare a questo imperdibile evento...

Non mancate: avete tempo fino al 3/04/2016 per iscrivervi a quota di partecipazione agevolata!

Particolari agevolazione anche per gli Insegnanti che desiderassero partecipare: contattateci per saperne di più, ed a presto sul nostro tatami!

PS: troverete QUI la pagina Facebook dell'evento, con flyer in inglese e tedesco