lunedì 25 ottobre 2021

Aikido e i Dojo che fioriscono sull'asfalto

In poco più di un mese dalla ripresa delle attività sul tatami, mi è accaduta una cosa inedita e molto piacevole della quale oggi desidero parlarvi.

Sono stato contattato da alcune persone, talvolta si è trattato di amici che frequento personalmente da tempo, altri di contatti Facebook che hanno tutta l'aria di poter divenire ben di più di "amicizia da social", che mi hanno confessato la loro voglia di dedicarsi maggiormente all'Aikido, e quindi la decisione di aprire un Dojo dedicato interamente a questa disciplina.

Ho iniziato dal 2016 ad avere un Dojo (le peripezie per averlo sono partite in realtà ben prima) e quindi è forse naturale che chi mi conosce voglia informarsi, in linea di massima, su quali siano le tappe importanti da considerare per realizzare il loro sogno, che è stato ed è tuttora quello che io vivo nel quotidiano.

Due di loro sono insegnanti pugliesi, l'altro è un insegnante di Roma, ed il quarto proviene da Vittorio Veneto: il territorio vuole dire moltissimo in questo genere di cose, perché la propensione della gente a vivere un luogo interamente dedicato alla pratica è molto differente.

Ci sono luoghi in Italia dove un progetto simile non funzionerebbe facilmente, in cui la mentalità delle persone è molto distante dal piacere di vivere l'Aikido QUOTIDIANAMENTE... quindi è necessario conoscere bene il contesto nel quale si vive e si opererà.

Ma veniamo ai casi che citavo poc'anzi: arriva il momento nella vita di un praticante in cui si può percepire chiaramente il limite di frequentare un luogo in sharing con altre realtà... o nel quale ci sono dei forti vincoli di giorni ed orari per organizzare le proprie attività.

In Giappone l'Aikido si pratica nei Dojo TUTTE le mattine e TUTTE le sere, in quelli più grandi e famosi - come l'Honbu Dojo - pure altre diverse volte durante il giorno.

Un anno di quella vita equivale all'incirca a 6 anni di allenamento bisettimanale qui, ovvero ciò che offrono la maggioranza dei corsi sul nostro territorio: in 3 anni intensivi si passa indicativamente lo stesso tempo sul tatami di un 3º o 4º dan dei nostri, ovvio che se uno vuole fare la differenza, deve iniziare ad avere i ritmi che consentano di farla sul serio!

La questione spinosa però è la seguente: "Coi tempi che corrono, è saggio investire un sacco di soldi, tempo e risorse personali per inseguire i propri sogni di Aikidoka?".

La mia risposta è ASSOLUTAMENTE SI e per varie ragioni: in primis perché seguire ciò che ci ispira è una delle cose più sane e sagge che possiamo fare nella vita, in secondo luogo perché se attendiamo che vi siano le condizioni al contorno ideali per fare ciò che desideriamo... rischiamo che questa cosa non accada mai e che rimanga un sogno nel cassetto.

Il mio Sensei spesso ripete "l'Aikido non è l'arte di attendere"... ad un certo punto - insomma - bisogna buttarsi e fare!

Ed io ho visto che questa cosa "paga", perché chi ha della stoffa ha la possibilità di dimostrarlo innanzi tutto a se stesso, e quindi anche al prossimo.

Sono quindi contento che diverse persone, soprattutto in questo periodo - che definisco piuttosto buio nella storia umana -, abbiano il coraggio di seguire la loro intuizioni, dandosi la chance di trasformare i propri desideri in realtà!

È qualcosa di molto sano ed ispirante, all'interno di una società appecorata come non mai: siamo nati liberi e pieni di potenziale, alcuni fanno fatica a ricordarselo... ma per fortuna c'è ancora anche chi fa pure fatica a scordarselo!

Un Dojo è un impegno molto consistente, perché c'è da imparare a districarsi nei meandri della burocrazia catastale e c'è fare i conti a fine mese con le varie bollette da pagare... però è un viaggio bellissimo da fare, insieme a chi amiamo e facendo la disciplina che amiamo.

Si potrebbe dire che un Dojo è come un figlio, ed ha varie età di sviluppo: c'è la fase embrionale, nella quale si scrive lo statuto della propria Associazione Sportiva, nel quale si cerca il locale più adatto ad ospitare le attività e che deve avere una sostenibilità economica, almeno potenziale.

Poi c'è la fase nella quale il primo cerchio di nuove persone si affaccia ad un'esperienza inedita e poco comune, ovvero attorno ad una persona che ha avuto il coraggio di realizzare i propri sogni: la gente comune non si rende nemmeno conto del potenziale insito in tutto ciò!

Le persone possono quasi essere disinteressate all'Aikido, ma hanno a cuore di apprendere come realizzarsi e come rendere concreti i loro sogni: molti allievi negli anni mi hanno detto "Mi sarei iscritto anche se tu avessi insegnanti Yoga o Scopone Scientifico... non mi interessa tanto ciò che fai, quanto come fai ciò che fai!".

Ti stanno intorno NON perché vogliono diventare come te, ma perché vogliono imparare a diventare più vicine alla loro vera natura... così come hai già saputo fare tu, realizzando ciò che hai realizzato.

Poi c'è la fase che chiamo "La compagnia dell'Anello", ovvero quella in cui le prime persone che si sono aggregate iniziano a diventare uno zoccolo duro sul quale contare sempre di più... e permettono al Dojo di superare sfide che sarebbero impossibili se ci fosse solo il Sensei a tenere accesa per tutti la fiammella della passione.

Qui nascono le costole del Dojo, in chi - fra gli allievi - diventa a sua volta insegnante... la fase in cui c'è qualcuno che ti sostituisce a lezione se prendi un'influenza (perché prima invece la lezioni andavi a farla pure se stavi da cani).

Poi... poi diventa una famiglia, nella quale la disponibilità reciproca diventa piena nelle ore di lezione, ma anche fuori: dove a forza di guardare nella stessa direzione ci si riscopre molto simili ed affini, pur mantenendo le caratteristiche che ci rendono unici e quindi differenti da tutti gli altri.

Poi non lo so... per adesso sono arrivato solo fino a qui. Il viaggio è totale, e perciò lo rifarei altre 10.000 volte, quindi ho consigliato ai miei amici di non avere remore nell'iniziarlo.

E sono felice di sapere che mentre quasi tutti si spendono solo facendo ciò che credono di dover fare, ci sia più di qualcuno che ai nostri giorni investe sul fare invece ciò che desidera: studiare se stesso e creare un luogo nel quale altre persone possano essere supportate a fare altrettanto.

Questo è il significato di "Dojo", "il luogo della Via"... per me dovrebbe essercene uno in ogni Scuola pubblica di ogni ordine e grado, in ogni Ospedale... in ogni costrutto umano nel quale si ritiene importante ricordare che posso dare il meglio di me agli altri, solo se prima ho scoperto le parti di me delle quali sono costituito, ho imparato a rispettarle... ed a farle andare d'accordo.

Prima o al di fuori di ciò, a noi stessi ed agli altri rischiamo di dare buone intenzioni mischiate a tonnellate di spazzatura inconsapevolmente nascosta sotto il nostro stesso tappeto.

In bocca al lupo a tutti i nuovi Dojo che fioriscono sull'asfalto... che siano arbusti destinati a diventare le sequoie dell'Aikido di domani!


Marco Rubatto




Nessun commento: