Da circa una settimana il nostro governo ha deciso l'estensione su tutto il territorio nazionale i provvedimenti stringenti atti ad ostacolare il contagio del coronavirus, ma questo è qualcosa che tutti sappiano.
In questo provvedimento è stato fatto divieto di qualsiasi momento aggregativo pubblico e privato, quindi palestre e Dojo hanno dovuto uniformarsi e chiudere i battenti.
È la prima volta che smettiamo tutti contemporaneamente di praticare Aikido per un'emergenza sanitaria nazionale... ma davvero dobbiamo smettere di praticare?
Sul tatami SI, sia per etica civica, che per questioni legali... ma non crediamo quello sia l'UNICO luogo nel quale l'Aikido possa trovare di che attecchire!
Una pandemia può fermare l'Aikido?
NO: una pandemia inizia piuttosto a vivificarne i principi... Questa disciplina può dare il meglio di sé anche e soprattutto FUORI dai tatami, e stiamo vivendo una straordinaria occasione di comprendere se ne siamo capaci.
La pratica fisica, quella fatta di ikkyo e kotegaeshi, si ferma... ma la pratica dell'Aikido NON si limita sicuramente ad un movimento di anche, braccia e gambe!
In questo periodo siamo tutti chiamati a riflettere su quanto i principi e le prospettive di ciò che facciamo vestiti da giapponesi siano in grado di darci supporto nella difficile situazionetatami.
che stiamo vivendo a livello collettivo, e soprattutto FUORI da un
L'Aikido può fermare il Covid-19?
Questa domanda è volutamente mal posta, poiché non è questo ciò che è saggio chiederci.
Se pratichiamo per imparare a liberarci da prese di uno o più avversari contemporanei... chiediamoci cosa accade quando è un avversario piccolo piccolo a bloccarci!
Non sempre una cosa piccola è anche di trascurabile interesse: lo sanno bene gli insegnanti, quando aggiustano la posizione di un allievo di qualche millimetro... e lo sappiamo noi tutti ora, confinati in casa non per via di un'invasione militare straniera, ma al fine di evitare un contagio massivo... provocato da qualcosa che ha le dimensioni di un centinaio di nanometri (un centesimo di quella di un batterio).
Cosa ce ne facciamo quindi di una disciplina che ci insegna a "mantenere il centro" quando ci attacca una persona (o più persone), ma che non ci offre nulla per fare fronte all'emergenza sanitaria, economica e sociale che ci vede tutti protagonisti?
NULLA, ci verrebbe da dire, se fosse utile solo ad affrontare scenari ipotetici che potrebbero non verificarsi mai, ma non fosse capace di darci aiuto nella realtà complessa e mutevole che tutti noi stiamo vivendo.
Fortuna che non è così, e l'Aikido ha un sacco di cose da dire e dare per offrire un sostegno concreto... anche in una situazione estrema come questa.
La nostra disciplina si occupa di insegnare come rimanere rilassati ed aperti in una situazione di stress, pericolosa se non potenzialmente mortale.
Situazioni di stress, pericolose se non potenzialmente mortali ne abbiamo?
Sembra di SI!
L'Aikido ci insegna a concentrarci sul ritmo del nostro respiro, e a non permettere ad un'aggressione violenta di spezzarne il flusso: avete fatto caso se il vostro respiro è tranquillo e fluido mentre ascoltate i "bollettini di guerra" che - giorno dopo giorno - sentiamo dai telegiornali?
Scommettiamo che, se ci facciamo caso, il più delle volte ci sorprenderemo con il fiato "sospeso"?
Quando ci sentiamo minacciati, scatta un meccanismo di sopravvivenza che blocca (sospende) il respiro, per fare tesoro della porzione di ossigeno che abbiamo incamerato nei polmoni... come se venissimo all'improvviso buttati in acqua.
In questi giorni la minaccia percepita è forte, ma questo non è una buona ragione per smettere di respirare in modo fluido e naturale: chi non è allenato a farci caso però tratterrà il respiro senza nemmeno accorgerci che lo sta facendo!
Questo ad un buon Aikidoka non dovrebbe accadere, e se accade c'è per lui da chiedersi come mai si reputi un buon Aikidoka!
La nostra disciplina ci insegna ad utilizzare l'energia di un cambiamento repentino a vantaggio di chi quel cambiamento lo vive fino in fondo: ora che sono cambiate velocemente molte delle nostre abitudini quotidiane stiamo riuscendo ad avvantaggiarci di ciò... o siamo disperati per le abitudini quotidiane che ci sono state sottratte all'improvviso?
Serve a poco fare tenkan ed irimi tenkan, 30 forme di iriminage per 20 anni se poi cadiamo su una buccia di banana... come se di questa disciplina avessimo contattato - appunto - solo la buccia!
L'Aikido insegna farci trasformare dall'energia aggressiva che ci giunge in modo inaspettato, tanto da trasformare lo scontro in "incontro" ed occasione di crescita personale.
Quando dovessimo avere uno scontro fisico, il nostro avversario difficilmente ci dirà: "Se per te è ok, ti attacco venerdì, verso le cinque meno un quarto, con katate dori gyaky hanmi"!
Viene quando vuole, attacca come vuole... e noi possiamo essere pronti ad ACCOGLIERLO o rimpiangere per il resto della vita che in quel momento eravamo distratti a pensare ad altro.
Dovrebbe essere differente quando l'avversario è un virus?
Da ciò che sappiamo, manco loro avvisano o infettano solo quando sono certi che noi abbiamo già preventivamente trovato un vaccino.
Un Aikidoka potrebbe essere un privilegiato, che queste cose le ha ben sperimentale in prima persona... oppure, oppure forse non è un Aikidoka manco se si è convinto di esserlo!
L'Aikido insegna a non essere vittimizzabile da un avversario, per quanto forte ed aggressivo... e contemporaneamente a non diventarne il carnefice: riusciamo a fare ciò nei confronti del Covid-19?
Abbiamo visto, in questi giorni, un sacco di gente letteralmente mossa dalla PAURA, reagire ad uno stato di preoccupazione e fare di tutto per non affrontare il problema che ci si para dinnanzi: è così che vogliamo fare anche noi praticanti?
Sarebbe un peccato... e segno che non abbiamo veramente compreso un tubo da quanto espresso dal nostro benamato O' Sensei... In Aikido impariamo ad AGIRE consapevolmente, creando uno stimolo nell'avversario... e non a limitarci a REAGIRE ad uno stimolo esterno.
In quest'ultimo caso, si arriva sempre in ritardo e si paga cara la lacuna di presenza con la quale abbiamo (magari inconsciamente) deciso di vivere il conflitto stesso.
Come facciamo col coronavirus?
Lo lasciamo agire e ne subiamo le conseguenze o diveniamo pro-attivi e stabiliamo una condotta consapevole dei nostri atti nel quotidiano al fine di limitarne il contagio?
La nostra disciplina ci sprona a prendere la natura come insegnante: fluire come il ruscello d'acqua, bruciare come il fuoco, essere stabili come il suolo o volteggiare come un vortice d'aria.
Un virus è qualcosa di naturale: nel nostro sistema corporeo i batteri, i funghi ed i virus sono più numerosi delle cellule: 50 mila miliardi contro 30 mila miliardi, lo occupano silenziosamente e ci conviviamo per anni senza neanche accorgercene.
Essi invadono la nostra pelle, i denti, lo stomaco, e sono capaci di formare ecosistemi completi... di essere causa di malattie, ma anche responsabili della nostra digestione e della buona salute in generale.
E con questo Covid-19 come la mettiamo? Lo facciamo rientrare fra i suoi colleghi con i quali abbiamo stretto un patto di mutuo supporto o gli vogliamo fare una guerra senza quartiere... nella quale "le città" siamo noi?
Esiste perciò una pratica... un'immensa pratica, che chiunque fa con se stesso PARALLELAMENTE a quella che facciamo con gli altri: la pratica relazionale è una sorta di specchio, nel quale testare le consapevolezze che crediamo di avere raggiunto a livello personale e quindi individuale.
Questo periodo sarà proprio quello nel quale ogni praticante sarà chiamato a farsi domande non banali, ed a cercarne le relative risposte: se qualche settimana di sospensione dal Dojo favoriranno poltronaggine e desiderio di non tornarci più nemmeno ad emergenza sanitaria terminata...
... beh, in questo caso noi eravamo i virus dell'Aikido, e lui - mettendosi in quarantena da noi - sarà GUARITO!
Se invece saremo ulteriormente invogliati a riprendere a confrontarci con il prossimo sul tatami, sarà perché ci sarà del lavoro individuale... fatto proprio in questi giorni, da testare.
Cosa ci spaventa di più: i rapporti umani con i quali di solito abbiamo 100 mila tipi di casini e conflitti... o l'isolamento ed il guardarci dentro, che ci farebbe/farà vedere che li i casini sono a milioni?
Nel Dojo abbiamo lanciato una sorta di "challenge", ovvero di sfida: ci siamo muniti di un quaderno ed abbiamo stabilito che ciascuno di noi vi annotasse i principi dell'Aikido che vede emergere dagli accadimenti del suo quotidiano: è interessantissimo cosa stiamo notando, soprattutto il notare come certe dinamiche Aikidoistiche possano avvenire GRAZIE a noi, o NONOSTANTE noi!!!
Presto ci incontreremo on-line, in un Dojo virtuale, per condividere i risultati di questo daily training.
"La mia pratica mi aiuta a vivere le difficoltà del quotidiano in modo migliore che se essa non ci fosse?"
"Quali sono le prospettive ed i principi dell'Aikido che possono essere applicati in una giornata nella quale non ho un allenamento fisico?"
"Può la filosofia della disciplina che pratico (magari da anni) darmi qualche strumento in più per affrontare in modo costruttivo ed integrante la situazione che stiamo vivendo a livello collettivo a causa del Covid-19?"
"Mi lascio vittimizzare dal mio avversario, dalla situazione che sto vivendo? Ne approfitto per cercare di diventare il giustiziere del Covid-19? Oppure cerco di trasformare questa esperienza in qualcosa di utile per me e per il mio futuro?
La capacità di vivere questo periodo "monacale" in modo proficuo sarà uno dei più evidenti segni di maturità o meno nella disciplina che diciamo di amare.
Un Aikido che non ci da nulla su cui riflettere ora che non facciamo più ikkyo e kotegaeshi potrebbe essere una disciplina che avrà poco senso frequentare pure quando tutta questa l'emergenza sarà rientrata.
Viceversa, potremmo mettere la "corona" ad una disciplina che ci ha positivamente CONTAGIATO la vita: a noi la scelta!
Marco Rubatto
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