lunedì 27 gennaio 2020

Aikido, competizione... e la lettera del sermone

La scorsa settimana la community degli Aikidoka ha fatto tam-tam mediatico rispetto ad una lettera inviata dal Dojo Cho dell'Aikikai Honbu Dojo, Mitsuteru Ueshiba ad un Club Aikidoistico russo.

In questa lettera l'Aikikai sottolinea che l'Aikido e la sua filosofia non sono confacenti a forme di competizione e che la non-competitività è stata voluta dal Fondatore. Evidentemente costoro si dovevano essere lanciati in gare, competizioni o qualcosa di simile... e puntualmente è giunta dal quartier generale della fondazione Aikikai un richiamo all'ordine.

Ecco il testo originale...


Ecco la traduzione in italiano:

"Cara persona responsabile dell'Organizzazione di Aikido:

Il fondatore dell'Aikido, Ueshiba Morihei O' Sensei, proclamò che l'Aikido è una via che, attraverso una pratica quotidiana, migliora la natura umana e persegue l'armonia sociale. Perciò ogni forma di concorso o competizione non sono necessari e non dovrebbero esistere in Aikido.
Se un concorso o una competizione sono introdotti non é più Aikido.

Sotto ogni generazione di Doshu, l'Aikikai ha continuato le sue attività basate su questi immutabili principi stabiliti da O' Sensei.

L'Hombu si aspetta che ogni organizzazione di Aikido e ogni singolo praticante in tutto il mondo si ricordino e aderiscano alla filosofia di base dell'Aikido espressa in queste parole del Fondatore.

Fondazione Aikikai
Hombu Dojo
Mitsuteru Ueshiba"

Da ciò che ne sappiamo, questa comunicazione è stata inviata alle Società di Aikido Russe (Aikikai), poiché erano state introdotte gare, competizioni, rappresentazioni, Aikido festival ed utilizzata terminologia sportiva che poco sembravano (all'Honbu Dojo) rispettosi del messaggio non-competitivo del nostro Fondatore.

Noi ci troviamo in perfetta linea con quanto esposto nel testo della lettera e non sentiamo alcuna necessità di introdurre forme competitive in Aikido: tuttavia l'abitudine a pensare con la nostra testa ci ha spronato a fare alcune ulteriori considerazioni in merito a questa comunicazione.

Ve le esponiamo come riflessioni generali qui di seguito.


PUNTO 1

Se una Società o un'Associazione aderisce allo statuto di un'Ente (in questo caso dell'Aikikai Honbu Dojo), questi ha tutto il sacrosanto diritto di richiamare all'ordine una sua affiliata che dovesse violare gli accordi che ha controfirmato.

L'Aikikai chiede che le sue organizzazioni affiliate non si cimentino in "gare di Aikido": una o più di una lo fanno... arriva la lettera di richiamo e se queste non prendono subito distanza da tale comportamento, sono fuori.


Non è una questione di Aikido, ma di contrattualistica... e funziona così in ogni aspetto delle rapportazioni umane: non è corretto cambiare unilateralmente le regole che si stabiliscono insieme o alle quali una parte ha deciso di aderire, consapevole di ciò che poi avrebbe comportato farlo!


PUNTO 2

Il documento dell'Aikikai non è datato: a cosa serve la data in un documento ufficiale?

A contestualizzarlo.
Un documento ufficiale - per essere considerato tale - necessita di intestazione, firma, luogo e data della firma.

In questo caso manca solo la data, le altre info ci sono o si possono desumere (il luogo della firma è "17-18 Wakamatsu-cho, Shinjuku-ku, Tokyo, 162-0056 Japan", ovvero la sede dell'Aikikai Foundatio).

Una dichiarazione fatta nel 1500 può risultare parziale o obsoleta nel 2000... ed una del 2019 ancora attuale o del tutto superata nel 2020.
Un documento NON datato sembra che debba valere sempre, cosa che è ovviamente lontana dalla realtà.


PUNTO 3

L'Honbu Dojo Aikikai rappresenta in modo ufficiale la famiglia Ueshiba, quindi la progenie più diretta esistere del Fondatore... però NON rappresenta TUTTO l'Aikido esistente al mondo... benché ne risulti l'organizzazione di certo più famosa e riconosciuta a livello internazionale.

Nella lettera si dice che essa si aspetta "che ogni organizzazione di Aikido e ogni singolo praticante in tutto il mondo si ricordino e aderiscano alla filosofia di base dell'Aikido espressa in queste parole del Fondatore"... e qui qualcosa non ci torna.

L'Aikikai può aspettarsi - come dicevamo sopra - che ogni organizzazione satellite ad essa affiliata aderisca a questi precetti, non che "OGNI organizzazione di Aikido ed ogni singolo praticante in tutto il mondo"... Non vi sembra che la richiesta sia un tantino più grande del proprio mandato?

Esistono realtà, per quanto minute, che - ad esempio - hanno scelto di fare dell'Aikido qualcosa di volutamente competitivo, come il Tomiki Aikido (se non sapete cosa sia, ne abbiamo parlato QUI)... pure loro dovrebbero smettere di fare competizioni perché l'Aikikai se lo aspetta???
Ci pare un po' estrema e magica come aspettativa: forse sarebbe stato importante in un documento ufficiale contestualizzare le affermazioni e ridurne la portata universale.

Non sappiamo se Waka Sensei, Mitsuteru Ueshiba - un ragazzo di 38 anni - abbia scritto di suo pugno la lettera o se l'abbia solo autorizzata firmandola... ma una correzione di bozze più attenta crediamo che avrebbe loro giovato: così (lo ripetiamo, pur affermando qualcosa in cui concordiamo appieno) l'Honbu Dojo passa come due righe saccente, nel pretendere di determinare cosa accade sul pianeta sotto il nome di Aikido.

In Italia - per esempio - se uno vuole fare Aikido e vuole ottemperare alla legge, deve ambientare la sua pratica in ambito SPORTIVO, alla FIJLKAM o presso un EPS, che sono in qualche modo TUTTI enti collegati al CONI, che è il Comitato Olimpico Nazionale Italiano... quindi è qualcosa che si occupa di Sport di carattere COMPETITIVO ai massimi livelli, sia nazionali che internazionali.

Allora un giorno l'Aikikai potrà mandare una lettera alle sue Organizzazioni italiane affiliate (ad esempio AIADA, presso UISP, SHUMEIKAI presso CSEN, TAAI presso ENDAS... e così via) e chiedere che smettano di legarsi ad un Ente sportivo o non potranno più dire di fare Aikido... perché ai tempi del Fondatore egli non considerava questa disciplina uno sport?!

Pensate che talvolta all'Aikikai d'Italia dicono ancora così adesso ^__^!

Ci parrebbe comunque anacronistico che una cosa del genere potesse accadere, ma a questo punto perché no?

L'Aikikai Honbu Dojo può dire quello che vuole, ma le leggi in Italia sicuro che non le farebbe cambiare con una lettera da Tokyo, né potrebbe impedire la pratica di una disciplina come la nostra.
La Francia sarebbe nella nostra medesima posizione, per le sue regolamentazioni nazionali.

Risulta complesso armonizzare le richieste di una Fondazione internazionale, come l'Aikikai, a tutte le norme legislative dei vari Paesi in cui operano le sue affiliate... però è necessario pensarci quando si emette una norma che può andare a collidere con esse, per ricaduta passiva.


PUNTO 4

Che O' Sensei avesse preferito che la competitività rimanesse fuori dal contesto della sua disciplina è un appurato fatto storico, però non ha mai fatto mistero che egli stesso NON avesse mai del tutto completato la definizione di cosa dovesse - in ultima analisi - essere l'Aikido.

Non scelse manco il nome della sua disciplina, tanto si mostrava poco interessato alla forma e completamente assorbito dalla sostanza delle cose che faceva! (leggi QUI per approfondire)

Lo continuava a studiare, a trasformare e far evolvere, in armonia con se stesso, le proprie prese di consapevolezza e l'ambiente nel quale egli viveva. Non crediamo quindi egli fosse così interessato a porre diktat assoluti ed immutabili sulla disciplina... in divenire per definizione di se stessa.

Il tono della lettera invece sembra affermare: "Siccome O' Sensei non desiderava (al suo tempo ndr.) competizioni, allora non ne deve fare nessuno, né mai potrà avvenire questa cosa altrimenti ciò che ne risulta non è più Aikido".
Bella interpretazione audace!

Cosa ne penserebbe direttamente della cosa oggi O' Sensei non possiamo più saperlo... quindi dobbiamo dare per buono cosa dicono i suoi interpreti consanguinei per essere certi di centrare i goal che il Fondatore avrebbe desiderato per noi?

Pure con la religione si è fatto ovunque lo stesso errore: i fondatori di ogni credo davano delle dritte, alcuni principi generali, poi chi li ha seguiti li ha trasformati in dogmi immutabili... la sensazione che ciò sia quello che passa nello scritto è abbastanza forte.



PUNTO 5

Bisogna studiare la storia, se uno vuole essere in grado di leggere gli avvenimenti che accadono con occhi meno incantati.

In Giappone, dal 1954 venne creata l'International Martial Arts Federation (Kokusai Budo Renmei) con il compito di normare e patrocinare la pratica delle più famose e tradizionali forme di Budo giapponese. L'intento di questo ente era ed è quello di proteggere alcuni tesori nazionali, in termine di storia, filosofia e cultura.
Al suo interno attualmente sono annoverati: Judo, Kendo, Karatedo, Aikido, Iaido, Nihon Jujutsu e Kobudo.

Il Fondatore però NON vi aderì MAI di persona: aveva all'epoca 71 anni... visse fino ad 86, delegò il figlio Kisshomaru ad occuparsene (come di tutta la "baracca" Aikikai Hobu Dojo di Tokyo, mentre lui se ne stava immerso nello studio e nella natura ad Iwama): secondo voi, come mai?

A Kisshomaru Sensei, succedette proprio Kenji Tomiki Sensei (fondatore del Tomiki Aikido di cui sopra), Minoru Mochizuki (fondatore dello Yoseikan Budo), e Gozo Shioda Sensei (fondatore dello Yoshinkan Aikido).

Gli attuali shihan in carica sono Takeji Tomita Sensei e Shinji Tsutsui Sensei.

Questa organizzazione "ombrello" ha promulgato una serie notevole di regolamentazioni, nelle quali evidentemente Morihei Ueshiba non ha ritenuto intelligente andarsi ad impantanare... e non è stato l'unico a pensarla così, visto che pure i suoi discendenti (a parte il figlio, al quale gli è toccato, poretto!) e quasi tutti gli shihan attuali dell'Honbu Dojo stanno ad una discreta distanza.

L'IMAF avrebbe dovuto/potuto dire come doveva svolgersi l'Aikido per essere patrocinato al suo interno: regole ferree?

VIA a gambe levate... "non lasciamo che siano altri a dirci come dobbiamo praticare!".

Di fatto quei pochi che sono rimasti al suo interno hanno appunto accettato di sottostare a quelle regole (di graduazione e qualifica) che bel si evincono dal sito IMAF.

Quindi l'Aikikai Honbu Dojo ha declinato gentilmente l'invito a farsi dire come fare Aikido per appartenere ad un ente nazionale... però ora l'Aikikai Honbu Dojo vuole dire a tutte le organizzazioni nazionali (ad esso affiliate e NON) come bisogna impostare la pratica per potersi dire Aikidoka... SPETTACOLISSIMO!

Questa cosa ci suona come: "Abbasso le regole imposte dagli altri, salvo quando a farle ed a imporle agli altri siamo NOI". Ovvero un non senso apparente piuttosto esplicito...


PUNTO 6 (quello che riteniamo più importante di tutti)

Supponiamo che l'Aikikai Honbu Dojo sia legittimata di dire a qualsiasi human being come fare Aikido e quindi anche di affermare che chi è preso da uno spirito COMPETITIVO allora NON FA Aikido...

Ma a voi sembra sul serio che nella nostra disciplina NON sia presente la competizione solo perché non ci sono le gare con gli arbitri?!

L'Aikido è COMPLETAMENTE imbibito di comportamenti competitivi impliciti, ovvero non manifestati alla luce del sole perché le gare (di solito) non ci sono...

Quanti fanno a GARA a chi prende prima un grado (pure quelli Aikikai so Honbu)?

Quanti CONCORRONO ad avere una posizione di rilievo nella propria organizzazione, nel proprio Ente, nella propria città, sul Web tramite i Social Network... o anche solo all'interno delle mura del proprio Dojo?

Se vogliamo ignorare tutti questi aspetti e nascondere sotto il tappeto come l'immondizia è un conto... ma non possiamo credere che un praticante medio non ci debba mai avere fatto i conti.

Allora in questi casi l'Honbu Dojo cosa fa?
Riesce a stanare la competizione stealth che scaturisce dagli ego troppo gonfi dei suoi membri?

... Perché, come dice ai russi di non fare le gare, dovrebbe intimare a parecchi Maestri Aikikai (internazionali e non) di pisciare un po' più corto nel loro modo di porsi col prossimo... per usare una metafora "balistica", diciamo!

Se lo fa e se riesce nel suo intento, ridimensionando certe scalate arriviste, allora ha senso che si schieri CONTRO ogni forma di competizione... altrimenti fa l'ennesima azione giapponese di salvare la forma e fare spallucce sulla sostanza, che invece pare proprio fosse la cosa che interessava più al nostro Fondatore...

Due pesi, due misure, quindi?

PUNTO 7

Solo una provocazione per stimolare un'ulteriore riflessione: nella lettera veniva fatta menzione che "l'Aikido è una via che, attraverso una pratica quotidiana, migliora la natura umana e persegue l'armonia sociale.
Mica qualcosa che non ci piace, anzi... noi lo facciamo!

Urka , che disciplina fanno allora però quelli che si alleano un paio di volte alla settimana???

O' Sensei si allenava TUTTI i giorni ed ha lasciato menzione del fatto che l'Aikido è una via QUOTIDIANA: quanto Aikidoka rimarrebbero al mondo se fosse questa frequenza l'aspetto fondamentale da non tradire per dire di fare sul serio Aikido?

Capite come si fa presto a creare macelli prendendo un po' troppo alla lettere le cose senza contestualizzarle...

Di cero non dev'essere facile patrocinare la qualità del nome "Ueshiba" in tutto il mondo, perciò questa disamina NON vuole essere una critica alla posizione dell'Aikikai Honbu Dojo verso le competizioni di Aikido (russe o meno che siano), speriamo si sia compreso.

È pero necessario imparare a pensare con la propria testa e riflettere sulle cose ben al di là di quando vediamo on-line la notizia che avremmo voluto trovare da tempo... per avere conferma della nostra teoria preferita: questo vale in Aikido, come in ogni aspetto della vita stessa.

Se una cosa va fatta (allenarsi tutti i giorni o quando è possibile) o non va fatta (fare le gare sul ring o pompando il propio ego)... non può essere una norma sanzionatoria a determinarlo, ma la maturità e la consapevolezza personali, che ce la fanno fare o non fare anche se non ci succederebbe propio nulla se agissimo al contrario.

Secondo noi O' Sensei se ne strafotteva di dettare norme stringenti e puntava diritto ad ottenere per sé questo tipo di coscienza delle cose attraverso la disciplina che praticava.

FORSE potrebbe avere desiderato qualcosa di simile pure per chi lo avrebbe seguito... ovvero per noi tutti.

Le norme servono per diventare più liberi e quindi per non averne più bisogno.
Se ne fioriscono, più di quanto non se ne eliminino... siamo sicuri che stiamo dirigendoci dalla parte opposta della libertà






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