lunedì 12 ottobre 2015

"Aikido" un nome NON scelto dal suo Fondatore, lo sapevate?

Vi siete mai chiesti come mai Morihei Ueshiba decise di chiamare proprio "Aikido" la sua disciplina e da dove arrivi questo termine?

Fu O' Sensei a coniarlo?

Assolutamente no: semplicemente egli non ci ha mai pensato e NON fu lui a inventare questo appellativo per la sua Aiki-creatura!

Sentiamogli confessare dalla sua diretta voce questo fatto, in questo breve estratto di un'intervista radiofonica (dal min. 2:57 al min. 3:38)...




Riportiamo di seguitola traduzione delle parole di O' Sensei:

"L'Aikido è il più grande tesoro della nostra nazione, non è qualcosa alla quale semplicemente qualcuno attribuisce un nome...

Dopo che ebbi lasciato l'allenamento per un po', Mister Notaro Nakamura, del Ministero dell'Educazione suggerì che avremmo potuto chiamarlo "Aikido"... e noi avemmo una discussione su questo tema...

... quindi decidemmo di chiamarlo "Aikido": pensai che potesse andare bene ed ho acconsentito a chiamare (questa pratica) "Aikido". Questo avvenne dopo la (Seconda) Guerra (Mondiale) e il nome fu fissato".

Notaro Nakamura: un personaggio perfettamente sconosciuto ai più, dal quale però abbiamo ricevuto il nome che utilizziamo ogni qualvolta nominiamo la nostra disciplina! 

Come avete quindi letto, "Aikido" è un termine che si è iniziato ad utilizzare dopo la Seconda Guerra Mondiale, non per diretta intenzione del Fondatore: il suo è stato più che altro un assenso a che la cosa avvenisse, forse perché non era molto interessato a dare un nome a ciò che faceva.

Era interessato a farlo e basta: questa è almeno l'impressione che ci siamo fatti leggendo molti suoi scritti ed intervistando numerose persone che hanno avuto la fortuna di vivergli accanto per periodi più o meno lunghi.

Un uomo distante dalle regole e dal conformismo, in un Giappone esasperato dalle norme e dalle esigenze di inquadramento sociale: se andate a Tokyo ora vedrete uscire dagli uffici una fiumana di impiegati vestiti tutti uguali per l'ora di pranzo... il gessato è la loro uniforme liberamente obbligata!


Un uomo a colori in un mondo grigio...

Cosa c'è di così particolare nel nome "Aikido"?

Cosa c'è di così evocativo?

NULLA: sono 3 kanji che possono avere diversi significati e che spesso sono difficili da rendere nella nostra lingua.

[合い] "Ai" deriva dal sostantivo omonimo che significa "armonia", come "insieme" o ancora una situazione che rivela una sorta di connubio ben riuscito. Il verbo [合わせる] "awaseru" infatti significa proprio "armonizzarsi" ed è costituito dal nostro kanji iniziale di Aikido;

[氣] "Ki" che ora viene rappresentato in modo più moderno con un kanji semplificato [気] è un termine sul quale sono stati scritti trattati dal tempo delle grandi dinastie cinesi... - nelle quali era letto "chi" o "qi"- : ha un significato così sottile che spesso viene tradotto con molti termini differenti fra loro: "spirito", "mente", "cuore","energia vitale"... ma approfondire ulteriormente in questa sede non è consono al tema di oggi;

[道] "Michi" (che si legge "do" quando sta insieme ad altri kanji) significa "cammino", "via", "strada", "percorso".

"Aikido" quindi significa...

-> "la via dell'armonizzazione dell'energia"?

-> "l'armonizzazione della via dello spirito"?

-> "il percorso dell'unione della mente"?

Scopritevelo da soli: quello che è evidente è che si tratta di una frase da interpretare, piuttosto che un vero nome... e secondo noi è stata proprio questa la sua fortuna.

Più si descrive dettagliatamente un oggetto, una pratica, una persona... più si incontreranno esperienze dalle quali questa informazione è pronta ad essere recepita, ma anche idealizzata, incompresa, fraintesa, manipolata... e questo crediamo che il nostro Aiki-nonnetto lo sapesse bene!

Già durante la vita di O' Sensei furono numerosi i suoi allievi che modificarono il termine con il quale si riferivano alla pratica o ne affiancarono di nuovi: può essere stato puro rispetto per il loro Maestro, o una possibilità di sottolineare la propria peculiare visione della disciplina...

... nacquero cosi lo Yoseikan Aikido, lo Yoshinkan Aikido, il Tomiki Aikido, il Ki Aikido, l'Iwama Ryu, l'Aikikai Aikido, il Ki no Michi... e più recentemente il Kobayashi Ryu, il Tendo Ryu, il Dentoo Iwama Ryu e numerosi altri "brand" pronti a sottolineare una particolare caratteristica della pratica: questa operazione ci è apparsa simile all'iper-specializzazione dell'industria moderna.

Quante imprese ruotano dietro la costruzione di un automobile?
C'è chi fa la carrozzeria, chi si occupa delle sospensioni... dell'impianto elettrico, frenante, stereo e dell'aria condizionata, c'è chi produce la componentistica per il motore e chi dell'arredo degli interni...

Nessuna ditta da sola è in grado di costruire l'auto, ma l'interazione con le altre lo consente.

Specializzazioni, diverse vedute ed opinioni su qualcosa che è stato interpretato in modo differente: l'Aikido nel nostro caso.

Pensate un po' se il Fondatore avesse ritenuto opportuno essere più preciso nelle sue nomenclature dove saremmo finiti?!

Ci è venuta in mente una vecchia barzelletta a riguardo: ci sono due parrucchieri che hanno la bottega nella stessa via.

Il primo - deciso a sbaragliare il suo concorrente - espone un cartello con su scritto "Il parrucchiere migliore del quartiere";

Il secondo - sentendosi minacciato dal cartello del primo - espose a sua volta un suo cartello con su scritto "Il parrucchiere migliore della città";

Il primo - sentendosi scalzato - modificò il suo cartello in "Il parrucchiere migliore del continente"

Il secondo non poteva quindi esimersi dal tornare all'attacco: "Il parrucchiere migliore del pianeta"!

Fu a quel punto, solo a quel punto... che il primo scaltro parrucchiere modificò nuovamente il suo cartello con la dicitura "Il parrucchiere più intelligente e modesto della via": nessuno avrebbe avuto dubbi della veridicità della cosa... leggendo l'altro cartello!

In Aikido non è andata - e non va - troppo diversamente: a forza di brandizzare e ri-brandizzare la pratica stiamo forse rischiando di perdere l'essenza del suo messaggio...

... e la sola esigenza di definire univocamente qualcosa fa trasparire da un lato una sana volontà di indagine, ma dall'altro l'inequivocabile prova che siamo lontani dal comprenderla (prenderla-con)... unita ad una certa ansia legata alla frustrazione che si prova in questa indefinizione.

Il vecchietto giappo forse intendeva dirci qualcosa di importante non affermando nulla di categorico, a partire proprio dal nome della disciplina che aveva coniato.

Abbiamo così bisogno di etichette da mettere su qualsiasi cosa? Ci spaventa così tanto l'indefinizione ed il vuoto?

Se si, chiediamoci perche e diamoci pure una risposta da soli, alla Marzullo!

Un'operazione intelligente è sicuramente quella di definire così a fondo ciò che facciamo, da farci apprezzare le più impercettibili sfumature della nostra pratica...

... e - di certo - un'altra pratica degna di nota è quella di ricordarci che queste "sfumature" appartengono ad UNO STESSO spettro cromatico.



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