lunedì 4 novembre 2019

Kōhai qui, ma senpai li: l'ingiudicabile valore dell'esperienza

Ritorniamo su un argomento già comparso su queste pagine, ovvero quello della tradizionale distinzione dei praticanti in:

- [先輩] senpai, letteralmente "primo compagno";
- [後輩] kōhai, letteralmente "ultimo compagno".

Wikipedia afferma che il termine senpai si riferisce a colui che risulta esser più esperto in un certo ambito, che può esser il membro che sta più in alto nella scala gerarchica, per livello di responsabilità ed età: egli offre assistenza, amicizia e consulenza al “novellino” privo ancora del tutto d'esperienza.

Il kōhai deve di conseguenza dimostrar gratitudine, rispetto e, a volte (in certi ambiti) lealtà e fedeltà personale assoluta... al limite dell'idolatria (purtroppo!).


Il senpai agirebbe simultaneamente come amico e tutore, insegnando al neofita quello che più ha necessità di sapere (riguardante i suoi compiti e doveri specifici ad esempio, all'interno della situazione in cui si viene a trovare), ma anche del comportamento più adeguato e corretto da tenere nelle varie situazioni: è un'autentica forma di disciplina sia esteriore che interiore.

Questa relazione è del tutto simile ai rapporti esistenti nella cultura occidentale tra un “custode” (mentore, tutore) ed il suo assistito, ma con la differenza che l'abbinamento senpai-kōhai necessariamente deve operare all'interno di una stessa organizzazione.

Il legame si istituisce e viene determinato dalla data d'entrata in quello specifico gruppo sociale.

Di solito è abbastanza così... solo che Wikipedia ha anche qualche limite!

I giapponesi non brillano per spirito critico, né per animo innovativo: la tradizione dice questo, la maggioranza è uniformata alle sue regole... dalla scuola, al lavoro, al Dojo e quindi chi sta al confine o fuori da questi schemi viene mal giudicato dai conterranei.

Noi pratichiamo una disciplina giapponese, quindi ovvio che questa influenza socio-culturale sia conosciuta e sentita anche alle nostre latitudini!

Però cerchiamo di andare un pelino oltre la forma, per rosicare anche qualche grammo di sostanza...

Ciò che questo sistema onora è il valore intrinseco dell'ESPERIENZA e di chi ha avuto il coraggio e la stoffa di farla sulla propria pelle, che diventa quindi una saggia guida di chi deve ancora passare per un'esperienza simile.

Ci si affida a chi l'esperienza "l'ha già fatta", perché questi dovrebbe parlare ed agire con un senso di coerenza e responsabilità più elevato di chi può al momento solo teorizzare cosa significhi fare un certo percorso.

E questa è la teoria, poi però c'è la vita... e li le cose sono spesso molto differenti dalla teoria!

Il fatto di avere fatto più esperienza di un'altra persona in un campo specifico NON significa automaticamente di avere DIGERITO e reso UTILE il proprio vissuto, tanto da poterne fare usufruire anche al prossimo.

Se sei un idiota, PIENO DI ESPERIENZA... risulterai un ottimo esempio idiota, perché tu stesso infici la bontà di ciò che hai vissuto e del quale non sei riuscito a fartene qualcosa di utile!

E accade ovviamente anche il contrario: magari hai meno esperienza in generale di un'altra persona... ma sei riuscito a farne più tesoro di quel poco che hai vissuto rispetto ad essa; a questo punto chi risulta il senpai di chi?

Non è possibile SOLO guardare la data d'entrata in uno specifico gruppo: ciò sarebbe sufficiente se avessimo tutti la medesima attitudine all'apprendimento ed alla cura del nostro prossimo... cosa che è ovviamente una bestialità da affermare!

Facciamo un esempio pratico: siamo un Aikidoka, 2º dan... che pratica da 15 anni...

Andiamo a fare uno stage di Aikido con un Maestro sconosciuto, perché ciò ci incuriosisce, che ha una didattica sconosciuta e ci mettiamo a praticare con un SUO allievo, 2º kyu, che invece pratica da 4 anni.

Abbiamo quasi 4 volte l'esperienza di quel neofita... ma se egli è un allievo dell'Insegnante sconosciuto, facile che conoscerà MOOOLTO meglio di noi la sua didattica, perché la pratica 2 o 3 volte alla settimana da 4 anni sotto la sua diretta supervisione.

Forse potremmo trovarci in difficoltà a ripetere esattamente gli esercizi ed i movimenti proposti, ma potrebbe questo autorizzarci a non provare a farlo?

Crediamo di no...

Potrebbe questo autorizzarci a bullizzare il suo allievo, formalmente nostro kōhai (noi siamo cinture nere e lui no, noi pratichiamo da 15 anni e lui no, e bla, bla bla) e catechizzarlo al NOSTRO modo abituale di fare le cose?

Noi siamo entrati a far parte del gruppo degli Aikidoka PRIMA di lui: siamo di diritto suoi superiori e mentori!!!

Ma manco per niente: non siamo nulla di tutto ciò, anzi... in quell'esercizio abbiamo dinnanzi un kōhai che potrebbe farci degnamente da senpai, in quella specifica circostanza... perché in quel contesto NE SA più di noi, semplicemente!

Perché di gente che invece impedisce al povero cristo cintura bianca di lavorare con i propri pippozzi sulla sua presunta superiorità tecnica è pieno il tatami di tutto il mondo...

É già accaduto anche a voi di vivere situazioni simili, vero?

In questi caso che fine ha fatto il rapporto senpai - kōhai suggerito dalla tradizione?

É ancora li, c'è... ma è da applicare in modo molto più profondo che guardare una data di inizio pratica su un Aikidocard.

Sulla stessa onda di ciò, potete valutare voi stessi quanti siano attualmente i cosiddetti "senpai" della nostra disciplina che disonorano il movimento Aikidoistico stesso con la propria presenza e con il loro ridicolo modo superiore di porsi nei confronti del mondo.

Un senpai che non ha parole di incoraggiamento, ma solo di critica e svalutazione verso coloro che giudica inferiori a sé NON è un vero senpai, per esempio.

Può praticare da prima ancora che nascesse O' Sensei, ma in giapponese antico questo atteggiamento si definisce "da coglione"... non da senpai.

Un senpai che NON agevoli la strada ai propri kōhai, nuovamente, non è un senpai... perché non sta mettendo a frutto la propria esperienza, ma la sta tenendo per sé, per primeggiare forse sul prossimo... esibendo narcisismo, insicurezza e bisogno di apparire... ovvero nulla che si può attribuire ad un vero "esperto"!

Un senpai che non da l'ESEMPIO con il suo comportamento non è un senpai, per esempio...

E poi ricordiamo che noi non viviamo sul tatami e c'è stato tanto tempo in cui ciascuno di noi ha vissuto prima magari di incontrarci su uno di essi.

Va quindi a finire che al Dojo c'è un senpai ventenne (perché ha incominciato a fare Aikido quando aveva 5 anni) che cerca di insegnante a vivere ad un nuovo allievo cinquantenne, che in Aikido è kōhai un tot... ma ha vissuto più del doppio, accumulando un'esperienza che chi fa già bene ikkyo potrebbe collezionare in altri 30 anni.

Quindi il senpai che deve ripetere 2 volte in più una cosa a questo kōhai... lo faccia con rispetto perché ha davanti una persona che sicuramente ha praticato meno su un tatami, ma che se va bene ha già risolto molti più problemi REALI di quanti il nostro senpai sbarbato non immagini nemmeno l'esistenza.

Ha praticato di più nel Dojo che chiamiamo VITA!

Un cinquantenne può essere cioè kōhai, in Aikido, ma senpai nelle relazioni, nelle responsabilità quotidiane, nel lavoro, nella famiglia, etc.

E tutta questa ESPERIENZA non conta?
Non ce ne facciamo nulla SOLO perché non risulta dalla data della sua scheda di iscrizione?

Ovvio che non sia questo il senso profondo insito nella saggezza della tradizione senpai-kōhai.

Stiamo quindi attenti, perché i praticanti prima di dividersi nelle categorie senpai-kōhai sono PERSONE, che portano con sé il proprio vissuto... cosa che fa diventare abbastanza complicato decretare UNA VOLTA PER TUTTE chi sia il senpai dell'altro e se lo possa veramente essere in tutti i campi dell'esistenza.

Ci risulta più corretto e completo dire che siamo tutti in cammino insieme e che ciò che una persona ha da dare (perché ha più esperienza in quel campo) è corretto che venga messa a disposizione degli altri... che faranno altrettanto... completandoci e supportandoci quindi a vicenda.

A decretare chi è che deve avere l'ultima parola su qualcosa è la vita o un somaro sbruffone, più che un binomio giapponese.

Crediamo infatti esista più di uno shihan Aikikai (il termine "shihan" significa "persona da imitare") che non sarebbero degni di slegarci nemmeno il laccio dei sandali, mentre che ci siano in giro un sacco di shihan che non hanno mai praticato Aikido in vita loro.





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