lunedì 14 ottobre 2019

Comfort Zone: un luogo inadatto agli Aikidoka

Si definisce "comfort zone" (zona di comfort) quell'ambito nel quale ogni aspetto è noto, sotto controllo o prevedibile... nel quale siamo a nostro agio poiché non può accaderci nulla di imprevisto.

La comfort zone ce l'abbiamo con i movimenti del corpo, con le relazioni interpersonali, con le emozioni ed in ogni ambito dell'esperienza umana.

La nostra comfort zone può ampliarsi man mano che acquisiamo esperienza in un ambito... e l'Aikido è un contesto che non fa eccezione a ciò.

Quindi più ci alleniamo e più diventiamo "bravi" in un movimento, una tecnica, un atteggiamento: da qualcosa di ignoto, diventa - pian piano - familiare... e dopo un po' anche automatico.

Stiamo imparando... Stiamo imparando?

Mentre facciamo la fatica di confrontarci con qualcosa di ignoto e lo facciamo entrare nella nostra zona di comfort, in effetti stiamo imparando!

Solo che una volta che esso è parte integrante della nostra comfort zone... ciò che facciamo ha ormai poco - se non più NULLA - da darci.

Potremo ulteriormente migliorare l'aspetto esteriore del nostro movimento?

CERTO... in eterno!

Raffiniamo il gesto tecnico perché ciò rappresenta il nostro QUID di miglioramento, o per fare di tutto per restare e ribadire ciò che è diventata la nostra area di comfort?

Rispondere con sincerità a questa domanda non è per nulla banale, specie se si è un Insegnante di Aikido.

OVVIO che un Insegnante avrà più dimestichezza con le tecniche ed i loro movimenti rispetto ad un neofita, poiché vi è più esperienza personale diretta di ciò che si fa.

OVVIO anche che un Docente debba ripetere ciò che sa perché si trova di fronte a persone che non sanno ancora quelle cose e che dovranno cimentarsi con i movimenti per farli pian piano entrare - a loro volta - nella zona di comfort.

Ma LUI/LEI come continua a crescere?

Nella maggior parte dei casi... semplicemente non lo fa: utilizza il suo tempo per RIBADIRE il suo noto, e la sua area di comfort smette di crescere in dimensioni... poiché smette di provare la sensazione di un neofita di avventurarsi in un luogo sconosciuto.

Nel MIGLIORE dei casi, dopo un po' di tempo, si rompe le scatole di fare sempre le stesse cose e smette di insegnare: diciamo nel migliore dei casi, perché un Insegnante così non solo non serve a niente... ma è in grado di fare molto danno!

Nel PEGGIORE dei casi, continua imperterrito per sempre a ribadire cosa già sa, accontentandosi di migliorie piccolissime della solita sua minestra, ed inizia a convincere anche gli altri di dover fare altrettanto non appena giungono ad una qualche consapevolezza di qualcosa.

Ne segue che c'è gente che insegna che continua a mettere in discussione i confini della propria area di comfort, continuando a tuffarsi in esplorazioni inedite di ciò che fa... e gente che utilizza tutte le proprie energie per DIFENDERE la propria comfort zone, ignara di costruirsi così una propria gabbia - magari pure dorata - nella quale rifugiarsi ed essere schiavo per la restante parte delle proprie attività.

La capacità di vivere il CAMBIAMENTO è fondamentale... soprattutto per chi dovrebbe saper insegnare agli altri COME migliorare (leggi "come cambiare in meglio").


Questo discorso è valido in generale, è un principio, applicabilissimo quindi pure in Aikido.

Gli Shihan di solito ci insegnano ciò che è servito loro per diventare ciò che sono... e non COME saranno (eventualmente!!!) capaci a muoversi dal luogo in cui sono giunti.

Una sorta di museo dell'Aikido cioè... tipo la luce che ci proviene dalle stelle: una testimonianza di come esse erano quando i fotoni sono partiti da là, non di come sono ADESSO!

In Aikido si è sviluppato molto l'aspetto tecnico, perché quello può essere appreso tramite la ripetizione (più o meno consapevole) di un movimento e di un gesto specifico: NON si è al momento dato altrettanto valore all'apprendere COME apprendere... ed a verificare se stiamo continuando a farlo, o se ci siamo arenati in una area di comfort che diventa sempre meno seducente da lasciare andare.

Quindi è possibile vedere Maestri (?!) che PEGGIORANO la qualità di ciò che sono in grado di trasmettere, magari per una sopravvenuta età anagrafica consistente... e perché non possono più contare su doti che si rifacevano SOLAMENTE al corpo che ora non posseggono più prestazionale come un tempo.

Maestri che diventano rigidi, nel corpo e nella mente... fanatici di un metodo che li ha confinati nella loro zona di comfort e che desiderano quindi analoga sorte per tutti gli allievi che li seguono.

Poi ci sono i Maestri che cambiano, quelli che da un decennio all'altro hanno modi di fare Aikido molto differenti... che ogni volta che li incontri hanno una nuova prospettiva per salire sul tatami a fare attività.

Gente che EVOLVE in continuazione, perché ha compreso che la stasi è l'unico vero anti-Aikido esistente.

Gente che SBAGLIA e non se ne vergogna, che prova, sperimenta... si fa ispirare e condurre con empatia ad esplorare quegli aspetti della disciplina che fino a dora non avevano ancora preso in considerazione, a livello personale.

Non si può insegnare ad un neofita a stare in un'area (quella fuori dalla propria zona di comfort) se non si è testimoni di saperlo fare altrettanto bene a livello personale.
I Docenti che scelgono per loro stessi questa avventura hanno i corsi pieni di allievi desiderosi di apprendere altrettanto bene come utilizzare questa situazione (talvolta stressante) a proprio vantaggio.

Poi ci sono i "musei"... che hanno un enorme valore, fanno cultura... ma spesso si vanno a visitare solo nel week end in cui sono aperti gratuitamente. Altri scelgono invece di farsi una passeggiata all'aria aperta, FUORI dalla propria zona di comfort.

Scegliamo cosa ci interessa di più e non lamentiamoci se ciò ci porterà l'eco del nostro successo con noi stessi o il piattume con il quale siamo soliti sbarcare le giornate.







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