Quest'oggi voglio parlarvi di un binomio piuttosto delicato, ovvero di cosa l'Aikido possa o non possa fare per chi soffre di disturbi mentali, siano essi lievi squilibri umorali, fino a giungere alla psichiatria conclamata.
Mi è successo numerose volte di avere, fra gli allievi, persone che soffrivano di questi tipi di disturbo: talvolta essi non facevano menzione degli stessi all'atto dell'iscrizione, altri invece lo dichiaravano e chiedevano se l'Aikido avrebbe potuto giovare nel loro percorso personale.
Ho quindi studiato il fenomeno sul campo (il tatami), facendo anche tesoro di quei quasi 9 anni di lavoro in un Servizio Sociale, nel quale erano presenti anche numerosi pazienti psichiatrici.
I risultati di questo studio sono tutt'oggi parziali e mi fanno comprendere quanto ci sarebbe ancora da indagare sull'argomento.
La psichiatria stessa è tutt'altro che una scienza esatta e la maggior parte dei medici e del personale sanitario che vi opera potrebbe testimoniare come ci abbiamo capito ancora ben poco sull'argomento!
La persona che soffre di disturbi psichiatrici presenta uno spettro di sintomi molto differenti ed è molto difficile caratterizzarlo in modo preciso ed univoco.
Posso però provare a caratterizzarlo per quanto riguarda la pratica dell'Aikido.
Queste persone hanno (praticamente nella totalità dei casi) una incapacità alla costanza, quindi vengono a lezione quando vogliono/possono, ma è molto difficile con loro costruire un percorso solido e stabile.
La maggioranza sono molto interessati agli aspetti più filosofici e spirituali della disciplina... al massimo considerano gli aspetti più relazionali, ma raramente si pongono alcuna mira di apprendere un qualcosa che sia legato alla marzilità o all'efficacia tecnica.
Sono molto spesso mossi dalla paura, anche da 1000 paure distinte, quindi magari in un primo tempo si avvicinano con la scusa/intento di voler aumentare la loro sensazione di sicurezza nei confronti del mondo... ma poi il motore più autentico delle loro scelte viene a galla: stanno cercando di conoscersi meglio e di stemperare gli eccessi ed i deficit che non consentono loro di vivere serenamente la quotidianità.
Ed in questo, di certo, non sono soli... poiché è così per il 99% di noi tutti: solo per loro questo handicap relazionale risulta particolarmente limitante e causa di sofferenze.
Una persona che soffre di disturbi mentali può avere una sindrome bipolare, ovvero può oscillare ciclicamente fra periodi di euforia e depressione, che si alternano più o meno rapidamente fra loro (con il ritmo di giorni, settimane, mesi... o addirittura anni).
Può essere una persona che soffre di allucinazioni visive, auditive, percettive... o di quello che viene definito "personalità multiple", ovvero di "voci nella testa" che creano ossessione e continua confusione ai pensieri.
Questo tipo di persone ha - di solito - veri e propri chiodi fissi per la religione, la new age, la magia, la parapsicologia ed il mondo dell'occulto in generale.
Si considerano dei "predestinati" nel senso che raccontano a loro stessi che la loro condizione è una sorta di "premio" che, se da un lato causa loro dei problemi piuttosto grossi, dall'altra viene bilanciato da capacità piuttosto fuori dalla norma.
É frequente che queste persone siano anche entrate in contatto con i disturbi legati alle dipendenze, quindi gioco, fumo (anche sostanze psicotrope) ed alcool, quasi alla ricerca di qualcosa che potesse attenuare il loro problema... aggiungendo - di fatto così - un ulteriore problema al problema già esistente.
Capite bene quindi che non sia così banale creare una rapportazione serena ed utile ad essi ed a tutti coloro che li frequentano, almeno sul tatami.
L'utente psichiatrico (utilizzo questo termine per comodità e non per creare alcun tipo di stigma nei suoi confronti, si badi bene!) tende a riempirti di domande, a voler parlare in continuazione ed a richiedere tempo anche al di fuori dell'orario delle lezioni regolari; sono quelli che ti scrivono su Facebook a qualsiasi ora del giorno o della notte, ti mandano 20 whatsapp con 3 parole per riga o ti tempestano di telefonate.
Per questa caratteristica tendenza, ho potuto constatare come ciò che fa loro meglio è NON addentrarsi in questo ginepraio, nel quale sono i primi a rimanere intrappolati: quindi pratica fisica, fisica, fisica... poco o nulla di teorico è già che si mostra più utile in questo casi!
Quando ti occupi di rapporti con le persone (docente-discente) e fra le persone (compagni di pratica) ogni caso è qualcosa a sé stante, poiché è unico: esistono però delle linee guida utili da ricordare.
- Chiunque deve rispetto nei confronti di se stesso: ciò fa venire a galla i problemi relazionali, in quanto chi soffre di particolari disturbi, fa fatica a volersi bene ed a rispettarsi in modo autentico. Gli eccessi - in ogni campo - ed andare fieri di essi sono un chiaro segno di problematica, più o meno nascosta.
- Chiunque deve rispetto al suo prossimo: di solito, chi è incapace di rispettarsi in modo profondo, tende a mancare di rispetto anche agli altri... e questo può manifestarsi in modi molto differenti fra loro. C'è chi fa continue richieste di attenzione, che suonano un po' per richieste di aiuto inconsapevoli, ma che ben presto sfociano in vere e proprie pretese nei confronti di chi questo aiuto era anche disposto in parte a fornirlo.
L'utente psichiatrico si mostra molto interessato ai confronti verbali, alle lunghe chiacchierate nelle quali possa esprimere in parte il proprio malessere e le proprie difficoltà. Esiste però un denominatore comune che fa comprendere come queste richieste continue non siano proficue per nessuno: quando diamo un consiglio - richiesto - a questi soggetti, loro li per li ringraziano... ma è veramente rarissimo che lo utilizzino fino in fondo per cambiare le cose in meglio.
Arriva una persona X, ti dice che ha questo e quel problema: tu gli rispondi che sarebbe bene che avesse più costanza negli impegni presi con se stessa... Lei conviene che la cosa le torna e quindi che si impegnerà di più... ma l'incostanza non sembra modificarsi per nulla.
Cosa è andato storto?!
NULLA, è solo che l'utente psichiatrico non sempre ha la determinazione e la forza di volontà necessaria per fare la differenza nei confronti di se stesso, nemmeno se razionalmente comprende che ciò potrebbe aiutarlo per davvero.
Come docente e responsabile dei corsi, mi sono spesso sentito frustrato e fra l'incudine ed il martello: c'è sofferenza conclamata, sembra che ci sia il desiderio di affrancarsene... ma poi questa cosa, per una ragione o per l'atra non avviene.
L'utente psichiatrico è anche tendenzialmente seriale, nel senso che tende a ripetere le stesse dinamiche nel tempo: quindi ci sarà un momento in cui sembra aver parzialmente risolto il suo problema e stare meglio (grazie ad una nuova cura, un nuovo psichiatra/psicoterapeuta, grazie all'Aikido ed alla buona energia che trova nel gruppo, dice lui/lei)... però poi tornerà nuovamente in crisi, buttando (almeno in apparenza) alle ortiche tutto il buon lavoro fatto insieme.
Non è che le cose vadano sempre male con questo genere di persone, ma è necessario avere chiara la possibilità del fallimento... e la conseguente frustrazione che ne segue, visto il grande ammontare di energie che richiede dare supporto alle loro problematiche.
Non mi è mai successo di incontrare persone che corrono il rischio di diventare violente all'improvviso, ma solo che cercano una via di uscita ad un malessere esistenziale... che non sempre è possibile compensare con uno psicofarmaco.
Hanno bisogno di accoglienza e di ascolto... ma non solo da parte del Sensei del corso di Aikido: spesso è necessario lavorare in rete con i professionisti che li seguono da anni, così come con i loro familiari e cerchia amicale.
Ciò significa appuntamenti su appuntamenti con educatori, psicologi, psichiatri... etc: per questo prima parlavo di grandi energie necessarie per dare supporto a queste problematiche.
É necessario però che "quelli che vengono a bussare" per un aiuto abbiano anche REALMENTE intenzione di cambiare le cose nelle loro vite.
Per quanto si dica, la psichiatria NON risulta una problematica per forza permanente, ma non lo è quando "il paziente" smette di avere tutta questa pazienza con la malattia ed è risoluto a volerle trovare un'alternativa soddisfacente ad essa.
La mia esperienza - fino ad ora - mi porta a fare questa considerazione: molte persone con problematiche psichiatriche hanno frequentato il mio gruppo e veramente una piccola frazione di esse sono riuscite ad agevolarsi di ciò per migliorare le loro condizioni ordinarie di vita. Questa considerazione è triste quanto autentica.
Ciò può essere segno che ho ancora molte cose da comprendere sull'argomento, quindi il mio impegno dovrà essere ancora più grande in futuro, se accetterò di provare a dare loro supporto con la disciplina che amo, pratico ed insegno.
Un ultimo appunto: nessuno è "pazzo", nel senso nel quale di solito ci riferiamo a questa parola: esistono comportamenti e dinamiche che non riusciamo ancora a spiegarci del tutto, perché siamo solo all'inizio della scoperta di chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando e perché siamo qui.
Ci va quindi RISPETTO anche per questo: prendersi un lungo respiro per accettare ciò che ancora oggi facciamo fatica a comprendere... e prometterci di fare il massimo per fare il nostro prossimo passo autentico verso noi stessi e verso chi ci circonda.
Marco Rubatto
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