lunedì 13 febbraio 2017

Il controllo di uke, e chi fa dell'Aikido un purè

Spesso leggiamo che uno degli aspetti caratteristici dell'Aikido è la possibilità di avere il completo controllo dell'avversario, senza che egli risulti ferito, né che possa reagire in alcun modo...

Avete sentito o detto anche voi spesso qualcosa di simile?

Quest'oggi riflettiamo su quanto possa essere vera ed al contempo fuorviante una simile affermazione.

Che cos'è nella vita di tutti i giorni "il controllo"?

Di solito è un'operazione che eseguiamo in seguito ad una mansione della quale vogliamo sapere l'esito: facciamo - ad esempio - un'operazione matematica (4 + 4 =8), quindi verifichiamo se il risultato è corretto oppure no.

L'operazione è già avvenuta, il controllo si fa dopo.

Perché si controlla l'operazione?
Forse perché non essendo computer esiste una possibilità di sbagliare... di non giungere al risultato giusto, quindi si controlla per poter eventualmente aggiustare il tiro, qualora al primo tentativo non fossimo riusciti a centrare il nostro obiettivo.

Questo è sufficiente per comprendere come "il controllo" sia un'operazione che giunge IN SEGUITO a qualcosa, e per ovviare alla possibilità di uno sbaglio: non è possibile controllare qualcosa mentre la si fa - contemporaneamente, intendiamo -, né avrebbe senso farlo di qualcosa che non potesse giungere che al risultato sperato.

Ha quindi senso parlare di "controllo di uke", del suo equilibrio in Aikido?

Marzialmente forse si, se lo intendiamo un qualcosa di disgiunto da noi: c'è un soggetto (tori) che controlla un altro soggetto, se non un oggetto (uke)... siamo come minimo in 2 quindi.

Perché devo controllare uke?

Forse perché lui fa la parte del cattivo, di quello che me le vuole dare di santa ragione (anche se poi siamo amiconi e ci tiriamo gli asciugamani sul sedere sotto la doccia!)... e quindi è tutto mio diritto non permetterglielo ed accertarmi che non lo possa fare nemmeno dopo che l'ho proiettato o che l'ho messo sotto qualche bloccaggio articolare.

Non vogliamo di certo romperlo (siamo amiconi!), però è importante per dare un senso marziale alla nostra azione fare una certa attenzione a che il nostro compagno non possa proprio fare ciò che vuole dopo che ci ha attaccato, giusto?

Forse si, non lo neghiamo... in molti la pensano così ed hanno tutto il diritto di continuare a farlo.

A noi sembra sempre più invece che questa sia una SCUSA per non far mergere il vero problema, o meglio, la vera paura... ossia quella di specchiarci nell'altro e diventare una cosa sola con lui.

Lo dobbiamo controllare perché lo TEMIAMO?

La mano destra del corpo controlla forse la mano sinistra?
La spalla sinistra controlla la rotula destra?

NO: sono tutte parti che fanno capo ad un'unico essere, quindi è questo essere complesso che nell'esistere coordina ed integra i movimenti delle parti che lo compongono... un controllo vicendevole sarebbe ridondante, poiché le varie e distinte parti non potrebbero fare altro che essere loro stesse.

Avete mai visto un orecchio controllare che un tallone non abbia improvvisa voglia di fare - per un attimo - il sopracciglio?

Una frase priva di senso, in quanto nessun tallone potrebbe mai fungere da sopracciglio... quindi nessuno avrebbe mai necessità di controllare che questo non avvenga... meno che mai poi l'orecchio che serve a sentire e non a controllare che le altre parti del corpo facciano il loro mestiere.

Allora se noi è il nostro "avversario" siamo uno, come spesso rimandava il Fondatore, per quale ragione ci dovremmo arrogare il diritto di controllarlo?

La risposta potrebbe essere: "Se pure lui si accorge che siamo UNO, non ci sarebbero in effetti motivi... ma metti che lui pensi ancora che siamo DUE e voglia farci un mazzo a tarallo?"

Ecco che sboccia il germe di un'insicurezza, di una paura...

Ma l'Aikido insegna l'insicurezza, insegna la paura? Non ci risulta.
Insegna piuttosto la determinazione, l'ingaggio, la sicurezza, la chiarezza e l'adattabilità.

Se possedessimo queste qualità, ci sarebbe ancora spazio per l'indecisione?
Forse no.

Non è che allora vogliamo controllare gli altri in proporzione di quanto non siamo ancora in grado di controllare noi stessi?!

Nelle forme di Bujutsu precedenti all'Aikido, l'avversario era qualcosa da annientare, distruggere, rendere inoffensivo nel modo più veloce e devastante: altro che specchio di noi stessi... lo rompevamo di brutto subito, piuttosto di specchiarcisi dentro!

Fatti suoi che se l'era venuta a cercare, vero?

Poi arriva nonno Morihei e dice che non bisogna fargli male, che "gli altri siamo noi" (tranquilli, lo dice anche Umberto Tozzi, non è l'unico quindi!), che dobbiamo abbattere le barriere fra noi ed il prossimo, perché siamo una famiglia.



Bella filosofia, ma poi noi cosa facciamo?
Cerchiamo di controllare uke perché non ci possa contrattaccare: voi avete mai avuto un cane?

Avete trascorso tutto il tempo a controllare che non vi mordesse, o ogni tanto vi siete anche goduti la sua compagnia in serenità?

Un cane può morderci, bisognerebbe stare attenti e non abbassare la guardia... o è semplicemente "uno di casa" di cui ci si può fidare?

Il nostro nemico è uno di casa o no?


Nel caso in cui non lo considerassimo tale, ciò sarebbe sinonimo delle molte barriere, etichette pregiudizi che ci dividono ancora ("lui è quello cattivo che attacca, noi siamo quelli bravi che si difendono"): ci sono addirittura shihan che girano il mondo dicendo che uke è "il male" che può trasformarsi in "bene" grazie all'amorevole contributo di tori... pensate un po' voi se non è scissa e duale sta cosa!?

Ma che bravo guaglione è sto Aikidoka medio, pare San Francesco!? Ma vi pare... c'è da farsi venire il diabete per la mielose manipolazione che può celarsi dietro a queste parole.

E chi te lo dice - fesso - che tu sei il "bene"?!
Tu credi esserlo sicuro, ma prova un po' a sentire anche cosa ne pensano gli altri... Certo che se ti credi dio... se sei un essere superiore, non avrai certo bisogno di entrare in RELAZIONE.

"Relazione" insomma è una parola che fa proprio paura, lo avete compreso?

Se noi SIAMO con il nostro partner, se ci sentiamo parte di un essere più grande, che coniuga al meglio ed integra entrambi... allora che esigenza abbiamo di controllare un altro pezzo di noi?

L'Aikido è forse l'are di imporre qualcosa a qualcuno?

È la disciplina grazie alla quale tori impone la sua visione pacifista ad uke, e lo sanziona se lui non è disposto a pensarla così?
Grande pacifista sto tori, e infinita pena per quel povero guerrafondaio di uke... che verrà convinto a suon di leve articolari che sta sbagliando la sua condotta!

Non pensiamo che l'Aikido sia questa roba qui: tori controlla uke se vogliamo parlare in modo duale... il che è possibile (perché il linguaggio è una forma di comunicazione duale), ma anche un pericoloso fraintendimento, se non ci si fa molta attenzione.

Noi vogliamo controllare forse meglio quella parte inconscia di noi stessi che si SPECCHIA nell'altro, non l'altro di per sé... preso come qualcosa di a sé state, separato da noi.

Vogliamo forse controllare quella capacità di "essere uno" con il problema... perché il problema siamo poi noi: se così fosse però è sufficiente percepire la cosa MENTRE avviene, e non perderci in attività inutili dopo che è avvenuta.

Il controllo è per chi ha bisogno di regole, di punti fermi, di strutture ed in Aikido le strutture ci sono solo per comprendere che in fondo non servono, che sono provvisorie...

La necessità di controllo è inversamente proporzionale alla consapevolezza: più ne abbiamo, più cessa la smania di controllare se ce l'abbiamo!

Quando stringete la mano a qualcuno in segno di saluto, di amicizia o di stima, poi vi chiedete o chiedete all'altro se lo avete fatto in modo efficace... o siete capaci di sentirlo da soli come è andato quel momento di contatto, di relazione?

Forse serve piuttosto PERDERE quel "controllo" in Aikido... perché questo apre le porte alla nostra percezione, senza se e senza ma... fa cogliere l'attimo, e non il suo risultato.

La libertà è un oggetto delicato e complicato da maneggiare, allora forse cerchiamo "il controllo" proporzionalmente a quanto non sappiamo stare in relazione con essa, con noi stessi, con gli altri.

Questi sono solo pensieri, ovviamente "fuori controllo"... ma non potevamo augurarci di meglio, dal nostro punto di vista. Se poi avessero fatto riflettere anche qualcuno di voi, ne saremmo profondamente felici.

Non abbiamo però bisogno di saperlo a sto giro...
... non c'è nulla che abbiamo bisogno di "controllare" !!! ^__^


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