Eccoci giunti ad un altro appuntamento con il delicato ed importante tema della spiritualità che permea la nostra disciplina.
Come nel 1º e nel 2º articolo che ha preceduto quello presente, rivolgiamo la nostra attenzione alle implicazioni sottili della pratica, consci che il linguaggio scritto diventa una limitazione non da poco alla comunicazione di certe sensazioni che possono essere più efficacemente indagate con l'esperienza personale diretta sul tatami.
Innanzi tutto, due parole in più sulla spiritualità tout-court: quando parliamo di ossa, di muscoli e tendini ci sembra di avere una realtà oggettiva comune alla quale riferirci... quando si parla di mente e psicologia, ancora esiste una certa "simil-scientificità" dell'argomento... mentre quando ci addentriamo negli abissi o nelle altezze della spiritualità sembra che ogni cosa sia vera come il suo opposto.
Non è così: sicuramente la spiritualità è un'esperienza soggettiva, e quindi SOLO come tale può essere esplorata a dovere... ma ugualmente iniziano ad emergere alcune qualità fondanti che essa pare avere in ogni sua espressione autentica.
La spiritualità sembra essere organizzata all'incirca come si opererebbe in un viaggio-vacanza, nel quale è fondamentale sapere DOVE si È e DOVE si vuole ANDARE (chiarezza interiore), il CORAGGIO di intraprendere il viaggio (forza di volontà), QUANDO si desidera partire ed arrivare (in base alle proprie risorse individuali)... ed è importante avere CONTATTI sicuri un volta giunti a destinazione (che possano supportarci in caso di imprevisto).
Senza questi elementi, sono pochi coloro che affronterebbero un lungo spostamento in terra straniera: questa è una delle ragioni principali del fatto che il viaggio spirituale inizi per molti di solito in seno ad un credo religioso istituzionalizzato di qualche tipo (una religione, un movimento filosofico, etc).
La religione, in qualche modo, offre una "guida", una prima mappa di un mondo sconosciuto ai nostri sensi ordinari.
La spiritualità tuttavia non coincide con una forma istituzionalizzata di credenze, né può in realtà esservi del tutto contenuta... esattamente come i principi dell'Aikido possono manifestarsi nelle tecniche che pratichiamo... ma godono di vita propria anche al di fuori di esse.
Le religioni più conosciute sono "le tecniche/forme" delle quali la spiritualità è il principio fondante: ne segue - proprio come in Aikido - che alcuni bravi tecnici del ramo potranno essere molto "religiosi", ma non saranno per forza necessariamente spirituali... così come alcune persone spirituali potranno non essere per forza religiose.
Noi siamo - purtroppo - abituati ad incontrare discreti tecnici in Aikido che sono completamente separati dai principi dell'arte che praticano: dovrebbe essere quindi abbastanza semplice comprendere il parallelo.
Come per l'Aikido - ne segue perciò che la religione (la tecnica) può essere un importante punto di passaggio e/o espressione della spiritualità (il principio), ma se ci si ferma esclusivamente a questo livello di indagine è facile iniziare a chiederci: qual'è la religione più autentica delle altre?... quella in grado di guidarci alla "vera" dimensione spirituale?
Guerre di secoli sono state fatte per via di questo modo parziale di pensare, dove l'esigenza freudiana di dimostrare che il proprio dio era (o, purtroppo è) "più lungo e grosso di quello di un altro" divenne (purtroppo talvolta ancora è) più importante di una ricerca interiore autentica.
La stessa cosa avviene nel mondo delle arti marziali: qual è quella più efficace?!
Un modo di pensare comune, ma alla lunga non produttivo più di tanto...
Come fare quindi ad approcciare la spiritualità in modo religiosamente compatibile, ma non esclusivo?
Come fare ad essere ecumenicamente aperti alle ideologie personali di chiunque e contemporaneamente poter avvalorare il proprio percorso di crescita e sviluppo interiore?
Non è poi così complesso... e per questo scegliamo in queste pagine un approccio più "laico" possibile, in modo tale che non si sentano urtare le proprie convinzioni più profonde e le nostre riflessioni possano essere integrabili a latere di un eventuale credo religioso specifico.
Molti dicono che la spiritualità non si può comprendere o descrivere perché è una sorta di mistero, di "ombra" che giace al di là di ciò che è fisicamente esperibile: non siamo del tutto d'accordo... e ci risulta esattamente il contrario.
La realtà esperibile con i sensi risulta essere una sorta di mistero, di "ombra" della parte spirituale dell'esistenza!
Ma la realtà è solida, concreta, misurabile... Ah si, ma quando!?
La scienza non sa ancora nulla sulla massa (particelle subatomiche), sulla luce (i fotoni)... quindi un muro ci appare solido, ma non esiste alcuna evidenza scientifica che spieghi come mai esso risulti comportarsi come se lo fosse sul serio...
La maggior parte dello spazio è composto da "vuoto"... fra un atomo e l'altro, è matematicamente dimostrato come il tempo quantistico sia CIRCOLARE e non lineare come ci appare nel quotidiano...
Quindi... la freccia del tempo non va da una parte sola?
NO... proprio così...
L'universo va espandendosi e raffreddandosi, ma il 2º Principio della Termodinamica rimanda che l'entropia (n.d.r. "il grado di disordine") dell'universo non può che aumentare: queste due affermazioni sono in palese contraddizione fra loro (se l'universo si raffredda, aumenta l'ordine, non il disordine)... e gli scienziati del mondo accademico ufficiale semplicemente NON sanno come aggiustare i cocci di un universo che sembra tutt'altro che oggettivo!
Ammalarsi, partendo da una situazione di salute è un processo localmente sintropico o niroentropico (cioè ad entropia negativa)... così come lo è la riorganizzazione cellulare di un albero abbattuto in una foresta... che diventa nuovo humus per la vegetazione futura che crescerà (nel punto "A" c'è un certo quantitativo di disordine - OK -, nel punto "B" il disordine aumenta - OK -, nel punto "C" c'è meno disordine che in "B", e questo NON è spiegabile): questi fenomeni NON sono attualmente spiegabili, ma sono innegabili, poiché sotto gli occhi di tutti!
Per queste ed altre ragioni preferiamo d'ora in avanti chiamare la realtà esperita dai sensi come "virtuale"... che non vuol dire "inesistente/fittizia" (come saremmo erroneamente portati a pensare), ma MODIFICABILE: è importante questo passaggio poiché noi siamo in grado di misurare SOLO ciò che cambia...
... misuriamo lo spazio dalla sua variazione, misuriamo tempo dalla variazione dello spazio (le lancette dell'orologio, il tempo è quindi una grandezza collegata allo spazio), misuriamo l'entropia per differenza del grado di disordine iniziale e finale di un sistema chiuso.
Ci sono un saco di considerazioni cosiddette "scientifiche" che diventano solo pseudo-scientifiche, se osservati con una prospettiva curiosa ed irriverente: dal "metodo scientifico" di Galileo in poi (ma pure prima di esso) i conti non tornano più di tanto (Karl Popper docet), anche se ci piacerebbe credere il contrario, in un'epoca che definiamo "di progresso".
Sono più le cose che non sappiamo sulla realtà ultima delle cose di quelle che abbiamo compreso, quindi esistono scienziati intenti a cercare oggetti teorici tipo il "Bosone di Higgs" non tanto perché essi debbano esistere per forza, quanto perché farebbero tornare molti conti... che al momento non tornano per niente.
Cosa c'entra in tutto ciò lo spirito?
Riteniamo che esso sia questo l'argomento più ostico da trattare, ma solo perché non abbiamo chiaro quanto sia altrettanto SOGGETTIVA la realtà ordinaria, che invece crediamo così ben chiara ed "esemplificabile"!
La dimensione interiore, quella dello spirito invece, verra da ora definita realtà "REALE"... che si contrappone a quella "virtuale" o impermanente poiché immodificabile, un paradigma che non può essere facilmente descritto giacché non varia.
Anche la matematica non riesce più di tanto a descrivere ciò che non varia, poiché non esistono punti di riferimento ai quali aggrapparsi per caratterizzare un simile fenomeno.
La spiritualità potrebbe essere definita come quello spazio senza spazio e quel tempo senza tempo, del quale tutte le tradizioni spirituali del passato ci parlano in chiave archetipica, simbolica o allegorica... ma che pure le scienze di frontiera iniziano ad identificare con una certa sicurezza a modo loro, con il termine "parametro nascosto".
Teorie delle stringhe, del multiverso, della realtà orografica: tutti modi nuovi di rinominare "quella cosa li"... quella alla quale ci si avvicina senza mai essere apparentemente capaci di contatto.
In verità, ancora una volta cerchiamo di modificare la mappa del territorio: noi proveniamo da quella "dimensione", quindi il riuscire a raggiungerla è funzione della nostra capacità di rispecchiarci in essa e di considerarla "casa".
La società in cui viviamo ci suggerisce che questa capacità non è poi così fondamentale, quindi non è un dramma perderla del tutto e forse solo i bambini oggi comprendono a livello istintivo ciò di cui parliamo: lo spirito potrebbe essere l'inizio e la fine del viaggio... del quale noi ora siamo impegnati in una tappa specifica (la realtà dei sensi), così avvolgente, densa ed interessante... da farci smarrire il senso più ampio del nostro cammino.
Non siamo tuttavia obbligati ad essere stolti o superficiali ed i grandi del passato sono riusciti - in ogni epoca - a ristabilire una connessione significativa fra l'esperienza terrena, importante e passeggera, con le nostre origini più profonde ed il significato del viaggio che ci porta a questa esperienza transitoria.
Siamo portati a credere che Morihei Ueshiba fosse molto probabilmente ad honorem in questa cerchia di persone!
Per questa ragione la spiritualità potrebbe essere indissolubilmente legata alla parola "consapevolezza": un robot di una catena di montaggio compie forse meglio e più velocemente il lavoro di 10 braccia umane, ma la differenza è che rispetto agli operai in carne ed ossa, egli non ne ha COSCIENZA.
La spiritualità è collegata in modo forte alla consapevolezza che ciascuno ha delle esperienze che compie: per questa ragione è così difficile da inquadrare in modo univoco (nessuno di noi è uguale ad un altro e quindi leggiamo le nostre esperienze in modi differenti)... e altrettanto per questa ragione è facile comprendere a livello intuitivo cosa intendiamo (tutti facciamo esperienze simili, per quanto non esattamente uguali).
Per quale ragione questo argomento sarebbe intimamente connesso alla pratica dell'Aikido?
Mentre pratichiamo muoviamo la nostra consapevolezza e diveniamo coscienti di parti di noi che non sapevamo neppure di possedere... di ESSERE: non ci riferiamo solo a quel muscoletto che ci fa tanto male dopo una serata a fare suburi di ken...
... oppure ad esso, così come al nostro centro, il nostro equilibrio... la connessione mente-corpo (che per l'esattezza potremmo chiamare "spirito-mente-corpo"), etc.
Argomenti e qualità importanti dell'essere che per molte persone saranno tabù per l'intera esistenza... e questo solo perché non utilizzano una disciplina psico fisica (in realtà spiritual-psico-fisica) per esplorarSI!!!
L'Aikido NON è forse particolarmente spirituale: siamo noi ad esserlo e quindi a "condire" con le caratteristiche della spiritualità ciò che animiamo: la spiritualità diventa visibile quando noi ci specchiamo in essa... poiché noi siamo sia spirituali, che visibili!
Si potrebbe forse studiare l'interazione fra spirito, mente e corpo pure giocando a bocce, prendendo il tram o cucinando un uovo al tegamino: l'Aikido ha la caratteristica di studiare queste connessioni in concomitanza di un conflitto... pacificato il quale non ci saremo solo riconciliati con il nostro avversario, ma innanzi tutto con noi stessi.
Saremo tornati "a casa", all'origine che precede la divisione fra "buono" e "cattivo", fra "io" e "gli altri", fra "dentro" e "fuori"... quindi anche fra "spirito" e "materia"!
Durante questo stupendo viaggio, sempre più spesso potremmo renderci conto che "dio" altro non sarebbe se non "l'universo introverso"... così come descrivere l'universo potrebbe equivalere ad una sorta di descrizione di un "dio estroverso"...
Ma è un viaggio personale, è qualcosa che bisogna FARE, non credere sulla base dell'esperienza o dei rimandi altrui: l'Aikido ci permette di SPERIMENTARE la spiritualità, di "toccarla" - e scusate l'apparente paradosso di un'immagine simile -...
Il Fondatore, forse per caso o forse per intuizione geniale, se n'era di certo accorto.... e ci ha lasciato un sacco di spunti di indagine sul suo lavoro pionieristico in materia.
Non crediamo infatti che egli ci abbia lasciato l'Aikido come "prodotto finito", ma piuttosto come un viaggio da intraprendere a nostra volta e anche da proseguire persino oltre a dove lui lo terminò.
Il Maestro ci indica la via... ma spetta poi a ciascuno di noi percorrerla, auto-imparare l'Aikido con la nostra esperienza: esperienza e coscienza, due modi diversi di dire chi siamo... due modi analoghi di dire spiritualità!
Fare ikkyo è quindi certamente importante, così come però potrebbe esserlo comprendere con quale oggetto misterioso stiamo giocando: noi stessi, spiriti piuttosto materiali... noi, che siamo costituiti da materia spirituale!
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