
Questa domanda un tempo ci sarebbe sembrata molto più sensata di ora, quindi abbiamo deciso di condividere con voi alcune riflessioni in merito.
Quando un neofita si iscrive ad un corso di Aikido, vede nell'istruttore la sua indispensabile guida per muovere i primi passi nella disciplina: come ci si lega la cintura, come si sta in piedi, come si cade...

Questo è un periodo magico, poiché il praticante "sa di non sapere", quindi si considera la famosa "tazza vuota" della tradizione orientale, pronta ad essere riempita dagli insegnamenti del suo Maestro.
Quanto dura questa fase?
5 o 6 anni? 10 anni? 20 anni? Una vita intera?
Supponendo una pratica ininterrotta ed un buon Insegnante alle spalle, chiunque potrebbe essere messo nelle condizioni di sviluppare una propria autonomia Aikidoistica (almeno quella tecnico-didattica, se non proprio anche filosofica) secondo noi in 6 - 10 anni.
Nessuna persona è uguale ad un'altra, quindi ogni indicazione risulta solo una stima media, sulla base dell'esperienza.

Con il passare del tempo si hanno sempre più chiaro (almeno si dovrebbe!) le dinamiche di tutto l'Aikido che passa anche fuori dal proprio tatami, sarà stato sufficiente frequentare seminar e raduni, sia organizzati da correnti similari al "proprio "Aikido", sia luoghi legati ad altre metodologie e prospettive di questa disciplina.
Diciamo che più giriamo, più frequentiamo, più siamo consapevoli di quanto la nostra scelta iniziale sia adatta o meno a noi.
Diffidiamo del tutto di chi - dopo 10 anni di pratica - afferma di avere trovato il Maestro più bravo del mondo, ma non si sia mai azzardato ad averne frequentati altri!

C'è l'Aikido più marziale, quello più relazionale, quello più filosofico, quello più sudereccio: c'è spazio per tutti i gusti, quindi accertiamoci di non stare in un Dojo solo perché un decennio prima era quello più vicino a casa nostra!

Questo è anche il momento in cui alcuni allievi abbandonano il proprio Dojo natio, poiché il loro "Aiki-tom tom" li porta altrove.
BENE: c'è della ricerca personale dietro ad un'operazione simile, quindi se crediamo che l'Aikido debba essere un'esperienza innanzitutto soggettiva... non potremo che gioire di questo!
Passiamo alla "terza fase" dell'apprendimento: sono passati 20, 25, 30 anni da quando abbiamo iniziato a fare Aikido...

BENE: a questo punto "Tu, quale Maestro segui?"...???
La domanda ora appare molto diversa da quanto non lo fosse quando eravamo alle prime armi: ci sarà sicuramente un Maestro che si è meritato la nostra profonda ammirazione, la nostra stima per la sua didattica particolarmente corrispondente ai nostri stereotipi... per affinità di tipo personale... per il tipo di ispirazione che riesce ad offrirci ogni volta che lo RI-incontriamo, ma siamo sicuri che il nostro Aikido ci chieda di SEGUIRE ancora qualcuno?
A noi il dubbio è venuto!

Ci piacerebbe un Maestro che si premura di farci trovare e percorrere la NOSTRA strada, non di scimmiottare la sua.
(fortuna che ne abbiamo uno così!)
Ogni Maestro chiede qualcosa in cambio dei suoi insegnamenti ai propri allievi: c'è chi chiede soldi, chi chiede di muoversi in un certo modo sul tatami, chi chiede di pensarla come lui, c'è chi chiede di avere visibilità e potere (o un po' tutte queste cose insieme, con diverse sfumature di importanza).

Cosa ha creato, un Aiki-dipendente?
Il Maestro è insuperabile nella sua bravura o fa si che nessuno lo superi, così da creare una schiera di zombie continuamente bisognosi dei suoi nuovi neologismi?
Ma poi talvolta non si parla nemmeno di nuovi neologismi: dopo 10, 20, 30 anni ci sono Maestri che spiegano ancora tai no henko alle STESSE persone... perché è sempre bene comprendere A FONDO LE BASI!
Questa ci sembra Aiki-lobotomia, più che altro!!!
Seguire un Maestro perché ci ispira crediamo sia qualcosa di molto buono, ma se ci ISPIRA, poi dovremo trovare il tempo ed il modo per concretizzare queste ispirazioni con il NOSTRO LAVORO...

Seguire una persona vita natural durante è qualcosa che - secondo noi - esce molto dai presupposti di un praticante (ed un'Insegnante) sano: non si tratta di dare una calcio al passato o rinnegare la fonte del nostro apprendimento, ma onorarla mostrando il PROPRIO contributo alla causa comune.
Un allievo che ci segue a vita, che ama fare Aikido SOLO come lo facciamo noi, che non ha MAI punti di divergenza con la pratica condivisa si chiama CLONE, più che allievo...
L'Aikido nasce per fabricare cloni del proprio Sensei?
Secondo noi no: divenire indipendenti e costruttivi al fianco di chi ci ha dato molto è uno dei migliori modi di ringraziarlo con i fatti del suo dono immenso.

L'Aiki-tom tom quindi è forse bene che un giorno si rompa o che - comunque - non venga più usato anche solo per andare alla toilette: ci sono strade che abbiamo percorso molto volte, e che quindi sono segnate profondamente nel cuore... qualsiasi riferimento esterno diviene superfluo, perché noi sappiamo dove vogliamo andare...

Siamo SOLI: gli altri percorrono vie che talvolta si incrociano con le nostre per decenni... si intersecano strette intorno al cuore (ma anche ad una caviglia, a volte)... questa cosa può fare piacere o può risultare un impedimento... ma la strada è comunque NOSTRA, e questo dovrebbero ricordarlo anche molti allievi e Maestri di Aikido!
C'è sicuramente la fase in cui si apprende da fuori, è vero... ma esiste poi una fase molto più complessa ed importante nella quale apprendiamo da dentro noi stessi, ed è qualcosa alla quale qualsiasi autentico Maestro vuole farci approdare... anche se questo volesse dire allontanarci da lui e dal suo modo di intendere la disciplina.
Esistono momenti per ripetere molto bene, forse anche arricchire, le nozioni ricevute da altri... ed un tempo in cui dare a se stessi ed al prossimo la parte migliore ed inesplorata di noi.

1 commento:
Bel posto, che lascia tante immagini e assonanze con alcuni miei pensieri. Alle volte capita di domandarmi, ma il mio maestro chi è? E' come chiedere ad una pianta di chi è il merito se è cresciuta e sta crescendo: è del contadino che ha arato il campo, di quello che l'ha seminato, di colui che tolto le erbacce ma anche della pioggia, del sole, degli animali con il loro concime, del vento... e un po' merito anche suo che è stato un seme che è riuscito a diventare pianta.
Anche io mi ritrovo in questa situazione e lo sapete quando me ne accorgo e ci rifletto? Quando qualcuno tira in ballo il discorso degli esami... ed io allora penso: "chi ha diritto/dovere di valutarmi?" ma poi penso "il grano decide lui da chi farsi mietere?"
So che sembreranno "seghe" mentali ma ritengo che lo sforzo per essere budoka passi anche da questi atteggiamenti. D'altronde, e su questo ho sentito molti pareri concordi, un esame dovrebbe essere più una embukai che una prova in stile universitario, o sbaglio? ^___^
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