lunedì 31 marzo 2014

Aikido & Ayurveda: una tesi che li correla

Quest'oggi vi proponiamo in esclusiva uno studio inedito fatto da un'allieva che frequenta i nostri corsi.

Questa ragazza lo scorso mercoledì si è diplomata con eccellenti voti in un corso triennale di Massaggio Ayurvedico presso una prestigiosa Scuola di Torino ed ha deciso di focalizzare la sua tesi su analogie e legami che ha trovato nel suo percorso di studi sulla medicina tradizionale indiana e l'Aikido che ha continuato a frequentare parallelamente.

Per quel che ne sappiamo, è la prima volta che qualcuno tenta questo studio comparativo!

La medicina Ayurvedica è la scuola tradizionale e sapienziale dell'antica India, ed è un settore veramente vasto ed affascinate: essa abbraccia l'uomo in modo olistico e quindi supporta l'individuo ad una quotidianità sana e proficua, mediante consigli dietologici, depurativi... tramite trattamenti specifici (come i massaggi, appunto)... ma anche fornendo consigli specifici sulla vita relazionale ed emotiva...

... e soprattutto connettendo ogni forma di disagio psico-fisico ad una sorta di "dis-allineamnto" energetico e spirituale dell'essere umano... prima di tutto dentro se stesso e quindi con l'ambiente in cui vive.

Una visione sicuramente completa ed integrata che - al solito - è stata vista per anni come "stregoneria", ma che ha portato con sé l'esperienza di migliaia di anni di successi ed efficienza.

La nostra allieva, di nome Eleonora, ha voluto provare a comparare gli elementi sapienziali dell'Ayurveda con l'Aikido, cercando - ove possibile - punti paralleli, se non convergenti fra le due discipline.

Ne è nata una tesi di circa 120 pagine, che culmina - dopo un'approfondita introduzione sull'Ayurveda e sui suoi principali principi metodologici [più indicata agli "addetti ai lavori"] - con un'intervista di 10 domande mirate fatta a Marco Rubatto, nella quale Eleonora ha provato a capire se le sue intuizioni fossero state più o meno centrate rispetto ad eventuali attinenze con l'Aikido.

Attualmente Eleonora è 4º kyu nella nostra disciplina.

Riportiamo quindi di seguito per intero questa intervista:
buona lettura ed un grazie alla nostra Eleonora per la sua gentile concessione!

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AYURVEDA & AIKIDO: L’INTERVISTA

"E. Buongiorno “Sensei” (Maestro), lei ovviamente sa perché mi trovo qui, visto che le ho già argomentato le motivazioni per le quali ho richiesto questo incontro: le ho già parlato dei miei percorsi di studi e l'ho messa a conoscenza dell'intenzione di riportare questa intervista nel testo della mia relazione.

Testo che tra l'altro lei ha anche già letto. Per cui non ci resta che iniziare, se lei è d’accordo…

M. Certamente, sarà un piacere!

DOMANDA 1)

E. Bene, allora inizierei con il chiederle di spiegarci che cos'è l'Aikido, dove nasce, dove si sviluppa, quali sono i suoi obiettivi...

M. L’Aikido è una disciplina che nasce lo scorso secolo in Giappone, per mano di Morihei Ueshiba, anche chiamato O’ Sensei dai praticanti dell’arte. Trae le sue origini da una tecnica marziale molto efficace e tradizionale, il Daito Ryu Aiki Ju Jutsu, quindi si emancipa ed evolve da questa pratica, inglobando aspetti di carattere etico, filosofico e spirituale, tanto cari al suo Fondatore.

In buona sostanza diviene un cammino personale di conoscenza attraverso il movimento, in un contesto ben specifico che è quello della conflittualità (sia fisica che emotiva), ossia in un ambito nel quale le maggiori incertezze personali tendono a manifestarsi.

Morihei Ueshiba prima e gli Aikidoka tutt’oggi credono che incontrare il lato meno conosciuto di sé (quello che emerge sotto stress e/o durante un conflitto) sia un’occasione di crescita privilegiata ed importante da cogliere.

Il proprio “avversario”, colui che ci attacca, diventa la rappresentazione del “lato in ombra” di ciascuno di noi… quindi riuscendo ad incontrarci in modo armonico (anziché scontrarci) con esso, in qualche modo, si riesca a “fare pace” anche dentro noi stessi.

L’Aikido è divenuto perciò una disciplina olistica, nella quale si crede che l’universo sia riflesso in ogni sua componente e secondo la quale il contrasto e conflitto sono occasioni di crescita, anziché elementi che generano un inutile stress da evitare.

DOMANDA 2)

E. A proposito di olismo: anche la medicina ayurvedica si attribuisce spesso questo termine, mi chiedevo quindi in che senso l’Aikido si ponga nei confronti del rapporto che c’è fra macro-cosmo e micro-cosmo… ed al concetto di unità.

M. Certo, anche nell’Aikido queste tematiche sono state studiate, sviscerate ed impregnano la pratica: Morihei Ueshiba era giunto ad una sorta di consapevolezza del suo stesso rapporto con il creato… tanto da fare affermazioni forti del tipo “Io sono l’Universo”!

Ipotizzando che non fosse folle, l’insegnamento che si può trarre da ciò è molto significativo a parere mio: il “creato” ed il “creatore” starebbero in un rapporto olografico o frattalico, nel senso che tutto ciò che ha dato origine alla realtà sarebbe da essa specchiato, senza perdita di informazioni, quindi sarebbe possibile ritornare al senso di completezza, armonia, salute ed unità, anche studiando a fondo l’interazione del creato.

Noi in Aikido lo facciamo oltre tutto in una situazione molto particolare e specifica, cioè quella del conflitto, ossia un contesto apparentemente non ideale per far emergere tutto ciò: eppure nel consentire all’energia che c’è tra aggressore ed aggredito di fluire, senza che essa possa bloccarsi, emerge la possibilità di “pacificare” lo scontro a vantaggio di entrambi, cioè in modo da avere “due vincitori”, che hanno potuto beneficiare dell’opportunità evolutiva dell’esperienza fatta insieme.

Il proprio “nemico” diventa una “parte di sé”, e siccome questa è una realtà effettiva, egli incomincia a sabotare la sua stessa aggressione, poiché non avverte né contrasto, né giudizio nella nostra azione, ma solo una volontà di ritornare esplicitamente a quel senso di unità che sottostà ed è precedente persino alle ragioni della divisione e quindi del conflitto.

DOMANDA 3)

E. Sia praticando i trattamenti ayurvedici, che le tecniche di Aikido ho osservato che di frequente si ripresenta la forma della “spirale”, cosa mi dice rispetto a ciò?

M. La natura utilizza spesso questa forma per le trasformazioni di energia, è quindi logico che arti e discipline che si occupino di questo argomento la utilizzino all’interno delle loro pratiche.

In Aikido - per esempio - non abbiamo inventato nulla di nuovo, nel senso che si è andati ad attingere a quel grande serbatoio sapienziale che la natura mette a disposizione di chiunque. In questo senso l’Aikido è stato “ri-scoperto” e non inventato, così come l’utilizzo della forma spiroidale della trasformazione dell’energia, grazie alla quale rispediamo con grazia l’attacco ricevuto al mittente.

DOMANDA 4)

E. L’Operatore ayurvedico deve avere la conoscenza di tre tipi di dosha, poiché trattando l’individuo nella sua unicità, egli dovrà eseguire interventi tecnici specifici per mantenere in equilibrio questi tre elementi: ciascun dosha ha caratteristiche uniche nel suo genere, ma in un contesto in cui esse devono essere mantenute in equilibrio con le altre.

Mi è parso di cogliere che in Aikido esista una possibilità analoga…

M. Il numero “tre” in natura è sinonimo di equilibrio, quindi si… anche in Aikido succede la stessa cosa: noi utilizziamo tre tipi distinti di pratica: esse sono il “tai jutsu”, cioè le tecniche a mani nude, “l’Aiki-ken” ovvero le tecniche di spada e “l’Aiki-jo”, ossia le tecniche di bastone.

Queste tre distinte pratiche appaiono particolarmente differenti all’occhio di un neofita, ma mirano ad essere fra loro integrate al punto tale da diventare a livelli più elevati un tutt’uno organico, che rappresenti proprio la quintessenza dell’Aikido stesso.

Non credo a caso il Fondatore abbia utilizzato, oltre il corpo, anche questi due strumenti di legno per forgiare i principi della sua disciplina.

Attualmente molte scuole reputano secondario il valore del lavoro con le armi, sicuramente per inconsapevolezza sul loro ruolo determinate nell’armonia della disciplina, ma senza dubbio è possibile ritrovare questo sistema di equilibrio tri-polare anche nell’Aikido.

DOMANDA 5)

E. Uno degli obbiettivi della medicina ayurvedica è quello di cercare un equilibrio fra i dosha costituenti l’individuo, al fine di ripristinare o preservare uno stato di salute e benessere, mentre ho osservato che in Aikido spesso mi ritrovo a perdere l’equilibrio e quindi a doverlo ritrovare: crede che le due cose siano in contrasto fra loro o abbiano una qualche forma di affinità?

Mi sembra che entrambe le pratiche mi conducano ad una sorta di equilibrio personale o interiore, può avere senso questa mia sensazione?

M. Parlo per l’Aikido, che conosco meglio dell’Ayurveda, la questione è che equilibrio e disequilibrio sono due parti duali di un’unica realtà che invece duale non è: quindi sapere come perdere il proprio equilibrio in modo naturale e non traumatico, così come mantenerlo sono in realtà la stessa operazione.

La seconda cosa non sarebbe possibile, senza la consapevolezza sulla prima: il segreto non è tanto quello di acquisire un equilibrio perennemente o fisso, ma proprio quello di imparare ad avere una serie naturale di equilibri e disequilibri con i quali “giocare” per mantenere la propria strada personale non lontana dai propri intenti e desideri.

“Cadere” non è “perdere”, così come non lo dovrebbe essere “ammalarsi”: si tratta di imparare una lezione, passare attraverso un’esperienza per poi farne tesoro in seguito, tutto li.

Io vedo affinità fra queste due discipline, perché da quanto ne so, anche l’Ayurveda prevede un equilibrio dinamico in perpetuo mutamento, esattamente come fa l’Aikido

In questo senso credo che lei sia fortunata, perché sta avendo la possibilità di esaminare il suo stesso sistema pisco-corporeo e spirituale sotto l’ottica di due pratiche diverse, ma anche affini!

DOMANDA 6)

E. Durante le sue lezioni, lei parla sovente di tecniche che se ben eseguite possono favorire uno stato di salute, ma anche essere dannose e pericolose in caso diverso. 

Com’è possibile che una tecnica marziale possa arrecare beneficio al fisico, quindi a livello “oggettivo”, oltre che a livello soggettivo ed interiore?

M. Semplice: ogni sistema pisco-fisico è simile, anche se non uguale, ed è quindi sottoesposto alle stesse leggi. Se queste leggi sono studiate e conosciute, la strada che si utilizza per ledere è anche quella che conduce alla salute, quando percorsa in senso opposto.

Ad esempio, i meridiani dei polmoni, del cuore, degli intestini scorrono attraverso le braccia che tanto vengono utilizzate dalle tecniche di Aikido. Chi esegue la tecnica quindi può sia bloccarli che fare un vero e proprio “massaggio energetico” al proprio partner, a seconda della consapevolezza che ha di ciò, o della sua intenzione.

Un tecnica quindi se eseguita/subita può portare ad una sorta di “ringiovanimento” e pulizia del proprio sistema, o ad un suo deterioramento. Ovviamente in Aikido non siamo interessati a quest’ultimo caso, perché va contro i propositi della disciplina.

Non siamo nemmeno qui per “curare” nessuno, ma molte di queste conseguenze risultano quasi “effetti collaterali” di una pratica oculata, coerente… che perciò definirei “sana”.

Tutto ciò è oggettivo, anche poiché psiche e soma non sono due sistemi indipendenti, quindi lavorando sul soma, si modifica la psiche e viceversa: ecco perché al termine di una lezione “ci si sente meglio” anche fisicamente, oltre ad avere magari anche raggiunto qualche consapevolezza di carattere più introspettivo e personale.

DOMANDA 7)

E. La cultura ayurvedica raccomanda precetti importanti per il mantenimento di una buona salute psico-fisica e sociale, che riguardano anche il cibo, il sonno, le relazioni interpersonali, ma soprattutto l’attività meditativa e contemplativa, da cui pare che l’Ayurveda stesso provenga...

... ho notato che anche lei in Aikido sovente pone l’accento sull’importanza della meditazione per una conoscenza approfondita di quello che, in Ayurveda, potrebbe essere definito come il raggiungimento di una “mente satvica”… Cosa mi dice in merito?

M. Il fondatore dell’Aikido, oltre ad un guerriero ed un genio tecnico, è stato anche sicuramente un filosofo ed un mistico, quindi le connessioni fra la mente e lo spirito erano state da lui conosciute e studiate approfonditamente.

Per sua scelta, la parte più meditativa e spirituale non era stata mai rivelata agli allievi, in quanto parte di un percorso personale di consapevolezza che egli riteneva che ciascuno dovesse fare da sé. 

Oggi molte Scuole e stili di Aikido sono fermamente ancorati agli aspetti tecnici della disciplina, e ad essi si fermano. Nell’ultimo decennio, la mia esperienza personale invece mi ha fatto sempre più integrare gli aspetti fisici e tecnici, con quelli più sottili, spirituali ed animici, poiché ho riscontrato i limiti che può avere dedicarsi solo ai primi.

Parlo quindi di meditazione e di integrazione fra mente e corpo durante le lezioni perché ritengo che sia una strada indissolubilmente legata agli aspetti fisici e marziali della disciplina che pratico ed insegno.

Ho altresì notato che i miei allievi in questo modo mostrano una crescita più rapida ed equilibrata di un tempo, e sto venendo in contatto con altre realtà che hanno fatto altrove le stesse mie scelte, ottenendo risultati analoghi.

Quindi si, l’Aikido in origine contemplava questi piani di studio: dire che oggi essi si possano incontrare ovunque non è veritiero, ma sempre più Insegnanti stanno prendendo a cuore l’idea di legare fra loro i vari livelli che costituiscono l’essere umano, poiché hanno intuito l’importanza di procedere in modo olistico, come lo stesso Ayurveda insegna da millenni.

DOMANDA 8)

E. Nel corso degli anni, la medicina ayurvedica ha subito delle trasformazioni, tant’è che l’Ayurveda tradizionale si è “modernizzato”, tendendo ad inglobare anche il pensiero occidentale.

Mi chiedevo se anche l’Aikido fosse stato soggetto ad un analogo processo evolutivo…

M. Si, certamente. Come tutte le “cose vive”, anche l’Aikido si è evoluto e continua a farlo, pur cercando di mantenere il contatto con le sue tradizioni.

Questo ha fatto nascere diversi filoni di pensiero, Scuole e stili di pratica, poiché quando si iniziò a codificare ed “oggettivizzare" l’arte del Fondatore, ci si divise in correnti distinte, talvolta addirittura contrastanti fra loro.

Ma questa è una dinamica comprensibile, in quanto ciascuna esperienza è unica ed anche osservando una stessa realtà, è possibile cogliere e sviluppare solo ciò che è nella propria indole.

In realtà questa “diaspora” ha generato arricchimento (oltre che problemi): il fenomeno “uomo” è in eterno mutamento, quindi è normale che lo siano tutte le arti e le discipline che si occupano del suo sviluppo e dell’implemento della consapevolezza che egli ha di sé.

DOMANDA 9)

E. La medicina ayurvedica in occidente trova una certa resistenza negli ambiti medici ed ospedalieri, nei quali l’allopatia regna ancora per lo più indiscussa.

La mentalità scientifica radicata fa fatica ad accettare alcuni precetti che derivano da una filosofia e spiritualità appartenenti ad una cultura lontana dalla nostra. Qualcosa del genere accade anche per l’Aikido?

M. Con l’Aikido non è diverso: le persone spesso si iscrivono perché vogliono apprendere tecniche di difesa personale, che gli permettano di sentirsi più sicuri per le strade della loro città.

Non dico che ciò sia un male, ma sicuramente non è quello per cui è stato ideato l’Aikido: questa disciplina aiuta molto più a difenderti da te stesso, che risulti il primo sabotatore dei tuoi atti ed il più feroce aggressore di te in particolari momenti.

Poi praticando in effetti è anche possibile diventare efficaci contro l’aggressione esterna, ma - nuovamente - è un “effetto collaterale”, non il goal della pratica!

Qui in occidente però le discipline da combattimento sono spesso confuse con le arti marziali, e anche fra di esse vi è una notevole confusione… forse a causa di una certa filmografia americana che spesso le utilizza senza renderle loro onore.

DOMANDA 10)

E. L’obiettivo ultimo dei trattamenti ayurvedici è quello di purificare il corpo e la mente dell’individuo, con tecniche di vario genere, per assicurare longevità ed una quotidianità sana: diviene quindi più uno stile di vita, che un rimedio temporaneo da adottare solo in caso di squilibrio.

L’Aikido prevede qualcosa di simile nel suo percorso?

M. Si, indubbiamente si inizia a praticare Aikido per molte diverse ragioni, ma ad un certo punto o si abbandona oppure si fa un certo “click” e ci si accosta a questa disciplina più come stile di vita che ad uno sport.

Il Fondatore stesso raccomandava che una pratica seria, costante e prolungata avrebbe avuto un effetto “purificante” sull’individuo, poiché avrebbe consentito ad esso di conoscersi meglio, quindi modificare quelle parti di sé che eventualmente non fossero in linea con il proprio credo o pensiero.

La pratica stessa in questo senso diventa lo strumento di purificazione ed una compagna costante della propria quotidianità: attorno ad essa nascono grandi amicizie e rapporti interpersonali importanti, che sono talvolta destinati ad accompagnarci in tutta la vita.

In questo senso l’Aikido può diventare uno stile di vita, esattamente come io ho scelsi per me che fosse alcuni anni fa.

E. La ringrazio per la gentile attenzione ed il tempo dedicatomi, permettendomi di sottolineare ancora una volta, alla luce di questo dialogo, come queste due discipline presentino notevoli affinità… e quindi praticarle entrambe conduca ad una consapevolezza maggiore di sé, partendo da punti d’osservazione distinti".


lunedì 24 marzo 2014

Aiki Nomad Seminar: un'evento che fa la differenza

Di solito ci limitiamo a scrivere e commentare su eventi "di casa nostra", ma per quanto riguarda l'Aiki Nomad Seminar anche quest'anno facciamo volentieri un'eccezione... poiché si tratta veramente di qualcosa di speciale ed unico nel suo genere.

Un gruppo di Maestri, perlopiù professionisti - fra i quali anche il nostro Coordinatore, Marco Rubatto - da 3 anni si ritrova ciclicamente ad insegnare e praticare insieme in un luogo sempre diverso: ecco la ragione del termine "Aiki Nomad"... ma questa non è l'unica novità...

Prima la Svizzera tedesca (Uster), la cui esperienza potrete è stata catturata in questo video...




... quindi è toccata la Svizzera francese (Montreux), che potrete rivedere brevemente qui...




ed infine pochi giorni fa la Svizzera italiana (Lugano): anche in questo caso l'evento è stato brevemente riassunto in questo breve video...



Dicevamo appunto, che la novità non è soltanto l'itineranza dell'evento...

Gli Insegnanti che curano questo seminar infatti hanno particolarmente a cuore l'esplorazione di quella parte della disciplina che rende le tecniche degli strumenti più che il fine della stessa.

Come usare una forchetta, che può fare molto per chi desidera nutrirsi comodamente... basta che non inizi a credere che siccome lo strumento ed il pasto sono spesso indissolubilmente legati, non si tenti di MANGIARE LA FORCHETTA!!!

In Aikido spesse volte si scambia il mezzo con il fine, e quindi necessariamente non riusciamo a trovare un terreno comune sul quale costruire qualcosa che abbia struttura e valore per "tutti i commensali"...

Beh, questi Insegnanti sono andati oltre e pare che ce l'abbiano fatta, tanto che il loro numero è in lento ma costante incremento, e la novità non è tanto ciò che fanno fare sul tatami, ma le prospettive con le quali la pratica viene vissuta.

È possibile, ad esempio, far coesistere armoniosamente praticanti provenienti da Scuole e stili di Aikido differenti, offrendo loro un'esperienza comune costruttiva per tutti... e soprattutto che possa essere facilmente inclusa nel loro vivere la disciplina al ritorno nel loro Dojo di provenienza?

La risposta è NO, se approcceremo la disciplina SOLO da un punto di vista tecnico (perché ci sarebbe il rischio che ciascuno torni a casa sua a fare come ha sempre fatto o a criticare chi fa in modo diverso dal proprio)...

... ma è SI, se si è capaci di studiare insieme qui principi che accomunano l'umana progenie di cui i praticanti di Aikido sono costituiti!

L'allineamento con la gravità, la profondità del contatto, la capacità di lasciarsi andare nelle cadute, di accogliere un'attacco, di lasciarsi sorprendere dalla capacità creativa del proprio sistema psico-fisico: questi sono appunto temi che interessano generalmente a qualsiasi Aikidoka, indipendentemente dalla Scuola, dalla latitudine, dal grado o dalla intensità con la quale pratichi la sua arte.

All'Aiki Nomad Seminar si fa appunto questo di strano/innovativo: ci si fanno tante domande, senza avere la presunzione di possedere sempre risposte altrettanto esaustive.

Si impara a stare nel DUBBIO insieme, e si consente al movimento che ciò genera di venire espresso: solitamente le sue manifestazioni appaiono piuttosto notevoli per freschezza, intelligenza, ispirazione!

Un modo forse nuovo di concepire la nostra disciplina che va esplorato, specie oggi... cioè un momento in cui tutti sentiamo che i valori del passato sembra che stiano perdendo mordente con le generazioni attuale e futura, ma questo non perché non abbiano più valore...

... forse quanto perché non vengono più compresi (presi-con) o vengono fraintesi. Allora l'Aikido si adatta, cambia LUI stesso prima di pretendere di insegnare ad altri a farlo... o forse rinnova solo l'ottica sotto la quale "leggerlo" e praticarlo.

Ciò che verrà fuori da questo movimento, senza dubbio in crescita e fermento ancora non si può dire: in termini di evoluzione si sta sempre esodo nell'incertezza... di sbagliare strada, metodo...

... pur essendo sempre più consci che il vero dramma sarebbe invece quello di stare fermi ed arroccati in posizioni del passato che non funzionano più.

L'Aiki Nomad Seminar anche a questo giro, ha saputo centrare quindi i suoi obiettivi: vedremo cosa accadrà l'anno prossimo...

... pensate che occasione imperdibile sarebbe se avvenisse in ITALIA...

Un uccellino ci dice che fareste bene a stare pronti anche a questa eventualità! ^__-

lunedì 17 marzo 2014

Riunire l'Aikido ed il principio di indeterminazione di Heisenberg

Molto si è detto ed anche scritto sulla comune volontà di riunificare l'Aikido italiano sotto un unico "Ente ombrello", così come è stato fatto in molte altri nazioni.

Associarsi - cioè riunificarsi - non significa perdere la propria identità, ma solo poter vare la differenza nella visibilità e quindi nella voce che avremmo la possibilità di ottenere.

Ma allora perché non ci siamo ancora riusciti?

Perché tutti gli esperimenti fino ad ora tentati hanno dato solo risultati parziali e - per molti -insoddisfacenti?

Abbiamo esaminato il trend di questi tentativi, la tensione che si crea alla realizzazione di questi progetti... l'impegno che in essi viene profuso e la qualità dei risultati.

... e ci sembra di avere compreso che il principale responsabile della frustrazione di non riuscire in una simile impresa sia il "Principio di intereminazione di Heisenberg"!

Per chi non fosse fresco di studi o un po' a digiuno di fisica, questo postulato indica l'impossibilità contemporanea di misurare la posizione e la velocità di una particella atomica...

E vi chiederete: questo cosa centra con l'Aikido?!

Centra, centra...

Il principio di indeterminazione di Heisenberg è anche quello strano "anatema" fisico che sigilla l'impossibilità di sapere se un componente della strutura atomica si comporterà come onda o come particella quando interagirà con un suo simile... ed in sostanza è anche quel postulato che dichiara che uno sperimentatore - con la sua sola presenza - influenza/modifica i risultati dell'esperimento e delle misurazioni che sta eseguendo in laboratorio.

Ma come: tanta attenzione scientifica ad essere OGGETTIVI e poi basta guardare dentro un microscopio per mischiare le carte in tavola?!

La scienza infatti non se lo spiega, ma pare proprio che avvenga così e che la responsabilità sia tutta affidata ad una "variabile nascosta" che interviene anche senza essere rilevata dagli strumenti e manda in vacca la ferrea volontà di essere inoppugnabilmente oggettivi.

Il mondo dell'Aikido è pressoché concorde sull'utilità che avrebbe una sua "reunion" inter-stile, inter-scuola e così via: è qualcosa di OGGETTIVO per i più... ma non si riesce a fare, come mai?

Noi crediamo che ciò avvenga perché si tende a voler convivere mettendo troppi paletti sugli aspetti "oggettivi" dell'Arte, come se quelli fossero i più importanti sui quali battagliare se serve.

Quindi si tende ad aggregarsi volendo stilare programmi tecnici comuni, requisiti d'esame comuni... attribuzioni di significato ai gradi comuni... e via così dicendo...

Non ci si accorge tuttavia che più si focalizza l'attenzione a definire il micro-spetto da normare, più si perde contatto ed aderenza con il macro-significato della dinamica che si vuole generare!

E questo per quale ragione?

Perché la realtà oggettiva è piuttosto determinata e funzione della consapevolezza di chi la osserva, non è OGGETTIVA in sé!

Quando il "fenomeno Aikido" nacque, giusta o sbagliata che fosse... toccava solo ad O' Sensei (che era una persona sola!) prendere decisioni sulla sua creatura: dopo la prima generazione di suoi allievi - divenuti poi Insegnanti - questa cosa venne equipartita in una quindicina di persone... e li iniziarono le divisioni...

Oggi siamo molto più numerosi, quindi è più difficile mettere d'accordo tutti gli individui: ma perché! Non vogliamo forse tutti un futuro più radioso per la nostra disciplina?

SI, certo... ma il problema è che ciascuno sogna questo futuro dall'alto (o dal basso) della SUA consapevolezza!

Fino a quando i principi di riunione saranno, ad esempio, quelli legati alla tecnica o alla i didattica, non ci sarà MAI la possibilità di concordare...

Ciascuno avrà capito ANCHE qualcosa di coerente rispetto al "sistema Aikido" e si batterà con gli altri perché la propria intuizione venga considerata valida ed importante anche dagli altri.

Ciascuno avrà ancora un sacco di cose da comprendere del "fenomeno Aikido", e quindi le sue scelte ed i suoi atteggiamenti saranno pregni anche di queste inconsapevolezza, inducendolo a fare errori che agli altri potrebbero risultare imperdonabili.

Paradossalmente ciascuno avrà capito qualcosa ed avrà ancora qualcosa da capire, ma fino a quando vorrà "difendere le sue conquiste"... la voglia di riunirsi e fare GRUPPO sarà subordinata solo alla necessità di far riconoscere come autentica la propria esperienza!

... E di questo passo non se ne uscirà mai, perché avremo tutti sia un po' torto che un po' ragione allo stesso tempo.

Tuttavia questo NON è di fatto sinonimo dell'impossibilità di riunirsi e concordare sull'Aikido, anzi... ne è la potenzialità e l'esercizio migliore...

Accordarsi e coabitare una stessa realtà avrà costretto gli aderenti a questi progetti ad un'esplorazione più profonda dei principi dell'Arte ed alle prospettive con le quali viene praticata!

Avendo tutti due gambe e due braccia sarà bene essere capaci di partire più dagli aspetti che ci accomunano, rispetto a quelli che ci dividono.

La tecnica e la didattica saranno sempre espressioni LOCALI di ciò che ci accomuna, ma sarà difficile costruire intorno ad esse una vera coesione di intenti...

Paradossalmente l'Aikido ci sta richiedendo di capire ancora più profondamente cosa esso sia se vogliamo avere la capacità di formare "un unico organismo" per patrocinarne la pratica: ci sta chiedendo di capire meglio chi siamo e con cosa ci stiamo relazionando.

E solo dalla capacità di "lasciare andare" i dettagli poco pregnanti (la tecnica, la posizione in vista all'interno di una realtà, il valore del grado...) potremmo in quadrare meglio il "fenomeno Aikido" nella sua interezza, ampiezza, complessità e profondità.

Come sappiamo, più si guarda un'immagine nella sua totalità, più si perdono di vista i dettagli... e viceversa: eccolo qui il Principio di indeterminazione di Heisenberg!

Chi vorrà partecipare all'esperimento sarà il benvenuto, ma ad esso verrà richiesto un livello di introspezione non banale... ed una possibilità di "plasmare" il progetto dell'Aikido comune SOLO nella misura della sua consapevolezza di cosa esso richiede in realtà per essere efficace...

... e non a cosa CREDE potrebbe esserlo: in questo caso i preconcetti, i pregiudizi ed i condizionamenti pregressi saranno i primi elementi da avere il coraggio di rilassare o abbandonare proprio.

Vi diremo di più: il progetto dell'Aikido comune funzionerà SOLO nel momento in cui il desiderio reale di STARE INSIEME supererà la paura di snaturare l'oggetto del nostro interesse, cioè l'Aikido stesso!

Ogni processo ambizioso ed importante infatti si caratterizza dalla reale possibilità di FALLIRE!

Quindi fino a che qualcuno dirà "ok metterci sotto lo stesso tetto, PURCHÈ...", come per magia il progetto si rivelerà perdente...

Quando si ama, e si ama SENZA CONDIZIONI, si diventa più efficaci proprio perché l'intento è chiaro e non ci sono preclusioni, né rigidezze di alcun tipo nel perseguire il proprio scopo.

Amare senza condizioni, essere così flessibili da superare ogni ostacolo che si dovesse presentare per realizzare l'unità che da molto ci auspichiamo è attualmente il vero elemento mancante del processo che continuiamo a fallire: alla riunificazione dell'Aikido, manca l'Aikido insomma!

... È coerente quindi che si continui a fallire...

Altro che trovare un metodo equilibrato per la comparazione tecnica dei gradi o concordare sull'angolo di Ikkyo ura...

... manca la volontà di dirci SE e PERCHÈ vogliamo un'unità, e la fisica ci insegna che quindi non riusciamo ad intravederla.

Grazie Aikido che ci fai praticare così tanto te stesso da sorprenderci ancora NON alla tua altezza... ma non temere, è solo questione di tempo... perché qui c'è gente che si impegna sul serio!

lunedì 10 marzo 2014

C'è differenza fra "Iwama Ryu" e "Takemusu Aikido"?

Sempre più di frequente ci capita di sentire e vedere una certa confusione in una terminologia che negli anni - specialmente qui in Italia - ha iniziato ad essere usata indistintamente.

Stiamo parlando del famoso "Takemusu Aiki" o "Takemusu Aikido" (quest'ultimo sarebbe poi la "via" di praticare il primo) ed "Iwama Ryu".

La cosa ci colpisce ogni volta non poco, dato che chi scrive in queste pagine arriva proprio da quella Scuola e Stile di pratica, e già che utilizziamo ancora stabilmente l'Iwama Ryu come riferimento tecnico durante le lezioni.

Ciò che stupisce poi ancora di più, è che i primi a fare confusione su questi termini siano proprio i praticanti di questa "corrente Aikidoistica", segno proprio che la cultura dei termini utilizzati non rientra forse nella priorità di molti praticanti e nemmeno degli Insegnanti ai quali si riferiscono normalmente.

Per inciso, questo Post non vuole essere polemico a priori, ma è bene chiedersi come mai - se la precisione con la quale viene eseguita una tecnica è proprio fra i goal di questo metodo didattico - sia normale fare invece confusione sui termini che vengono utilizzati per riferirsi ad esso.

Se poniamo attenzione al movimento dei muscoli delle braccia e delle gambe, non potremo educare con simile precisione anche quelli della bocca?

Sono sempre muscoli pure quelli... e se si vuole fare i precisi, per coerenza bisognerebbe farlo in tutto e non solo dove ci conviene!

Avrete già sentito parlare di "Takemusu Aiki/Takemusu Aikido", vero?

O' Sensei utilizzava questi termini per descrivere lo stadio raggiunto dopo una vita di pratica assidua: una sorta di "modo di essere" che si esprimeva nel suo "modo di fare" Aikido.

Lui stesso non ha mai preteso di "insegnare" Takemusu Aikido, conscio di quanto fosse un viaggio che andava (e va) fatto con le proprie gambe.

[武] "Take" è lo stesso ideogramma che in altre parole giapponesi si legge "Bu"... e che viene solitamente tradotto con "guerra"; "Budō", ad esempio è abbastanza mal tradotto come "arte della guerra".

In realtà questa interpretazione è limitativa, poiché il kanji "武" sa più di "arte di seppellire le armi", cioè "combattere con il fine di porre fine alle ostilità"... che fa già una bella differenza, se ci pensiamo!

Già quindi "Budō" diventa "la via dell'arte di far cessare le ostilità"... più che il modo di fare la guerra, ma continuiamo il nostro viaggio sull'Aikido...

[産す] "Musu" significa invece "nascere, crescere, sgorgare"... mentre su [合気] "Aiki" ci sentiamo sereni di soprassedere, dopo quasi 7 anni che ne parliamo ogni settimana!

Quindi brevemente [武産合気] "Takemusu Aiki" potrebbe essere tradotto come "l'Aiki che sgorga spontaneamente dal Bu".

Si capisce bene quindi come questa proprietà non si riferisca ad una Scuola o Stile specifici, ma sia un livello di consapevolezza raggiunto nell'Aikido che fa la differenza rispetto alle situazioni di tatami e DI VITA nelle quali ci si trova coinvolti.

FINE PRIMA PARTE

[岩間] "Iwama" è il nome di una cittadina a nord est di Tokyo, della quale abbiamo parlato più volte nelle pagine di questo Blog  (per esempio qui), ed è il luogo in cui O' Sensei si ritirò sin dal 1942 e nel quale egli lavorò incessantemente per studiare e migliorare ulteriormente la disciplina che ha ideato.

Tutti sono abbastanza concordi nel ritenere che la maturità dell'Aikido toccò il suo apice proprio quando il Fondatore si trovava ad Iwama.

[流] "Ryu" significa "scuola", "stile", "metodo".
[岩間流] "Iwama Ryu" quindi letteralmente è la "Scuola/metodo di Iwama".

È ben risaputo come un tempo l'allenamento di O' Sensei fosse piuttosto fisico, meticoloso ed impegnativo e così quello dei suoi allievi più stretti e fedeli, fra i quali ha spiccato sicuramente la figura di Morihiro Saito Shihan.

Una volta morto il Fondatore, a questo suo allievo, dan Aikikai, venne assegnato il compito di dirigere il Dojo di O' Sensei ed essere custode dell'adiacente Aiki Jinja - il tempio dedicato alla divinità dell'Aiki.

Morihiro Saito negli anni seguenti divenne l'icona di un allenamento metodico, didatticamente molto accurato e complesso, finalizzato proprio a studiare quelle basi dalle quali il Fondatore partì per giungere alle vette che tutti conosciamo.

A questo grande Maestro, oltre ad un umiltà fuori dal comune, va anche il merito di aver preservato intatto il bagaglio tecnico di buki waza (cioè l'utilizzo delle armi - jo e bokken) utilizzato da O' Sensei e da questi perfettamente già integrato nel tai jutsu (le tecniche a mani nude).

Saito Sensei si pose sin da subito DICHIARATAMENTE come persona intenzionata a PRESERVARE gli insegnamenti del suo Maestro, senza introduzione di personalismi tecnici.

La sua opera è stata mirabile e noi per primi abbiamo giovato della sua scelta coraggiosa.

Non crediamo che sia possibile evitare di introdurre personalismi nel proprio insegnamento (infatti al tempo di O' Sensei ci sia allenava in modo molto differente a quello proposto da Morihiro Saito - è sufficiente guardare i filmati per rendersene conto, ma oltretutto noi abbiamo raccolto personalmente le testimonianze di chi ha vissuto quel periodo), ma va reso merito alla volontà di "sistematizzare" e rendere didattico un patrimonio esperienziale al quale altrimenti in pochi si sarebbero saputi orientare solo con le proprie capacità personali.

Pare chiaro infatti a tutti come O' Sensei fosse un "genio" marziale, ma come non fosse semplicissimo per gli allievi apprendere da un tale vulcano di innovazione, rispetto al quale si sentivano sempre un isolato indietro: una volta compreso ed assimilato quanto rimandato ieri, oggi ciò risultava già superato dall'evoluzione costante che egli viveva nella sua Arte.

L'Iwama Ryu è quindi diventato famoso nel mondo come lo stile della didattica di Morihiro Saito Sensei, molto incentrato sulla precisione tecnica, sullo studio delle basi (ki hon) e della completa integrazione dello studio delle armi con quello delle tecniche a mani nude.

FINE DELLA SECONDA PARTE

Ora qualche riflessione critica su quanto fin ora esposto.

L'Iwama Ryu è una metodologia didattica, "inventata" - se così si può dire - da un allievo del Fondatore per "sminuzzare" i risultati notevoli di quest'ultimo per le bocche dei neofiti che si approcciavano all'Aikido.

Takemusu Aiki invece è un punto di arrivo legato alla consapevolezza sull'Aikido da parte di chi lo vive.

Capite bene che confondere le due cose equivale ad affermare che chi inizia a destreggiarsi in cucina grazie al ricettario di Suor Germana sarà sicuramente il vincitore del prossimo MasterChef...

... e non è mica poi così scontata la cosa!!!

Diciamo che farebbe piacere a chi studia "Iwama Ryu" arrivare al "Takemusu Aiki" (crediamo anche a chi studiasse con altre scuole), ma dalla nostra esperienza abbiamo conosciuto solo un paio di individui che sembrano esserci giunti con stabilità, sulle centinaia di insegnanti che abbiamo incontrato fino ad ora...

Diciamo che può essere una "condizione necessaria ma NON sufficiente"...

... Come mai?!

Paradossalmente poi, i membri della Scuola di Iwama sembrano addirittura quelli a riuscirci meno, fra l'altro...

Noi ci siamo ovviamente chiesti il perché, provenendo proprio da questo percorso.

La risposta è quanto mai semplice: essendo l'Iwama Ryu uno stile prettamente tecnico, RIDUCE l'Aikido a questo livello della pratica e tende a fare ANALISI e non SINTESI di ciò che facciamo sul tatami.

Non c'è nulla di male a mettere "sotto la lente di ingrandimento" ogni piccolo movimento, ogni angolo e sfumatura del movimento, solo che questo processo tende a "dividere" la consapevolezza di ciò che si fa, prima di "rimettere insieme" con cognizione di causa.

È come la post produzione di un film, nella quale ogni fotogramma viene analizzato, pulito, migliorato in contrasto, brillantezza, colore... per poi riassemblare una pellicola (che termine ormai desueto!) semplicemente essenziale.

Un'operazione molto utile per chi ha voglia di approfondire veramente la dinamica dei suoi movimenti, che continuiamo noi stessi a fare, e che consigliamo vivamente a chiunque!

"Takemusu Aikido" invece è l'esatto contrario: la capacità di non seguire nessun metodo, nessuna didattica tecnica, abbandonandosi interamente alla propria capacità di trasformare ogni problema (ad esempio un conflitto fisico / un attacco) in opportunità "Aiki".

È il contrario di quello che può essere schematizzato in laboratorio: essere pronti all'ignoto, aperti verso la novità, l'imprevisto, capaci di reggere momenti di stress senza utilizzare a nostra volta della tensione per affrontarlo... è manifestare ciò che si "È"!

... si tratta di una pratica integrativa ed esperienziale, che nel caso di O' Sensei è in effetti avvenuta in seguito allo studio meticoloso della base.

Ma il fatto che per lui il percorso sia stato quello non significa automaticamente che debba avvenire così PER TUTTI GLI AIKIDOKA!

Con lui potremmo affermare che ha funzionato... questa è l'unica certezza!

Se invece fosse vero che chi si allena come ad Iwama (o con questo metodo) poi raggiunge lo stadio "Takemusu Aiki", come mai no vediamo un proliferare di persone in grado di esibire tali capacità e consapevolezze?

Solo mancanza di voglia?

Perché praticamente NESSUN Insegnante di Iwama Ryu mostra REGOLARMENTE ai suoi seminari la capacità di difendersi contro un numero qualsiasi di attaccanti armati e non che agiscono come meglio credono?

Così, giusto per far veder che loro sono arrivati a quel livello e che se seguissimo le loro indicazioni ci potremmo arrivare anche noi...

Perché non lo fanno...!

Perché ciò non è "didattico" o perché non ne sono capaci?
Capite che la linea che separa "l'utilità" dalla "scusa" sta in equilibrio sulla lama di una katana!

Gli umili e gli incapaci sicuramente correranno ad affermare: "non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, se c'è necessità di esibire si è già sulla cattiva strada"... l'importante è sapere bene di appartenere di diritto ad una di queste due categorie (alla quale evidentemente non aderiva invece O' Sensei, giacché lui il Takemusu Aiki lo mostrava eccome!).

In realtà questi Insegnanti fanno esattamente il contrario: hanno ben in mente ciò che vogliono mostrare... chiamano uno bravo a cadere e gli dicono come vogliono essere attaccati: bella la vita così vero?

Quasi quasi ogni Aikidoka con una minima esperienza saprebbe cavarsela in una simile circostanza vantaggiosa: gli esami tecnici in fondo funzionano proprio così!

NO, invece il vero conflitto arriva quando meno ce lo aspettiamo, quasi sempre anche nel mono in cui non ce lo saremmo aspettati: e li chi è capace fa la differenza... mentre chi necessita di modelli/schemi fissi ai quali riferirsi è destinato a soccombere.

Tutti praticano "Takemusu Aikido", ma nessuno si premura di mostrare che sia vero CON I FATTI!

Ma se così è, allora non è proprio la stessa cosa confondere questi due nomi: sa più di frode... del cameriere che fa finta di essere il padrone dell'albergo!

Diciamo che i praticanti di Iwama Ryu si allenano con impegno, augurandosi un giorno di raggiungere i livelli più alti della disciplina... ma chiediamoci se nel frattempo è il caso di definirsi praticanti di "Takemusu Aikido"... e cosa succederebbe se poi ciò con gli anni non accadesse...

Spiace a dirlo (perché sembra una svalutazione), ma Morihiro Saito forse NON era o non si riteneva al livello del suo Maestro, foss'altro per il fatto che ha decurtato l'Aikido di tutta la sua parte filosofica e spirituale, difatti IMPOVERENDOLO.

Capire l'angolo è importante, ma avrà avuto una ragione pure O' Sensei ad aprire il suo studio ad altri aspetti?

Saito Sensei - forse per inclinazione personale (lui non ne faceva mistero anche parlando in pubblico di "non essere interessato a tutta quella roba là"), per scelta - ha deciso di NON includere altro che la tecnica: questo è stato il momento nel quale di fatto egli si è - secondo noi - "decurtato" dalla possibilità di praticare "Takemusu Aikido": nella sua didattica la vera evoluzione era come rendere più chiari i movimenti agli allievi, non come insegnare a divenire spontanei.

Divenire spontanei - poi - è una cosa che si può "insegnare"?
Si può "educare" una persona ad esserlo, ma non le si può inculcare da fuori la spontaneità...

Questa è la ragione del potenziale fallimento di un metodo di per sé veramente splendido e lodevole se poi finiamo per confondere il viaggio con la destinazione.

Non ce ne vogliano i nostri datati compagni di pratica: non c'è nulla di più distante dal Takemusu Aiki allo stato attuale che l'Iwama Ryu!

Quindi gli aspiranti ad un livello di consapevolezza integrato sull'Aikido dovranno si studiare gli angoli con i quali inclinano falange e metacarpo nelle mani... ma devono altresì studiare e VIVERE gli aspetti mentali, filosofici e spirituali di questi disciplina... perché LORO STESSI sono costituiti di questi elementi, e ciò è innegabile.

Altrimenti sarebbe come se un aspirante scrittore pretendesse di diventare poeta continuando a ripassare mnemonicamente l'alfabeto...

... come un cuoco pretendesse di essere uno chef affermato continuando a cucinare sempre la stessa ricetta... 

... o come un musicista pretendesse di diventare abile come Mozart continuando ad accanirsi con il solfeggio.

La mente umana fa l'abitudine a qualsiasi aberrazione, ma noi ci auguriamo che si impari a distinguere almeno cosa facciamo da ciò che ci piacerebbe ESSERE: questa è appunto la differenza fra "Iwama Ryu" e "Takemusu Aiki".

Il Takemusu Aiki non si pone l'obiettivo di "sconfiggere il conflitto" con una buona tecnica, ma piuttosto di includere le dinamiche del conflitto stesso nel proprio sistema, così da farlo evolvere in qualcosa di nuovo, creativo ed inatteso.

L'augurio per tutti è quello di riuscire presto a colmare il divario che separa le due cose: ma non aspettiamoci che basti chiamarci "artisti" fare per essere in grado di manifestare  automaticamente la nostra arte!

Ogni altra confusione è accettabile solo impietosendosi dell'ignoranza di chi la perpetua, ma non è consigliabile plafonarsi ad essa: nelle Arti Marziali il nostro compito dovrebbe essere quello di migliorare sempre e non ostinarci a rimanere fra la schiera delle "pecore" o degli "ignoranti" per sentirsi meno soli... non vi pare?




Fate caso in questo video quanto della preoccupazione di O' Sensei sia rivolta alle tecniche di base e quanta importanza per lui rivestisse la dimensione più spirituale, etica e relazionale...