lunedì 1 dicembre 2014

Il pastore, il toro, il vuoto e la Grande Morte


Torniamo ad occuparci di recensione letteraria, proponendovi quest'oggi uno spaccato del libro "Il pastore, il toro, il vuoto e la Grande Morte".

L'autore è il Maestro Giancarlo Giuriati, del quale avevamo già parlato in occasione dell'uscita del suo precedente volume "Il codice Ueshiba".

Siamo border-line rispetto ai campi di indagine di Aikime, poiché questo testo è stato scritto da un Insegnante di Aikido, cita al suo interno le imprese di un gruppo di lavoro anche costituito da praticanti di Aikido, ma non è rivolto esclusivamente a loro...

... e più in generale non parla di Aikido, nel senso comune del termine.

Perché allora recensire quest'opera sulle nostre pagine?

Dopo un'attenta lettura, questo testo ci è parso particolarmente attinente a molti aspetti e prospettive che comunemente vengono attribuite all'Aikido ed alla sua filosofia, anche se non sempre essi non vengono trattati durante le lezioni.

Il libro narra di un viaggio - quasi iniziatico - di un pastore intento a catturare "un toro", ossia un aspetto di sé creduto precedentemente separato... ma che si rivela poi essere costituente la sua natura più intima e profonda.

Questa storia viene narrata in 10 tappe di una sorta di "storiella Zen", che parla dei misteri della vita, della morte e della rinascita più difficile ed ambita: quella interiore.

Nel testo, un saggio Maestro conferenziere si occupa appunto di istruire un gruppo di Aikidoka e non che intraprendono con lui un viaggio-ritiro-spirituale configurato in 10 giornate, che scandiscono le 10 tappe della storia Zen.

Gli "allievi" di questo gruppo si sentiranno liberi di vivere ciascuno a suo modo gli insegnamenti del loro Maestro, secondo le caratteristiche personali e le inclinazioni caratteriali... facendo domande libere, mettendosi in crisi e trovando - spesso da soli e nella propria interiorità - le risposte che cercavano nel mondo.

Il testo ci è sembrato ben fatto poiché parla sovente di aspetti legati alla spiritualità in un buon parallelo con concetti di fisica quantistica e delle stringhe, ma spiegati in modo semplice ed accessibili a chiunque.

Ogni storia presente nel volume è legata, nella visione dell'Autore, ad un grado dan.
Si iniziano a cogliere certi valori già dal 1° dan, quando il pastore si guarda attorno in cerca delle tracce (la via, il Do).

Con il 2° dan si vedono chiaramente le tracce, ma non si comprende in pieno dove esse porteranno.

Con il 3° dan il pastore scorge il toro - la via in sé stesso ancora non chiara - e comincia l'inseguimento (per O' Sensei con il san dan inizia il vero randori, nella ricerca, nel lottare interiormente).

Con il 4° dan si cattura il toro e diventa più chiaro che l'avversario da domare siamo noi stessi.

Il 5° dan vede il toro domato ma ancora trattenuto (nel Judo è il grado più alto acquisibile
con il combattimento, con il 5° dan finisce la competizione... ma ancora è presente la separazione tra noi e l'avversario), anche nell'Aikido dovrebbe segnare la fine della ricerca tecnica per passare a quella più e
levata...

Con il 6° dan  il pastore cavalca il toro (il sé che cavalca/accompagna se stesso), l'io in separazione scompare, nel Judo il rosso (Ka) e bianco (Mi) si combinato - prima segnavano la separazione tra i contendenti (in gara uno indossa la cintura bianca l'altro la rossa) con il 6° dan la cintura bianco rossa unisce e il conflitto scompare e si intravede il cammino verso i Kami (nel Judo tradizionale solo dal 6° dan si poteva insegnare al Kodokan e porsi dal lato del kamiza).

Con il 7° dan la serenità è raggiunta, il toro è scomparso e c'è solamente il pastore.

Con l'8° dan si raggiunge la piena integrazione con il tutto e anche il pastore scompare, si è diventati un tutt'uno anche con l'ambiente esterno.

Il 9° dan è la rinascita di una visione del mondo (e dell'arte) completamente nuova (nel Judo la cintura diventa rossa).

Il 10° dan conclude il ciclo e il pastore diventato vero Uomo (guerriero non guerriero), semplicemente dona... la scomparsa di ogni tornaconto è totale e si sente l'integrazione completa con tutti gli esseri.

Il Fondatore dell'Aikido, durante il suo studio, approdò a sua volta ed al suo tempo a porti gli stessi interrogativi ed a cercare egli stesso risposte esaurienti a questi livelli di introspezione crescente: come è stato creato l'universo? Cosa c'era prima di esso? Esiste il caso o esso è frutto di un volere superiore? Com'è fatta la morte? Cosa può esserci dopo di essa? ...

Inutile ammettere che si tratta di argomenti filosofici piuttosto spessi, ma la necessità di ogni persona giunta ad un certo livello di studio di sé ci porta ad affermare che è bene rifletterci sopra.

Non ci sembra più il caso, né il tempo di prorogare la ricongiunzione dell'Aikido ai suoi aspetti più filosofici, spirituali ed esistenziali.

Si può praticare lo stesso - certo -... solo che ,mente tutti anelano possedere e saper esibire le "tecniche di Ueshiba", non si capisce come mai ci sia ancora così poca gente incline a fare in sé il processo che O' Sensei ha fatto dentro se stesso...

... e che implica affrontare anche questo tipo di tematiche.

"Il pastore, il toro, il vuoto e la Grande Morte" è un libro che supporta il lettore curioso in questo viaggio importante, e perciò ve lo segnaliamo!

Non si trova ancora molto spesso in giro un Aikido integrato nei suoi aspetti più tecnici e filosofici, così che a ciascuno viene lasciata la libertà (ma anche la responsabilità e l'onere) di andarsi a formare suoi diversi versanti alle scuole più disparate.

Quello che a noi è parso di certo il capolavoro del Maestro Giuriati può essere quindi di grande aiuto a quegli Aikidoka desiderosi di approcciare gli argomenti più sottili della vita e quindi della pratica (terminologie che per un praticante potrebbero o dovrebbero essere sinonimi), in modo chiaro, semplice, ma altrettanto profondo.

Questo libro serve ad essere letto, ma ancora di più a favorire una più profonda lettura dell'interiorità  del lettore stesso... e di questi tempi i kami solo sanno quanto ci sia bisogno di questa sana abitudine!

Vi consigliamo quindi "Il pastore, il toro, il vuoto e la Grande Morte" per fare questo viaggio trasformativo, del quale sicuramente non potrà che beneficiare anche la vostra pratica sul tatami!

1 commento:

Diego ha detto...

La veicolazione di un messaggio mediante archetipi et simila secondo me è ciò che distingue ogni Arte della Via. Consentono di ricongiungerci a quella parte di noi che spesso il razionalismo moderno soffoca. In questo ringrazio sempre l'Aikido, ogni giorno.

Comunque appena ho letto che nel titolo era presente "il toro", beh, ho subito pensato che "dal Texas vengono solo due cose"....LOL