Pressoché tutte le Scuole e gli stili di Aikido svolgono esami per il passaggio di grado dei praticanti.
Normalmente i gradi più bassi (kyu) vengono attribuiti nel proprio Dojo, mentre quelli più elevati (dan) si ottengono in occasione di raduni ed eventi nei quali sono previste opportune sessioni d'esame.
Sempre di solito (tranne rare eccezioni), vengono formate commissioni esaminatrici che hanno lo scopo di testare i candidati: gli esaminatori sono persone che dovrebbero sapere il fatto loro in materia di Aikido, così da non avere problemi nel giudicare con criterio chi si sottopone agli esami.
Ok, ma come si giudica correttamente un candidato agli esami?
Esistono errori madornali che è possibile compiere, pur facendo parte di un "consiglio di esperti"?
Nessuno ne parla, e sovente si sentono storie di "ingiustizie" che sembrano perpetrate proprio in occasione di esami tenuti davanti a (nominalmente) impeccabili commissioni esaminatrici...
Come mai? Cosa c'è che non quadra?
Ha ragione la commissione a promuovere/bocciare uno specifico candidato, o questi... che sostiene di essere stato fatto oggetto di pregiudizi... o non trattato secondo favoritismi concessi ad altri?
Il meccanismo dell'Aikido qui spesso si inceppa, ed i discorsi da spogliatoio diventano spesso "Hai visto, mi hanno segato mentre hanno promosso quello la che sapeva meno di me!".
Spesso ci sono abbandoni celebri di praticanti a seguito di bocciature "non digerite" agli esami.
Ci chiediamo cosa vada storto in quelle occasioni, facendo qualche riflessione insieme sul significato stesso degli esami e dei test per i passaggi di grado.
Innanzi tutto una commissione, nel suo modo di essere generalmente intesa, è un'insieme di persone che si riunisce per il giudizio di qualcosa, ma proprio per far si che esso possa risultare il più obbiettivo possibile, e non venga troppo influenzato dal pensiero soggettivo di un'unica persona.
Nell'Aikido tradizionalmente è il Maestro che decide, e può benissimo NON avvalersi di alcun "consiglio dei saggi" che lo supporti in ciò: se egli è "Sensei" sul serio, non dovrebbe averne bisogno, in quanto vigilerà lui stesso sulle sue intemperanze emotive, di cui sa di essere potenzialmente vittima.
In questo modo l'auto-referenzialità sale al massimo, e con essa anche il soggettivismo di una decisione: "Il Maestro diche che è così... perché SI!"... nessuna spiegazione o motivazione potrebbe essere aggiunta a ciò e l'allievo dovrebbe accettare ogni conseguenza di questa azione... confidando che essa è stata intrapresa nel suo interesse.
Sarà ora che i "Maestri veri" scarseggiano un po', sarà che l'Aikido si è espanso notevolmente a tutte le latitudini, ma le cose più importanti normalmente vengono decise in assemblee di senpai... e non per pontificazione di un Deus ex machina.
Le inteperanze di questo o quel membro dovrebbero quindi già essere calmierate dal saggio consiglio dei colleghi, che dovrebbero tendere a trovare prima un equilibrio interno, prima di esprimere qualsivoglia giudizio sui candidati che si sottopongono agli esami.
Già questo in Aikido non sempre si verifica, perché talvolta le commissioni non vengono - di fatto - costituite con persone che si conoscono bene fra loro e che sono già abituate a collaborare con profitto.
Spesse volte ci si conosce di vista, di fama, talvolta non si è nemmeno mai praticato insieme... e ciascuno non interviene nei giudizi altrui, solo perché poi pretenderebbe di essere ripagato dai colleghi con la stessa moneta, ma non per vera e profonda collaborazione!
Non sempre quindi le commissioni esaminatrici non possiedono quel volano di stabilità interna per il quale - almeno nominalmente - vengono formate: prendiamone atto.
Aggiungiamo a ciò il fatto che non sempre i membri di una commissione conoscono i candidati degli esami e le storie che stanno dietro a chi si presenta a sostenere i test.
Se da un lato ciò potrebbe agevolare una certa obiettività di quello ciò che si è chiamati a giudicare, dall'altro... si frappone ad un giudizio "saggio" di ciò che avverrà.
Ogni candidato ha una sua storia e quando performa una tecnica XY del suo programma, utile al raggiungimento di un grado secondo i prerequisiti tecnici della sua Scuola di riferimento, metterà dentro ciò che fa TUTTO se stesso: le proprie aspirazioni, insicurezze, competenze, timori, ambiguità... ciò che farà sarà la fotografia federe di una PERSONA, non di un modo di fare ikkyo o kotegaeshi.
Se nessuno conosce questa "storia pregressa" il rischio è che non si abbiano gli strumenti utili per decodificare bene a cosa si sta assistendo.
Merita più lo shodan un giovane arzillo e talentuoso che si allena al Dojo una volta al mese e per giunta distrattamente, ma che ha un'ottima capacità di scimmiottare il proprio Maestro... o una persona un po' più attempata o meno talentuosa che non perde mai una lezione, che quando va a casa non manca di riflettere su ciò che ha appreso a lezione, che sbaglia in continuazione, ma non si fa abbattere da ciò e persegue il fine di migliorare se stesso, pretendendo sempre più da sé?
Magari la tecnica migliore verrà mostrata dal primo esempio, mentre il secondo "farà quel che può" sotto il punto di vista tecnico, ma la sua azione sarà densa dello spirito che egli mette in ciò che fa!
Chi è il più "maturo" dei due sotto un punto di vista Aikidoistico?
Chi dei due impersona meglio a livello di significato il grado shodan?
Se ci fermassimo alle apparenze, promuoveremmo il primo (che invece sarebbe da castagnare!) e bocceremmo il secondo (che invece obiettivamente potrebbe non arrivare MAI a fare movimenti migliori di quelli che ha mostrato)... mentre se qualcuno conoscesse la storia dei candidati, questo errore potrebbe essere evitato, informando gli altri membri della commissione.
Altro esempio.
Arriva un allievo candidato per sostenere un esame dan: sarà una persona intenzionata ad insegnare o uno che continuerà a praticare per il puro gusto di farlo?
La differenza non è banale, perché ovviamente dal primo bisognerebbe pretendere di più che dal secondo, visto che a sua volta lui si assumerà la responsabilità della crescita di altre persone. Ma come sapere questo se nessuno ha relazioni con lui e se la commissione si deve accontentare di ciò che tecnicamente gli sarà presentato?
Altro esempio.
Abbiamo difronte a noi un candidato: dove vive e pratica di solito?
Quali sono stati i suoi Insegnanti?
Quali e quante sono state le sue possibilità di formarsi correttamente prima di sottoporsi agli esami?
Ci sono regioni d'Italia in cui le dinamiche Aikidoistiche sono molto accese (Piemonte, Campania, Lazio, Toscana, Emilia...) ed altre nelle quali sono quasi assenti (Molise, Abruzzo, Basilicata...): una praticante/Insegnante che è locato su un territorio sul quale avvengono stage di Aikido ogni settimana avrà sicuramente più possibilità di praticare sotto guide esperte di chi deve fare centinaia di chilometri e sobbarcarsi notevoli costi di trasferta per andare "a farsi vedere" da qualche occhio esperto.
Nel momento in cui all'esame ci capitasse una persona meno fortunata a livello logistico, siamo certi che dovremmo pretendere da lui lo stesso livello di qualità di chi ha 10 Dojo di shihan sotto casa?
Forse si, forse no... ma vale la pena di pensare quali potrebbero essere le conseguenze di una commissione che propende per l'una o l'altra decisione... ma nuovamente bisogna prima "conoscere i nostri polli"!
Altro caso... Si presenta una persona interessata ad iniziare a far crescere una comunità Aikidoistica in un luogo in cui adesso non c'è nulla: è bene fermarlo agli esami fino a quando non sarà "perfetto" o concedergli un grado che gli possa consentire di far progredire i suoi progetti a favore di una divulgazione empire più capillare dell'arte... facendogli presente che il suo valore è rapportato proprio alla sua situazione particolare, ma che egli dovrà contestualmente impegnarsi a colmare "ciò che ancora gli manca" nel procedere del suo cammino?
La troppa comprensione genera mostri esattamente come il troppo rigore uccide brava gente: la commissione esaminatrice avrebbe il compito di stare al di sopra di questi due estremi e fallimentari atteggiamenti.
Ogni cosa va contestualizzata, perché possa avere il suo massimo senso, valore e significato... quindi è importantissimo conoscere la persona che si giudica, fors'anche solo per constatare se essa abbia o meno fatto dei progressi sulla strada dall'ultima volta che l'avevamo incontrata!
Ma se ci fermassimo a giudicare SOLO ciò che vediamo, allora rischieremmo di promuovere/bocciare con notevole superficialità, poiché l'Aikido NON è la sommatoria delle sue tecniche, benché si esprima attraverso di esse.
Chi giudica, in commissione o meno, ha poi sempre il compito di agire a SUPPORTO della causa che porta avanti INSIEME a chi è giudicato, quindi non ne dovrebbe fare mai qualcosa né di troppo personale, né di eccessivamente impersonale.
I candidati sono ESSERI UMANI, non macchine utensili... quindi diventa sempre una questione piuttosto delicata il giudizio verso una realtà così complessa ed in continuo cambiamento: anche gli errori di giudizio spesso si pagano cari ed è necessario assumersi la responsabilità di conseguenze da essi causati.
L'Aikido attuale pecca - secondo noi - un po' di questo senso di responsabilità: è fin troppo facile attribuire ad una lista di tecniche da esibire il raggiungimento di un "modo di essere"!
Non c'è abitudine al lavoro di rete, perciò ogni Insegnante si sente un po' libero di fare il "piccolo O' Sensei" fra le mura del suo Dojo... fermo restando che poi non è così capace di collaborare con i suoi colleghi qualora gli venga affidata la responsabilità di far parte di una commissione esaminatrice, davvero in grado di farsi carico di un giudizio responsabile a 360º del candidato che si trova dinnanzi.
La cura a ciò talvolta è peggiore della malattia: ci si rinchiude nel nostro piccolo feudo a distribuire gradi "casalinghi, che non sono dipendenti da nessun altro... e che sicuramente si confanno al migliore dei giudizi "il nostro"... ma sono gradi riconosciuti solo fra coloro che ne attribuiscono un valore affettivo.
Andare d'accordo con una comunità ed essere costruttivamente interdipendenti è sicuramente più complesso dell'auto-referenzialità, ma significa intessere buone relazioni che spesso sono il vero tallone d'Achille per molti Maestri di Aikido.
Significa rimandare le proprie opinioni, facendo però anche nostre quelle degli altri, e trovando dei punti di equilibrio e mediazione fra le varie esigenze che si presentano: noi vorremmo sempre essere giudicati da commissioni che siano prima capaci di questo!
Pace ed armonia si... ma solo fino a quando non c'è possibilità di conflitto con qualcun altro: bella coerenza!
In ogni caso - come spesso ci diciamo su queste pagine - la situazione attuale sembra non molto attenta a questi aspetti relazionali e comunitari, con la conseguenza che a volte proprio dalle commissioni esaminatrici posso giungere i messaggi più ambigui e disfunzionali ai candidati che si sottopongono al loro giudizio.
L'unica è importante azione fattibile al momento ci sembra essere quella di RENDERSENE CONTO ed iniziare quindi a far si che ciò migliori ed evolva, partendo dai modesti ma importantissimi contributi di ciascuno di noi.
1 commento:
Oku-Iri, Sho Mokuroku, Go Mokuroku, Menkyo kaiden
I "vecchi" hanno ideato questo sistema e per un bel po' di anni ha funzionato ed ha consentito di tramandare le koryu.
Poi però via col ribaltone ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Comunque l'accettazione del responso di una commissione deve avvenire nel momento in cui si decidere di sostenere un esame e non dopo l'esame stesso.
Se voglio il grado di una scuola ne accetto le regole anche se bizzarre, perché io sarò un domani il prosecutore di quei principi per quanto strampalati possano essere.
Come pretendere un grado in Mio-Ryu mentre in realtà sono un "duro e puro" della scuola Sotuttoio-Kai?
A me sembra ipocrita. D'altronde le porte dei dojo sono quasi sempre belle larghe e come uno è entrato può anche uscire. Alemno per ora.
Tutto questo "circo" non credo possa essere considerato un esempio di Budo.
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