lunedì 1 luglio 2013

Maestro, io non ce la farò mai!!!

Crediamo sia veramente un peccato non fare tesoro delle esperienze che facciamo, incluse quelle di insegnamento...

... e quest'oggi vorremmo fare alcune riflessioni a voce alta sulle più che comuni "Aiki-pippe" mentali che spesso sentiamo esternare agli allievi preoccupati:

"Maestro, non ce la farò mai!... ma quando imparerò tutti quei nomi in giapponese?! Non mi viene niente...!"

"Maestro, ILLUMINAMI!"

Quanti mega pipponi simili sentiamo ogni anno, specie dai neofiti, ma anche da persone che frequentano da più tempo le lezioni... 

C'e quindi forse la necessità di chiarire alcuni aspetti fondamentali dell'apprendimento delle Arti Marziali, ed in particolar modo dell'Aikido, nel nostro caso!

In Aikido, l'Insegnante PROPONE una strada, l'ha già parzialmente percorsa e dovrebbe continuare a farlo: gli allievi sono al suo inizio, ma egli NON DEVE, NE' PUO' percorrerla al loro posto... quindi è naturale per chiunque incontrare PROBLEMI DA RISOLVERE sul tatami e nel Dojo.

Probabilmente egli non lo sa, ma forse è per questo che si è iscritto, cioè per imparare a non spaventarsi più nel tentare di risolvere i problemi che incontra.

Per esercitarsi in questa attività, vanno benissimo le forme tecniche che l'Insegnante propone - poiché sono novità, e che come tali mettono in difficoltà -, così come sono più che ottimi i contrasti di origine personale che si avvertono nei confronti del maestro e/o degli altri compagni di pratica.

Sono problemi.

E noi tramite l'Aikido impariamo a risolverne un tot, ma soprattutto impariamo a porceli nel modo più costruttivo ed arricchente possibile!

Ma, in ultima analisi, non c'è nessuno che insegna niente a nessuno, poiché vi sarà sicuramente capitato di vedere che ci sono persone alle quali NON si riserva alcun particolare trattamento (anzi che spesso non essendo problematiche vengono abbastanza lasciate in autonomia per dedicarsi ai "rompi balle del gruppo") che riescono eccellentemente a far tesoro degli insegnamenti che ricevono... a crescere ed evolvere grazie alla loro stessa volontà di farlo...

... così come in ogni gruppo si sarà verificata la presenza dei cosiddetti "imboscati" che si fanno ripetere sempre le stesse correzioni... che quando hanno sempre un problema in più di quanti siano riusciti a risolvere, che fanno della DIPENDENZA una modalità di pratica.

Quelli che quando dici che sbagliano, rispondono che è perché sono stanchi o perché è colpa del compagno.

Cosa cambia in queste due mega-tipologie di persone?
Che la prima ha voglia di progredire e SFRUTTA bene le occasione che un Maestro fornisce loro per farlo, mentre le seconde sono sempre quelle un po' a traino, quelle che HANNO BISOGNO, quasi come se fossero gli unici sul pianeta ad avere dei bisogni considerevoli...

... quelli che vanno in crisi, ma poi bisogna aiutarli ad uscire dalla crisi, perché da soli non ce la farebbero...

Tutti vanno in crisi, specie quando ci si confronta con aspetti di se e del prossimo che manco si credeva esistessero: ma la differenza è che i primi trovano in loro la spinta propulsiva di alzare le Aiki-chiappe dal luogo di loro stessi in cui sono finiti, mentre i secondi iniziano a fare la l'Aiki-carità, perchè noi "dobbiamo capirli"!

Dobbiamo capire UN CIUFOLO!

Chiediti perché vieni a praticare se sei sempre costantemente affranto da un dubbio, da un'insicurezza, da un problema... e soprattutto, se in virtù di ciò ti atteggi a gatto appeso agli zebedei del Maestro e dei compagni!

Ci sentiamo di essere abbastanza fermi con questa tipologia di comportamento, poiché ormai sappiamo riconoscere cos'è una difficoltà oggettiva, da quello che è una scusa... perpetrata all'infinito!

E quando ciascuno cerca una scusa da raccontare a se stesso... quanto è profonda la tana in cui può nascondersi!

Noi tutti oscilliamo chiaramente fra le due posizioni limite che abbiamo anzi descritto, ma la cosa sempre più evidente è che- lo ripetiamo - in Aikido NON c'è proprio NESSUNO che insegna NIENTE a nessun altro... al massimo ci può essere uno scambio di esperienze e consapevolezze, sempre se ciò è SCELTO da tutte le parti che partecipano al processo in atto.

Non si può però scegliere per gli altri, che eventualmente non la pensassero come noi.

Ecco la ragione per la quale, a parità di offerta dell'Insegnante, l'evoluzione dei singoli allievi è così eterogenea.

Le persone sono diverse, e la diversità di per sé è qualcosa di molto buono ed utile.

Anche le capacità sono diverse (chi ne avrà di più, chi di meno...), ma questa non è una cosa che preoccupa: è la buona volontà che dovrebbe fare da supporto a tutta l'attività che si svolge sul tatami, in modo tale da non spaventarsi eccessivamente per le difficoltà che in fondo ciascuno HA SOTTOSCRITTO di avere nel momento in cui ha iniziato a percorrere questo particolare tipo di cammino.

Se non si ha buona volontà, forza di volontà soprattutto... sarà molto facile rimanere impelagati nel "bicchiere mezzo vuoto", e credere le difficoltà insuperabili!

Certo, un principiante non ha sicuramente i mezzi e le esperienze per valutare se egli stesso sarà o meno in grado di cimentarsi e di superare quelli che gli paiono limiti invalicabili: in questo caso ci sta che il Maestro "chioccia" lo incoraggi ai suoi primi timidi passi sul tatami.

Il problema avviene quando questa dinamica si incancrenisce... e diventa la norma che ci si porta dietro fino al 3º dan...

"Se non vuoi avere difficoltà, vai da un'altra parte!"... dovrebbero forse recitare scritte intimidatorie sullo stipite dei Dojo!

Sempre più chiaro è che il superamento di un ostacolo deve innanzi tutto essere qualcosa di VOLUTO da sé, magari agevolato dal prossimo - il Maestro in questo caso -... ma impossibile da raggiungere senza l'adeguato investimento personale in primis in grado di smuovere le acque del "pantano" stesso in cui ogni allievo crede di essere caduto.

In fondo anche un famoso Shihan del passato recitava frasi come "Pace in terra agli uomini di BUONA VOLONTA'"... non si riferiva quindi a TUTTI, ma quelli che ci mettevano del loro per raddrizzare ciò che nasceva storto.

Questo Post è stato generato dalla constatazione amichevole, ma importante, di quanto a volte gli Insegnanti, i Maestri debbano apparentemente farsi troppo carico delle indecisioni e delle crisi degli allievi: ci sta, come abbiamo detto - sopratutto in una fase iniziale - ma continuare significherebbe, in qualche modo, diventare COLLUSI con un modo di rapportarsi malato, nel quale per credersi importanti... accettano di aiutare il prossimo, che però deve più che altro imparare ad AIUTARSI DA SOLO!

Il Maestro è forse colui che dovrebbe essere più degli altri capaci a elargire indipendenza a piene mani, anche se ciò risultasse per gli allievi l'occasione di dover imparare a risolvere qualche "problemino in più" che avrebbero demandato volentieri.

D'altronde è un processo ad escalation in entrambi i sensi: più si demanda, più si demanderebbe... più si prende in mano il proprio destino, meno lo si fa volentieri dipendere da altri.

E questo è un grande insegnamento... che può più o meno passare per la richiesta di fare una certa tecnica a mani nude, con le armi... di andare d'accordo con il compagno di pratica che si vorrebbe freddare con un colpo di 44 magnum...

... ma che comunque, se non viene compreso, e VISSUTO con l'esempio, rischia di portare danno all'interno di un Dojo nel quale si pratica una disciplina come l'Aikido.

Teniamolo a mente: un buon Maestro è qualcuno che confeziona BUONI problemi da risolvere per gli allievi, perché ha già scorto la loro possibilità di farcela, che essi ne siano consci O MENO!

A loro sta scoprire come... e FARLO, senza demandare al prossimo ciò che è possibile esperire solo in prima persona.

Basta quindi correggere chi non sfrutta bene le correzioni che gli vengono offerte: se un giorno dovesse lamentarsi di "essere stato abbandonato" dalle attenzioni dell'insegnante... gli si risponderà "BENVENUTO... nell'aver compreso quanta energia inutile richiedevi che venisse sprecata!".

Per il resto, è bene lasciarlo/a nel sui limbo... in cui per primo a deciso di ristagnare, e dal quale non è consentito farlo uscire, senza il suo cosciente assenso.

Spesso quindi quando ci dicono "Maestro, io non ce la farò mai!!!"... rispondiamo "Emmò so tutti Aiki-ciufoli TUOI!"

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