lunedì 15 aprile 2013

Non c'è grado che tenga!

Apriamo quest'oggi con un breve articolo di Nev Sagiba Sensei, tradotto per voi in italiano dalla nostra Redazione (qui il link all'originale)

"Non c'è nessun grado.
Il merito è di chi fa qualcosa.
Il rispetto è qualcosa di mutuo, altrimenti è solamente un atto formale.

Il livello di abilità non emerge dal colore della cintura, da una hakama, una discendenza o altri nomi che possono essere riportati su un certificato.

L'abilità vera ed effettiva è la nostra ricompensa. 

L'eccessiva esigenza di diplomi, nomi riportati ed altre cose simili denotano insicurezza e dubbi in merito al proprio reale livello di abilità.

In un campo di battaglia, un guerriero non cercherebbe i segni del vostro rango, quanto le vostre "aperture". Se le mostraste, lui le utilizzerebbe.


Nonostante tutti i riconoscimenti ed orpelli moriremo.

Se smettiamo di allenarci, così come i certificati e le medaglie raccolgono la polvere, diventeremo grassi, pigri, lassi, scoordinati e ci scorderemo delle cose.

E moriremo più lentamente, ma comunque moriremo.

Suppongo che dipenda da dove ci mente il nostro senso del valore.
Morire con l'illusione "dell'onore", o addirittura invece vivere una vita rispettosa ed onorevole, facendo cose utili e costruttive.

Le abilità emergono dal dedicarsi ad una pratica regolare, sincera e meticolosa... e vivendo una vita costruttiva, utile e produttiva.

Non c'è alcuna gloria nell'essere una pedina in mano a dei pazzi e morire giovani per niente. Assolutamente nessuna.


E questa è una lezione nella quale l'apprendere dalla strada più ostica non fa ottenere alcuna saggezza utile o pratica, eccetto forse per uno spettatore.

Le abilità provengono dal saper soddisfare le richieste (proprie e della vita n.d.t.) in modo qualificato ed efficace.
"Se non le utilizzi le perdi", e un po' di qualcosa è meglio che il nulla. Facciamo ciò che possiamo.

Questo è tutto ciò che un essere umano può fare.

Provare a fare ciò che non possiamo è una perdita di tempo, ma fissare ciò come il nostro punto di arrivo ed aggiungendo rate regolari e gestibili di impegno la muta in una miniera d'oro di potenziale trasformativo che si sprigiona lentamente ed inesorabilmente".

[Nev Sagiba]


E allora come mai spesso sembra così importante il grado per un Aikidoka?!

Forse perché non essendoci competizione in Aikido, quello è l'unico modo di vedersi riconosciuto il proprio impegno?

Non era difficile questo sistema di "comparazione di conoscenze", quando l'insegnate era uno solo (chi GIUDICAVA, cioè)... Morihei Ueshiba, ed era a suo insindacabile giudizio l'attribuzione di un grado ad un allievo.

Ben diversa è la nostra realtà attuale sul territorio: 1000 tipi di Aikido, hanno generato 10000 Insegnanti che utilizzano lo stesso tipo di grado per contraddistinguersi, ma realmente essi rappresentano qualcosa di uniforme?

Se non non avessimo mai sentito parlare di Aikido, ed intendessimo iscriverci ad un corso... propenderemmo per frequentare lezioni di un 2º dan o di un 6º dan?

"boh, che ne so io... più il grado è alto... più sarà BRAVO!"... questo è il pensiero più ricorrente nella mentalità comune.

In effetti è sempre qualcosa di complesso il giudizio di una persona utilizzando numeri che vanno da 1 a 7!

Idealmente il grado è qualcosa che dovrebbe rimandare il livello di coinvolgimento nell'Arte... non solo in termine tecnico, ma anche personale... esistenziale, potremmo dire...

Più è alto, maggiore dovrebbe essere la consapevolezza e la responsabilità di chi lo porta nei confronti dell'Aikido stesso: purtroppo però usare il condizionale è d'obbligo!

NON E' COSI': conosciamo schiere di 6º dan che sanno una frazione della metà di niente di ciò che i nostri Insegnanti ci mostrano al Dojo... così come alcuni 2º dan ai quali noi non saremo "neanche degni di slacciare i sandali" per il loro ingaggio totale in ciò che fanno e per le abilità che hanno di conseguenza saputo sviluppare!

Il grado quindi è qualcosa di molto più relativo, e molto meno algebrico di quanto un numero possa far pensare...

Impegniamoci allora come se il nostro valore dovesse essere solo attribuito da noi stessi, a seconda di quanto valutiamo significative le nostre azioni, e non aspettiamoci per forza che questo valore sia condiviso sempre dagli altri, o - addirittura - da tutta la società Aikidoistica che ci circonda!

Le abilità che sviluppiamo saranno utili innanzi tutto a noi, al massimo ai nostri compagni di pratica più prossimi e/o allievi.

Il migliore riconoscimento è quello interiore, del quale il grado "esteriore" non dovrebbe che essere specchio... ma anche se così non fosse, non importa poi più di tanto.

Guardando l'incredibile abbondanza di alti gradi in Aikido, anche presenti sul territorio italiano, e l'assoluta condizione di miseria in cui attualmente affonda la nostra disciplina in termini di popolarità, cultura e significato per l'uomo della strada, dobbiamo concludere che qualcosa ha fatto cilecca nel sistema delle attribuzioni degli attestati... oppure di come essi non siano onnicomprensivi di tutto il valore ed il merito che ogni Aikidoka maturo dovrebbe possedere.

Quanti Aikidoka sottostanno - ancora oggi - a compromessi assurdi di qualche Maestro guru per vedersi recapitare dopo anni di "lecchinaggio" il tanto agognato "grado giapponese"?

Troppe lotte fra poveracci per mantenere "il proprio orticello", per conquistare il titolo di esperto mondiale di kotegaeshi... per fidelizzare gli inesperti sulla sorta di qualche sorta di discendenza diretta fra sé e la badante del vicino di casa del Fondatore...

I gradi sono forse quelli alcolici... di una sorta di "sbronza collettiva" che ci fa credere che sembrare importanti agli occhi del mondo sia più utile di fare di tutto per esserlo per davvero ai nostri stessi occhi!

Forse è attuale l'esigenza di un po' di sobrietà e di una sana capacità di non prendersi troppo sul serio, pure in Aikido.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravissimo.
E' il mio pensiero circa l'Aikido.
Ho visto troppe volte "Maestri" che non insegnavano ma, si vantavano del loro "grado". Più volte mi è stato chiesto "chi ti ha dato la cintura nera"? la mia risposta è stata SEMPRE "se il mio Maestro/Insegnante mi reputa all'altezza sono una cintura nera". Io pratico l'Aikido da diversi anni e mai ho pensato al grado; ho cercato e continuo a cercare la bellezza e l'eleganza nei movimenti e nelle tecniche certo che sia il modo migliore per apprendere e coltivare l'Arte Marziale dell'Aikido.
Francesco G.