Allievo - "Sensei, qual è il modo giusto di eseguire questa tecnica?"
Maestro - "Non ne ho la più pallida idea... mi sono accorto che non l'ho capita nemmeno io!"
Certo, molti di noi non vorrebbero sicuramente frequentare un corso diretto da un simile incompetente!
Desideriamo indicazioni sicure, un punto di riferimento stabile... tecnicamente preparato, che garantisca una nostra crescita costante...
E' però altrettanto vero che in Aikido il Maestro si connota spesso di tutt'altri attributi, potremmo dire però altrettanto inutili: quelli dell'infallibilità!
Il Sensei ha SEMPRE un modo migliore per muoversi (sul tatami, come nella vita): etimologicamente questo termine significa appunto "colui che è venuto prima", quindi che ha accumulato più esperienza di chiunque altro dei presenti, come può cadere in errore!
Ultimamente ci siamo imbattuti in un interessante paradosso pedagogico ed educativo... ossia l'importanza degli errori nel processo di apprendimento.
Ci siamo meravigliati quindi, subito dopo, nel vedere quanto lo stereotipo di Maestro di Aikido tenda ad allontanarsi dalla possibilità di onorare tale importanza.
Ma perché mai dovrebbe essere così importante sbagliare?!
A quanto pare, tutto ciò che sappiamo passa attraverso il costante confronto fra ciò che pensavamo di sapere ed il dato di realtà oggettivo che ci si para innanzi agli occhi.
Da questa differenza - fra teoria e realtà -, si aggiusta il tiro di volta in volta, per far si che la sensazione interna si avvicini sempre più al dato sperimentabile in prima persona.
L'imitazione di un altro individuo, il Maestro per esempio... dei suoi movimenti, modi di pensare o di atteggiarsi è come se offrisse un modello al quale temporaneamente uniformarsi per constatare (o meno) se le azioni che intraprendiamo su suo suggerimento, hanno risultati simili o differenti da ciò che ci si sarebbe aspettati.
Quindi apprendere significa sviluppare la capacità di adattamento ai nostri parziali insuccessi, per trasformarli in futuri successi, tramite una correzione del proprio atteggiamento (fisico, posturale... emotivo, mentale, filosofico, spirituale...).
Un nostro Aiki-amico proprio pochi giorni fa scriveva sul Web: "in teoria non c'è differenza fra teoria e pratica, ma in pratica c'è"!
A cosa ci serve quindi un Insegnate che ci indica la "retta Via"?!
Ci serve piuttosto una persona che ci permetta di fare "buoni errori", cioè sbagli che siamo in grado di comprendere e sui quali possiamo lavorare per migliorarci.
Ma come avverrà questa cosa?
Mostrandoci con l'esempio che egli stesso è in grado di migliorare, e che quindi ciò che fa oggi potrà apparire sbagliato nell'ottica di domani.
Un Sensei quindi è un individuo che si evolve, cioè che compie lo stesso percorso di un suo allievo, magari a livelli di affinazione superiori dell'Arte praticata.
Ma quindi per definizione sbaglia!
SI, ha imparato a sbagliare nel modo più proficuo possibile, accettando questa sua condizione di perenne "instabilità", si è tolto dalla testa il dogma della sua infallibilità ed è disposto continuamente a mettere in discussione il suo operato: attraverso ciò è in grado di evolversi continuamente e può indicare lo stesso processo anche agli altri, poiché è il primo a conoscerlo dall'interno.
Ma allora un Insegnante autentico non può utilizzare troppi "assoluti" mentre parla: le fotografie statiche di qualcosa - ad esempio le tecniche di base in Aikido - servono solo in quanto strumenti... possono essere sfogliate in un album, per ripercorrere una storia in pochi minuti.
In Sensei le utilizza poiché rendono bene l'idea di qualcosa che egli vuole sottolineare come principio, non in quanto importanti in sé stesse. Se crede egli stesso di fornire una qualche sorta di verità immutabile, non si rende conto che sta bloccando il processo di apprendimento proprio ed altrui.
Ci riferiamo qui a tutti coloro che idolatrano i Maestri insuperati ed ormai scomparsi delle prime generazioni: tecnici, marzialisti, filosofi di dimensioni veramente grandi, che hanno dedicato tutta la loro esistenza allo sviluppo e divulgazione dell'Aikido.
Essi forse sono gli unici a non poter più sbagliare, poiché sono morti!
I cadaveri infatti sono gli unici "individui" che sono incapaci di sbagliare, ma anche di imparare!
Ma riferirci a loro in continuazione non ci donerà questa loro unica proprietà: ma sicuri che la desidereremmo?
Noi siamo vivi e studiamo per evolverci, quindi ciò che era vero ieri, oggi diventa relativamente vero, e forse domani realizzeremo che sarà parzialmente sbagliato... e viceversa, ovviamente...
Ma gli Insegnanti di Aikido sono consci di questo enorme valore dello sbaglio?
Già solitamente mentre spiegano come si esegue un movimento ci dettagliano per 10 minuti come NON si fa, quasi a volerci mettere al riparo dagli errori più comuni. Ma ci fanno un piacere vero?
Cercano di rappresentare al meglio una forma per far compiere errori nutrienti ai loro allievi, perché li lasciano poi trovare parzialmente da soli il nodo della matassa, o perché credono realmente di compiere il movimento più "giusto"?
Le persone sono tutte diverse, quindi anche se al fondo di una lunga ricerca addivenissimo ad una qualche convinzione stabile su qualcosa, quella non sarebbe altro che la NOSTRA convinzione stabile.
Un'altra persona potrebbe giungere ad altre conclusioni.
Quindi sembra essere molto più produttivo capire come si fa a fare tesoro delle proprie esperienze - e quindi anche dei propri errori - che trovare qualcuno che ci istrada a fare ciò che EGLI ritiene sempre giusto.
L'apprendimento è un processo che non è quindi più di tanto oggettivabile, giacché viene utilizzato con soggetti per definizione molto diversi fra loro.
A meno che non si desideri formare classi di allievi robot...!
Un buon Maestro quindi non offre molte risposte, al massimo aiuta a porsi buone domande!
Spesso ricorre al paradosso, e forse anche alla contraddizione: un giorno dice OK andare a destra, il giorno seguente invece secondo lui va bene andare a sinistra...
... e l'allievo rimane spiazzato e confuso. In realtà questa operazione è fondamentale per spostare le convinzioni di quest'ultimo "da una parte all'altra", in modo da spingere i soggetti a trovare una loro risposta equilibrata da qualche parte fra questi due estremi antinomici.
Poi sa di essere soggetto ad errori, quindi sarà molto più comprensivo nei confronti di coloro che lo frequentano: al massimo li spronerà ad avere il coraggio di sbagliare nuovamente, in modo da agevolare ulteriore evoluzione.
Li avete mai sentiti discorsi del tipo: "mi sono allenato per 20 anni nella scuola X, poi ho aperto gli occhi ed ho capito che l'Aikido vero era seguire gli Insegnamenti del Maestro Y... ed ora si che ho trovato la giusta strada!".
Nulla di male se una frase simile provenisse da un principiante, ma cosa dire se fosse pronunciata da un Maestro?! (cosa che abbiamo udito con le nostre orecchie almeno una quindicina di volte, ed attuale ricorrente slogan di molti Insegnanti di alto rango, quotati in territorio europeo!).
Che non ha capito veramente nulla di come si impara, e quindi di come si insegna... oppure che ad un certo punto del suo cammino ha avuto voglia di "tirare i remi in barca", vivere di rendita e smettere di mettersi in discussione!
Cosa dice in merito un vero Insegnate?
Forse più una frase tipo: "mi sono allenato per 20 anni nella scuola X, dalla quale mi sembrava di poter apprendere al meglio, poi SONO CAMBIATO ed ho capito che l'Aikido che volevo imparare poteva essermi dato invece al quel tempo dal Maestro Y...
... ed ora PROPRIO NON SO quanto durerà questa fase e quante volte ancora dovrò cambiare Via per continuare ad apprendere cose nuove".
L'esperto infatti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è la persona che sa tutto di un particolare campo, ma è colui che in esso ha compiuto tutti gli errori possibili, e - proprio in virtù di questo - sa ora come starne alla larga!
Con questo non affermiamo che sia necessario sbagliare sempre e comunque, anche quando lo si sapeva in precedenza, ma che il processo di apprendimento è in parte anche basato sulla capacità di districarci dalle conseguenze delle nostre azioni più maldestre.
Una nuova definizione di maestro potrebbe essere: "colui che ha imparato meglio di altri a fare tesoro dei propri errori... e non teme perciò di compierne in futuro".
Ogni certezza ha in sé il principio della morte, se è resa eccessivamente rigida ed immutabile.
La possibilità di cambiare invece è strettamente collegata a quella di peggiorare... e quindi di sbagliare.
Cosa preferiamo quindi: addivenire a rassicuranti certezze o a stimolanti verità provvisorie?
"Maestro, tu che sei quello che ha sbagliato prima di noi e più di tutti noi, insegnaci a sbagliare con profitto!".
Questo richiede coraggio, stimola a non prendersi troppo sul serio... rimanendo umili... e non smettendo di avere un sorriso sul volto mentre si percorre la Via...
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