martedì 11 maggio 2010

Chi ha ragione e chi non ha torto


Spesso ci siamo trovato a chiederci chi faccia bene e chi faccia male su un tatami...

... gli stili sono molteplici, gli Insegnanti sono preparati in modo molto differente l'uno dall'altro.

In tutto il mondo si studiano perlopiù le stesse tecniche e forme, ma si ha talvolta è la sensazione di essere dinnanzi ad uno spettacolo finale molto eterogeneo per quello che riguarda la pulizia tecnica, la marzialità, l'etica, la filosofia... e bla, bla, bla!

Quindi abbiamo preso come riferimento un esercizio abbastanza comune, il Kata dei 31 movimenti di Jo, Sanjuichi no Jo Kata, perché è molto facile reperirne in rete un gran numero di versioni differenti.



Questa è la versione più antica che siamo riusciti a reperire, eseguita da Morihiro Saito Shihan ad Iwama. Fu lui a codificare questo Kata e quindi a divulgarlo pressoché in tutto il mondo. Oggi quasi ogni scuola di Aikido ne conserva una sua versione più o meno fedele.




Questo è lo stesso Kata, eseguito dalla stessa persona, in un'altra stagione della sua vita.
Gli occhi più attenti potranno notare come siano state apportate significative modifiche nei movimenti. Questo non sta probabilmente a significare che la versione precedente era "sbagliata".... ma sicuramente che c'è stata un'evoluzione nel modo di praticare gli stessi movimenti, alla luce dell'esperienza maturata nel frattempo.




Stessa pratica... secondo la scuola di Hiroaki Kobayashi Sensei.
Ma possiamo ancora continuare a lungo...




Non conosciamo questo Aikidoka: ci pare che il suo spirito sia molto meno focalizzato su ogni movimento specifico, la sua forma complessiva ricorda quella "originaria" (sempre se questo dire può avere senso!), ma ogni singolo gesto sia più formale che sostanziale, con un'attenzione ai dettagli decisamente più scarsa.




Ora è la volta della scuola Yoshinkan Aikido: qui i movimenti si fanno più "rigidi", schematici, forse più facilmente leggibili da un neofita. Appare meno chiara la consapevolezza di ciò che accade rispetto "all'avversario ombra" con il quale si duella in ogni istante del Kata. In buona sostanza ci sembra meno probabile la sua applicazione nel caso in cui esso divenga fisico, ma forse questo è solo un limite didattico auto-imposto, che non ne pregiudica la validità durante l'apprendimento.




Ora Ki Aikido: il Kata è differente, ma è evidente la parentela nei movimenti, molti passaggi sono segnati dalle stesse sequenze, benché l'interpretazione che viene data ad ogni singolo movimento, così al loro insieme sia completamente diversa, privilegiando la fluidità alla definizione...




Hotoira Saito Sensei, il figlio di Morihiro Saito Shihan: abbiamo avuto l'onore di seguire personalmente più volte i suoi insegnamenti, sia in Italia, così come all'estero. Qui si esprime potenza e marzialità.




Altro Insegnante conosciuto e seguito di persona, Daniel Toutain Sensei... proveniente dalla stessa scuola precedente. Chi è attento può cogliere alcune differenze minime, ma significative nell'interpretazione.



Non ci esimiamo noi stessi a proporre (dal minuto 2:20 del video) la versione che noi stessi credevamo decente un paio di anni fa (ma che ora è stata notevolmente modificata). Non sarebbe giusto farlo, dopo avere abozzato alcuni giudizi, seppur a nostro dire con fare costruttivo, di altre esecuzioni dell'analoga pratica.

E in definitiva: chi fa 31 no jo Kata meglio?

I grandi Maestri, forse, verrebbe spontaneo dire...

Ma cosa vuol dire poi questo "meglio"?!

Più fedele all'originale?
Fare un Kata non può solo voler dire essere capaci di copiare!

Più veloce, più marziale, più fluido?
Siamo sicuri che una di queste qualità possa o debba eclissare le altre?

Più interpretato personalmente?
Se si, siamo ancora certi di saper mantenere all'interno i necessari contenuti, quando la forma tende a sfumare?

Le nostre in realtà sono tutte provocazioni...

Un tempo anche noi andavamo in giro per l'Aiki-Mondo alla ricerca del Kata perfetto, e del Maestro che ce lo potesse insegnare.
Ora non abbiamo smesso di ricercare il senso profondo di questo tipo di pratica, ma sempre più abbiamo la sensazioni che il Kata spieghi se stesso durante l'esperienza che ne si fa personalmente... poiché così si trasforma da oggetto di studio a strumento di studio... e quindi smette di "ingabbiare" ed inizia la sua funzione di supporto all'evoluzione di ciascuno.

Le nostre parole non sono definitive, perché siamo ancora in viaggio, ma siamo interessati a stimolare in ciascuno le stesse riflessioni scaturite dal vedere eterogeneità anche all'interno della stessa pratica.

Non tutto è giusto, non tutto vale la pena di essere sperimentato, ma sempre più ci affiora il dubbio che tutto però ha un suo senso nell'essere considerato, in modo da non perdere in modo cieco la possibilità di crescita offertaci magari da chi parla solo un dialetto differente della nostra stessa lingua...

Siamo curiosi, cosa ne pensate?

1 commento:

Carlo ha detto...

Come sempre, condivido le tue riflessioni e le trovo attente e stimolanti.
Sull'argomento mi interrogo anche io da un po' di tempo, ed in realtà ricordo che leggendo il libro di PaulBuden dedicato ai Kata del Kendo venia espressa proprio una posizione simile. Ovvero il kata non debve ssere visto come una pratica fissa ed immutabile (pur conservando - ovviamente - le sue regole) quanto piuttosto come uno strumento da utilizzare per scoprire la pratica, indagare i principi ed ascoltare sé stessi.