Siamo qui a fare ricerca a 360° sull’Aikido, ad indagare sul suo conto, a tentare di entrarne nell’ottica…
ma non ci siamo fino ad ora mai fermati a definire con precisione questa disciplina.
Cos’è l’Aikido?!
È tutt’altro che banale la domanda, e ancora meno lo è il darle una risposta univoca e definitiva!
L’Aikido “è l’Arte Marziale coniata nello scorso secolo da Morihei Ueshiba”… bla, bla, bla…
abbiamo più o meno tutti sentito esordire il discorso in questo modo…
… non asseriamo che sia falso, ma la storia dell’Arte ne comprende la sua essenza?
Ne chiarifica le origini, ne esplica gli intenti, forse ne fa scorgere gli orizzonti… ma è questo l’Aikido?
Anche altri Arti Marziali sono scaturite dal genio dei fuoriclasse che hanno fatto la storia del Budo, indipendentemente dal loro tempo e luogo (in Cina si sarebbe detto Kung Fu, Pa Qa Chan, in Medio Oriente Kalaripajit… poco importa ora).
Cosa fa dell’Aikido una disciplina a sé?
Il fatto di mirare alla crescita personale e di cercare la pace anche dentro la guerra?
No, questo è comune ad ogni disciplina che ha sostituito la parte finale del suo nome con [道] DO… (Aikijutsu, Karatejutsu, Jujutsu, Kenjutsu, Iaijutsu, Jojutsu, Kyujutsu…. Bujutsu, con AikiDO, KarateDO, JuDO, KenDO, IaiDO, JoDO, KyuDO… BuDO)
Il kanji della parola Bu sta proprio a raffigurare l’atto di “seppellire l’alabarda” [武].
Budo quindi è “la Via di seppellire le armi”…. Cioè la ricerca della Pace.
Il pacifismo è profondamente insito nell’Aikido e lo permea, ma non lo contraddistingue da tutte le forme marziali precedenti, a dire storicamente la verità…
Molte volte per definire una realtà è più semplice pensare a cosa in realtà questa NON sia…
L’Aikido è sicuramente una realtà tangibile e quindi continuiamo l’indagine su cosa essa possa o non possa essere!
Molti sono propensi a credere che la tecnica sia veramente importante in Aikido e contraddistingua questa Arte tra tutte…
Ci chiediamoci quindi: l’Aikido è la tecnica?
Può darsi che lo sia, ma studi storici hanno mostrato che anche altri stili di lotta adottano movenze del tutto analoghe ai nostri cari kotegaeshi, ikkyo e shihonage! Alcuni stili interni (cioè morbidi) del Kung Fu ne sono una chiara testimonianza, in primis le forme marziali ormai quasi del tutto scomparse di Tai Chi Chuan. Queste incredibili analogie hanno addirittura portato alcuni a chiedersi: “O’ Sensei è veramente il creatore dell’Aikido, o esso pre-esisteva a Morihei Ueshiba?”.
Per via della profonda etica pacifista che permea l’Aikido, alcuni tendono ad identificare quest’ultimo con l’etichetta incarnata sul tatami.
L’Aikido è quindi la sua etichetta?
E cosa dire del caratteristico abbigliamento di cui si vestono i praticanti e che li contraddistingue da altre importanti discipline del ramo…
L’Aikido è fatto dal suo abbigliamento?
L’Arte della Pace e dell’Armonia è poi sicuramente di origine marziale ed in questo contesto esprime un suo particolare valore: si parla di contatto fisico, di gestione dell’energia ricevuta dall’attaccante, di rispetto delle sue articolazioni mentre si controlla il suo impeto…
L’Aikido è qualcosa di fisico?
Se si, abbiamo bisogno di un fisico per poterlo vivere… tuttavia anche agire consapevolmente per sciogliere una tensione interpersonale potrebbe essere considerato di diritto un’efficace tecnica d’Aikido…. ben prima di venire interessati da una colluttazione fisica!
…. e, in oltre, se è fisico…. cosa è essenziale che ci sia in un corpo umano per poter fare Aikido?
Abbiamo visto nel Post della settimana scorsa che anche i diversamente abili possono cogliere frutto dalla sua pratica… ma cosa è indispensabile che abbia… occhi, mani, braccia? Gambe?
Abbiamo notizia di praticanti ciechi, con un arto sintetico… nella foto vediamo addirittura una simulazione di chi prova a fare Aikido anche senza gambe!
Pur non volendo necessariamente rispondere in modo esaustivo, ci pare evidente come l’Aikido non possa essere univocamente definito da nessuno degli aspetti che fino ad ora abbiamo citato, se presi ciascuno in maniera a sé stante.
L’Aikido non è solo la tecnica, l’etichetta, l’abbigliamento, l’aspetto fisico… anche se è sicuramente contenuto profondamente in ciascuno di questi campi.
Alcuni ritengono che l’Aikido possa essere appropriatamente definito dai principi che contiene: questi sono di carattere geometricamente fisico, ma anche etico, filosofico… e forse anche spirituale
ma il problema, in questo caso, si manifesta proprio nell’impalpabilità di tali principi, che ne consente la percezione solo in virtù di una esperienza personale della loro esistenza…. e non grazie alla descrizione che altri possono fare di essi.
È l’eterno problema che presentano le forme d’Arte più autentiche: l’ineffabilità!
È il dramma di chi non può ANCORA parlare di una cosa prima di averne fatta esperienza… e di chi non può PIU’ parlarne dopo averla fatta, senza rischiare che qualcosa venga sminuito!!!
Anche "Dante Sensei" parla in modo diffuso di questo paradosso nell’ultimo Canto della Commedia…
“O somma luce che tanto ti levi da’ concetti mortali,
a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi,”
e fa la lingua mia tanto possente, ch’una favilla sol
de la tua gloria possa lasciare a la futura gente”.
ma non ci siamo fino ad ora mai fermati a definire con precisione questa disciplina.
Cos’è l’Aikido?!
È tutt’altro che banale la domanda, e ancora meno lo è il darle una risposta univoca e definitiva!
L’Aikido “è l’Arte Marziale coniata nello scorso secolo da Morihei Ueshiba”… bla, bla, bla…
abbiamo più o meno tutti sentito esordire il discorso in questo modo…
… non asseriamo che sia falso, ma la storia dell’Arte ne comprende la sua essenza?
Ne chiarifica le origini, ne esplica gli intenti, forse ne fa scorgere gli orizzonti… ma è questo l’Aikido?
Anche altri Arti Marziali sono scaturite dal genio dei fuoriclasse che hanno fatto la storia del Budo, indipendentemente dal loro tempo e luogo (in Cina si sarebbe detto Kung Fu, Pa Qa Chan, in Medio Oriente Kalaripajit… poco importa ora).
Cosa fa dell’Aikido una disciplina a sé?
Il fatto di mirare alla crescita personale e di cercare la pace anche dentro la guerra?
No, questo è comune ad ogni disciplina che ha sostituito la parte finale del suo nome con [道] DO… (Aikijutsu, Karatejutsu, Jujutsu, Kenjutsu, Iaijutsu, Jojutsu, Kyujutsu…. Bujutsu, con AikiDO, KarateDO, JuDO, KenDO, IaiDO, JoDO, KyuDO… BuDO)
Il kanji della parola Bu sta proprio a raffigurare l’atto di “seppellire l’alabarda” [武].
Budo quindi è “la Via di seppellire le armi”…. Cioè la ricerca della Pace.
Il pacifismo è profondamente insito nell’Aikido e lo permea, ma non lo contraddistingue da tutte le forme marziali precedenti, a dire storicamente la verità…
Molte volte per definire una realtà è più semplice pensare a cosa in realtà questa NON sia…
L’Aikido è sicuramente una realtà tangibile e quindi continuiamo l’indagine su cosa essa possa o non possa essere!
Molti sono propensi a credere che la tecnica sia veramente importante in Aikido e contraddistingua questa Arte tra tutte…
Ci chiediamoci quindi: l’Aikido è la tecnica?
Può darsi che lo sia, ma studi storici hanno mostrato che anche altri stili di lotta adottano movenze del tutto analoghe ai nostri cari kotegaeshi, ikkyo e shihonage! Alcuni stili interni (cioè morbidi) del Kung Fu ne sono una chiara testimonianza, in primis le forme marziali ormai quasi del tutto scomparse di Tai Chi Chuan. Queste incredibili analogie hanno addirittura portato alcuni a chiedersi: “O’ Sensei è veramente il creatore dell’Aikido, o esso pre-esisteva a Morihei Ueshiba?”.
Per via della profonda etica pacifista che permea l’Aikido, alcuni tendono ad identificare quest’ultimo con l’etichetta incarnata sul tatami.
L’Aikido è quindi la sua etichetta?
E cosa dire del caratteristico abbigliamento di cui si vestono i praticanti e che li contraddistingue da altre importanti discipline del ramo…
L’Aikido è fatto dal suo abbigliamento?
L’Arte della Pace e dell’Armonia è poi sicuramente di origine marziale ed in questo contesto esprime un suo particolare valore: si parla di contatto fisico, di gestione dell’energia ricevuta dall’attaccante, di rispetto delle sue articolazioni mentre si controlla il suo impeto…
L’Aikido è qualcosa di fisico?
Se si, abbiamo bisogno di un fisico per poterlo vivere… tuttavia anche agire consapevolmente per sciogliere una tensione interpersonale potrebbe essere considerato di diritto un’efficace tecnica d’Aikido…. ben prima di venire interessati da una colluttazione fisica!
…. e, in oltre, se è fisico…. cosa è essenziale che ci sia in un corpo umano per poter fare Aikido?
Abbiamo visto nel Post della settimana scorsa che anche i diversamente abili possono cogliere frutto dalla sua pratica… ma cosa è indispensabile che abbia… occhi, mani, braccia? Gambe?
Abbiamo notizia di praticanti ciechi, con un arto sintetico… nella foto vediamo addirittura una simulazione di chi prova a fare Aikido anche senza gambe!
Pur non volendo necessariamente rispondere in modo esaustivo, ci pare evidente come l’Aikido non possa essere univocamente definito da nessuno degli aspetti che fino ad ora abbiamo citato, se presi ciascuno in maniera a sé stante.
L’Aikido non è solo la tecnica, l’etichetta, l’abbigliamento, l’aspetto fisico… anche se è sicuramente contenuto profondamente in ciascuno di questi campi.
Alcuni ritengono che l’Aikido possa essere appropriatamente definito dai principi che contiene: questi sono di carattere geometricamente fisico, ma anche etico, filosofico… e forse anche spirituale
ma il problema, in questo caso, si manifesta proprio nell’impalpabilità di tali principi, che ne consente la percezione solo in virtù di una esperienza personale della loro esistenza…. e non grazie alla descrizione che altri possono fare di essi.
È l’eterno problema che presentano le forme d’Arte più autentiche: l’ineffabilità!
È il dramma di chi non può ANCORA parlare di una cosa prima di averne fatta esperienza… e di chi non può PIU’ parlarne dopo averla fatta, senza rischiare che qualcosa venga sminuito!!!
Anche "Dante Sensei" parla in modo diffuso di questo paradosso nell’ultimo Canto della Commedia…
“O somma luce che tanto ti levi da’ concetti mortali,
a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi,”
e fa la lingua mia tanto possente, ch’una favilla sol
de la tua gloria possa lasciare a la futura gente”.
[Paradiso, Canto XXIII]
Questi principi sarebbero comunque sempre ulteriormente indagabili ed approfondibili e nemmeno il Fondatore dichiarò mai di averli posseduti in modo completo… tanto da affermare in più occasioni che una vita intera non è sufficiente per conoscere e padroneggiare l’Aikido!
Le cronache rimandano che in punto di morte, O’ Sensei avesse dichiarato: “Vado a praticare da un’altra parte”…. non “Vado ad insegnare”, ma “Vado a praticare”…. in segno della sua consapevolezza che questo cammino di crescita può essere praticamente senza fine.
Ciò che è sottile, spirituale forse potremmo dire, per definizione non si vede, ma pare essere più vasto e potente di ciò che è oggettivabile: un buon parallelo potrebbe essere dato da il nostro stesso Dojo…
… durante la pratica siamo sorretti dal tatami e lo vediamo, ma cosa sorregge il tatami?
Il terreno sorregge il tatami, è più vasto di esso, ma non lo vediamo perché sta sotto, nascosto dalle materassine stesse che ci consentono l’allenamento.
Un’ipotesi: forse anche l’Aikido è simile… si manifesta e si esprime in tecniche, etichette, filosofie che lo contraddistinguono… ma la sua essenza rimane forse celata e radicata ad un livello più sottile e profondo, con il quale ci auguriamo presto di entrare in intima relazione e di poter forse esperire proprio attraverso la pratica.
È noto in sociologia che la relazione “io + qualcun altro” genera da sé la presenza di una terza entità “vivente” (la relazione stessa) che agisce e modifica i partecipanti all’incontro, secondo la nota equazione:
“Io + qualcun altro” > “io” e “qualcun altro”
… ciò è vero nelle relazioni umane in genere, prima che sui nostri tatami.
Ma in un’azione marziale in cui le parti coinvolte CO-creano una risposta, collaborano ad un processo di risoluzione del conflitto, non si ha un aggredito che genera una risposta SU un aggressore, ma piuttosto CON l’aggressore.
Da questo si può ipotizzare che il famoso Takemusu Aiki non si altro che l’interazione creativa ed inedita che fiorisce tra gli individui coinvolti nel processo marziale che li riguarda.
L’Aikido potrebbe essere definito in modo debole come la pratica che permette questo processo di co-creazione in modo fisico, etico e rispettoso di tutte le parti coinvolte…
Oppure potrebbe essere ancor meglio definito come la capacità di “essere al posto giusto al momento giusto”…. in modo aperto e ricettivo ed “insieme a qualcun altro”.
Certo, ci allontaniamo dalle definizioni più canoniche, ma nel solo tentativo di generalizzarle maggiormente.
Dopodichè diciamoci anche che definire con precisione la nostra Arte è un obbiettivo interessante ma probabilmente non vitale per ora…. Ci piace più praticarla e cercarne gli attributi profondi “dal di dentro”, più che intellettualizzare!
Certo è che calcare un tatami...
Questi principi sarebbero comunque sempre ulteriormente indagabili ed approfondibili e nemmeno il Fondatore dichiarò mai di averli posseduti in modo completo… tanto da affermare in più occasioni che una vita intera non è sufficiente per conoscere e padroneggiare l’Aikido!
Le cronache rimandano che in punto di morte, O’ Sensei avesse dichiarato: “Vado a praticare da un’altra parte”…. non “Vado ad insegnare”, ma “Vado a praticare”…. in segno della sua consapevolezza che questo cammino di crescita può essere praticamente senza fine.
Ciò che è sottile, spirituale forse potremmo dire, per definizione non si vede, ma pare essere più vasto e potente di ciò che è oggettivabile: un buon parallelo potrebbe essere dato da il nostro stesso Dojo…
… durante la pratica siamo sorretti dal tatami e lo vediamo, ma cosa sorregge il tatami?
Il terreno sorregge il tatami, è più vasto di esso, ma non lo vediamo perché sta sotto, nascosto dalle materassine stesse che ci consentono l’allenamento.
Un’ipotesi: forse anche l’Aikido è simile… si manifesta e si esprime in tecniche, etichette, filosofie che lo contraddistinguono… ma la sua essenza rimane forse celata e radicata ad un livello più sottile e profondo, con il quale ci auguriamo presto di entrare in intima relazione e di poter forse esperire proprio attraverso la pratica.
È noto in sociologia che la relazione “io + qualcun altro” genera da sé la presenza di una terza entità “vivente” (la relazione stessa) che agisce e modifica i partecipanti all’incontro, secondo la nota equazione:
“Io + qualcun altro” > “io” e “qualcun altro”
… ciò è vero nelle relazioni umane in genere, prima che sui nostri tatami.
Ma in un’azione marziale in cui le parti coinvolte CO-creano una risposta, collaborano ad un processo di risoluzione del conflitto, non si ha un aggredito che genera una risposta SU un aggressore, ma piuttosto CON l’aggressore.
Da questo si può ipotizzare che il famoso Takemusu Aiki non si altro che l’interazione creativa ed inedita che fiorisce tra gli individui coinvolti nel processo marziale che li riguarda.
L’Aikido potrebbe essere definito in modo debole come la pratica che permette questo processo di co-creazione in modo fisico, etico e rispettoso di tutte le parti coinvolte…
Oppure potrebbe essere ancor meglio definito come la capacità di “essere al posto giusto al momento giusto”…. in modo aperto e ricettivo ed “insieme a qualcun altro”.
Certo, ci allontaniamo dalle definizioni più canoniche, ma nel solo tentativo di generalizzarle maggiormente.
Dopodichè diciamoci anche che definire con precisione la nostra Arte è un obbiettivo interessante ma probabilmente non vitale per ora…. Ci piace più praticarla e cercarne gli attributi profondi “dal di dentro”, più che intellettualizzare!
Certo è che calcare un tatami...
- ingaggiandosi liberamente nella pratica
- rimanendo aperti
- abbandonando i preconcetti che possiamo esserci formati
- rilassando la nostra tipica tendenza a voler tenere le cose sotto controllo (la tecnica, la definizione, il giusto e lo sbagliato…)
potrebbe essere una sana scorciatoia al cuore stesso del significato dell’Aiki.
È li che puntiamo, con qualsiasi metodo ci aiuti a fare il nostro prossimo passo.
E ancora una volta non ci rammarichiamo di avere sollevato solo nuove domande, senza essere giunti a nessuna risposta esaustiva.
A noi ora piace definire l’Aikido come”uno specchio”, che parla nel dettaglio di chi si affaccia ad esso…. e grazie ad esso ha grande possibilità di lavorare su di sé per modificarsi, laddove ne sentisse la necessità. Vogliamo ora credere che le tecniche dell’Aikido siano lo specchio di una relazione umana, che esso sia specchio di noi stessi quando ci troviamo dinnanzi ad una crisi o ad un conflitto… così possiamo lavorarci su.
Ci piace cioè pensare all’Aikido come “mezzo”, più che fine….. e in ciò attribuiamo ancora più valore al suo geniale padre: è difficile creare un buon strumento, utile ed efficace che porti il proprio nome… estremamente più raro è coniarne uno talmente potente, pulito, trasparente ed affilato da rendere secondaria l’importanza di marchiarci a fuoco le proprie iniziali.
Se così fosse, si tratterebbe di dono gratuito alla società, senza presunzione di ricevere di rimando un riconoscimento: una cosa davvero straordinaria ed encomiabile!
Proviamo ariscrivere quindi la definizione:
- “l’Arte Marziale coniata nello scorso secolo da Morihei Ueshiba…”
con
- “è lo specchio delle possibilità di saper stare nel posto giusto al momento giusto, con se stessi e gli altri, in ogni situazione si possa creare, in conformità e rispetto dell’intero contesto che ci coinvolge e supporta, per co-creare qualcosa di ineditamente armonico; questo strumento ci è stato messo gratuitamente a disposizione nel secolo scorso dal genio, lungimiranza ed amore di Morihei Ueshiba, che dopo un meticoloso studio di sé ha scorto l’armonia che regge l’Universo e dall’appassionato ingaggio nella vita e nell’osservazione di quanto esiste ha ricevuto indietro l’eco di se stesso”.
Se l’Aikido fosse “QUESTA COSA QUI”, ancora non sarebbe un’Arte inedita: numerosi sono stati nella storia i saggi che sono arrivati a vette così elevate e che quindi hanno tenuto a rimandare al prossimo la loro esperienza…. ma sarebbe comunque la NOSTRA Arte, cioè lo strumento scelto da noi per fare QUESTA COSA QUI, e questo gli conferirebbe un valore che va al di là di ogni definizione.
“chi non ha legato se stesso al vero nulla, non potrà mai comprendere la Via dell’Aikido”
[Morihei Ueshiba]
È li che puntiamo, con qualsiasi metodo ci aiuti a fare il nostro prossimo passo.
E ancora una volta non ci rammarichiamo di avere sollevato solo nuove domande, senza essere giunti a nessuna risposta esaustiva.
A noi ora piace definire l’Aikido come”uno specchio”, che parla nel dettaglio di chi si affaccia ad esso…. e grazie ad esso ha grande possibilità di lavorare su di sé per modificarsi, laddove ne sentisse la necessità. Vogliamo ora credere che le tecniche dell’Aikido siano lo specchio di una relazione umana, che esso sia specchio di noi stessi quando ci troviamo dinnanzi ad una crisi o ad un conflitto… così possiamo lavorarci su.
Ci piace cioè pensare all’Aikido come “mezzo”, più che fine….. e in ciò attribuiamo ancora più valore al suo geniale padre: è difficile creare un buon strumento, utile ed efficace che porti il proprio nome… estremamente più raro è coniarne uno talmente potente, pulito, trasparente ed affilato da rendere secondaria l’importanza di marchiarci a fuoco le proprie iniziali.
Se così fosse, si tratterebbe di dono gratuito alla società, senza presunzione di ricevere di rimando un riconoscimento: una cosa davvero straordinaria ed encomiabile!
Proviamo ariscrivere quindi la definizione:
- “l’Arte Marziale coniata nello scorso secolo da Morihei Ueshiba…”
con
- “è lo specchio delle possibilità di saper stare nel posto giusto al momento giusto, con se stessi e gli altri, in ogni situazione si possa creare, in conformità e rispetto dell’intero contesto che ci coinvolge e supporta, per co-creare qualcosa di ineditamente armonico; questo strumento ci è stato messo gratuitamente a disposizione nel secolo scorso dal genio, lungimiranza ed amore di Morihei Ueshiba, che dopo un meticoloso studio di sé ha scorto l’armonia che regge l’Universo e dall’appassionato ingaggio nella vita e nell’osservazione di quanto esiste ha ricevuto indietro l’eco di se stesso”.
Se l’Aikido fosse “QUESTA COSA QUI”, ancora non sarebbe un’Arte inedita: numerosi sono stati nella storia i saggi che sono arrivati a vette così elevate e che quindi hanno tenuto a rimandare al prossimo la loro esperienza…. ma sarebbe comunque la NOSTRA Arte, cioè lo strumento scelto da noi per fare QUESTA COSA QUI, e questo gli conferirebbe un valore che va al di là di ogni definizione.
“chi non ha legato se stesso al vero nulla, non potrà mai comprendere la Via dell’Aikido”
[Morihei Ueshiba]
5 commenti:
Un post bellissimo. Grazie!
Chakram
Complimenti per le splendide considerazioni.
Le stesse alle quali sono giunto dopo tanto faticare.
L'aikido visto come sistema educativo fatto di tecniche e codici, scuole e stili, per me rappresenta solo uno strumento per creare una relazione, per testare delle conoscenze e dei principi.
Ma l'aikido, almeno per me, è altro.
E' tutto quello che c'è tra il momento in cui incrociamo lo sguardo del compagno e l'applicazione tecnica.
Ikkyo, kotegaeshi etc. sono solo tecniche da usare dopo aver creato l'aiki.
Non riesco proprio a pensare che le stesse possano esserlo/rappresentarlo.
Facile da dire, ma difficile da praticare.
Questo al momento è il mio cammino.
Marco
davvero un ottimo lavoro, che spega molte cose ma non dà una risposta che probabilmente non esiste. Alla domanda "cos'è l'aikido?" il buon maestro invita a salire sul tatami. Con me hanno fatto così. Ognuno la risposta la trova (o non la trova) da sé. Ciao.
Ueshiba è arrivato, nel corso della sua vita, ad una precisa consapevolezza di sè e del mondo che lo circondava. A mio avviso ci è arrivato sia attraverso le esperienze di vita vissute, sia attraverso la pratica delle arti marziali e sia attraverso altre vie (vedi Omoto kyo...)Tutto ha contribuito ad un unico fine: cercare di rispondere alla fatidica domanda "chi sono io veramente?" . L'aikido è quindi parte di un percorso, certo spirituale, che è in continuo divenire e che non si esaurisce con la morte fisica ma si completa dopo di essa. Sono tutte opinioni personali, ma in fondo "ogni via per indagare su se stessi è una via aperta, sta a noi scegliere positivamente o negativamente" Ciao Marco!. Maurizio
Ottimo articolo, come sempre!
carlo
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