In Aikido studiamo un botto di tecniche e tecnicismi.
Sembrerà strano, ma la tecnica è INVERSAMENTE proporzionale alla consapevolezza che si possiede, quindi... più studio la tecnica di qualcosa, più sto ammettendo di non conoscere questo qualcosa così bene.
Immaginate una ricetta di cucina: sono una scarpa ai fornelli, ma seguendo tutte le indicazioni di Suor Germana o di Giallo Zafferano riesco a cucinare anche piatti piuttosto complessi, tramite istruzioni chiare, tecniche precise e specifiche.
Immaginate le istruzioni di montaggio della Lego, o dell'Ikea: sono "manuali tecnici", che spiegano come comporre un elemento complesso, a partire dai suoi elementi costituenti. Le istruzioni ci sono perché da soli non è detto che saremmo in grado di giungere allo stesso risultato.Ora per: se per 3 anni di fila cucinassimo la stessa ricetta, montassimo lo stesso armadio o costruissimo la stessa macchinina giocattolo... siamo certi che avremmo ancora bisogno di "manuali tecnici"?
Forse no, perché la "forma" che abbiamo ripetuto più e più volte... ci avrà INformato, ossia ci ha fatto apprendere le sue caratteristiche essenziali.
E non ci ha solo informato sulle caratteristiche della tecnica stessa, ma anche - e sopratutto, direi - sulle nostre CARATTERISTICHE ed i nostri LIMITI.
Mentre provo, infatti, a ripetere la tecnica di Aikido mostrata dal mio Insegnante, oppure mentre provo a cucinare ciò che vedo descritto nel ricettario o montare quello che viene descritto dalle istruzioni... mi imbatterò certamente nei limiti che posseggo nel muovermi, nel comprendere e nel mettere in pratica concretamente nel modo migliore ciò che credo di avere compreso.
Direttamente, quindi, la tecnica mi aiuta nella costruzione della forma... ma indirettamente parla di me e della condizione psico-fisico che posseggo, anche in questo senso quindi mi "informa".
Attraverso un pattern, inizio e poi continuo ad incamerare informazioni sia sullo schema stesso, che su di me... ed ogni volta mi approssimo meglio allo schema proposto perché si ampliano ed evolvono anche i ricettori che utilizzo per valutare l'aderenza o lo scostamento dal modello in studio.
Avete presente quando vi sembra che sul tatami "non vi venga più niente"?
Si che ce lo avete presente... è una delle condizioni più comuni di un praticante di Aikido!
Beh, verrebbe da chiedersi come mai che accade così di frequente e pressoché a tutti: è una sensazione - li per lì - spiacevole, è vero, ma che testimonia una evoluzione della quale spesso non siamo consapevoli.
Viviamo con frustrazione il fatto che, da un certo punto in poi, la nostra tecnica ci sembra fare schifo, essere piena di imperfezioni e sbavature... ma non ci rendiamo conto di essere semplicemente in grado di cogliere aspetti e sfumature che fino a poco prima ci rimanevano celate.
La tecnica faceva molto probabilmente già schifo prima, ma non eravamo capaci di rendercene conto... mentre ora lo siamo, quindi abbiamo subito una sorta di upgrade sensoriale, un aggiornamento ed evoluzione della nostra capacità e profondità nell'osservare le cose."Fare la forma" quindi ci rende più capaci di comprenderne gli elementi costituenti, quasi indipendentemente dalla forma nella quale ci stiamo allenando... e sopratutto AFFINA noi e le nostre capacità auto-percettive.
La PNL direbbe che è cambiata (in meglio) la "mappa del territorio"...
In un universo in continua mutazione naturale, qualcosa di "fisso" come uno schema è improbabile e sicuramente - in qualche modo - contro natura: tuttavia questa è proprio la caratteristica delle istruzioni dell'Ikea, delle ricette di cucina e dei kata di jo...
Tutto il katageiko prevede schemi fissi, all'inizio addirittura rigidi, almeno in apparenza. Ci si attiene al "copione" marziale, tanto che a volte esso viene confuso con una ipotetica realtà di combattimento, facendoci delle figuracce clamorose con al flessibilità e la mutevolezza tipiche di chi combatte veramente!
Gli schemi NON servono però per essere replicati sulla strada: sono utili per permetterci di continuare a CAMBIARE al loro interno, come per altro è la nostra natura fare. Avendo un riferimento "fisso" infatti è più facile orientarsi, specie quando il territorio è ampio... e sarebbe molto facile perdersi.Con le stelle una tempo i marinai attraversavano i mari, proprio perché esse costituivano un punto di riferimento CERTO: ammirare le stelle è poetico, dipingere le stelle è artistico... USARLE per spostarsi è conferire loro una UTILITÀ pratica, risolve i problemi di chi non può contare su un navigatore.
E più informazioni su noi stessi saremo stati in grado di prendere, MENO sarà necessaria la ripetizione di un determinato movimento o la realizzazione di pattern suggeriti dall'esterno.
La ripetizione risulta UTILE solo se CONSAPEVOLE, poiché quando diventa automatismo risulta priva di quella presenza che consente ogni volta di notare una sfumatura nuova ed arricchente sia di cosa stiamo facendo sia - e sopratutto - di noi stessi.
É drammaticamente vero che, alla fine, la tecnica non serve proprio a niente quando si acquisisce una certa consapevolezza: il paradosso è che per arrivare a comprenderlo è spesso necessaria proprio un tot di pratica tecnica...
Quindi portiamo pazienza e costruiamo lentamente le forme migliori (perché l'importante è sottoporsi a questo genere di allenamento, ma ricordiamoci che ci sono forme biomeccanicamente più funzionali di altre!) con lo scopo di non averne alcun bisogno quanto prima possibile... quando la nostra mappa coinciderà con il territorio dell'Aikido.Marco Rubatto









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