lunedì 15 aprile 2024

Skrotegaeshi: utili torsioni testicolari per Aikidoka

"Un pizzico di persecuzione... può essere un ottimo segnale!"
[Padre Anthony Elenjimittam, 1915-2011]

L'Aikidoka - per sua natura - ha un certo numero di "giramenti di palle" ai quali fare fronte, diremmo comunemente... anche se è femmina, anche se nel suo percorso sembra andare tutto bene.

Essere consapevoli che le difficoltà che stiamo incontrando sono, in un certo senso, "naturali" e condivise con il resto di quelli su un cammino analogo al nostro... può forse non rendere "i giramenti di palle" una dinamica piacevole... ma crea l'opportunità di utilizzarli a nostro vantaggio e viverli nel modo più sano e proficuo possibile.

Probabilmente, il termine più adatto per un Aikidoka a queste dinamiche potrebbe essere "skrotegaeshi"... parafrasando quella famosa tecnica di solito applicata solo sui polsi, per nostra fortuna.


A - Il luogo per la pratica

Sovente si parte con l'idea di frequentare una disciplina, ma difficilmente avremo la possibilità di trovare un luogo sotto casa, che fa lezione nei giorni e negli orari nei quali siamo più liberi.

Bisogna iniziare un'opera di mediazione... fra lavoro, famiglia, amici... e le proprie passioni.
Di solito qualcuno si scontenterà, perché "da quando abbiamo deciso di giocare a fare i Samurai... le cose non sono più come una volta!".


B - Trovare nuove risorse economiche

Aggiungiamo ai "vizi" che già avevamo, pure quello di frequentare una palestra, un centro sportivo, un Dojo, acquistare l'attrezzatura che utilizziamo durante gli allenamenti, quindi ci servono più soldi di un tempo, oppure dobbiamo distribuire diversamente le risorse che utilizzavamo in precedenza: qualcosa va limitato... le sigarette, la TV streaming on-demand, le serate al pub o al ristorante.

E la cosa non accenna a risolversi dopo che abbiamo trovato le prime quadre: il Sensei magari inizierà a proporci lezioni extra, eventi, seminari, raduni che si svolgono nel week end... alcuni "domestici", altri che necessitano di piccole o grandi trasferte; tutto ciò significa ulteriori soldi da spendere e problemi di logistica familiare, lavorativa, etc.


C - Problemi durante il corso

Non sempre gli esercizi che ci viene chiesto di svolgere ci risultano "facili" da realizzare e questo genera una certa dose di frustrazione
; magari vediamo che anche gli altri compagni talvolta incontrano difficoltà analoghe (dove le troviamo anche noi, o in altri aspetti della pratica), ma intanto ciò non rende meno frustrante il sentirci non all'altezza della nostre aspettative o di quelle del nostro Sensei.


D - Problemi di relazione

Gli scambi umani che inevitabilmente avremo in occasione delle lezioni non saranno tutti uguali
: alcuni saranno da subito positivi ed appaganti, altri apparentemente indifferenti... ed altri ancora particolarmente ostici da vivere.
Persone con le quali non è facile legare, fare esercizi... che sentiamo ostili o sabotanti per la nostra attività.
Le difficoltà possono viversi dentro o fuori dal tatami (ad esempio negli spogliatoi), o magari in entrambi i contesti.


E - Tappe obbligate del percorso

L'avanzamento nella disciplina viene scandito da momenti specifici, nei quali si svolgono esami di graduazione
: questi sono importanti, ma per definizione, non sono momenti facili da vivere.
Ci sarà chi prova paura di non essere pronto, fastidio dovuto alla necessità di essere più presente agli allenamenti o doverne incrementare il numero per prepararsi al meglio.

Si tratta un periodo di intensificazione di tutto ciò che ruota intorno al mondo della nostra pratica, dalla difficoltà alla soddisfazione... però è molto più facile percepire gli impedimenti legati alla prima, poiché la soddisfazione avviene di solito DOPO che si sono superate le difficoltà.


F - Infortuni

Il fatto di praticare fisicamente ci espone alla possibilità di subire infortuni
, di solito per fortuna non molto gravi, ma in grado di tenerci lontani dalla pratica per settimane, se non per mesi (o anni).

La stragrande maggioranza delle persone ha una vita lavorativa e famigliare alla quale non può rinunciare, quindi il problema degli infortuni si specchia anche ben al di fuori delle attività sul tatami. Per un libero professionista - ad esempio - non poter guidare automobile per via di un braccio al collo può generare problemi molto seri di perdita di profitto; per una persona che accudisce i suoi figli infanti si può dire altrettanto.

Molte attività che facciamo si basano sull'essere in uno stato di salute fisica accettabile, ovvero senza grossi impedimenti... che invece emergono prepotentemente nel caso di uno stiramento, una lussazione o una frattura. Lo skrotogaeshi aumenta di brutto se ci facciamo male durante i corsi, specie se per la distrazione nostra o di qualche compagno.


G - Cambiamenti di paradigma

Anche nel caso migliore nel quale la pratica ci accompagni per lunghi anni, è talvolta necessario operare alcuni cambiamenti di paradigma non semplici da accettare: pensiamo alla fisicità che possiamo avere se iniziamo a praticare a 20 anni... e come essa non potrà essere mantenuta fino ai 60.
Il corpo invecchia, si modifica, diventa più legato: se amavamo fare grandi cadute, sentiremo sempre più come non sia possibile continuare a farle cosi anche in futuro. E quindi la nostra pratica dovrà acquisire nuove prospettive, un nuovo senso... oppure magari fermarsi ed arrendersi dinanzi all'evidenza del fatti.


I - Crisi periodiche del percorso

Qualsiasi percorso personale, se preso con serietà ed autenticità, ci porta a vivere una serie ciclica di crisi di varia natura: alcune scaturiscono dal far fronte ai "rompimenti di palle" che ho indicato fino ad ora... altre invece sono di natura più personale, per esempio ci si chiede se praticare ci risulti ancora qualcosa di utile, appropriato, sensato per noi.

Gli ostacoli che siamo costantemente chiamati a superare possono demotivarci, oppure possono nascere nuove fonti di frustrazione inedite, che non c'erano prima ed alle quali ci sembra di non essere preparati a fare fronte. In alcuni casi, si prova semplicemente disaffezione per la pratica, per il nostro gruppo, per il Maestro, etc.


Ecco...
ciò che abbiamo raccontato fino a qui non è sempre facile da vivere, specie se le dinamiche meno piacevoli durano nel tempo, e - in qualche misura - iniziano a divenire ripetitive e/o logoranti.
Un tempo però avrei dato ricette molto differenti da quelle che ho in mente ora per questo tipo di impedimenti e difficoltà.
Più o meno ogni 10-15 giorni c'è un allievo che viene da me presentandomi una di queste istanze, un po' con l'aspettativa magica che io possa trovare una soluzione al suo problema.

Ciò che è forse triste, ma anche vero - però - è che NON è possibile eliminare certe difficoltà che si incontrano: esse hanno un loro preciso senso, significato e "compito"... e la disciplina sarebbe impoverita se non si dovesse trovare il coraggio di stare dentro ad alcune dinamiche, e riuscire anche a risolvere determinati impedimenti che ci si presentano.

Ho imparato che le persone frequentano praticamente TUTTE un corso di Aikido con aspettative più o meno alte: diciamo così, le aspettative sono tutte molto alte... e quando sembra che non lo siano, è perché i praticanti non hanno il coraggio di ammettere che invece lo sono.

Si tratta forse di un'astuta auto-manipolazione psicologica, nella quale l'avere aspettative modiche ci consente di non dispiacerci troppo se poi non dovessimo riuscire a soddisfarle. Ma capite bene che tutti vorrebbero raggiungere le vette di ciò che ancora non si sentono di possedere come piacerebbe loro.

Siamo una specie abituata ad auto-ammaestrarci a non desiderare troppo il successo, a non pretendere l'auto-realizzazione, a non mirare all'abbondanza ed alla soddisfazione più autentiche.

In un certo senso, possiamo affermare quindi che la disciplina ha VALORE proprio perché si devono affrontare e superare certe difficoltà: ciò che ho notato negli anni è che più si è disposti ad affrontare e superare certe difficoltà, più la disciplina ci regala ciò che ci serve e talvolta anche che noi desideriamo.

È come se le difficoltà e gli skrotegaeshi fossero una sorta di "guardiani della soglia"... che determinano chi ha il diritto di passare oltre e chi invece si deve fermare li (sia con se stesso, che con gli altri).

Una difficoltà che si rivela qualcosa di indispensabile quindi?

SI, credo sia necessario questo tremendo cambio di paradigma... poiché dalla pratica aspiriamo ad altrettanti cambiamenti radicali. E, come dicevo prima, è onesto pensare che se desidero ottenere un risultato importante, mi sia anche richiesto di sostenere situazioni importanti a loro volta, e quindi non semplicissime da vivere.

Se così NON fosse, paradossalmente, persone poco motivate, poco costanti ed impegnate... avrebbero la stessa probabilità di raggiungere risultati simili a chi invece è molto motivato, presente ed ingaggiato in ciò che fa. Questo non si verifica, per fortuna, a beneficio del secondo tipo di persone sulle prime.

Coloro che amiamo definire "i grandi della storia" solitamente sono stati capaci di superare notevoli prove ancora prima che ottenere grandi risultati.

Insomma, mentre da tori impariamo a fare un buon kotegaeshi al polso del nostro uke... dobbiamo anche prepari a ricevere alcuni dignitosi skrotegaeshi dalla pratica e dalla vita più in generale.
Ciò fa parte di una dinamica autentica e coerente: non ci accade nulla di malvagio o di veramente ostile... ma qualcosa di completamente funzionale a ciò che stiamo allenando.

Noi stiamo allenando la nostra possibilità di conoscerci e migliorarci... cosa che implica la continua necessità di "morire" a ciò, a chi eravamo per poter "nascere" a ciò ed a chi che vogliamo diventare.

Un guerriero non ha paura delle difficoltà: le utilizza come metro per comprendere se e quanto è disposto a fare per ottenere ciò che desidera.
La disposizione ad avere pochi rompimenti di palle, mi predispone anche ad avere flebili soddisfazioni; l'essere disposto "a fare ciò che bisogna fare", mi rende TOTALE, come serve essere a chi vuole ottenere un risultato TOTALE, su di me e sulla mia vita.

Le torsioni testicolari continueranno a non essere né facili, né piacevoli... ma potranno indicarci che forse siamo molto più sulla buona strada di quanto non osassimo nemmeno immaginare.

Marco Rubatto







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