lunedì 15 gennaio 2024

Tai sabaki: perdita di tempo, mistero o valore aggiunto?

Una delle cose che mi ha sempre colpito di più in Aikido (così come in altri ambiti) è una sorta di ossessione per alcune pratiche che però non vengono più di tanto spiegate.

Viene solo detto che farle fa bene, ma poi la cosa muore li. Nell'Iwama Ryu, ad esempio, c'è spesso la fissa ossessiva compulsiva per il tai no henko, praticato all'inizio di OGNI lezione.

Pare che O' Sensei facesse proprio così, quindi questo esercizio doveva essere parecchio importante, ed infatti è così ed ha anche diversi livelli di lettura e di significato... ma non è che proprio tutti tutti abbiano compreso il valore di questo "tesssoro"! Quindi i più finiscono per farlo più obtorto collo... che comprendendone il potenziale.

Analogamente nell'Aikikai (almeno in quello italiano) si passa veramente un botto di tempo sui tai sabaki, ovvero sui movimenti di base dei piedi, praticati solitamente all'inizio delle lezioni.

Ma a cosa serve questa pratica?

Ok, serve ad imparare a coordinare i movimenti del corpo nello spazio... ma dopo un po' cosa ci guadagna un esperto a continuare a ripetere miliardi di tenkan ed irimi tenkan?


Proviamo ad abbozzare insieme una spiegazione non banale di questa diffusa abitudine.

Si comprende ad un certo punto della pratica che le QUALITÀ che vengono espresse in ciò che facciamo sono forse addirittura più importanti di COSA si fa di per sé.

Uno dei distinguo più importanti che emergono per un praticante è una buona integrazione fra polarità opposte della propria attitudine - mentale e fisica - come l'inclusione e la determinazione, la capacità di percepire e ricevere e quella di agire, l'intuizione ed il pensiero razionale, il movimento curvilineo con quello rettilineo.

In ogni DIADE che si cerca di mettere prima in equilibrio e poi di fare nostra ad un livello più profondo possibile emerge però che i 2 suoi componenti hanno entrambi un grosso peso, ma non hanno entrambi ugual peso...



Nella fattispecie, si constata praticando che l'archetipo dello YIN tende ad essere preminente rispetto a quello dello YANG, quindi la ricezione risulta preminente sull'azione, l'inclusione sulla determinazione, la percezione sull'azione, l'intuizione sulla razionalità.

E per "preminente" non intendo dire che "è più importante", poiché in un sistema duale entrambi i poli sono equamente fondamentali per l'equilibrio dinamico del sistema stesso... intendo piuttosto dire che la prima categoria è quella grazie alla quale la seconda può nascere sana ed esprimersi al meglio del suo potenziale.

Un po' come il saluto delle Arti Marziali cinesi, nelle quali il pugno destro (la forza yang) è riposto dentro al palmo della mano sinistra (la sensibilità yin): mal detto potrebbe essere "lo YIN controlla lo YANG", ma è appunto mal detto perché per sua natura lo yin è proprio l'opposto di cosa ha mire di controllo... risulta invece piuttosto affine all'anarchia (mentre lo yang, polarmente, rappresenta all'ordine).



A livello archetipico anche il corpo umano è divisibile in aree più yin e più yang: ad esempio la parte frontale è più yang, mentre quella dietro è più yin... quella a destra è più yang e quella sinistra più yin... ed in altezza invece abbiamo che la parte superiore è più yang, mentre quella inferiore è più yin.

Da questo schema semplificato emerge come l'utilizzo delle gambe è proprio quello che ci serve per esplorare, conoscere e fortificare questo aspetto YIN sul quale ciò che c'è di YANG poi si baserà!

Se ci riflettiamo un attimo, infatti... nei nostri primi anni di pratica siamo molto attenti a cosa fare con un braccio e con l'altro, come si mettono le mani nel nikyo o nel sankyo... ma NON abbiamo un'analoga sensibilità sul DOVE o sul QUANDO andiamo a fare questa azione rispetto al nostro compagno.

L'elemento che manca, infatti, è proprio lo spostamento del corpo, nello spazio e nel tempo... che è dato da un movimento coordinato fra la gamba destra e quella sinistra.



Il tai sabaki diventa quindi una formidabile "palestra" di ciò che è veramente fondamentale e che potrà poi fornire il massimo supporto all'azione che eseguirà la parte superiore del corpo... quella che prenderà attivamente contatto con il proprio partner.

Se infatti la parte superiore è quella che "fa", quella più evidente, nella quale si concentra molto dell'attenzione sia di chi esegue un'azione, sia di chi la osserva... la parte inferiore - invece - è quella più stealth, la classica mano nascosta del prestigiatore, ma anche quella senza la quale il trucco non potrebbe riuscire per nulla.

É la parte "in ombra" che consente a quella "al sole" di splendere, in altre parole. Ecco che non c'è da stupirsi se alcune scuole (specie quelle che apprezzano di più la dinamica, come l'Aikikai) battono molto su questo tasto, fin dall'inizio degli allenamenti e non lo tralasciano nemmeno quando si diventa più esperti.

La differenza però risulta abissale: fare una cosa perché "fa bene", oppure fare una cosa perché "hai compreso il motivo per il quale ti fa bene"... il divario di consapevolezza risulta notevole.
E tutto ciò che è fatto SOLO meccanicamente, nella nostra disciplina tende ad avere POCO valore, pur avendo grande potenziale.

Quindi massacrarsi di 10 milioni di tai no henko o ukemi o di tai sabaki all'inizio di ogni lezione in modo automatico è come leggere una lista della spesa fatta da qualcun altro, che si arrabbia se poi non gli portiamo a casa tutto ciò che ci ha richiesto. Serve a ben poco insomma.

Diverso è se quella lista - man mano che passa il tempo - diventiamo capaci di scrivercela da soli... e sempre da soli siamo in grado di capire cosa ci fa bene praticare e cosa invece no.

Quando la mente, il cuore ed il corpo sono allineati in una prospettiva integrata, ecco che allora si può cogliere oro da qualsiasi cosa che facciamo, diventiamo in grado di intravvederne la profondità ed il grande potenziale.... anche di un semplice tenkan o di uno tsugi ashi. 

Esiste poi un ulteriore distinguo da operare in questo argomento, ovvero la differenza fra ashi sabaki, tai sabaki e shin sabaki... ma su questo torneremo in un prossimo articolo.


Marco Rubatto



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