lunedì 17 ottobre 2022

A duello con O' Sensei, di Ellis Amdur

In queste pagine abbiamo recensito molti testi sull'Aikido e sulle Arti Marziali, ma raramente sono stato così entusiasta di continuare a farlo: quest'oggi infatti tocca a "A duello con O' Sensei", di Ellis Amdur.

Avevo già letto questo testo in inglese, illo tempore, e mi era già piaciuto allora... ma devo dire che il mio livello linguistico non mi aveva permesso di cogliere così tante sfumature importanti come in questa edizione, curata da Simone Chierchini Sensei e pubblicata ora anche in italiano da Aikido Italia Network Publishing.

Dal mio punto di vista, questo testo è un "must read" da parte di tutti coloro che si considerano "del settore", specie se hanno l'ardire pure di considerarsi degli "esperti".

Ci sono molti tipi di libri sulle Arti Marziali: ci sono manurali tecnici, saggi sulla tradizione e sulla filosofia, sull'etichetta... e poi ci sono i libri come questo, ovvero quelli DESTRUTTURANTI, cioè che utilizzano un punto di vista proprio per legger alcune delle posizioni più consolidate della disciplina, risultando un prezioso strumento di riflessione personale, sia per il praticante comune, che (a maggior ragione) per l'Insegnante.

Ellis Amdur è stato ANCHE un Aikidoka, ma ha vissuto in prima persona le Arti Marziali a 360º... e questo gli consente facili paralleli e paragoni fra la diverse discipline, togliendo quella patina di dogmatismo con la quale spesso osserva il lettore che - sfortuna sua - ne sa così poco da essere convinto di saperne tanto, ma ne sa pure così poco da non essere in grado di accorgersene nemmeno un po'.

Conosco relativamente poco Ellis, ho solo letto e visto un paio di sue interviste a parte alcuni suoi testi, per essermi fatto un'idea persona che potrebbe essere ancora parecchio lacunosa... ma di certo è uno capace di esprimersi e di rendere chiara la sua esperienza, anche tramite il racconto di alcune storie vissute in prima persona.

Deve essere sicuramente una persona abile nel "dramma", ovvero nell'espressione delle proprie ed altrui emozioni, perché questo elemento emerge molte volte durante la lettura del testo... ma lo giudico un aspetto molto positivo.

Il rischio è sempre quello di esagerare con la narrazione dei fatti nudi e crudi, che possono essere romanzati pure un po' troppo, ma questo testo continua ad essere interessante ed efficacemente destrutturante anche se l'Autore avesse talvolta esagerato nel romanzare alcuni fatti che racconta.

In primo luogo Ellis Sensei ci descrive la sua esperienza DIRETTA all'Honbu Dojo, fra gli anni '70 ed '80, ovvero quando O' Sensei era mancato da una manciata di anni e tutti i grandi attuali shihan erano giovani che cadevano per ore di fila, facendo l'uno da uke all'altro.

Ho conosciuto e fatto a mia volta pure occasionalmente da uke a molti di coloro che Ellis cita nel suo libro (Yokota, Seki, Witt, Osawa, Miyamoto...) e devo dire che è stato molto utile conoscere alcuni loro retroscena, che non emergerebbero se non da una frequentazione personale ed assidua... elemento che non ho avuto la fortuna di avere, a differenza sua.

Ci sono infatti letture molto differente che un praticante può farsi seguendo qualche stage di questo o quel nome blasonato come "allievo in basso a destra"... oppure sentendo i rimandi di coloro che con quel nome blasonato ci sono cresciuti, che lo hanno seguito a stretto contatto in giro per il mondo, lo hanno visto cambiare, hanno avuto modo di notare sia i suoi punti di forza, che quelli invece più oscuri e discutibili.

C'è un grosso nome dell'Aikido, che per me in passato fu un grande riferimento, che forse lo sarebbe ancora se solo non lo avessi visto ubriaco, comportarsi peggio che uno sbruffoncello di periferia, ad esempio.

Capita anche ora qui in Italia: ci sono Maestri che hanno nomee molto buone, magari si muovono pure in modo fluido e paiono addirittura essersi fatti spuntare gli occhi a mandorla... salvo poi avere un paio di denunce per molestie sui minori, che non è detto che vengano altrettanto pubblicizzate come le loro doti da grande e saggia guida.

Ellis Amdur ci supporta proprio nel fare questa talvolta scomoda, ma anche fondamentale distinzione: fra ciò che è dogmatico e mitizzato e ciò che è semplicemente umano... infatti il sottotitolo del libro recita proprio "Alle prese con il mito del saggio guerriero".

E non lo fa solo con gli attuali shihan dell'Honbu Dojo che furono suoi diretti compagni di pratica, Senpai o Sensei... ma lo fa innanzi tutto nei confronti del Fondatore, Morihei Ueshiba.

Una delle sue fortuna è essere cresciuto accanto a Terry Dobson Sensei, che fu uno dei pochi occidentali che si recò alla corte di O' Sensei negli anni '60... quindi uno che con Morihei Ueshiba si allenò sul serio, ci parlò e ne tentò di carpire alcuni tratti salienti del carattere. Ellis quindi ricevette "di prima mano" racconti sul Fondatore, spesso tra il mitologico ed lo sconsacrante, direttamente dal quello che fu in suo primo e principale Sensei... uno uomo che a sua volta viene descritto fra il geniale ed il pazzoide maniaco.

Probabilmente questo Sensei e tutte le esperienze che ebbe nel mondo marziale gli insegnarono qualcosa di molto prezioso nel nostro ambiente, ovvero lo spirito critico... che è quello che a sua volta cerca di insufflare a noi attraverso il suo testo.

Vengono quindi passati in rassegna parecchi "luoghi comuni" sull'Aikido, riletti poi però con la pragmaticità e la serietà di chi si è passato prima 13 anni in Giappone, li si è sposato, ha lavorato come insegnate nelle scuole ed ha messo su famiglia, ne ha imparato e compreso lingua, usi e costumi.

Infatti una frase, qualsiasi frase, NON sempre ha il significato letterale che sembra portare con sé, già che questo significato viene formato SOPRATTUTTO dagli usi e dalle tradizioni che hanno influenzato la formazione della lingua stessa con la quale la frase viene enunciata.

Quindi tradurre letteralmente O' Sensei NON significa che egli avesse inteso ciò che le nostre orecchie sentono dalla traduzione letterale di quanto disse, perché il suo ed il nostro background risultano notevolmente DIVERSI.

Nel testo ci sono diversi capitoli dedicati ad argomenti crucciali come l'Aiki ed il suo significato, la cui filosofia può anche essere molto distante dal limitarsi a creare forme di armonia universale... setsuninto e katsujinken... spesso tradotti come "la spada che da la morte" e la spada che da la vita", ma parole nelle quali specchiamo un buonismo che non è parte delle tradizioni dalle quali derivano.

Lo stesso concetto di awase, che può essere letto in così molteplici e divergenti significati... da farci smettere di attribuirgli solo l'intento "buonista" di armonizzarci con il nostro avversario, per indurlo sulla "retta via". Ma retta poi per chi?!

Insomma, la nostra pratica è sana nella misura nella quale abbiamo la capacità e ci creiamo le competenze per continuare a metterla in continua discussione: Ellis Sensei ci mette in guardia proprio su questo importante principio.

Ove regna l'abitudine e talvolta anche il dogma non esiste possibilità di essere autentici, né di sperare in qualche forma di crescita sostanziale: ci sono solo persone che si ripetono la filastrocca che hanno imparato... e che piace loro tanto tanto da non voler sentire ed imparare null'altro.

Quindi, comperate (QUI) e leggete questo libro se avete voglia di mettere in discussione le vostre Aiki-certezze: lo dico con disinteresse, in quanto non mi spetta alcuna percentuale sulle vendite.

Di un lavoro così bello è però importante per me trovare anche qualche difetto, giusto per non contraddire l'insegnante di Amdur in primis: mi sarebbe piaciuto fosse stata spesa qualche parola in più su Saito Sensei, nome che fa capolino diverse volte durante le pagine del testo, ma che sembra più una sorta di eminenza grigia sulla quale tacere.

Questo può però non essere stata solo una scelta dell'Autore, ma può fare comprendere come negli anni '70-'80 fosse una vera spina nel fianco dell'Honbu Dojo l'indipendenza del Dojo del Fondatore ad Iwama, gestito appunto per i successivi trent'anni proprio da Morihiro Saito.

Motivo più che sufficiente per parlarne il meno possibile di fronte ad un gaijin.


Marco Rubatto

Nessun commento: