lunedì 11 aprile 2022

Aikido e la misura della propria crescita

Vi introduco quest'oggi un argomento che reputo importante almeno quanto delicato, ovvero la capacità che ha ciascun praticante di Aikido (o di qualsiasi altra disciplina, in realtà!) di valutare se questa attività risulta salutare o meno da proseguire.

Già, perché tutti sono concordi sul fatto che praticare sia bello, sia sano, sia importante... ma pochi sono quelli che sanno motivarne i perché, e - soprattutto - costatare se calcare il tatami sia un'attività che ci fa bene oppure no.

Sono più dell'idea che l'Aikido non faccia infatti né male, né bene... ma funga come una sorta di AMPLIFICATORE; ma amplificatore di cosa?!

Di tutto ciò che siamo, con i nostri pregi ed i nostri difetti congeniti, della nostra capacità intrinseca di evolvere e di trasformarci durante la vita, grazie alle esperienze che facciamo... così come di rimanere esattamente come siamo in quegli ambiti nei quali non abbiamo voglia o coraggio di evolvere.

Una di queste esperienze è appunto l'Aikido, ma non incontro solo persone in cerca di un "equilibrio" e che grazie a questa disciplina lo trovano... vedo anche e soprattutto un botto di persone che pur praticando rimangono bene o male ciò che erano prima di iniziare a farlo. Quando addirittura non peggiorano.

Se erano patologiche, quindi, continuano ad esserlo, con l'aggravante di essere convinti invece di percorrere una Via che serve a diventare più in forma, più saggi, più armonici, più congruenti con se stessi e con il prossimo. Inutile sottolineare che queste persone mentono a se stesse, con la pesante responsabilità di utilizzare l'Aikido per continuare a farlo. Sarebbe più sano che smettessero, se non con il prendersi in giro da soli, almeno con l'insozzare i tatami di chi invece li utilizza per evolvere!

É quindi necessario introdurre un nuovo parametro che possa indicare se siamo sulla via che abbiamo scelto, o semplicemente se ci siamo auto-convinti di esserlo, perché la differenza non è così poca...

Credo fermamente che questo parametro sia "il CAMBIAMENTO" stesso.

Cosa intendo?

Che potremmo definire l'Aikido come l'arte di cambiare in continuazione e di farlo in modo consapevole e strutturato... ma soprattutto CONTINUO.

Qualsiasi neofita non si sognerebbe mai di intraprendere un percorso incapace di offrigli qualcosa di nuovo rispetto a quanto già non possegga o non abbia sperimentato: altrimenti cosa lo spingerebbe ad intraprendere una nuova disciplina?

Lasciamo perdere se sia la salute, la relazionalità, la marzialità, la tradizione orientale, la tecnica, l'eleganza ad invogliarlo a mettere piede per la prima volta su un tatami: è banale ammettere che se il neofita non pensasse di poter approfondire qualcosa che attualmente non sente così suo, non inizierebbe nemmeno.

Quindi il neofita, per definizione di se stesso, è disposto a CAMBIARE.

E una persona all'inizio cambia parecchio: impara a cadere, impara i nomi giapponesi delle tecniche, impara le regole del Dojo, impara a non utilizzare troppo la forza fisica, impara qualche concetto filosofico inerente alla disciplina ed alla sua tradizione... detto in altre parole CAMBIA notevolmente rispetto a quando è arrivato.

Ma poi questo cambiamento tende a diminuire con il tempo, e pare che più uno si focalizzi con l'Aikido, e divenga un cosiddetto "esperto", più questa capacità di CAMBIARE SOSTANZIALMENTE venga meno.

Si... rifiniamo le tecniche, acquistiamo forse ulteriore eleganza, precisione ed efficienza nel movimento... ma si vede già svampare il cambiamento sostanziale che è avvenuto nel nostro primo periodo di pratica. Si frequentano sempre gli stessi giri, gli stessi Maestri, si fanno bene o male sempre gli stessi discorsi con i compagni... fino a quando molta della propria attenzione viene posta a supporto del cambiamento altrui, ovvero dei neofiti che nel frattempo varcano il Dojo per la loro prima volta.

Noi a questo punto siamo senpai "esperti" e quindi dobbiamo metterci al servizio dei kohai, come prevede la tradizione... ma - di nuovo - lo facciamo per imparare a cambiare nuovamente ed ulteriormente o per consentirci un comodo riparo dove poter smettere di farlo?

Dovremmo scoprirlo analizzando parallelamente alcuni ambiti molti differenti fra loro, ne elenco alcuni:

1 - la tecnica (1→10);

2 - la filosofia e la capacità di portare questa filosofia nella vita di tutti i giorni(1→10);

3 - il nostro rapporto personale con l'Aikido in generale (1→10);

4 - il nostro rapporto personale con lo specifico TIPO di Aikido che abbiamo scelto di praticare (1→10);

5 - il nostro rapporto personale con la didattica utilizzata per apprendere la disciplina (1→10);

6 - il nostro Maestro ed i compagni di pratica (1→10);

7 - il rapporto con il proprio corpo (1→10);

8 - il rapporto fra la propria mente ed il proprio corpo (1→10);

9 - il rapporto con la spiritualità (1→10);

10 - la capacità di rapporto con gli altri in condizioni conflittuali (1→10);

Immaginate che ciascuno di queste voci sia un "indicatore", al quale possiamo attribuire un valore numerico da 1 a 10 o un aggettivo qualificativo (buono, scarso, discreto, etc). Ci sono molti altri parametri che potremmo utilizzare, questi infatti sono solo i primi dieci che mi sono venuti in mente.

Immaginate ora di poter fare una fotografia sulla situazione attuale che state vivendo, caratterizzando ogni voce con un voto o un'aggettivo: notereste dei cambiamenti da qualche parte se ripeteste questa operazione fra una settimana?

E fra un mese?

E fra 6 mesi?

E fra un anno?

Un neofita cambia di botto molti di questi parametri forse nel giro di una manciata di giorni, ma ci sono cosiddetti "esperti" che solo nel corso di decenni sarebbero in grado di rilevare variazioni minime.

E attenzione: per variazione NON mi riferisco ad "incremento" o per forza ad un miglioramento... una variazione è un CAMBIAMENTO, quindi una situazione può anche peggiorare, basta che si modifichi rispetto al passato.

Ad esempio, io ho avuto il mio momento talebano della tecnica: facevo solo quella, come se non ci fosse un domani, ed ho fatto così per anni... perché mi piaceva un botto, PUNTO.

Mi ero scelto una scuola bella tecnica (l'Iwama Ryu) ed un Maestro che mi raccontasse quanto fosse fondamentale la tecnica, quanto Morihiro Saito Sensei avesse rinunciato con umiltà a qualsiasi forma di personalismo pur di farci giungere intatta la tecnica del Fondatore, come fosse indispensabile seguire la via tecnica di O' Sensei se si volesse giungere ai suoi livelli di maestria, etc.

Per il parametro 1) diciamo che desideravo rapidamente passare da 1 a 10, se fosse stato possibile!
Del 2) non mi fregava praticamente nulla.
Il 3), il 4) ed il 5) erano funzione di quando mi consentissero di migliorare nell'1)
Il 6) era quello che era, perché non avevo fatto nulla per sceglierlo e mi sono adattato a cosa al tempo trovai
Il 7), a pensarci bene, era agli albori... ma era problematico, ragione per la quale mi ero forse scelto una disciplina fisica.
L'8) non sapevo nemmeno che esistesse.
Il 9) era già molto presente, poiché mi sono interessato di spiritualità occidentale ed orientale sin da quando ero veramente giovane.
Il 10) di nuovo non sapevo nemmeno potesse essere qualcosa da considerare.

Dopo la prima decina di anni di pratica piuttosto appassionata mi accorgevo di non essere divenuto per nulla abile nel parametro 1), almeno NON quanto avrei desiderato, ed ho iniziato a rilevare - in un certo senso - il limite di dedicarmi sono a quello come unico fine.

Nel frattempo il 2), il 3), il 4), il 4), il 6), il 7) erano nati e si stavano lentamente incrementando, pur con i naturali alti e bassi.

Ad un certo punto però l'1) mi divenne quasi indigesto, contro ogni aspettativa avessi avuto da neofita: e chi se lo sarebbe mai atteso, dopo avere puntato tanto in quell'unica direzione?!

Ho iniziato mettere in dubbio molte delle certezze che prima consideravo granitiche:

- Ma è vero che bisogna fare la stessa strada che ha percorso un'altra persona, per divenire abili come lo era questa?

- É vero che è possibile tramandare fedelmente una tecnica, una qualsiasi cosa, senza contaminarla (anche involontariamente) della propria interpretazione della stessa?

- É vero che "noi" che facciamo così siamo "migliori" di chi non lo fa?

Tutte questi pensieri facevano crollare a terra metodologie e risultati che ci avevo messo una vita a costruire e che ho difeso a spada tratta per anni. Non è stato divertente per niente... però è altrettanto vero che stavo nuovamente CAMBIANDO.

Questa cosa mi è poi accaduta altre svariate volte in diversi altri ambiti: modificare (se non addirittura capovolgere) alcuni valori che prima avrei considerato fondanti e imprescindibili.

Da essere religioso ad essere ateo, da tentare di fare il salutista a strafogarmi di tutto con il cibo; dal voler essere simpatico e gioviale in compagnia a divenire una sorta di lupo solitario, infastidito dalla solo presenza di altre persone nelle vicinanze.

Molti di questi aspetti hanno ovviamente avuto un impatto diretto anche sull'Aikido, specie quando ho deciso di dedicarmici h24.

Ma fra le poche cose costanti che credo siano avvenute in questi ultimi 30 anni, c'è stato proprio il CAMBIAMENTO: talvolta andando a rafforzare delle aree deboli, altre volte andando a depotenziare alcuni aspetti in passato molto più strutturati.

Ora per esempio mi trovo in un momento nel quale il parametro 1) è nuovamente molto importante per me, contrariamente ad esempio a 10 anni fa... ma altri parametri dei quali ignoravo l'esistenza sono nati e si stanno sviluppando, richiedendomi di non essere quasi mai del tutto la stessa persona della settimana o del mese precedente (con tutto il caos che ciò comporta per chi mi frequenta con una certa costanza!).

Ed anche l'1) è nuovamente importante, ma in modo molto DIVERSO rispetto al passato: un tempo era importante per me sapere fare determinate cose, ora invece diventa importante riuscire a dare determinate sensazioni a me stesso ed agli altri MENTRE faccio determinate cose. La base è sempre "fare le cose", ovvio... ma ora esse sono molto più un mezzo, che un fine come lo erano un tempo.

Quindi è sempre il parametro 1), ma è proprio di natura diversa da 30 anni fa, se voglio essere sincero: forse sembra uguale solo dall'esterno.

Vi ho raccontato di me non perché credo che il vostro eventuale CAMBIAMENTO debba assomigliare al mio, ci mancherebbe... ma perché il mio è l'unico del quale possa argomentare con una certa competenza.

Ora la domanda quindi è: voi state continuando a CAMBIARE attraverso la pratica dell'Aikido?

E se si, quali parametri avete per accorgervi di ciò?

Vedete - di tanto in tanto - modificarsi qualcosa di sostanziale, ovvero uno di quegli ambiti nei quali avreste giurato sulla vostra Aiki-mamma che non sarebbe mai cambiato nulla?

Mi auguro di si, perché altrimenti credo vi stiate prendendo in giro continuando a praticare, voglio essere piuttosto sincero e diretto. E non si tratta solo di migliorare, lo ripeto: è questione di smettere di essere ciò che si era, per divenire qualcuno o qualcos'altro.

Esaminate l'Aikido ed il vostro rapporto con esso: le cose cambiano ancora in fretta come quando eravate neofiti o avete bisogno di molto tempo per scorgere un qualche segno di modifica del vostro status quo?

Da quanto tempo non provate tecniche nuove, didattiche nuove, compagni nuovi, Maestri nuovi... così come avete fatto da neofiti, quanto era tutto ad essere nuovo?

Quand'è stata l'ultima volta che avete messo in discussione ciò che credevate NON poter essere messo in discussione?

Quando sarà la prossima volta che metterete in discussione ciò che ora credete graniticamente autentico?

Da quanto tempo non osate più realizzare che le cose "non vanno" come credevate, esattamente come pensa un neofita di tutto ciò che fa e gli accade?

Da quanto tempo non abbandonate la vostra comfort-zone, esattamente come fa un neofita in ogni nuova lezione?

Praticate per cambiarvi o per ribadirvi?

Mi piacerebbe non solo contribuire a massimizzare il mio e l'altrui tempo sul tatami... ma aiutare anche tutti gli atteggiamenti cariatidi degli Aikidoka "esperti" a cedere il passo a chi ha ancora voglia di fare una qualche forma di differenza con se stesso.

Gli altri, infatti, risultano esperti solo nel prendersi in giro: la derivata di un Aikidoka non dovrebbe mai essere nulla... altrimenti si tratta di un praticante piuttosto alla deriva!


Marco Rubatto



Nessun commento: