Uno dei nostri senpai, ovvero una delle colonne portanti del nostro Dojo, ci ha comunicato la sua intenzione di smettere con gli allenamenti, di allontanarsi (per un periodo o per sempre, ora non si sa) dall'Aikido.
Parliamo di una persona molto cara, che si è allenata per 12 anni, che è diventata 2º dan, un Tecnico Federale... ma - al di là delle patacche - c'è veramente sempre stata, sul tatami come in tutte le attività interconnesse con la pratica, dai pranzi e dalle cene alle pulizie del Dojo.
Una di quelle persone la cui assenza è destinata a percepirsi un tot, insomma.
Quando accade una cosa simile, il gruppo percepisce un messaggio non sempre completo però: sente che sta succedendo "qualcosa di brutto", perché la routine si modifica ed una delle persone sulle quali fare più affidamento non ci sarà più.Questo nostro senpai è stato così onesto con se stesso e con tutti noi, da dirci apertamente che l'Aikido ultimamente non lo entusiasma più come una volta, che sente di avere perso quella verve e quel sacro fuoco che l'ha mosso per anni.
È una cosa brutta? Bella?
È qualcosa che umanamente parlando può accadere, e non è detto che sia ingenerata da pigrizia, problemi relazionali con i compagni o delusione per gli insegnamenti del maestro: accade e basta talvolta.
Quello che ci pare importante sottolineare è la tendenza alla caccia alle streghe ed alle ragioni di questa decisione così impopolare, anziché alla possibilità di ringraziare profondamente una persona per quanto è stata capace di darci in questi importanti 12 anni spesi a sudare insieme.
Perché fa più rumore la fine di una storia, anziché tutta la sua entusiasmante trama?
Perché ci riesce così difficile accettare che una persona alla quale vogliamo bene cambi strada, rimandando che questa è al momento la cosa che percepisce come più sensata?
Se stimiamo una persona, dovremmo volere il suo bene e la sua realizzazione, non il nostro comodo: in realtà diamo talvolta gli altri un po' per scontati, ci abituiamo alla loro presenza, competente e rassicurante nel caso del nostro senpai... e ci viene da arrabbiarci e/o essere tristi quando essi - per seguire la loro strada - ci rompono le uova nel nostro paniere.
"Ora che non c'è più lui/lei, come farò?"
"Chi mi prenderà da parte a farmi ripassare la tecnica che mi riesce più difficile?"
"Chi ci sarà a dirmi una buona parola nel momento in cui entro in crisi con la pratica?"
Tutte domande molto comprensibili umanamente, ma che sottendono una certa dose di egoismo e di propensione a non crescere, accontentandosi di essere dipendenti da qualcun altro.Il fatto che ci sia qualcuno che ha garantito per anni una certa stabilità ad un gruppo, non significa che questo sia costretto a farlo per sempre: si può anche imparare a fare come lui/lei ed a rimpiazzarlo... lasciandolo/a riposare pure un attimo.
Il fatto che ci sia una persona che decide di cambiare strada, non significa che quella percorsa fino ad allora sia meno significativa o di valore... o che stia sbagliando, per cui ci dobbiamo impegnare tutti a fargli/le cambiare idea.
Il rispetto delle idee del prossimo è una delle tematiche più importanti del saper condividere spazi e tempi comuni, anche se sono differenti dalle nostre: se una persona per noi ha significato tanto, non sarà perché non la vedremo più 3 volte alla settimana che cesserà di essere importante per noi!
Se abbiamo creato legami importanti, che vanno persino al di là del tatami, come pensare che essi possano essere messi in crisi da un evento simile all'abbandono della pratica?Cercheremo occasioni di interagire con quella persona in ogni caso, se ci teniamo sul serio: si può infatti affermare che occasioni simili sono piuttosto "banchi di prova" della bontà delle relazioni che diciamo di avere costruito.
Deve essere chiaro infatti che in Aikido (così come in ogni altra disciplina) "nessuno sposa nessuno", e ciascuno si DEVE sempre sentire libero di seguire ciò che sente... anche se ciò lo allontana dal tatami, dal Dojo, dal Maestro e dai compagni di pratica.
Al massimo abbiamo da ringraziarlo di più di altri per tutte le belle cose che abbiamo saputo scambiarci nella lunga rapportazione che abbiamo avuto la fortuna di vivere!Una dinamica sana per un Dojo è far si che non siano sempre i soliti buoi a tirare il carro, quindi anche un'avvicendamento fra i senpai può essere più che sano, e molto istruttivo per chi è chiamato finalmente in causa ad assumersi qualche responsabilità in più.
Il senpai che si congeda ha dato tanto prima di farlo, ora è il momento di seguire le sue orme e di fare altrettanto con chi è arrivato dopo di noi: in questo manifestiamo di avere imparato le lezioni che egli silenziosamente ci ha donato negli anni.
Piangere, strapparsi i capelli e battersi il petto... rimproverandosi di non avere fatto abbastanza per lui/lei sin che c'è stato/a è talvolta proprio solo un comportamento piccolo, immaturo e di sicuramente di comodo.
"Diventa ciò che ammiri negli altri": in questo caso, il nostro senpai è stato per anni una fonte di stima ed ammirazione da parte di tutto il gruppo, ma ci auguriamo che la sua lezione ci sia arrivata diritta nel segno.
Se dovesse decidere di tornare, saremo li ad accoglierlo a braccia aperte, se non dovesse farlo gli auguriamo il migliore e più realizzante dei percorsi. A noi in ogni caso resterà la forza del suo esempio e della sua dedizione e forza interiore.
Oggi ci sentiamo fortunati: abbiamo un nuovo ruolo di responsabilità da attribuire al Dojo, ovvero una bella sfida per alcuni di noi... ed abbiamo uno di noi in più da incontrare in giro per la strada.
Organizzeremo in suo onore il "Sayonara Party", ovvero la festa tradizionale di addio, durante la quale chiunque avrà modo di fargli sapere quanto è stato importante condividere insieme il tatami.
Praticheremo, mangeremo, piangeremo e rideremo ancora insieme... come Morihei Ueshiba stesso chiamava questa prospettiva "Aikido no kazoku", saremo quindi ancora la "famiglia dell'Aikido" (da noi abbreviato in "Aikifamiglia")!
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