lunedì 8 marzo 2021

L'Aikido è femmina

In giapponese non esistono le declinazioni maschile e femminile dei nomi ed aggettivi: quindi "Aikido" è ufficialmente una parola transgender (come tutte le altre della lingua nipponica): oggi però non potevo fare a meno di utilizzare l'8 marzo per lanciare un messaggio forte e nitido da queste pagine.

Aikime è attivo da un tot di anni, ma dobbiamo risalire al 15 marzo 2008 (13 anni fa!) per trovare un articolo interamente dedicato alla declinazione della nostra disciplina al femminile (eccolo QUI).

Nel frattempo di tecniche ne sono passate sui nostri tatami e pure me per me una certa maturazione in merito ad alcuni principi ha avuto il suo tempo per avvenire in modo spontaneo.

Sono quindi pronto oggi ad affermare che l'Aikido è FEMMINA, e non lo faccio per uno scontato omaggio alle nostre guerriere del Dojo o per una voglia di cavalcare la "Via della Mimosa"... quanto perché mi sono proprio reso conto che è così, ed è forse uno degli aspetti ancora meno compresi nella nostra disciplina.

Le arti marziali, ovvero il luogo dal quale anche l'Aikido trae la sua origine storica, erano pensate per contesti piuttosto maciosi: ferire per primi, ferire velocemente, ferire a morte.

Qualcosa iniziò a cambiare quando ci si rese conto che era possibile fare tutto ciò minimizzando lo sforzo e massimizzando la resa: in quest'ottica, la forza fisica iniziò a non essere più il fulcro intorno al quale tutto girava.

Nacquero il ju jutsu, il ju tai jutsu, il judo... tutte le vie della cedevolezza, ma l'Aikido non c'era ancora.

Il fine era ancora quello di "usare la cinetica dell'aggressore a proprio vantaggio": non più in modo grezzo forse, ma in modo immutatamente spietato di sicuro.

Poi venne un ometto giapponese che trasse la propria formazione proprio da questo contesto storico: il Daito Ryu Aiki Ju Jutsu ne è un degnissimo rappresentante, questa persona si chiamava Morihei Ueshiba.

Egli fece qualcosa in più che applicare ciò che aveva appreso: iniziò a rivisitarlo sotto un'ottica nuova, forse più introversa e personale. Iniziò ad affermare che ferire il prossimo significava ferire se stessi, che la forza necessaria per eseguire le tecniche era quella necessaria per tenere in mano una mela... che il proprio avversario era qualcuno da trattare con la delicatezza che avremmo riservato ad un neonato.

Un pazzo forse, ma anche un grande avanguardista: per la prima volta, qualcosa di MATERNO nello spirito della disciplina stava facendosi spazio: l'avversario era parte di noi, era nostro fratello, era nostro figlio... il conflitto diventava una FAMIGLIA.

E tutti sappiamo che dietro una famiglia che funziona c'è sempre una grande donna: non per discriminare noi maschietti (non è una questione di genere sessuale, infatti), solo che ci sono proprio cose legate all'archetipo dello YIN prima che a quello dello YANG; non ammetterlo sarebbe idiota.

L'Aikido da allora è divenuto l'arte dell'empatizzare con cloro che vorrebbero farci del male, anziché combatterli... l'auto-disciplina di cercare cosa non va in noi stessi, prima di farlo nel prossimo... l'occasione di fare di un conflitto una sorta di parto di consapevolezza per chiunque ne sia coinvolto.

E nel parto si soffre, molto; non lo sapevo ma esiste un unità di misura del dolore, e sembrerebbe che il dolore del travaglio sia il peggior dolore esista. Il corpo umano può sopportare solo 45 unità di dolore, ma al momento del parto una donna supporta fino a 57 unità di dolore: questo equivale a 20 ossa rotte contemporaneamente, giusto perché noi maschietti ci si possa fare un'idea approssimativa.

Anche in Aikido il cambiamento di paradigma fa soffrire: smetterla di prendercela con il prossimo per quanto è _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ (metteteci voi le peggio parolacce che vi vengono in mente) ed incominciare ad indagare su quanto egli ci sembri così perché NON conosciamo a dovere NOI STESSI è un parto parecchio doloroso, perché richiede di fare il funerale a chi pensavamo di essere e andare ad allattare chi non siamo ancora, augurandoci che questa potenzialità possa crescere.

È la richiesta di chi si dona completamente ad una causa, la sposa e resta con essa fino a quando è necessario: un modo naturale di chiamare questa propensione dalle nostre parti è "DONNA".

Tutte quelle che lottano per la parità dei diritti mi sembrano sempre che si svalutino un po': le donne non sono pari agli uomini; archetipicamente sono qualcosa di immensamente più profondo. Diciamo che entrambi i sessi sono fondamentali per la vita, quindi non c'è uno più importante di un altro... solo che è come se l'uno fosse importante per il 70% e l'altro per il 30%.

E in Aikido è proprio questo 70% che vengono ad apprendere quelli che pensano di essere forti perché sono capaci di dare il 30% del contributo!

I tatami sono meno frequentati da donne, rispetto agli uomini... è vero, ma c'è un motivo!

Alle donne non servirebbe un ambiente spesso non ancora pronto ad accoglierle e che non potrebbe arricchirle di un granché: diverso è per gli uomini, in DISPERATA ricerca dentro di loro di quel femminile che non conoscono, non hanno imparato ad apprezzare ed al quale non sanno attribuire il congruo valore.

Solo che gli uomini fra di loro fanno casino e sembra che l'introspezione del Fondatore NON sia esattamente la cosa che riesce loro più facile: l'introspezione infatti è archetipicamente YIN, femminile...

Serve a maschi e femmine, ma solo andando alla ricerca dello YIN che c'è dentro un maschio... che egli si potrà chiamare UOMO.

Altrettanto vero che solo andando alla ricerca dello YANG che c'è dentro ad una femmina, che essa si potrà chiamare DONNA: però loro hanno già mediamente avuto il coraggio di fare questo passaggio... noi maschietti un po' di meno!

Così molti Dojo sono ancora luoghi maciosi e militareschi, nei quali l'eco delle parole del Fondatore suonano più come il delirio di un vecchio demente, piuttosto che uno sprono alla ricerca di ciò che ancora manca.

È per questo che affermo con vigore (da "vir", "uomo/maschio") che l'Aikido è FEMMINA!!!

Ad un principiante sconsiglierei di iscriversi in un corso che non abbia una buon equilibrio fra maschi e femmine sul tatami: questa promiscuità è fondamentale perché tutti possano fare la ricerca di cui sopra, supportati da persone del sesso opposto.

Luoghi esclusivamente maschili sono pre-Aikido, dal mio punto di vista... che va benissimo, ma dai quali sarebbe sciocco pretendere di avere la possibilità di effettuare una certa ricerca personale.

Dojo di Aikido esclusivamente maschili o nei quali si respira l'aria di un certo macismo, nei quali il valore aggiunto sembra essere "quanto forte si riesce a tirare una tecnica" sono luoghi che credono di fare Aikido, ma sono rimasti impantanati in qualcosa che non lo è (ancora).

Capite bene che queste NON sono considerazioni da 8 marzo, ma da ogni giorno della settimana, del mese e dell'anno.

Le nostre compagne di pratica vanno ringraziate, perché ci insegnano a non stringere troppo forte un polso quando non serve... perché sono maestre di cosa significa mettere intenzione in una presa muscolarmente non forte, ma che non molla manco a morire!

Le nostre compagne di pratica sono maestre nell'arte di fare ukemi, perché l'accettazione e l'accoglienza sono nel loro DNA... stupidi saremmo a non riconoscerlo ed approfittare del loro illuminate esempio.

Le donne sono muscolarmente più deboli, ma fisicamente molto più forti e tenaci dei loro compagni: hanno una capacità di focalizzazione, di dedizione, di costanza, di senso di abnegazione, di sopportazione del dolore e dello stress... che la maggioranza dei maschietti non si sognano neppure.

Il femminile è storicamente discriminato, è vero... ma perché ne si teme l'essenza e l'enorme potenzialità!

Ma il femminile è anche paziente e quindi così nobile da non volersi autodeterminate a discapito della sua metà opposta e polare, al contrario di quest'ultima purtroppo.

L'Aikido è una grande opportunità di riscoprire l'immenso valore di questo YIN che sarebbe così utile a quella parte di mondo convinta di sapere come si fanno le cose e oltretutto incapace di percepire come si stia sbagliando.

"Percepire"... si esatto: lo YIN è PERCEZIONE; lo YANG è più legato all'AZIONE: ma cos'è l'azione se non risulta guidata dalla percezione?

Se il maschile è la pallottola, quella che fa rumore, quella che fa il buco... il femminile è il mirino: difficile fare segno senza passare dall'onorare questo piccolo ed apparentemente poco importante insieme di lenti... vero?

L'Aikido è FEMMINA e lo dico senza timore di offendere gli uomini, che lo sanno bene... ma al massimo consapevole della disapprovazione dei maschi, che pur di non ammettere di essere la fetta piccola della torta della consapevolezza, si inventano dolci triangolari anziché circolari.

Marco Rubatto

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