Ogni essere umano è un sistema completo e complesso... ci risulta piuttosto congeniale definire bene la nostra componente fisica e riuscire a descriverla pure con una certa dovizia di particolari: la medicina è in grado di fare molto per il nostro corpo, immaginandolo un po' come una sorta di "macchina biologica" estremamente evoluta, raffinata e complessa.
Anche a livello fisico però non tutto è chiaro e, man mano che la scienza evolve... sono più le nuove domande che ci poniamo... rispetto alle risposte che siamo in grado di dare a quelle del passato.
Ma non siamo solo "corpo", questo è altrettanto più che evidente: siamo piuttosto entità spirituali che abitano (molto temporaneamente) un contenitore fisico; questo non lo può provare la scienza giacché per essa esiste solo ciò che è misurabile e visto che lo spirito non è facilmente esprimibile in centimetri, secondi o joule... non è agevole esprimersi su di esso.
Però è la nostra natura più autentica, e non serve avere una credenza religiosa per concordare con noi: nella spiritualità, a differenza della fede, non c'è alcun dogma da sposare o credere... ma ogni cosa può (ed anzi deve) essere sperimentale in prima persona, grazie quindi ad un'esperienza diretta.
E questa "natura più intima" si manifesta in modo semplice attraverso la nostra coscienza: definiamo quindi quest'ultima come la consapevolezza di esserci.
Ora... la nostra coscienza, mentre fa esperienza nel mondo, talvolta ne gioisce, altre ne soffre... altre ancora giudica che ciò che sta esperendo sia un po "troppo" per lei, e chiude nel proprio inconscio gli avvenimenti che non sono semplici da "digerire": paure, lutti, abbandoni, sofferenze profonde, etc.Questi avvenimenti "temporaneamente rimossi" vanno a creare una sorta di matassa di emozioni inespresse, che rappresentano i conflitti psicologici messi in attesa di essere presi in carico, compresi e risolti.
Non esiste essere umano immune da questa dinamica, l'unica differenza è appunto la consapevolezza dei propri possibili lati in ombra ed immondizie nascoste sotto il tappeto... o meno.
Ve ne parliamo quest'oggi perché è possibile che la pratica dell'Aikido si venga - incidentalmente o consapevolmente - a connettere a questo argomento: ogni conflitto psicologico, infatti, ha la possibilità di somatizzarsi in un organo bersaglio e lo sanno bene sia la medicina tradizionale indiana, che quella cinese... che studiano queste interconnessioni da millenni.
In una visione olistica, quindi, il corpo NON risulta una semplice macchina biologica raffinata e complessa, ma una sorta di manifestazione/somatizzazione di ciò che accade alla coscienza... ovvero all'entità spirituale che abita il corpo. Sotto questo punto di vista, quindi, tutte le malattie sono psicosomatiche.Un conflitto di abbandono colpisce il meridiano dei polmoni, così come un evento legato alla rabbia tocca quello della cistifellea, un evento "non digerito" tende a manifestarsi lungo il meridiano dello stomaco o della milza nel caso nel quale questo evento sia repentino ed inaspettato... la paura di amare o di non essere amati colpisce il meridiano del cuore, così come l'eccesso di critica (subita o agita) si fa sentire in quello dell'intestino crasso e l'incapacità di prendere una decisione tocca l'energia dell'intestino tenue.
Questi ovviamente sono solo alcuni semplici esempi di somatizzazione: in realtà le combinazioni possibili sono molteplici e non sempre così facili da scindere l'una dall'altra, proprio perché la nostra coscienza manda nell'inconscio un sacco di materiale del quale non è riuscita a farsene granché.
Praticando Aikido con il proprio corpo, e facendolo in modo oculato, è però possibile stimolare fisicamente i meridiani e gli organi bersaglio di queste somatizzazioni, ottenendo un'immediata possibilità di rivivere il conflitto psicologico che era stato "messo in magazzino" a suo tempo... ciò porta rivivere l'emozione rimossa in modo repentino e manifesto.
Poco importa se il conflitto è stato vissuto quando avevamo 5 anni ed ora ne abbiamo 40: la stimolazione oculata dell'ancora emotiva, riporta l'emozione nel presente: ciò che non si era vissuto allora, viene perciò esperito nel qui ed ora, solo che la consapevolezza maturata nel mentre aiuta a vivere questa emozione (perlopiù dolorosa, altrimenti non sarebbe stata nascosta sotto il tappeto) in modo positivo, utile ed integrante.
Ci permette di fare quel "click" che non siamo stati capaci di fare un tempo... e vivere più serenamente quindi ogni conflitto simile che dovessimo in futuro incontrare sul nostro percorso.
Perché ci sono persone che hanno paura di cadere e questa paura fa mancare loro il respiro?
Perché, archetipicamente la caduta richiede usa separazione dal partner con il quale stiamo praticando... e questa emozioni blocca i polmoni, che risultano l'organo/meridiano bersaglio della rimozione. Avere esercizi specifici per imparare le ukemi in sicurezza diventa quindi - ad esempio - molto importante per superare questo "dramma".
Assistiamo allora a persone alle quali mentre cadono e si allontanano dal proprio tori viene da piangere, perché? Perché rivivono (inconsapevolmente ed in modo figurato) un dramma di separazione che era rimasto inespresso nel loro vissuto personale passato.
Ci sono persone che dopo una proiezione si sentono emotivamente rinate a causa della sensazione di libertà di potersi "staccare" da una situazione che li ha oppressi per molto tempo: non quella della tecnica che stanno vivendo, ma qualcosa che la loro coscienza SPECCHIA nell'azione che stanno vivendo.E sono possibili manifestazioni emotive anche parecchio evidenti: gioia, rabbia, paura, pianto (sia di felicità che di tristezza) che accadono spontaneamente, senza che qualcosa sembri averle provocate. Magari ci sono 20 allievi sul tatami, fanno tutti la stessa cosa... ma ad uno di essi accade questa manifestazione improvvisa di emotività.
Era quello la cui coscienza è riuscita ad esprimere un conflitto spiscologico pregresso ancorandolo e facendolo risvegliare dall'azione fisica che il corpo sta compiendo: queste manifestazioni di emotività improvvisa sono da accompagnare, non da sedare, ovviamente.Piangere in pubblico non è qualcosa di universalmente accettato, ma se l'ambiente lo consente (e sopratutto se il Sensei è preparato) è possibile ottenere ciò che in analisi psicologica richiede mesi (forse anni) di terapia con un movimento, in una lezione a caso delle tante che frequentiamo.
É una sorta di allineamento fra ciò che dentro necessita di essere ri-vissuto e quello che accade fuori di noi, dove la coscienza si specchia in continuo.
Questa è una delle ragioni per le quali l'atmosfera di un Dojo deve essere particolarmente collaborativa e di mutuo supporto fra tutti i membri: ciascuno lo frequenta per conoscere meglio se stesso... anche quelle parti di sé che possono fare capolino improvvisamente, potentemente richiamate dalla fisicità che stiamo attuando ed esprimendo.
Questa è una delle ragioni per le quali in katageiko (ovvero l'esecuzione di forme preordinate) è fondamentale ma NON può essere il piatto unico dell'Aikido: nell'apprendimento tecnico si coordina il nostro sistema psico-corporeo (ovvero si consente sempre meglio allo spirito di interfacciasri in modo integrato con il contenitore che utilizza), ma queste pratiche sono generalmente ben poco espressive.Accade, come accade nei massaggi shiatsu ad esempio, che manipolando inconsapevolmente un meridiano (es: shihonage - meridiano dei polmoni) uke abbia una sorta di ri-vivificazione di un conflitto che si era rintanato nel suo inconscio... si, questo accade: da noi è accaduto un paio di settimane fa durante una lezione on-line, addirittura.
Però accade ancora più di frequente che questo processo di "spacchettamento" possa essere reso volontario e consapevole tramite il jiyu waza e l'embodiment: nel nostro Dojo da anni pratichiamo alla fine di ogni lezione in un'atmosfera espressiva in grado di lavorare più sul nostro inconscio che sulla parte razionale di ciascuno dei presenti.Il risultato?
C'è meno immondizia sotto il tappeto di chiunque entri nel Dojo e, così facendo, anche le relazioni all'interno di esso risultano più autentiche e prolifiche.
Questo aspetto sottile dell'Aikido ESULA dal suo aspetto tradizionale/marziale: nel frattempo fortunatamente l'evoluzione è continuata ed abbiamo più informazioni di quelle delle quali disponeva O' Sensei, quindi anche la possibilità di includere dinamiche personali anche profonde nella pratica.
L'individuo messo sotto stress (fisicamente, emotivamente, mentalmente, psicologicamente) tende in ogni caso a sbattere contro a quelli che percepisce essere i suoi limiti (o ha creduto fossero i suoi limiti) e quindi a scatenare una sorta di "rivoluzione interiore", che lo spinge ad allontanarsi dalla pratica o a fare "click" grazie ad essa...
La novità ora è che siamo in grado di essere più precisi nella mappa dei conflitti psicologici che ciascuno ha la possibilità di affrontare ed addirittura facilitarne alcuni piuttosto che altri tramite esercizi specifici. Ovvio che bisogna STUDIARE e STUDIARE un sacco per fare questo genere di cose senza andare a tentoni nel buio... e non ci si può arenare ad un mero livello tecnico (che è e rimarrà comunque importantissimo, lo ripetiamo a scanso di equivoci!).
I Sensei in grado di lavorare a questo livello di consapevolezza non sono attualmente molti, ma esistono: non serve che siano psicologi, né medici... ma devono maneggiare piuttosto bene i principi della medicina integrata (corpo-mente-spirito, allopatia, medicina tradizionale cinese e ayurveda), oltre che devono avere una certa padronanza dei principi contenuti nelle tecniche dell'Aikido per rendere queste ultime strumenti potenti di lavoro interpersonale.
Non è questo un argomento per nuovi "Guru", ma per ricercatori che hanno il coraggio di condividere con gli altri ciò che hanno ampiamente sperimentato su se stessi.
Quindi... vuoi liberarti da quell'evento inaspettato che non sei stato in grado di accettare del tuo passato?
Pratica suwari waza, poiché sia il meridiano dello stomaco che quello della vescica biliare passano appunto dalle ginocchia: sarà più facile quindi tornare a far fluire il ki nell'indirizzo corporeo nel quale esso è rimasto bloccato.Credi che sia tutta una buffonata?
Nessuno è obbligato ad evolvere, continua così se è quello che ti sembra più consono credere.
1 commento:
In effetti, suwari waza è un ottimo modo di stimolare il punto St36, e stare in seiza aiuta a stimolare Li3 sul dorso del piede
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