lunedì 28 gennaio 2019

Quanto sono responsabilità dell'Insegnante i comportamenti degli allievi?

"Chi si assomiglia, si piglia" recita un detto... quindi forse gli allievi ed il proprio Maestro si ritrovano per via di affinità piuttosto elettive: tuttavia di recente ho avuto modo di interrogarmi su quanto le azioni dei miei allievi possano essere imputabili al loro insegnante, ovvero a me, o meno.

Il prossimo anno spegnerò le mie prime 20 candeline di insegnamento: non mi reputo né il migliore degli insegnanti, né il più sprovveduto fra di essi... quello che è certo è che di gente in questi 20 anni ne ho incontrata molta sul tatami.

Sono sempre stato propenso a credere che il comportamento di un allievo sia parecchio indicativo dell'atmosfera che di solito respira durante le lezioni regolari di Aikido, ed in questo senso, le sue buone o cattive abitudini, di certo devono in qualche modo anche dipendere dagli insegnanti che ha incontrato.

In questo caso però riflettiamo su qualcos'altro: ho un numero di allievi non infinito, ma neanche così striminzito, quindi è abbastanza normale che qualcuno di essi - quasi sempre fuori dal tatami - combini qualcosa che, a detta di altri, NON va bene.

A quel punto il mio cellulare, le chat di whatsapp, i profili Facebook si accendono di "Tizio/a- che è tuo allievo/a - ha detto/fatto/insinuato questo, quello e quell'altro... digli di smettere!!!".

Io però sono il loro insegnante di Aikido, non la loro badante!

Ammesso (e non sempre concesso) che qualcuno dei "miei" si comporti in modo indecoroso nei confronti di terzi, nel Dojo di qualcun altro o - più semplicemente - in quell'enorme Dojo che è la vita... quanto veramente può essere imputabile a me questa sorta di "sgarri"?

Una risposta facile ce l'ho: se io consigliassi costantemente di rubare (cosa che non si fa!) e qualcuno dei miei allievi diventasse un ladro... beh, sicuro che parte della responsabilità sarebbe ANCHE mia!

Non è però che se uno ti dice di buttarti giù da un ponte tu devi obbedire senza accendere il cervello!!!
Quindi anche se io dessi un'indicazione erronea, nessuno sarebbe ovviamente tenuto a darmi retta per una sorta di reverenza formale.

Se poi invece io predico pace ed armonia, e qualcuno dei miei ragazzi andasse a fare una strage in un asilo nido, appena terminata la lezione... dovrei finire io al gabbio?

Se loro dovessero fraintendere qualcosa che io dico o insegno... e poi dovessero giocarsela male con questa cosa nei confronti di terzi, siamo sicuri che io (o qualsiasi insegnante in generale) potremmo essere chiamati in causa come responsabili di porvi una qualche sorta di rimedio?

Porto alcuni esempi che provengono dalla mia esperienza diretta: insegno da un sacco di tempo a gruppi più o meno numerosi, ai quali rimando - in buona sostanza - un messaggio omogeneo... ho però notato che alcuni grazie a questi insegnamenti mi sono parsi "sbocciare", altri "appassire".

Ci sono stati anche sporadici, ma significativi casi di miei ex-allievi (che fortunatamente sono diventati EX!) dei quali sono riuscito a vergognarmi anche un tot per le brutte persone che sono state capaci di mostrarsi, con me e con il prossimo in generale.

Mi ha fatto male pensare che la mia missione con loro doveva essere fallita di brutto: quando uno vede stravolgere il senso dei principi che ha provato ad insegnare con passione, la sensazione non è splendida, ve lo assicuro.

Tuttavia: fino a dove si ferma la responsabilità di chi insegna e quando inizia quella di chi dovesse utilizzare male ciò che ha imparato?

Questa è una domanda che in Aikido vale la pena di esplorare a fondo, secondo me.

Si dice che l'insegnante indica un cammino, ma spetta all'allievo compierlo: se così è, le responsabilità ci sono e sono di entrambi, ma sono anche DIVERSE:

- l'insegnante dovrà stare attento alla strada che indica, ed anche a chi la indica ovviamente, nel senso di occuparsi di capire se il messaggio può essere in effetti compreso dall'allievo... ma poi le sue responsabilità si fermano li, poiché egli non avrà mai la sicurezza che l'allievo faccia suo il messaggio senza fraintendimenti;

- l'allievo dovrà percorrere la strada indicata, e la responsabilità di come utilizza gli strumenti che gli sono stati offerti non può essere imputata solo a chi glieli ha offerti, ovviamente.

Entrare nel merito delle responsabilità di ciascuno di noi tocca - senza volerlo, ma in modo marcato - il tema delle libertà personali.

In Aikido vengono - sulla carta - insegnati dei valori: il rispetto, l'accettazione, la non-violenza, etc, etc, etc...

Poi ciascuno è "libero di farsene ciò che crede", ma in realtà rimane vincolato alla responsabilità di avere ricevuto strumenti di un certo tipo, quindi se poi decide di buttare tutto alle ortiche e di fare della propria vita un manifesto dei relativi anti-valori... non si può proprio fare finta di nulla.

E questo vale per un allievo, ma in modo ancora più fermo e deciso con un insegnante, si badi bene!

Ma è il testimone fra i due che ora è particolarmente interessante: per quanto mi riguarda, ho trovato utile restringere un po' il campo d'azione... per non perdermici dentro.

Ho un Dojo, sono responsabile dell'atmosfera che vi regna dentro: le persone che entrano dalla porta mi frequentano abitualmente... sanno quindi quali sono gli aspetti in cui sono disposto a tergiversare, e quelli invece con i quali non lo farei mai.

Quindi, se vedessi un mio allievo - ad esempio - non dare il benvenuto e sufficiente disponibilità ad un nuovo praticante mi farei sentire parecchio con lui... ricordandogli di quanto gli abbia fatto piacere essere stato trattato in un certo modo, quanto lui stesso ha varcato la soglia del Dojo per la prima volta.

Credo che l'accoglienza sia un valore, la cui pratica ha permesso di cambiarmi molto nella vita: ci CREDO, quindi ne do esempio al meglio di me e PRETENDO che lo faccia chi si dice volonteroso di seguire i miei insegnamenti.

Saranno altrettanto ACCOGLIENTI poi i miei allievi, a casa loro, lontani dai miei riflettori?

Non lo so, sinceramente... me lo auguro, ma se così non fosse credo che sarebbero loro i primi a perdere qualcosa di importante.

Se mi chiamasse qualcuno per rimproverarmi: "Ma è così che tu insegni l'accoglienza ai tuoi allievi?!"... gli chiederei in quale contesto egli NON si sia sentito accolto da uno di essi:

- se la risposta fosse il tatami, mi sentirei diretto responsabile di non avere vigilato abbastanza su quell'atmosfera alla quale tengo;

- se la risposta fosse "altrove", me ne dispiacerei sicuramente... ciò mi permetterebbe di conoscere meglio un allievo che quindi se sul tatami è accogliente lo fa solo per timore di un mio rimprovero e NON perché abbia compreso il valore di questo principio...

... però so anche che non sono qui per salvare il mondo dall'inaccoglieza, e quindi non mi sentirei né di dovere scuse a chi l'ha provata attraverso un mio allievo, né di rimproverare quest'ultimo per non avere ancora capito come si vive.

Restringere gli ambiti magari è solo una forma di protezione o una conseguenza alla propria attuale incapacità di considerarne di più ampi... ma ho visto che aiuta un sacco comunque!

Vedo quindi cose che non mi piacciono agite dai miei allievi?

SI, definitivamente SI... ed anche piuttosto di frequente.

Mi occupo di raddrizzare ogni cosa che appare ai miei occhi una stortura?

Assolutamente NO: siamo tutti in cammino e il mio diritto/dovere di fare presente agli altri quelli che per me sono valori con i quali porsi desidero che vengano limitati alla frequenza reciproca del tatami.

Non sono mancati in passato (e non mancheranno) lunghi dialoghi con alcuni dei miei allievi che me lo richiedono, sugli argomenti più disparati... ma la base comune sarà sempre l'esperienza condivisa sul tatami.

Anche per questo non mi piacciono troppo quelle situazioni nelle quali si rimane collegati - a livello umano - ma qualcuno smette di praticare: il problema non è il rapporto di tipo personale, del quale sarò sempre onorato... ma proprio perché viene a mancare l'esperienza personale CONDIVISA in un luogo ed in un tempo limitato: la PRATICA dell'Aikido!

Sperando quindi di non "sfornare" mostri, come invece in passato mi è accaduto di fare almeno in un paio di occasioni, tutti i miei sforzi attualmente sono diretti a migliorare me stesso... perché trovo che sia l'unico strumento semplice per migliorare (forse) qualcun altro.

Ma quel "forse" me lo devo ricordare piuttosto bene, e lo devono fare anche tutte quelle persone che mi vorrebbero "pompiere di tutti gli incendi che non ho innescato io".

Io mi occupo di ciò che faccio io: ne ho veramente già tanto di lavoro così!

Marco Rubatto






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