Abbiamo in passato avuto il piacere di frequentare Guglielmo Marino... un filosofo, pure un po' mistico, che spesso ricordava al suo auditorio:
"Quando ti cerchi, fatti trovare!"
Crediamo valga qualcosa di abbastanza simile per quando sono gli altri a cercarci, però.
Il mondo dell'Aikido appare particolarmente incline agli auto-goal e quest'oggi intendiamo rivolgere una critica (costruttiva) a tutto il settore.
Ovvio che la derivazione dell'Aikido è giapponese... e ovvio pure quindi che molte delle pratiche e dei nomi che usiamo abitualmente facciano utilizzo di termini giapponesi: ma è mai possibile che per sembrare orientaleggianti ci rendiamo invisibili - se non fastidiosi o incomprensibili - agli occhi del prossimo?!
Viviamo in una società che fa già fatica a distinguere la differenza che passa fra Karate, Judo, Aikido, Kung Fu, Kendo, etc... e che ti chiede: "Ma pure voi fate le mosse??"
... e, non appena impariamo 5-parole-5 di una lingua a mandorla, ci teniamo a farle svettare su ogni nostro volantino e pubblicità delle nostre attività?
Ma sicuri che non ci stiamo dando la zappa sui piedi?
Facciamo qualche esempio pratico...
Ci sono i corsi di Aikido: ok qui siamo ancora tutti d'accordo...
... poi ci sono i corsi di "Aikido TRADIZIONALE": un inesperto potrebbe pensare che sia necessario specificare questa cosa, poiché esistono sia i corsi tradizionali, che i corsi anticonformisti e innovatori... mentre ci vestiamo più o meno tutti uguali sul tatami, non è così?!
Mah, il non addetto ai lavori non capisce... e (speriamo) tiri avanti nella sua ricerca.
Poi ci sono i corsi di "Kokusai Aikido Kenshukai Kobayashi Hirokazu Ha"... che noi sappiamo benissimo essere un'Accademia internazionale di Aikido, fondata nel 1998 da Kobayashi Sensei, ma intanto l'uomo della strada ha abbandonato l'idea di andare a vedere una lezione, perché metti che poi debba ripetere sto nome alla reception della palestra?... Nooo, meglio evitare figuracce!
Ci sono i corsi di "Aikido Shin Shin Aiki Shurenkai", nato da una diaspora di Hitorira Saito - figlio di Morihiro - da mamma Aikikai... ma l'uomo della strada la conoscerà la storia delle diatribe fra il Doshu e i Saito?
Pensiamo non tutti, almeno quelli che camminano per la strada dalle nostre parti...
E poi ci sono i corsi di Aikido Ki no Kenkyukai, anche detti "Ki AiKido" o "Aikido con Ki", che se per caso uno glissa sulla prima dicitura, si chiede come mai sia necessario sottolineare così tanto la parola "Ki"; esisterà quindi pure un "Aikido SENZA Ki"?
Mah, siamo nuovamente fuori strada...
E queste sono SOLO i nomi dia alcune macro-organizzazioni che patrocinano la nostra pratica: passiamo ora in rassegna alcuni nomi di Dojo - che è già tanto se l'uomo della strada riconosce come "palestre".
Non se la prendano i citati, abbiamo preso a caso degli esempi sul Web, appartenenti alle principali correnti Aikidoistiche italiane!
"Aikidōjō Kōun Ryūsui": una poeticità ed un significato veramente importanti - non lo diciamo in modo retorico - "Aiki Dojo" vuole ovviamente significare Dojo legato all'Aiki, mentre [行雲流水] "Kōun Ryūsui" è un termine spesso legato al buddismo zen, che denota un pellegrino in attesa di accettazione in un monastero o un monaco novizio che ha intrapreso lo studio dello Zen.
Il termine "ūsui", che letteralmente significa "nuvola/acqua", deriva da un poema cinese che recita: "Spostarsi come nuvole e scorrere come l'acqua".
Helen J. Baroni scrive: "Il termine può essere applicato più ampiamente per qualsiasi praticante dello Zen, poiché i seguaci dello Zen tentano di muoversi liberamente attraverso la vita, senza i vincoli e le limitazioni dell'attaccamento, come le nuvole fluttuanti o il fluire dell'acqua".
Secondo l'autore James Ishmael Ford:"In Giappone, uno riceve ordinamento ūsui all'inizio della pratica ordinata formale, e questo è spesso percepito come l'ordinazione dei novizi".
Quindi potremmo tradurre con "il Dojo nel quale si intende diventare parte/discepoli dell'Aiki": voi ci eravate arrivati da soli, vero?
Noi NO, ci siamo incuriositi e siamo andati a cercare in un dizionario giapponese... cosa che speriamo possa fare anche l'uomo della strada (?!).
"Aikizendo-Mikazuki"... "la Via dell'Aiki-Zen della nuova luna (o luna crescente)": anche in questo caso, simbolismo e poeticità apppppalla, ma la nostra ignoranza non ci avrebbe permesso di apprezzarla senza dizionario alla mano... e di solito all'uomo della strada va peggio ancora.
"Ryū no Ibuki Dojo" [竜の息吹道場]: "il Dojo del respiro del Drago"... pure qui senza dizionario non ce la saremmo cavata; il nome è veramente bello e ispirante tuttavia (una volta compreso);
"Kamawan Dojo": nel Giappone feudale proliferarono molti Dojo cittadini che si contendevano gli allievi. Spesso erano stati fondati da personaggi che insegnavano al di fuori di qualsiasi tradizione o, addirittura, erano basati su tecniche assolutamente irrealistiche ed inventate, ma esistevano moltissimi Samurai disoccupati alla ricerca di una organizzazione a cui appartenere, quindi fondavano Scuole abbastanza risibili... che però divennero estremamente popolari; quelli che oggi chiameremmo "Mac-Dojo", insomma.
Essi per attrarre nuovi adepti, esponevano all'ingresso elaborate genealogie e diplomi a titolo di referenza.
Altre scuole invece non avevano nessun interesse a promuoversi sul mercato e adottarono la tattica opposta: erano infatti soliti appendere fuori dal Dojo solo un segno, ai più incomprensibile, rappresentato da un falcetto (kama) e da una ciotola per il riso (wan).
Queste due parole, se lette insieme (appunto "kamawan"), significano letteralmente "non ci interessa".
Era un modo, questo, di avvisare i possibili apprendisti che quello non era un luogo dove andare a cercare prestigio, guadagni o fama, ma un luogo dove si praticava con serietà.
"Kamawan Dojo" crediamo quindi possa significare "Se vieni in questo Dojo, fai attenzione che poi dovrai lavorare seriamente, e non per acquisire fama o gloria": ora su le mani chi lo sapeva prima di leggere queste righe, forza!!!
Un bel messaggio, non c'è che dire... forse un po' criptico da decifrare, per l'uomo della strada, s'intende... perché noi addetti ai lavori lo sapevamo tutti, VERO?!
"Mizu no oto"... [水の音] "il suono/rumore dell'acqua": altra figata di immagine poetica, ad essere in grado di comprenderla...
"Hakuin Dojo": crediamo che il nome di questa Scuola sia da attribuire al famoso monaco buddista ed insegnante Zen Hakuin Ekaku [白隠慧鶴], vissuto ad Hara, a cavallo fra 1600 e 1700. Famose sono alcune frasi da lui lasciate, come:
"Per praticare lo Zen sono necessarie tre cose: per iniziare, la grande radice della Fede; poi il grande Dubbio; e infine una forte Determinazione per raggiungere lo scopo".
Bello, senza dubbio... ma ora si facciano avanti tutti gli esperti di storia medioevale giapponese che, per la strada, sarebbero riusciti a spiegare l'insegna del nome di questa Scuola al proprio fratello/figlio/nipote interessato ad iscriversi ad un corso di Aikido!!!
Abbiamo capito che non è il simbolismo, la filosofia e la poeticità a mancarci... ok: ora vogliamo fare qualcosa anche per non mettere continue barriere linguistiche fra noi ed i potenziali interessati a venirci a conoscere?
Sicuro che poi una volta dentro gli spieghiamo con calma sta cosa del dragone, del rumore che fa l'acqua e di quanto il bonzo giapponese ci avesse visto lungo... ma se non entrano proprio perché gli si intorcinano gli occhi a leggere l'insegna, non credete che sia un problema che ci riguarda in prima persona?
"Noi siamo la disciplina in cui il reishiki è fondamentale, perché le cose vanno fatte bene anche in ura, oltre che in omote... e nella quale lo zanshin ci permette di vedere arrivare il pericolo in sen no sen, consentendoci un michibiki del ki di aite... in un luogo in cui possa essere proficua anche per quest'ultimo, facendoci realizzare come ware wa uchu nari e che anche jinrui soku kami nari".
TRADUCENDO
"Noi siamo la disciplina in cui il l'etichetta è fondamentale, perché le cose vanno fatte bene sia nel lato in evidenza che in quello nascoso... e nella quale una mente vigile ci permette di vedere arrivare il pericolo ancora prima che esso veda noi, consentendoci una conduzione dell'energia del compagno/nemico... in un luogo in cui possa essere proficua anche per quest'ultimo, facendoci realizzare come ciascuno di noi sia l'universo e come l'umanità stessa sia divina".
Non significa per forza qualcosa, ma almeno il secondo trafiletto lo eravamo riusciti a leggere e comprendere più o meno tutti!
Chi ci aveva capito qualcosa prima? Dai forza, ammettiamolo che siamo mediamente capre!
Eva bene così, infondo, perché ammettendolo possiamo crescere ed esserlo di meno in futuro... ma noi abbiamo già scelto di percorrere una strada personale di evoluzione: ora ci viene da chiederci quanto i nostri slanci nippofili aiutino a comprendere chi è ancora FUORI da questo contesto, che al suo interno potrebbero trovare cosa sta cercando.
Abbiamo un po' sto vizio di renderci stealth o comunque difficilmente approcciabili da chi avrebbe pure qualche desiderio di farlo... ma siamo certi di esserne consci?
E, soprattuto, ne vale la pena?
Qui non si tratta di utilizzare o meno termini giapponesi, ma di avere la base di quel "marketing" al quale siamo abituati in ogni campo sociale, che insegna che l'essere diretti, chiari ed essenziali porta spesso più risultato che il simbolismo e la filosofia profonda del fiore del loto appassito sotto l'onorevole prugno selvaggio, lambito dalla cascata... sotto la quale meditarono le 7 vergini che raggiunsero l'illuminazione attraverso il misogi intimo (comunemente detto "bidet no kami").
Non ce l'abbiamo, ovviamente e lo ripetiamo, con chi usa nomi altisonanti per il Dojo (parliamo noi dell'Hara Kai, la "Scuola della Ventrazza"!)... ma con la tendenza diffusa ad aggrovigliarci su noi stessi, anziché aprirci AGLI ALTRI... utilizzando un linguaggio più comprensibile e meno dissacrante dei nostri alti propositi.
Esisterà qualcosa di simile, vero?
Perché non proviamo a trovarlo insieme?
Ci fa più comodo sfasciarci gli zebedei alla Tafazzi, mentre ci diciamo che al giorno d'oggi l'Aikido non interessa più a nessuno?
Temiamo così tanto di avere successo, da preferire essere solo in 4 sul tatami?
Pensiamoci con una certa onestà... non potrà farci che bene.
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