Di conseguenza, l'errore di parallasse è quanto accade se si misura - ad esempio - la lunghezza di un oggetto senza prestare attenzione ad essere perpendicolari al metro che stiamo utilizzando.

Ne abbiamo parlato più volte in queste pagine: sembra proprio che stabilire un punto di vista fermo, assoluto e definitivo non sia qualcosa di molto facile da fare, quando parliamo della nostra disciplina... ma ora il punto è un altro: diventarne consci e quindi comprendere come gestire la cosa al meglio per sé e per gli altri.
Ci capita spesso di girare per numerosi Dojo italiani e stranieri, nei quali vediamo talvolta agire le pratiche e le abitudini da noi considerate più ammirevoli e talvolta più turpi... ma l'elemento in comune fra queste differentissime casistiche è che ciascuno crede sempre di agire nel migliore dei modi nel fare sul che fa.

Sotto un certo punto di vista, sarebbe confortante ed auspicabile che tutto il movimento Aikidoistico iniziasse a concordare almeno su alcuni - sparuti - elementi essenziali della disciplina, costruendo una sorta di "linguaggio comune"... del quale le singole differenti sfumature potessero essere considerati "dialetti locali".

Ciascuno di noi mette un po' di sé in ciò che osserva e lo interpreta sulla base del proprio carattere, esperienze, convinzioni e pregiudizi... con la inevitabile conseguenza che se anche guardassimo TUTTI lo STESSO oggetto o fenomeno, avremo rimandi diversi da ciascuno degli osservatori.
In fisica quantistica si parlerebbe di entanglement tra osservatore ed osservato... o anche di perturbazione (da parte dell'osservatore) sul proprio osservato.

Quando in gruppo si osserva, ad esempio, un albero... ciascuno vede "il SUO albero", che avrà sicuramente qualcosa in comune con l'albero che potrebbero descrivere gli altri, come avrebbe per forza anche qualche live punto di dissomiglianza.
Sotto questo punto di vista, quindi, ci va un'enorme consapevolezza per ricordarci che quando ciò che vediamo ci pare differente da ciò che osserva qualcun altro NON è necessariamente perché uno dei due stia sbagliando qualcosa... ma solo perché chiunque parte da una sua unica, propria e personalissima prospettiva.

La maggioranza delle persone non farà che giudicare male tutto ciò che non corrisponde alla propria visione: così è più semplice, perché a sbagliare saranno sempre e solo gli altri!
Ma la questione è molto più profonda di una semplice possibilità di accordo o discordanza su una disciplina come l'Aikido, sui suoi fini, stili e metodologie didattiche: parliamo ora di comprendere che - se noi vediamo in relazione a ciò che SIAMO -, l'unico modo di vedere qualcosa di diverso è quello di TRASFORMARCI in qualche cosa d'altro!
Solo che - lo dicevamo QUI la settimana scorsa - trasformarci implica una sorta di morte di ciò che siamo per la creazione delle condizioni necessarie affinché qualcosa di diverso si manifesti: e - di solito, nuovamente - l'idea della morte non piace quasi a nessuno.
Tutti i sistemi naturali, uomo compreso, sembra infatti che lottino per rimanere in vita e non per estinguersi.
Ne risulta da ciò, che l'Aikido potrebbe essere una disciplina apparentemente "anti-entropica", poiché ci chiede di effettuare una trasformazione che i sistemi naturali cercano di evitare. Questo però accade fortunatamente solo in apparenza!
I sitemi naturali, se è vero che da un lato lottano per la propria sopravvivenza, dall'altro sono stati estremamente abili nell'imparare ad evolversi nel modo più ingegnoso possibile, per il loro stesso tornaconto e profitto... e non parliamo ora qui solo dell'uomo, che fra tutti i sistemi naturali è forse quello che ci è riuscito meno...

Se giudicano, se prendono una strada evolutiva anziché un'altra, se cambiano la propria direzione loop fanno SOLO sulla base dell'esperienza che hanno fatto di una miglioria o di un errore: quindi cercano di rimanere in vivi, ma in un contesto di completa duttilità rispetto ciò che lo consentirà al meglio.
Se un'infrastruttura già cristallizzata non consente questa operazione, viene eliminata molto velocemente: il kaizen viene propugnato proprio per rimanere in vita nel modo migliore possibile.
É quindi una sorta di VITA che contempla al suo interno anche forme di "morte locale": riusciamo a fare la stessa cosa in Aikido?

Ci fossilizziamo su quelli che crediamo i parametri più "giusti" da perseguire, allenare, divulgare e proporre agli altri... ma spesso ci manca l'esperienza di dove portano gli altri sentieri.
Non c'è tempo per fare tutto, nella maggioranza dei casi, quindi si "sposa" una visione e si cerca di difenderla nei confronti di tutti coloro che la dovessero pensare diversamente.
Quale immenso errore di parallasse sarebbe credere di non potere mai commettere errori di parallasse?!
In fisica, in chimica ed in tutte le cosiddette "scienze esatte" non è un problema commettere un errore, l'importante è essere consci della sua ampiezza, così da non prendere per oro colato i risultati che ne potrebbero essere affetti: non dovrebbe forse essere dissimile in Aikido...
... Ogni tanto facciamocelo un giro "fuori dal NOSTRO seminato", poiché non potrà farci che bene: assumere la prospettiva ed assorbire l'esperienza di altri non fa che mantenere flessibili e duttili i nostri meccanismi di giudizio, e non permette loro di incancrenirsi su una posizione - magari molto parziale - ma comoda.

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