Chi pratica Aikido da qualche tempo sa che è molto comune che alcuni allievi arrivino in ritardo alle lezioni.
Ovviamente, più la scuola è tradizionale, meno questa possibilità viene benvista dagli Insegnanti... tant'è che un tempo, un tale evento era del tutto intollerato.
Cosa si nasconde dietro all'etichetta di arrivare al Dojo con qualche minuto di anticipo rispetto all'inizio delle lezioni... ed alla tendenza personale di arrivare spesso in ritardo ai propri appuntamenti Aikidoistici?
Siamo in un'era nella quale l'allenamento di Aikido viene vissuto dai più come un hobby di fine giornata, spesso un lusso che pochi si possono permettere per via dei numerosi impegni lavorativi e famigliari: stiamo vivendo in una società nella quale il tempo non ci appartiene più del tutto...
... e - molto spesso - non ci appartiene più per nulla!
Le nostre giornate sono scandite da ciò che DOBBIAMO fare, nonostante ciò che ci PIACEREBBE fare: questa è una condizione alla quale abbiamo saputo - fin troppo facilmente e scioccamente - abituarci.
La vita di un guerriero però non è esattamente questa: potrà essere complessa e densa di rischi imprevisti, ma il guerriero si auto-determina e non lascia troppo a terzi il compito di organizzare la sua esistenza.
Molti di noi fanno letteralmente le corse per arrivare a lezione alla sera, appena usciti dall'ufficio... dopo aver fatto in fretta la spesa, dopo avere accompagnato i figli a calcio, pallavolo, tiro con l'arco, mongolfiera, catechismo... e chi più ne ha, più ne metta.
Sotto questo punto di vista, dovrebbero essere incredibilmente più apprezzabili gli sforzi che ciascun "ritardatario" fa per essere comunque presente alla sua passione (l'Aikido) NONOSTANTE il fatto che i suoi impegni lo vorrebbero sempre altrove.
Secondo noi, una persona che fa veramente di tutto per essere puntuale e poi non ce la fa... SI VEDE, va incoraggiata e supportata, non giudicata ed allontanata dal corso: a modo suo, da il "buon esempio" agli altri... quelli che magari sono puntuali, ma non sarebbero mai capaci di investire così tanta energia per essere presenti, a parità di impegni, rispetto a quelli che arrivano 10 o 15 minuti in ritardo!
Il problema inizia ad essere ragguardevole quando il ritardo è un'etichetta costante alle proprie modalità di partecipazione all'Aikido.
Cosa vuol dire "essere in ritardo", oltre aver fatto l'impossibile guidando in mezzo al traffico cittadino per arrivare puntuali?
Una disciplina come l'Aikido - forse - paragona il ritardo come una sorta di "mancanza di presenza" nei confronti di noi stessi... ed è per questo che quindi tende a non essere tollerata più di tanto, prima ancora che per ragioni legate al rispetto dei nostri compagni ed Insegnanti.
Quando arriva un attacco è rischioso non essere presenti e consci di cosa stia accadendo.
Quando arriva a segno un attacco, esso non fa meno male se ci scusiamo di non essere riusciti ad intercettarlo, perché stavamo facendo altro...
Le lezioni di Aikido potrebbero (dovrebbero) essere uno spazio riservato a noi, nel quale il resto del mondo ci farà il piacere di attendere che noi si abbia finito, senza se e senza ma.
In quello spazio e tempo, noi saremo il centro del nostro universo, a fianco dei compagni e dell'Insegnante che proveranno a fare altrettanto... anche se dobbiamo ancora finire di procacciarci i soldi per la rata del mutuo, anche se non abbiamo ancora dato da mangiare al pesce rosso... anche se non siamo sicuri di avere chiuso il gas a casa o dobbiamo fare ancora gli auguri di compleanno a nostra cugina.
È tempo NOSTRO... ciò che non saremo capaci di vivere di esso, andrà irrimediabilmente perso per sempre: sotto questo punto di vista, potremmo dire che si tratta di tempo "sacro"... che deriva proprio da un fonema accadico, che significa "riservato/dedicato".
Tardare quindi in modo costante quindi assume il significato di non essere completamente con noi stessi quando facciamo un azione: pensare di non avere bisogno di fare come gli altri, poiché saremo comunque in grado di "recuperare"... risulta una specie di delirio di onnipotenza e comunque una manifestazione esplicita di quanto non ci amiamo e rispettiamo fino in fondo.
Arrivare, al contrario, 5 minuti prima sul tatami (ove questo è possibile è concesso) ci consente di offrirci l'occasione per staccare con tutto quanto avviene fuori dal Dojo e concentrarci pienamente su quello che sta per accadere fuori e DENTRO a noi stessi.
Una sorta di "spazio-polmone" fra il tempo profano e quello sacro, tra il tempo che condividiamo con gli altri ("cronos", cioè il tempo cronologico, inteso in senso comune) e quello che vogliamo per noi faccia una qualche forma di differenza ("kairos", il tempo denso, quello vissuto più intensamente possibile).
Arrivare in ritardo a causa di tutte le miriadi di impegni che il mondo ci accolla è come ammettere che il fuori è più importante che il dentro, che cronos è più denso di kairos: un'assurdità, cioè!
Spesso ai nostri corsi accade che qualche allievo dica al Maestro: "Io vorrei arrivare prima o riuscire ad essere più presente... ma purtroppo non riesco con il lavoro che faccio!".
Spesse volte abbiamo sentito rispondere: "Ed allora cambia mestiere!".
A questo punto l'aria si gela, perché diviene evidente come lo "schiavo" della società, che si lamentava di quanto le sue catene lo soggioghino... in fondo, avesse già scelto di continuare a farsi del male con la proprie palla al piede.
Il "non riuscire" quasi sempre risulta infatti una SCUSA per non cambiare le cose che non siamo ancora del tutto convinti di non voler cambiare.
Molti dicono: "Fosse facile!".... ed infatti non lo è, ma nessuno aveva mai affermato il contrario!
Viviamo con 1000 aspettative sul futuro, un futuro che non possiamo sapere se si realizzerà secondo i nostri desideri... o con 1000 rimpianti e sensi di colpa rispetto al passato... un tempo che non esiste più.
Il presente è ciò che ci resta, ma non è poco!
Sta a noi cogliere l'opportunità di saltare sul treno quando passa o inventarci miriadi di scuse per non essere stati alla stazione al momento giusto: quel treno siamo NOI, la stazione siamo NOI... incontrarci dentro è la prima delle conquiste notevoli per poi essere capaci di fare altrettanto fuori.
A livello organizzativo, diventa un problema se gli allievi arrivano in ritardo: una lezione parte con la ginnastica di riscaldamento... chi tarda sale sul tatami freddo quando gli altri staranno già eseguendo movimenti più ampi o improvvisi, cadute, scatti.
Sarà capace di mettersi in un angolo e scaldarsi da solo?
Lo farà con meticolosità (perdendosi così un'ulteriore pezzo di lezione, che per il resto del gruppo sta già procedendo in un'altra direzione) o velocemente, mettendosi nel rischio di infortunio, solo per poter recuperare il tempo perso... ed unirsi al gruppo?
Chi si prenderà la responsabilità della sua integrità psico fisica?
L'Insegnante forse dovrebbe farlo? E perché, giacché quest'ultimo era presente fin dall'inizio della lezione?
Ci sono ritardi che, secondo noi, non devono più di tanto essere tollerati, specie se reiterati con regolarità o se sono troppo ingenti: a 30 minuti dall'inizio della lezione, ha ancora senso pioverci dentro alla bell'e meglio?
Cosa accade se l'Insegnante avesse intenzione di guidare l'intero gruppo attraverso un processo didattico graduale... se chiunque potesse saltarci dentro quando vuole, senza tenere conto di ciò che è stato già detto... di quello che gli altri hanno già compreso e fatto?
Molti di queste cose NON sembrano essere nelle preoccupazioni dei ritardatari, che sono così semplicemente ottenebrati dal "dover far stare tutte le loro cose" in tempi infimi... che preferiscono fare tutto e male, anziché qualcosa bene.
Ma l'Aikido non sembra solo essere legato alla quantità, ma più che altro alla qualità di ciò che viviamo nel Dojo, e per fare questo è necessario riconoscere che la tradizione non ci avesse visto male a lasciare fuori dalla porta chi non fosse in grado di essere ligio agli orari di allenamento!
Va detto, per esempio, che i cosiddetti "orari di lezione" sono qualcosa di molto moderno e legato alla necessità pratica di accordarsi su un'orario di massima al quale ritrovarsi insieme... ma un tempo le cose stavano diversamente.
O' Sensei poteva volersi allenare a qualsiasi ora del giorno o della notte ed i suoi uchideshi DOVEVANO essere pronti nel Dojo quando questa volontà si fosse manifestata improvvisamente.
Ancora oggi, ad Iwama, gli orari sono ALL'INCIRCA quelli dell'allenamento effettivo, poiché il Sensei potrebbe sempre scegliere di arrivare 10 minuti prima, così come 10 minuti dopo... le lezioni potrebbero durare un'ora, così come un'ora e venti minuti... e gli allievi devono essere pronti a ciascuno di queste diverse eventualità.
La lezione del mattino inizia alle 7:00, ma dalle 6:40 chiunque è già sul tatami pronto!
L'Insegnante, anticamente, non aveva alcun vincolo di orario: gli allievi dovevano esclusivamente essere a disposizione in qualsiasi momento. Questo oggi non sarebbe fattibile, ma immaginiamo quale principio importante rischiamo di fumarci, in questo modo...
Le arti marziali insegnano ad essere sempre pronti, in qualsiasi momento e luogo, ad un'aggressione improvvisa: questo era esattamente il clima in cui doveva vivere un tempo un allievo di un Dojo, ci stupiamo quindi che ad un certo punto egli incominciasse a divenire abile nell'arte della presenza a se stesso?
Oggi andiamo al Dojo SE il capo ci lascia uscire dall'ufficio, SE i figli non hanno il mal di pancia, SE non gioca la nostra squadra preferita, SE non siamo invitati a cena dai suoceri... però ci lamentiamo un sacco di quanto riusciamo a sentirci inadeguati difronte all'ignoto.
Lungi da noi la volontà di risultare bacchettoni, ciascuno se ne faccia ciò che crede di queste riflessioni... d'altronde ciascuno è il principale responsabile delle proprie tesi ed atteggiamenti nei confronti di se stesso e degli altri.
Vi lasciamo tuttavia con una massima parecchio famosa all'interno dei Budo tradizionali:
"Se sei 5 minuti in anticipo, sei in tempo,
se sei in tempo, sei in ritardo,
se sei in ritardo, NON CI SEI"
Nessun commento:
Posta un commento