Siamo giunti quest'oggi al Post numero 400 per Aikime e, dopo così tanto materiale on-line e circa 250.000 visualizzazioni, mi fa piacere constatare che questo Blog stia facendo qualcosa di concreto ed apprezzabile per la divulgazione dell'Aikido nel nostro Paese.
Da quando questa avventura è cominciata, la gestione di queste pagine è diventata tutt'altro che facile: per fortuna non sono solo e ringrazio di cuore quei (sempre troppo pochi!) allievi che ancora mi danno una mano.
Per questo Post nº 400, ho bisogno di far partire da questo Blog un messaggio forte e molto personale, perché troppo spesso sento ancora una notevole incomprensione dell'arte che pratico con impegno e passione da alcuni decenni.
Di solito scriviamo per far riflettere, lasciando ciascuno libero di prendere la posizione che sembra più coerente, ma ciò non significa esimermi dall'esprimere anche chiaramente qual è il nostro, il mio pensiero in merito ad alcuni argomenti...
Ho bisogno di rimandare con schiettezza cosa ho compreso essere l'Aikido alla luce della mia esperienza personale, o - almeno - in quali labirinti cervellotici e infruttuosi non ho più intenzione di perdere il mio tempo!
Spesso vengono l'uomo o la donna della strada, che hanno conosciuto le arti marziali attraverso i film su Italia 1, e ti tempestano di domande che non hanno molto senso per un praticante di Aikido...
... ma loro hanno gli stereotipi che hanno, la cultura in materia di cui dispongono (in genere, da poca a molto poca), e quindi si cerca di spiegare loro (come è possibile) che il cambiamento di paradigma da fare non è poi così banale: "Ma l'Aikido è un'arte di attacco o di difesa?"...
... e tu, fai il signore, e non li uccidi!
Poi fortunatamente c'è qualcuno che vuole vederci più chiaro ed inizia a praticare... e dopo qualche tempo si trova immerso in un viaggio talmente profondo, da rimettere in gioco tutto ciò che credeva di sapere su se stesso e la società della quale è parte.
Il problema però sorge quando - NONOSTANTE la pratica - questo viaggio non inizia a mai, anzi si peggiora o retrocede rispetto a posizioni comunemente già abbastanza improprie di loro...
Ci sono un sacco di praticanti on-line disposti ad immense polemiche su quale sia l'utilità o lo scopo principale dell'Aikido ai nostri giorni: ci sono persone che vogliono leggerlo come una via marziale di "difesa personale"... c'è chi ne enfatizza maggiormente gli aspetti legati all'efficacia... c'è veramente di tutto!
Ma poi, un giorno... decideremo pure di crescere?!
Non sarò io ad affermare che costoro prendano solo cantonate, ma credo piuttosto che ciascuno si crei la realtà più consona a se stesso e poi tenda a crederla vera anche per tutto il resto dell'universo mondo.
Non è così, per questa ragione ci tengo a rimandare anche il mio punto di vista.
Dopo tanti anni di pratica, credo che se cercassi veramente un metodo efficace di difesa personale, sarei già approdato a qualcos'altro... giusto per questioni di mera lungimiranza.
Dopo 10 anni di Krav Maga, credo si riesca a diventare discrete macchine da guerra viventi; dopo 10 anni di Aikido di solito non si è che all'inizio di un'avventura stupenda della quale non si è ancora del tutto afferrato la portata...
Credo che l'Aikido sia una disciplina paradossale, in grado di metterci di fronte una delle verità più misteriose della vita, ed al contempo sia un percorso che non pretenda di "riscoprire l'acqua calda" per l'ennesima volta... Ci aiuta a focalizzare l'attenzione su ciò che è da sempre sotto i nostri occhi, benché spesso non si sia stati così attenti da accorgersene.
L'Aikido non credo proprio che serva a "trasformare un eventuale prossimo aggressivo in qualcuno di pacifico", né a trasformare il "male" in "bene", come ho di recente sentito affermare da praticanti che dovrebbero (ufficialmente) avere un'esperienza più che autorevole.
Questa per me è fuffa... pericolosa e pure della peggiore specie: panzane per chi ha voglia di trangugiare passivamente le parole dei cosiddetti "sapienti"... senza accendere il proprio senso critico e, soprattutto, impegnarsi a comprendere esperienzialmente come stiano le cose.
Non c'è nessun attaccante, non c'è nessun bene o male: "attaccante" ed "attaccato" sono due facce opposte della stessa moneta, così come "bene" e "male" sono solo da aspetti dualistici di una realtà più profonda... che è indivisa, integrata ed unitaria.
Credo che O' Sensei lo avesse ben compreso, e ci abbia lasciato l'Aikido quale percorso personale in grado di farci realizzare altrettanto... a livello di esperienza: solo ciò che è vissuto a fondo può essere COMPRESO.
Diffido profondamente da chi afferma di rappresentare il "bene", in grado di alchemizzare il "male" dal quale viene toccato... in virtù di una presunta missione divina e/o divinizzatrice.
Se ti senti il rappresentante del "bene" è perché hai giudicato cosa - SECONDO TE - fosse il "male" e stai tentando di starne alla larga: sei giudicante e scisso quindi... due qualità che credo siano parecchio distanti dalla meta che un Aikidoka di prefigge di raggiungere in se stesso.
Chi ti dice che sei il "bene"? Bene rispetto a cosa poi... a quelli che non la pensano come te, forse?
Ti sei per caso auto-eletto depositario di una saggezza tale da non agire come gli altri normali "stronzi", ma sei anzi capace di farli tornare sulla strada retta via... di ricondurre all'ovile le pecorelle smarrite?
Queste, oltre che pippozzi da catechismo della lega più bassa... sono più che altro deliri di onnipotenza, secondo me.
È che gli altri ti SPECCHIANO, ecco qual è il problema: quindi ogni tentativo di dire io sono quello "buono" che aiuta quello "cattivo" a redimersi è un maldestro tentativo di non SENTIRTI COME LUI, proprio perché questa sensazione ti richiederebbe di metterti pesantemente in gioco, sul tatami così come in ogni aspetto della vita!
"Male" e "bene" sono due realtà tanto evidenti quanto FALSE in quanto duali, ad un altro livello di consapevolezza: l'Aikido potrebbe tranquillamente essere la strada per uscire da questo incubo, non quella per convincere anche altri ad entrare nel brutto sogno che noi stessi stiamo facendo...
"Difesa personale"? Ma da chi poi?!
Da una società violenta, che non garantisce la tua incolumità quando vai a comprare il pane?
Fuffa, tonnellate di altra - molto comune - fuffa: spegni la televisione ed accendi il cervello!
Credo che O' Sensei fosse fuori da questo incubo collettivo, l'unica posizione che potrebbe in effetti consentire l'aiuto delle persone che vi sono ancora coinvolte, ma certamente non per un patologico slancio di pietismo... figuriamoci!
Chi è sano NON ha alcuna necessità irrefrenabile ad aiutare gli altri: sa di ESSERE gli altri, quindi sa anche che tendendo loro la mano, la tende ad una parte di sé... ma altrettanto è cosciente che spesso aiutare gli altri vuole dire prima essere in grado di aiutare se stessi!
L'altruista consapevole è il top dell'egoismo, sotto questo punto di vista... e si può dire fortunatamente anche il contrario.
Ci sono lezioni - anche molto dolorose - che il mio prossimo viene (più o meno serenamente) a impartirmi nella vita e che mi fanno soffrire nella misura in cui non ho ancora realizzato che la vita parla di me, parla SEMPRE di me!
Ci sono errori che ci vengono commessi ogni giorno sotto gli occhi e che talvolta non vale assolutamente la pena di provare a correggere: la nostra "intromissione" nella vita altrui non verrebbe capita e forse sarebbe fraintesa come tentativo di "cambiare gli altri"... un'attività che raramente merita sempre di assorbire le nostre energie, giacché ogni cambiamento duraturo è in realtà un AUTO-cambiamento coscienziale.
Lasciamoli pure sbagliare gli altri: se crediamo veramente in loro, avremo anche fiducia nelle loro capacità di migliorare loro stessi... e non facciamo della missione salvifica per il prossimo la SCUSA per non fare invece la nostra parte con in stessi: li si che c'è da lavorare!
Quindi io non mi difendo dall'aggressore dietro l'angolo perché lui attenta alla mia incolumità, ma perché lui SPECCHIA l'aggressore che è in me... e mette in forse l'idea buonista che mi ero fatto di me stesso. Ogni tanto essere sinceri e diretti non guasta!
Meglio tirare su barriere per non vedere chi siamo, meglio etichettare ciò che crediamo non ci appartenga... così potremo tenerlo sufficientemente alla larga dalla nostra presa di coscienza di quanto ancora non ci conosciamo sul serio!
No, l'Aikido non serve a questa roba qui, secondo me: ce n'è sono già troppe al mondo di occasioni per credere allle favole che ci raccontano e che ci facciamo raccontare per tenere le coscienze indecorosamente tranquille ed inconsapevoli di se stesse!
Vuoi vedere però... che se riesco ad incontrare, conoscere e tenere a bada l'aggressore che è in me, allora NESSUN altro aggressore verrà a rompermi i maroni per la strada?...
La tradizione, così come la fisica moderna rimandano che la "realtà" nella quale siamo immersi è "entangled", cioè è interconnessa: questo significa che se una parte del sistema cambia, le ripercussioni di questo cambiamento coinvolgono istantaneamente anche tutto il resto del sistema.
Non vuoi essere aggredito?
Fa si che questa esperienza non possa generarti alcuna forma di presa di coscienza di te... e NESSUNO ti aggredirà!
L'Aikido serve a cambiare l'unica cosa del sistema che possiamo cambiare sul serio: noi stessi!... Il risultato sul sistema del quale siamo parte è inevitabile, ma ne è SOLO una CONSEGUENZA speculare del nostro cambiamento interno!
L'Aikido serve a percepire fisicamente che se ledo qualcun altro - anche nel tentativo apparentemente più che legittimo di salvarmi la pelle - sto facendo del male al sistema che vivifica entrambi: non lo faccio per me di lasciarlo incolume, non lo faccio per lui... lo faccio per NOI, che alla fine È l'unica realtà indivisa che realmente esiste.
I nostri Istruttori sono spesso tutti intenti ad impartirci ultimissime nozioni tecniche, ma si dimenticano le prospettive dalla quali quelle tecniche hanno avuto un natale, ed il perché di essere utilizzate.
O' Sensei credo che abbia fatto una cosa più che utile, geniale ed ammirevole: si è accorto che nella sua cultura il vecchio Bujutsu era uno strumento sufficientemente perfezionato per gli scopi per i quali era stato creato... sgombrarci il campo da eventuali problemi che ci si parassero davanti, a costo di "distruggere" o "uccidere" i problemi stessi.
Poi si è reso conto che il Bujutsu aveva intrapreso una strada di auto-consapevolezza divenendo Budo e quindi era andato oltre i suoi scopi originari, approdando ad una dimensione di auto conoscenza personale... ma non era ancora sufficiente, perché - a questo livello - "io" ed "il mio avversario" eravamo ancora qualcosa da considerarsi separato, benché il secondo potesse divenire di utilità personale al primo. Si trattava più che altro di opportunismo marziale, forse...
Allora ha vestito gli abiti tradizionali di un Budo più che raffinato, affidandogli un compito interamente nuovo: sperimentare di persona che il conflitto con gli altri è una dinamica che parla di noi, quindi un occasione GRAZIE alla quale crescere... non solo NONOSTANTE la quale crescere!
Cambiamento esiguo di prospetiva? NON direi: per me è quasi specularmente opposto...
Ha creato l'Aikido forse con lo scopo di farci percepire un'unità di fondo fra le persone che poco appare evidente in un mondo frazionato dalle immagini residue che ciascuno ha di se stesso: "io sono italiano, maschio, impiegato, cristiano, eterosessuale..."
Tutte verità parziali: "io sono UNO", anche perché UNO è l'unica cosa che esiste, al di là delle forme, delle condizioni personale, delle dinamiche della vita... e c'è da essere onorati di ciò, a mio modo di vedere!
Ecco che riuscire a percepire questa UNITÁ anche nella situazione estrema di un CONFLITTO, dove sembrerebbe che due fiumi non ricordino di provenire da un'unica sorgente ed essere diretti in un unico mare... può farci comprendere il valore e la difficoltà di praticare Aikido sul serio, così come i potenziali risultati personali del farlo nel migliore dei modi.
L'Aikido NON è SOLO una forma di Bujutsu moderno più educato, signorile e politically correct... è proprio un'altra cosa!
Capite allora forse anche perché penso sia inutile praticare 20 Koryu contemporaneamente, visto che queste arti, per quanto tecnicamente validissime e piene di filosofia, si prefiggono una prospettiva DIFFERENTE dall'Aikido: non peggiore o migliore... solo diversa...
Io ci sto mettendo tutta la vita - full time - a comprendere QUESTA visione, e mi meraviglio moltissimo di chi a livello amatoriale riesce a interessarsi di molti modi per muovere il proprio corpo: sarà forse che queste persone cercano sempre nuovi scemi motori per cercare di non muovere le loro convinzioni e la loro coscienza?
Non sta a me giudicare - e credo nemmeno a nessun altro - ma mi sembra opportuno lasciare uno spazio aperto per far risuonare la domanda.
La coscienza è specchiata nel corpo IN OGNI CASO, perciò combattiamo una battaglia già persa in partenza se non vogliamo rendercene conto... ed accettare questa dinamica.
Si vede, fra l'altro, chi si muove cercando di essere più "robot" possibile, perché ha una paura fottuta delle sue emozioni... e sopratutto di essere quel "altro" - diverso da sé - che irrompe nelle nostre vite ad indicarci che non ne sappiamo molto su chi siamo.
È bene che queste persone abbiamo SEMPRE un bravo Insegnante tecnico da seguire, uno che ti dice sempre quando e cosa fare:... c'è troppo imbarazzo a percepirti così profondamente tanto da sapere ogni momento cosa vuoi fare TU e ciò che è giusto PER TE, vero?!
L'Aikido, col tempo, dovrebbe renderti sempre più libero di essere te stesso... e forse null'altro.
L'Aikido - secondo me - non è un'arte né di attacco, né di difesa... malgrado sia "ambientata" in luoghi nei quali entrambe queste cose apparentemente avvengono: è una disciplina per chi vuole squarciare quel "velo di Maya" che fa si che i conti con noi stessi non tornino mai del tutto...
... ma ci va coraggio per ambire a ciò, è richiesta onestà con sé (e quindi con gli altri) e un'incrollabile voglia di perseguire questo percorso, INDIPENDENTEMENTE dalle difficoltà che si incontreranno al suo interno.
L'Aikido è quell'arte che ci fa realizzare con l'esperienza che "quando il PERCHÉ è forte, il COME si trova sempre": questo è forse l'ingrediente che lo rende così attuale ed interessante per la nostra società!
Marco Rubatto
Aikime Chief Editor
2 commenti:
ciò che scrivi lo condivido pienamente, ed è un punto di vista che mi ha fatto pensare molto nella mia vita di "aikidoka", se così un po' posso definire la mia vita. ma allora quando finiranno le varie diatribe nelle varie federazioni e associazioni? se è un percorso di crescita personale come fa oggi una semplice persona quando si accosta all'aikido a capire cosa è meglio per lui? con tutto l'aikido che c'è al mondo, e in italia, quale scegliere visto che questo pensiero che tu hai scritto non fa parte della maggioranza dei maestri che ho conosciuto ma della minoranza? quale maestro scegliere? purtroppo per quello che ho visto in anni di aikido non è così facile. ma allora bisogna avere "fortuna" e trovare chi realmente pensa queste cose per vivere un buon aikido? dubbi e perplessità che ogni giorno vivo, dentro (purtroppo è un po' che non pratico) e soprattutto fuori dal tatami. grazie per ciò che hai scritto spero diventi per molti praticanti e maestri un modo per "essere aikido"
Non sono sicuro se O Sensei pensasse a tutto quello che scrivi nel creare l'Aikido. Io ho sempre pensato che più che altro si fosse limitato a creare un sistema che permettesse a questa linea di pensiero di emergere. Ciò di cui invece sono sicuro è che abbracciare e radicalizzare i principi dell'Aikido, significhi proprio andare nella direzione da te indicata.
Purtroppo nel panorama che tratteggi io ravviso non una mancata consapevolezza o maturità in chi insegna quest'arte a noi cara, forse fin troppo, ma il preciso intento di ingenerare una percezione di ostilità e minacciosità del mondo.
Mi sembrano, per esperienza personale, semplicemente degli abili affaristi.
Per fortuna rimangono ancora tanti amici che come te si sono messi in cammino sul sentiero giusto.
Grazie del bellissimo articolo.
Mau
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