lunedì 19 gennaio 2015

I 10 comandamenti dell'Aikido

Dopo un periodo di festività sacre a molte tradizioni religiose, nel quale anche un comico come Benigni è stato chiamato a dire la sua sui 10 comandamenti, non ci sentiamo affatto fuori luogo a voler dare una nostra - particolarissima - interpretazione Aikidoistica di questo famoso decalogo...

Ci siamo chiesti: se dovessero essere state stilate le tavole della legge dell'Aikido, come potrebbero tradursi queste ultime nell'ambito della nostra disciplina?

Eccone una nostra versione...

1 - "Non avrai altra disciplina all'infuori di me"

O' Sensei non mise mai veti rispetto all'esclusività di praticare Aikido congiuntamente ad altre discipline marziali, ma ci sentiamo di dire che ad un certo punto si rende necessaria una scelta di fondo. Non c'è spazio semplicemente di approfondire parallelamente diverse discipline come l'Aikido, semplicemente perché per ciascuna di esse UNA VITA non basta;

il rischio quindi è di fare molte cose male, anziché farne una al meglio delle proprie capacità. Un sacco di persone fanno "mischietti" sensazionali, e credendo pure di essere virtuosi per questo!


2 - "Non nominare il nome di Ueshiba in vano"

"Oh, esagerati!" Penserà qualcuno di voi... E invece no, perché nonostante O' Sensei sia lungi da essere una divinità da non offendere, c'è da riflettere sul fatto che spesso dietro al suo nome si dicono e si compiono un sacco di cose neanche troppo edificanti.

"L'Aikido di qua, l'Aikido di là...", ma pochi si rendono conto che questo non è tanto il nome di una disciplina, quanto i connotati da attribuire ad un modo di essere e di interpretare la vita.

Gli Aikidoka dovrebbero forse fare più caso a quanto utilizzino opportunamente il nome della propria disciplina e del relativo Fondatore: sarebbe la volta che si nominerebbero magari meno alcuni principi etici universali, ma si agirebbe più in conformità ad essi.


3 - "Ricordati di santificare gli allenamenti"

Che non vuol dire solo di ricordarsi di andarci, ma pure di parteciparvici con lo spirito più adatto. Allenarsi, giusto perché lo "dobbiamo" fare serve a poco, se non a nulla!

Quando andiamo a lezione, che si sia allievi o Insegnanti, non cambia molto: dovremmo andarci pronti a trarre il meglio da quel tempo speso in compagnia di chi condivide con noi la passione per la disciplina... e ciò spesso si traduce come "disponibilità a metterci realmente in discussione, al fine di imparare qualcosa".

4 - "Onora i senpai ed i kohai"

Si fa cenno qui ad un sistema di divisione delle classi sociali che qui in occidente è del tutto assente.

Gli Aikidoka fanno quindi fatica a farlo proprio, partendo da abitudini culturali diverse: tuttavia, ad un certo punto, perché un Dojo funzioni, una Scuola funzioni... diviene indispensabile che ciascuno sappia stare semplicemente "al suo posto", ossia servendo con amore coloro che sono arrivati dopo di noi e rispettando la saggezza che hanno sviluppato coloro che ci hanno preceduti.


5 - "Non ferire"

C'è gente che è disposta a fare malissimo al proprio partner piuttosto di ripetere esattamente il movimento che ha mostrato l'Insegnante, di sembrare più figo/marziale/tradizionale/kazzutokisuda... ecco: questi non hanno capito veramente nulla di cosa richieda l'Aikido ai suoi praticanti.

Lavorando con il corpo è di sicuro possibile farsi male, ma un conto è farsene dopo aver preso tutte le precauzioni possibili perché ciò non avvenisse, un altro è che ciò accada per superficialità o distrazione.

È possibile poi ferire in molto modi e non è detto che quello fisico sia quello che fa più male di tutti: in Aikido dovremmo semplicemente cercare di "non ferirci" a vicenda, cosa non semplice essendo tutti diversi ed avendo talvolta posizioni che sembrano inconciliabili fra loro.

6 - "Non commettere tecniche impure"

Una sorta di propaggine del 2º, del 3º e del 5º: fare tanto per fare serve a poco... dovremmo forse cercare di riempire i nostri atti dei principi e delle prospettive in cui crediamo, in modo tale che essi ci rispecchino nel profondo.

Le "tecniche impure" sono tutto ciò che non è compreso in questo, per quanto estetico o approvabile esso risulti dal prossimo... ed a esagerare ad infrangere questo Aiki-comandamento... c'è il rischio di DIVENTARE CIECHI!!! ^__^


7 - "Non essere arrivista"

Iniziamo tutti a praticare Aikido perché ci piace, ci appaga... ma poi "l'appetito si fa ancora più forte mangiando" e quindi siamo tentati di bruciare, a volte, alcune tappe... credendo che in questo modo arriveremo prima a toccare i nostri desiderati obiettivi.

Nulla di più falso: l'Aikido ha una sua "tempistica" da rispettare, che rispecchia quanto noi gli consentiamo di divenire parte integrante del nostro vissuto. Non intendiamo riferirci solo ad aspetti tecnici, anzi... piuttosto a consapevolezze di carattere coscienziale.

Magari una tecnica saremo anche in grado di ripeterla in tempi celeri, se siamo particolarmente talentuosi, ma ci sono processi che non possono essere affrettati.

Pur non volendo generalizzare, guardiamo piuttosto con diffidenza ad un 5º dan di trent'anni e ad un 6º che ne abbia meno di cinquanta...

Cosa vuole rimandare questa gente: che si muove bene sul tatami?
Guardiamo il loro vissuto: incarnano altrettanto bene la nobile arte che praticano (e magari insegnano) nella vita?

Ma che si corre a fare... quando l'unico corridore, l'unico percorso e l'unico traguardo... siamo noi?


8 - "Non dire falsa testimonianza nei confronti dell'Aikido che non conosci"

Piuttosto diffusa è la triste abitudine da parte degli Aikidoka di sparare a zero con le critiche degli stili e delle Scuole che non si conoscono direttamente, ma che magari sono visibilmente differenti dalla propria: perché mai?

Forse perché denigrando gli altri si ha la sensazione di valere qualcosa per differenza?

Perché se non si facesse così si dovrebbe ammettere che pure chi fa diverso da noi ha qualcosa di buono da insegnare?

Rispondete come più vi piace, ma sicuramente l'invito è quello di entrare nel merito (anche critico) SOLO di ciò che conosciamo in prima persona, e non tramite qualche sentito dire o qualche sparuto video di YouTube...


9 - "Non desiderare il grado d'altri"

Specificazione sequenziale del precedente: di solito si mira a ricevere gradi più alti di quelli che si possiedono, ma siamo certi che ciò debba essere perseguito anche con invidia?

C'è sempre il compagno di corso, l'Insegnante "rivale" che è più talento, che ha più possibilità di noi di frequentare i corsi o di andarsi a formare... che magari arriva sempre prima di noi ad ottenere il grado o la posizione tanto desiderata all'interno del gruppo.

Chi desideriamo diventare: la sua brutta copia o la manifestazione di noi stessi al 100%?
Ed in quest'ultimo caso, perché ci ostiniamo a vedere solo il nostro bicchiere "mezzo vuoto"?

Ogni risultato ottenuto è "nostro" solo se ce lo siamo meritati a fondo, auguriamo ogni felicità a chi ce la fa prima di noi... e concentriamoci sull'unica cosa che davvero conta: il NOSTRO percorso!


10 - "Non desiderare gli uke d'altri", oppure "Non desiderare gli allievi d'altri"

È pratica diffusa tra molti Aikidoka credere che il nostro partner sia quello a cui attribuire il 95% dei nostri insuccessi, quindi quando c'è qualcuno che fa bene, spesso si sente affermare: "Certo, con un uke come il suo, sono capace anche io di fare bene!"

Ecco che parte la fitta sassaiola di critiche della situazione in cui ci si trova, anziché provare ad apprendere da essa come migliorarsi.

I praticanti che non superano mai questa fase "adolescenziale" della pratica e - sfortuna loro e nostra - diventano anche Insegnanti, iniziano di solito a sacramentare contro le proprie sfighe ed a criticare il buon lavoro fatto da altri colleghi.

Questo è precisamente il momento in cui si iniziano a desiderare "gli allievi d'altri", nel senso che si escogitano i peggio sotterfugi per estendere la propria influenza (tecnica, politica, legata al timore reverenziale...) su quei gruppi che invece danno segno di godere di ottima salute.

Un Insegnante che non ha allievi cessa all'istante di essere insegnante e torna ad essere un semplice praticante (che fra l'altro non è mica una posizione miserevole!!!): ecco perché si inizia di solito a tramare per allungare le mani sugli "allievi d'altri".

Ovviamente questo è un giochino che dura poco e fa più danno che ottenere i tiepidi risultati che si prefiggeva, ma vale la pena discuterne ugualmente, a beneficio di tutti coloro che ancora non ne fossero consci.


Concludiamo dichiarando apertamente che i 10 comandamenti ai quali ci siamo rifatti secondo la tradizione cattolico-cristiana a noi non sono stati mai particolarmente simpatici: troppi "non", "non"...

Sappiamo bene come funziona la nostra mente: tutte le volte che sente una negazione, essa vola al suo opposto per poterci tirare una riga sopra...

Dire quindi "non rubare" è come richiedere di pensare ad un ladro e quindi negare ciò che egli sta facendo: un tantino contorta come richiesta!

Forse questo un tempo non si sapeva, ma ciò che in ogni caso ci piace rimandare è che siamo felici che in Aikido NON esistano norme "morali" come quelle che abbiamo giocosamente provato ad estrapolare noi dalle tavole della legge...

Questo costringerà ogni praticante a GUARDARSI DENTRO ed a mantenere una condotta conforme con i principi  che vi troverà marchiati a fuoco. Così facendo di certo sbaglierà, ma in ogni sbaglio compiuto e gli potrà trovare anche un'opportunità di crescita e miglioramento.

L'attaccamento eccessivo alle leggi, le norme e le regole è sempre una sconfitta per chi compie un viaggio coscienziale: rischia di non far sentire l'unica voce che le conosce già tutte anche senza che nessuno gliele abbia mai suggerite dall'esterno!




Ed ora, forza ragazzi... la ricreazione è finita... tutti a catechismo, ehm, scusate... al Dojo!




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