lunedì 3 marzo 2014

L'Aikidoka ondivago, errabondo, nomade e mai contento

Ci sono molti modi di praticare Aikido...

... e ci sono anche numerosi Enti sotto i quali farlo: la Federazione Italiana ed una miriade di Enti di Promozione Sportiva più o meno conosciuti ed accreditati.

Ciascuno si è un po' organizzato come meglio crede al proprio interno, in quanto ciascuna Scuola fa capo ai regolamenti interni che ci si è dati, oppure che si sono già trovati in essere al momento della propria affiliazione.

Se siete principianti alle prime armi, forse il Post potrebbe chiudersi qui... in quanto per qualche anno non si avranno altre esigenze se non quella di andare al proprio Dojo e fare ciò che dice il proprio Sensei!

Chi invece pratica da più tempo sa che ogni Scuola è destinata - presto o tardi - a cambiare più volte il proprio nome ed anche il "campanile" all'ombra del quale ambientare la propria pratica.

Chi nasce in quell'Ente e si sposta in quella Associazione... chi dalla Federazione abbraccia un Ente di Promozione Sportiva... e così via, quasi all'infinito, in una dinamica che oggi chiameremo: "Sindrome dell'Aikidoka ondivago, errabondo, nomade e mai contento".

Ci occupiamo di questo argomento poiché di recente siamo stati per l'ennesima interpellati rispetto a questo genere di tematiche associative: il luogo di provenienza "non va più bene" (se mai è andato bene)... "quell'altro luogo sembra più appetibile", e così' via!

È una dinamica tutt'altro che rara o inconsueta...

Ci fermiamo quindi per riflettere meglio so cosa causi una così grande senso di frazionamento e di movimento all'interno della comunità Aikidoistica italiana (mondiale?).

C'è sempre qualcosa che non va bene: le poltrone sono occupate dalle persone "sbagliate/immeritevoli", le richieste sono eccessive rispetto al supporto fornito, non c'è sufficiente qualità nella pratica o nel suo patrocinio, la divulgazione è sottodimensionata...

... e quindi, VIA con un nuovo progetto!

"Nel prossimo Ente andrà meglio, perché ora siamo tutti ben motivati e coesi con l'intento comune di "fare bene"!!!"

Poi passi di li dopo un paio d'anni e - di solito - senti reiterare il canovaccio di cui sopra...

Perché accade?!

Non pretendiamo di avere tutte le risposte, ma abbiamo fatto una nostra riflessione in merito.

Crediamo che la società, anche quella Aikidoistica, non sia altro che uno specchio del singolo individuo e crediamo anche che la frammentazione imperante rifletta la crescente separazione interna in ciascuno di noi.

Sotto questo punto di vista, nessuna realtà Aikidoistica sarà mai definitiva ed accettabile per un praticante, perché la "guerra" è all'interno di quest'ultimo ed egli non fa altro che proiettarla nella realtà e nel contesto che frequenta.

Pretendiamo, in buona sostanza, di risolvere problematiche "esteriori" ed "oggettive" nel luogo sbagliato, visto che invece trovano origine e proliferazione nell'intimo di ciascuno di noi, cioè in un luogo "interiore" e "soggettivo".

Di contro abbiamo anche avuto la fortuna di trovare (pochi) individui che appaiono sempre "contenti" e soddisfatti della loro Aiki-posizione sociale!

Parliamo di individui, magari di Sensei, che semplicemente hanno fatto "pace con loro stessi" e che quindi trovano quasi sempre una posizione di equilibrio e di positiva integrazione con il contesto nel quale sono immersi.

Quindi tutto qui? È così facile da risolvere il problema?!

Forse è "semplice", nel senso di "essenziale", ma non è "facile"... poiché trasformare se stessi mediante l'Aikido implica un percorso che pochi sono realmente disposti a percorrere!

Molte sono in fatti le persone che praticano Aikido con muscoli, tendini ed articolazioni... ma questo può non essere sufficiente per coinvolgersi fino al punto di cui parliamo.

Praticare cioè con tutto se stessi: pensieri, emozioni, spirito ed anima compresi...

Però forse è questo il livello al quale O' Sensei faceva spesso riferimento
, quindi ci sta che sia una cosa che in molti ricercano, ma alla quale pochi approdano!

Fino a quando la maggioranza della comunità Aikidoistica non sarà stabilmente approdata a questo "modo di essere", difficilmente la "Sindrome dell'Aikidoka ondivago, errabondo, nomade e mai contento" verrà definitivamente curata o risolta.

Poco male: è un processo in cui ciascuno conta per sé... e specchia nel prossimo i traguardi raggiunti (o meno), ed in quest'ottica è bene smettere di cercare di fare bene per il prossimo... ed iniziare a "fare del bene a se stessi", poiché diviene - di fatto - l'unica direzione di lavoro possibile ed auspicabile per chiunque!

Buon lavoro di stabilizzazione e pacificazione interiore a tutti!

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