Su Aikime ogni differente esperienza è considerata un prezioso elemento di arricchimento per tutti: quest'oggi siamo orgogliosi di dare il benvenuto a due nuovi amici nella Redazione: Sara ed Andrea.
Loro hanno iniziato recentemente la loro avventura sul tatami, ma proprio per questo sono stati stimolati da noi a rimandare da subito una loro impressione della piccola idea che si sono fatti dell'Aikido...
Non è sempre necessario passare due decadi a prendere botte prima di iniziare a capirci qualcosa!
Il loro contributo ci auguriamo possa essere di aiuto a molti altri principianti, che forse sono più interessati ad un'impressione di un collega "alla pari"... che dal Maestrone quindicesimo dan di turno...
Quindi a loro va il nostro più caloroso benvenuto e il rinnovato invito a far sentire nuovamente presto la loro voce sulle nostre pagine: vai Andrea... vai Sara!!!
[la Redazione]
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Anni fa, il proprietario di una palestra con cui ero entrato in confidenza, mi raccontava che ogniqualvolta trasmettessero alla TV “Karate Kid”e “Il ragazzo dal kimono d’oro”, entro pochi giorni la sua palestra poteva contare numerosi nuovi iscritti.
Ammetto di essere stato anch’io uno dei tanti che si identificavano nello stereotipo del “bravo-ragazzino-un-po’-indifeso-che-prima-se-le-prende-poi-grazie-a-un-sensei-risolve-i-suoi-problemi-e-diventa-figo-tutto-d’un-colpo”.
Nel Dojo vicino a casa c’era una forte tradizione di Karate e per quattro anni l’ho praticato, sognando segretamente di poter fare un giorno le mirabolanti spaccate aeree di Jean Claude Van Damme (riproposte ora da Scott Adkins) e di diventare gonfio di muscoli e invincibile.
Fortunatamente, gli impegni scolastici hanno deciso per me che dovevo interrompere quell’esperienza che potrei sintetizzare così: molto tecnica, con un agonismo fine a se stesso, povera sotto il profilo umano e relazionale.
Certo non è “colpa” del Karate, che è una disciplina molto ricca – si potrebbe dire di qualsiasi attività svolta con Sensei o Istruttori attenti più al lato formale che ad un approccio educativo dell’arte che si studia.
Per anni (ora vado per i 36, più del doppio rispetto a quando ho lasciato), l’unica conoscenza delle Arti Marziali è stata la mia esperienza personale, quello che mi raccontavano gli amici e, immancabilmente, la cinematografia.
Perché ho scelto, quest’anno, di iniziare la strada dell’Aikido?
Steven Seagal - che perlomeno è un Aikidoka - stavolta non c’entra.
Quello che sapevo dell’Aikido era davvero poco, quel poco che anni prima vedevo nel Dojo e quel poco che avevo visto in alcune manifestazioni.
Sapevo anche che da alcuni era un’arte denigrata perché considerata per nulla combattiva. Niente calci alla Van Damme stando in sospensione come in Matrix, per intendersi.
Allora perché?
Forse, anzi, sicuramente possiamo dire qual è stato il “perché” di una scelta guardando indietro nella nostra vita e rivisitando i sentieri che le nostre scelte ci hanno fatto percorrere fino al giorno presente.
Non sarebbe onesto, da parte mia, dare un “perché”a pochi mesi dal mio ritorno sul tatami.
Penso però di poter condividere con voi le sensazioni che questa mia scelta porta con sé e sono sensazioni di assoluta libertà.
Libertà intanto dall’orologio e da una vita disordinata.
E’ vero che lo si può dire di qualsiasi impegno preso con cadenza costante, ma le ore consacrate ad un’arte da apprendere sono diverse rispetto a quelle dedicate ad una generica attività fisica.
Libertà di poter fare un percorso di apprendimento di un’arte in cui è chiaro fin dall’inizio che le tecniche base in cui cerca disperatamente di orientarsi un neofita come me per capirle, sono le medesime tecniche in cui un Aikidoka esperto dovrebbe cercare disperatamente di orientarsi per non finirne prigioniero.
Non sono ingenuo e se esistono kyu e dan è perché una certa gradualità esiste, eccome, ed è giusto.
Ma percepisco con forza che si tratta di una gradualità che ha più a che fare con l’intensità e la consapevolezza dell’arte che si va imparando che con la scalata di un “semplice” per quanto lungo elenco di tecniche.
In questo sta la sensazione di libertà che provo ogni volta che salgo sul tatami.
E’ la stessa libertà di fare una passeggiata per prati senza prefissarsi un traguardo che non sia il godimento della passeggiata stessa.
E’ chiaro che, per quanta immaginazione uno possa avere, non può rivestire con le proprie sensazioni un oggetto (il Dojo, il Sensei, i compagni, insomma la pratica dell’Aikido) se questo non le fa scaturire.
Questo per dire che l’arte è uno strumento in mano all’artista e sta allo scalpello del Sensei far trasparire l’arte dai blocchi di marmo che ha di fronte (nel mio caso, io sono ancora alla fase del “blocco”, sul marmo se ne riparlerà).
E, come qualsiasi arte, questa è trasmessa, comunicata, insegnata.
Bene o male, questo dipende da entrambe le parti coinvolte, ma di certo c’è che un conto è insegnare un tecnicismo, altra storia è trasmetterne l’essenza, altra cosa ancora è trasmetterne l’essenza perché appassionati dell’Aikido e dunque sinceramente interessati al kohai che hai di fronte.
Inizio a percepire che si tratta di un rapporto di “maieutica”, di far emergere la forma che il nostro essere prende attraverso la strada dell’Aikido, senza la pretesa di creare sovrastrutture rispetto a quanto, culturalmente, spiritualmente e fisicamente fa già parte di un bagaglio assodato dell’Aikidoka.
E anche qui, si tratta di una libertà infinitamente superiore rispetto alla semplice e riduttiva (e forse costrittiva) “formazione”, che in qualche modo ridurrebbe il praticante ad un clone del Sensei, accettato e lodato solo se ripete pedissequamente gesti, frasi, tecniche, pensieri e opinioni.
Insomma, mi auguro di poter continuare questa mia passeggiata nell’Aikido a lungo.
Che poi è una passeggiata a due, perché ho il privilegio di condividere questo cammino con mia moglie ed è fantastico poter condividere un percorso di crescita iniziato insieme e scoprire nuove cose in una persona di cui credevi di conoscere tutto.
[Andrea]
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Alla bellezza dei 30 anni inizio questa nuova “avventura marziale” con mio marito.
Posso dire di aver praticato molti sport nella mia vita: dal nuoto alla danza, dal tennis allo sci, dal basket alla pallavolo… ma mai avrei pensato di praticare un giorno una qualche Arte Marziale.
L’ho considerata da sempre come una disciplina maschile, dura e violenta.
Grazie all’Aikido ho scoperto la bellezza, la delicatezza e la profondità di quest’Arte Marziale.
Arte nel vero senso della parola!
Vedere uomini e donne cintura nera fare le varie tecniche di Aikido è uno spettacolo meraviglioso: forza e delicatezza si uniscono creando un’armonia perfetta.
Il mio obiettivo è riuscire a controllare meglio il mio corpo e i miei istinti, riuscire a mantenere calma e fermezza anche nelle situazioni più difficili e in cui la rabbia può prendere il sopravvento accecando la mente e liberando gli impulsi violenti.
Spesso con la difesa si tende ad attaccare a nostra volta, possibilmente con ancora più violenza dell’offesa iniziale.
L’Aikido insegna a difendersi senza far male all’avversario.
L’importante è uscire dalla situazione di pericolo e trovare la posizione di controllo su di lui.
Questa idea di “non violenza” in un’Arte Marziale è stata una vera sorpresa per me.
Sono fortunata perché ho trovato un bravo Maestro di Aikido, capace non solo di insegnare bene le tecniche ma anche di far gustare l’essenza e la cultura su cui si fonda ed è nata questa disciplina.
Ogni momento vissuto nel Dojo è per me un viaggio stupendo, ricco di esperienze nuove dalle quali poter trarre insegnamento.
Non vedo l’ora di partire per la prossima tappa di questo percorso!
[Sara]
2 commenti:
Che bellissimo post, complimentissimi a Sara e Andrea per le parole spese sull'aikido, sull'arte, sulla vostra vita e il vostro Sensei. La storia di Andrea ricorda a tratti la mia, anch'io tra poco avrò 36 anni e iniziai a 17 col karate... unica differenza che a un certo punto lo cambiai con aikido e iaido. Parole sante e molto sagge le tue, dettate da una maturità che a mio avviso è il punto chiave per la scelta di un'arte. L'aikido è una delle discipline del budo rimaste incontaminate dall'agonismo, voglia di prevalere o dimostrare chissà cosa... l'unica dimostrazione dobbiamo farla a noi stessi! Grazie Andrea per la tua parte di post che mi ha fatto rivivere delle belle sensazioni
E un grazie anche a Sara per aver fatto tesoro del lato gentile e armonioso dell'aikido, un'arte che più di ogni altra a mio avviso sposa il concetto di yin-yang oltre ai nobili principi del budo, che trasmettono la pace più che la marzialità primordiale! W la non violenza e W il tuo maestro che di certo saprà farti gustare la giusta atmosfera nel dojo...
Un sentito in bocca al lupo per il vostro cammino insieme e... mi auguro di incrociarlo al blogger seminar :-)
buona passeggiata sulla via dell'AIKIDO...Francesco Reggio Emilia
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