Abbiamo trovato notevoli affinità in alcuni rami specifici dell'analisi psicologica con quanto pratichiamo in Aikido sui nostri tatami, in termini di filosofia, etica e prospettive relazionali.
Ci riferiamo nella fattispecie all'analisi transazionale, per i quali abbiamo chiesto lume ad un membro della nostra Redazione che ha avuto modo di imbattersi professionalmente in questo tipo di studio e frequentazione.
Innanzi tutto: cos'è l'analisi transazionale?
Nel campo della psicologia, dell'analisi psicologica e della psicoterapia c'è solitamente una notevole confusione, poiché spesso si considera che si tratti qualcosa per malati psichiatrici più o meno gravi che si mettono nelle mani degli "strizzacervelli"...
Nulla di più falso.
L'analisi psicologica è una "scienza" relativamente giovane, che si è sviluppata seguendo filoni molto differenti fra loro.
Fra di essi i più famosi sono forse:
- la psicoanalisi Freudiana;
- la psicoanalisi Jungiana;
- la psicosintesi di Roberto Assagioli;
- la psicologia sistemica;
- la Gestalt;
[...]
e fra questi quindi anche l'analisi transazionale alla quale ci riferiamo oggi.
Essa nasce come evoluzione della psicoanalisi Freudiana ad opera di Eric Berne, psicologo canadese dello scorso secolo.
Questo ramo della psicologia, e di conseguenza della psicoterapia, presuppone esistano tre "stadi" principali dell'IO:
- l'io-genitore (G);
- l'io-adulto (A);
- l'io-bambino (B).
La qualità della vita e delle nostre relazioni sociali sarebbe legata al grado di identificazione con il quale, momento per momento, ci specchiamo in ciascuna di esse, e proporzionalmente rispetto a quanto siamo in grado di farle "dialogare" fra loro, in modo costruttivo, evolutivo ed integrante.
L'accento è posto comunque, come il nome suggerisce, sulle TRANSIZIONI, ossia sui "contratti" relazionali fra due o più parti, siano esse interne o esterne a ciascuno di noi.
Perché questa particolare attenzione?
Perché solitamente durante le transizioni possono succedere numerosi processi di disturbo/distorsione della comunicazione, come il fraintendimento, la prevaricazione, l'assoggettamento, la sudditanza, l'emulazione.
Uno dei motti principali che invece sarebbe bene regnasse, secondo l'analisi transazionale, in qualsiasi scambio persona le è: "Io ok, tu ok"... ed alla luce di questo tutto è consentito e valido, purché non venga meno le esigenze, la dignità, e la volontà di entrambi gli attori della relazione.
E quali sono le assonanze con l'Aikido?
Secondo noi, nell'Aikido dovrebbe accadere esattamente quanto rimandato dall'analisi transazionale ("io ok, tu ok"), ma DURANTE UN CONFLITTO.
Uke attacca: se lo fa è sinonimo che avrà le sue ragioni, un punto di vista dal quale crede sia meglio così... oppure sente di non poter fare a meno di questo bisogno. Probabilmente cerca affermazione di sé nel suo comportamento, o crede di dover attaccare per non essere svalutato da chi ha dinnanzi.
Tori/nage con esso ci fa Aikido: riceve questo attacco, solitamente diventando un serbatoio dell'energia "donata" dal partner e quindi gliela specchia, rimandandola verso il mittente... ma preoccupandosi altresì che ciò non lo leda o svaluti.
Se la "transazione", cioè l'energia scambiata è rispettosa del binomio "io ok, tu ok", anche un conflitto diviene un caso molto particolare di RELAZIONE, ma al termine della quale tutti i suoi protagonisti si sentono arricchiti dall'esperienza (diversamente da quanto appariva all'inizio dello "scambio").
Diverso è invece il caso di chi attacca, sapendo di andarsi a gettare nel fuoco... avendo in qualche modo già perso, o di chi si "difende" (brutto ed inappropriato termine, ma che rende l'idea) ed è convinto che ledere/svalutare il prossimo sia una strada obbligata per proteggere la propria incolumità.
In questo ci pare che l'analisi transazionale assomigli a del BUON AIKIDO.
Abbiamo specificato "BUON" perché talvolta si crede che l'azione "difensiva" in qualche modo possa giustificare una certa dose di violenza da rispedire al mittente... creando così ulteriore tensione per un suo attacco futuro.
Se O' Sensei avesse avuto ragione nell'affermare che siamo tutti collegati fra noi e facciamo parte di un Universo armonico e interdipendente, sarebbe palese come ferendo un altro individuo non potremmo fare altro che ferire un aspetto di noi stessi!
Ci pare invece che un "buon Aikido" sia quello caratterizzato da un'azione che cerca, in qualche modo di gettare "acqua sul fuoco" e che tenti di alchemizzare la conflittualità in un qualche cosa di utile per chi la vive, una fronte di apprendimento forse o comunque un'esperienza a traverso la quale vale la pena essere passati (quando non si aveva altra scelta, ovviamente!).
In questo caso, "io ok, tu ok" permane anche durante il conflitto e lo fa scemare in una dinamica che non ha nulla di personale: è molto difficile attaccare qualcuno che non avverta questo atto come qualcosa da vivere a livello personale, così come è altrettanto ostico contrastare chi prende rimedio al conflitto agendo in modo altrettanto impersonale.
Pensiamoci su, infondo l'Aikido può essere fatto con le parole, oltre che con i movimenti corporei.
Se ci urlano qualcosa che non possiamo accettare, sarà più utile rispondere "ti ho capito", anziché strillare indietro qualcosa di offensivo per il gusto di ribattere.
Il fatto di affermare "ti ho capito", non è sinonimo di essere d'accordo, ma di avere ricevuto il messaggio, che quindi sarebbe sciocco ripetere. Ecco come si seda un conflitto, gettando acqua sul fuoco e senza bisogno di svalutare il proprio interlocutore per farlo smettere di agire contro di noi.
Non sempre ciò è sufficiente a far terminare lo scontro a tarallucci e vino, ma un buon esercizio di Aikido ed un tentativo di "costruire" anziché distruggere sarà avvenuto anche nel bel mezzo di una lite.
Fortuna nostra poi, oggi i conflitti sono molto più verbali che fisici: con l'Aikido tuttavia possiamo imparare a gestirli al meglio anche fisicamente, perché il corpo è uno specchio affidabilissimo del nostro inconscio, quindi lascia trasparire sia le nostre intenzioni più alte, sia le ombre più sinistre del sub-conscio e dell'inconscio.
E se il corpo sul tatami si muove secondo la massima "io ok, tu ok", possiamo essere certi che lo faranno poi anche i nostri atteggiamenti e le nostre parole (è sul viceversa che nutriamo qualche dubbio in più)!
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