lunedì 12 settembre 2011

Vademecum per fare funzionare un Dojo



In Italia ci sono molte Palestre... e pochi Dojo.

In entrambi questi luoghi si pratica Aikido magari, ma l'atteggiamento e le dinamiche che ne seguono possono essere particolarmente differenti e talvolta antinomiche.

Storicamente parlando, l'Aikido è nato per essere praticato in un Dojo, non in una Palestra, così come tutte le altre Arti Marziali tradizionali giapponesi (Judo, Karate, Kendo, Kyudo, Iaido...).

Ecco un piccolo vademecum che vi permetterà di capire quali sono le differenze tra questi due luoghi, per quanto nelle nostre realtà siano chiamati a coincidere.

In un Dojo...

1 - Si pratica Aikido ogni giorno, spesso anche più volte all'interno della stessa giornata. Normalmente al mattino presto c'è una classe (di armi, tradizionalmente) che può essere frequentata prima che la gente vada al lavoro o a scuola (dalle 7:00 alle 8:00 per esempio). Nel primo pomeriggio ci sono lezioni per bambini ed alla sera una o due lezioni per adulti. Ogni Dojo ha normalmente un giorno di chiusura alla settimana. Alla domenica si usa praticare solo alla mattina.

2 - Si pratica continuativamente Aikido tutto l'anno, cioè non ci sono periodi prolungati di chiusura simili alle nostre vacanze estive (da uno a due mesi!). Si seguono le feste nazionali, vi può essere una settimana di chiusura ad agosto, me le lezioni sono garantite dal Sensei o da qualche suo sostituto.

3 - Di norma ci sono più Insegnanti che coadiuvano nelle lezioni il Sensei, che non potrebbe fare tutto da solo. Questo consente di non annullare mai lezioni anche nel caso in cui il Sensei sia assente o impossibilitato a tenerle. Qualcun altro lo sostituirà: la pratica è tenuta in enorme considerazione, quindi non viene sospesa salvo rare eccezionalità annue.

4 - Ci sono allievi esterni che vengono all'orario delle lezioni che li interessano (sotodeshi), ma ci sono anche allievi interni (uchideshi), cioè che abitano all'interno del Dojo stabilmente (per il periodo che hanno scelto di dedicare interamente all'Aikido... diciamo da qualche settimana... a qualche mese... a qualche anno, a seconda dei casi). E' di questi ultimi il compito pratico di gestire il Dojo in assenza del Sensei: sono loro che aprono la porta al mattino per primi, così come la chiudono per ultimi alla sera, si occupano di rispondere al telefono, fare operazioni semplici di segreteria e ripuliscono le aree adibite all'allenamento, così come i loro alloggi personali e le zone comuni.

5 - Ci si reca non soltanto per l'allenamento vero e proprio, ma anche per vivere una vera è propria "comunità di praticanti". Si organizzano quindi giornate tematiche, seminari di approfondimento, conferenze... ma anche colazioni, pranzi e cene comunitarie... feste e party.


6 - C'è una specifica attenzione ad una scala gerarchica rispetto agli Insegnanti ed ai praticanti: questo non è per nulla un aspetto che favorisca episodi di "nonnismo", quanto piuttosto una metodologia per l'assunzione di responsabilità da parte dei presenti. Un senpai, cioè un praticante datato, dovrà sempre prendersi cura delle esigenze di un kohai, ossia di un principiante o comunque di colui che è più giovane nella pratica (qui non conta né il sesso, né l'età anagrafica).

7 - La pianificazione degli eventi è condivisa e co-partecipata da tutta l'Aiki-comunità che ruota intorno ad un Dojo. Gli esami per il passaggio di cintura, ad esempio, sono occasioni alle quali si è presenti per dare il proprio contributo morale (e pratico, se serve) ai compagni che sostengono i test. Anche i seminari interni sono generalmente organizzati su aree tematiche specifiche di comune interesse, quindi sono frequentati da tutti, spesso senza aggiungere ulteriore danaro rispetto a quello della propria iscrizione.

8 - C'è una grande attenzione al rispetto altrui ed un grande senso di apertura e curiosità nei confronti dei nuovi arrivati e dei visitatori che giungono da altre realtà. L'Aikido è vissuto come una cammino, quindi il confronto con chi percorre la stessa nostre Via altrove è vissuto come sempre stimolante ed arricchente. Un vero Dojo si riconosce anche proprio dalla senso di calda ed avvolgente ospitalità che lo contraddistingue, indipendentemente da Scuole o stili di appartenenza di chi vi giunge.

9 -  Si condivide tutto ciò che si ha: il "mio" panino diventa il "nostro panino", così per il bagnoschiuma o i propri pensieri, perplessità, frustrazioni e vittorie: la vita comunitaria favorisce l'abbattimento di inutili barriere e favorisce lo sviluppo di capacità sociali e comunicative. Sovente si parla lingue completamente diverse, ma non è mai un problema comprendersi in profondità su tutto.

10 - Si crea un senso di appartenenza, pur nella completa libertà personale. Spesso un Dojo forma una sorta di "seconda famiglia", ma la prima scelta personalmente in seguito a quella biologica. Si creano legami di amicizia sana e forte, condivisione di intenti e prospettive su tematiche profonde. Ciascuno sa di essere una "colonna portante" di un luogo, mantenendo e sviluppando al massimo la propria individualità ed imparando ad armonizzarla con quella di un gruppo. Nessun allievo è "del Dojo", nel senso che non si recrimina o rinfaccia nessuna decisione di abbandonarlo o cambiarlo. Si fa un pezzo di strada insieme e quindi ci si separa augurando la migliore sorte a chi sarà presto altrove. Chiunque lascia questo luogo, lo fa per seguire un proprio percorso, del quale il nostro Dojo sarà sicuramente stato un'importantissima tappa. Profondità di legame e nessuna dipendenza quindi: realmente il top delle relazioni adulte.

Ci sono molti altri spetti che caratterizzano questo luogo tradizionale giapponese, ma una riflessione è doverosa sui punti precedenti: Dojo o Palestra non sono che due parole diverse.
La differenza fondamentale sta nella leggerezza e/o nella profondità che conferiamo a ciò che per noi rappresentano.

Siamo certi che molti praticanti di Aikido vivono il loro rapporto di gruppo come tradizionalmente un giapponese vecchio stampo farebbe anche allenandosi in una bocciofila, nel fitness club o nella polisportiva di turno.

Si vede chiaro però come "la passione per la pratica"... e "la pratica della passione" siano fondamentali, così come lo sia non fare questo processo in modo solitario, ma con la possibilità di condividerlo alla pari o con la responsabilità del rapporto senpai - kohai.

Alcune punti del vademecum in Italia risultano sono per ora più difficili da realizzare che all'estero: mangiare e dormire nei dintorni del tatami, ma ancor prima avere un'area quotidianamente riservata alla sola pratica dell'Aikido sono fortune rare nel nostro Paese!

Ma Dojo è un'idea, un'intento e una prospettiva con la quale fare gruppo e vivere le nostre passioni, e questo può essere fatto ovunque con estrema intensità, basta volerlo!

Un bravo insegnante, seguito da un buon gruppo di allievi, crediamo sia capace di trasformare una Palestra in un Dojo in tempo pressoché istantaneo, senza nemmeno dover aggiungere un quadro ad una parete!

Ci auguriamo quindi che un numero sempre crescente di noi abbia voglia di trasformare, almeno mentalmente, la sua pratica "babbana" in Palestra in esperienza da Dojo, conscio di muovere molto più che gli addominali ed i glutei durante la sua personale relazione con l'Aikido.

Nessun commento: