domenica 21 febbraio 2010

Aikido e risultati simili attraverso strade diverse


Presentiamo questa settimana un’Arte Marziale che a nostro parere risulta avere notevoli connessioni con l’Aikido sebbene derivi da tutt’altra estrazione; stiamo parlando di Karate Do Shotokai.

"Shotokai" era inizialmente il nome dell’Associazione diretta dal Gichin Funakoshi Sensei, Fondatore dello stile Karate Do Shotokan. Alla guida di questa Associazione, alla sua morte subentrò il M° Shigeru Egami, uno dei suoi primi e più fedeli allievi.

Nel periodo giovanile Egami ricercò principalmente lo sviluppo della forza fisica e il rafforzamento del corpo attraverso esercizi ripetuti ed allenamenti fisici estenuanti.
Con il passare del tempo, verso i quarant’anni, si rese conto dei limiti di questa prospettiva ed iniziò una ricerca personale che mise in discussione tutta la sua esperienza marziale.

"Ma nel corso dei tempo ho dovuto comprendere i limiti della forza fisica e della forza umana, cosa che mi ha condotto a una riflessione sulla ricerca possibile. Ho compreso i limiti di un essere umano e ho tentato dì innalzarli, esplorando e creando nuove possibilità. Chi è debole diventa forte, chi è forte diventa ancora più forte, ma vi è un limite nella ricerca della forza fisica. Che cos'è la vera forza, che non si può ottenere attraverso un allenamento fisico spinto al limite? Esiste una cosa del genere?..."

Il suo primo passo fu ricercare l’efficacia del suo tsuki (pugno diretto), ritenuto meno efficace di quelli ricevuti da altri atleti marziali (come Judoka o Pugili). Egami Sensei notò che indurire il corpo cercando di ottenere maggiore forza poteva spesso equivalere a bloccare la capacità di movimento.
Un altro passo da lui compiuto fu l’abbandono del makiwara (strumento colpito per rafforzare un punto specifico del corpo del Karateka), dopo un utilizzo quotidiano di venticinque anni. Egli ritenne che l’uso di questo supporto non solo potesse risultare improduttivo per l’incremento delle proprie abilità, bensì addirittura nocivo per la salute.

"Ma, man mano che progredivo, il mio modo di pensare è cambiato. Mi sono progressivamente allontanato dal makiwara, trovandolo poco necessario, poi sono arrivato a non trovare alcun valore in questo esercizio, ed infine, oggi, penso che il makiwara sia nocivo per il Karate…"

"Ho incontrato talvolta persone che avevano i pugni callosi a forza di allenarsi al makiwara, in cui le prime articolazioni erano coperte di pelle cornea nera e spessa come quella del tallone. Erano mani terribili da guardare, ma quando ho loro domandato di colpirmi al ventre, ho constatato che i loro colpi non erano efficaci. Queste esperienze mi hanno indotto a diffidare del makiwara…"

Così continuò, con non poche difficoltà, la ricerca sul significato della vera forza passando anche attraverso la visione di stili che ponevano al centro del loro studio la tecnica.
Attraverso gli anni giunse ad uno studio più fluido che poneva l’enfasi sullo sviluppo del Ki e sul perfezionamento della coordinazione tra corpo e mente; tutto ciò per una tecnica meno contratta e più morbida, ma allo stesso tempo molto efficacie.

Nello stile Shotokai si possono distinguere tre modalità di difesa:

• la prima modalità consiste nel parare o schivare il colpo dell’avversario per poi contrattaccare;

• la seconda consiste invece nell’anticipo dell’attacco avversario, entrando nella sua tecnica e fermandola prima che essa si possa esprimere a massima potenza. I principi chiave per un buon anticipo sono un ottimo tempismo e il concetto di “Ma Ai” (giusta distanza);

• nella terza modalità si studia l’anticipo sull’intenzione di attaccare dell’avversario. Da un punto di vista esterno può sembrare che eseguire questo tipo di tecnica equivalga semplicemente a prendere l’iniziativa di attaccare per primo, ma se così fosse l’avversario si potrebbe a sua volta difendere e non sarebbe sorpreso da una tecnica che non lascia spazio ad alcuna controffensiva.

Ad alcuni Aikidoka la distinzione sopra riportata suonerà parente di tre le modalità di esecuzione di tecniche in Aikido: “Go no Sen”, “Sen no Sen”, “Sen Sen no Sen”.
Se dovessimo infatti descrivere questi tre concetti dell’Aikido correremmo il rischio di ripetere (per quanto si possa fare in maniera più approfondita e minuziosa) ciò che è riportato nel paragrafo sopra.

Come Morihei Ueshiba Sensei anche Egami Sensei continuò le sue ricerche fino alla fine dei suoi giorni e come O’ Sensei definì la strada che stava percorrendo “Metodo della Pace”.

"C'è un metodo che permetta di far progredire reciprocamente gli avversari e di vivere meglio, sia l'uno che l'altro? Si tratterebbe di un metodo che va al di là del Budo. Non è forse necessario andare alla ricerca di questo metodo?.."

"Il heiho, Metodo della Pace, fa parte della tradizione giapponese. Si tratta di un metodo per far vivere gli uomini, e non per uccidere..."

Condividiamo un video che mostra un seminario tenuto da Egami Sensei in Giappone, nel quale si può avere una piccola idea sul suo lavoro. Negli ultimi 30 secondi Egami presenterà una serie di principi che potremmo troverete piuttosto familiari: sbilanciamenti… tentativi di atterramento…



Nel leggere questa storia ci è sembrato come se per la prima volta ci venisse presentato il lavoro di un nuovo Ueshiba Sensei… che in altro contesto marziale, sulla sua pelle, sia giunto sperimentalmente alle massime tanto care al Fondatore.

Non parliamo di Aikido, ma di Karate Do Shotokai.

Ma se sentiamo risuonare l’Aiki nella sue vicende, questo apre nuove ed interessanti domande: è forse questa forma di Karate una sorta di “travestimento” dell’Aikido?

Oppure: che cos’è in realtà l’Aikido?

Più volte siamo giunti a questa domanda, partendo da argomenti e ricerche molto differenti fra loro.
La nostra modestissima impressione sempre più è che sotto questo NOME si nasconda una realtà molto più grande di quanto si sarebbe normalmente disposti a contenere nei ranghi di un’Arte tradizionale.

Qualcosa di così universale da essere stata percepita, studiata e codificata in modo diverso ma affine da grandi uomini che avevano in loro un forte desiderio di trasformare la guerra in un’occasione di pace e crescita.

Vedremo se in futuro ulteriori elementi rafforzeranno questa nostra ipotesi.
Per ora la ricerca è aperta e ciascuno di noi/voi può fare molto per comprendere il prossimo migliore passo da compiere.

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