domenica 10 maggio 2009

Aiki-messaggi pericolosi: 3 - la tecnica è la cosa più importante


Ci addentriamo quest’oggi in uno spinoso sentiero, che forse tenderà a dividere le opinioni dei nostri lettori.
Parliamo cioè dell’importanza della tecnica e della sua corretta esecuzione nell’ambito della pratica. Ci pare di aver individuato in questo contesto un nuovo “Aiki-messaggio pericoloso”, che non esitiamo a mettere in luce.

Molte scuole e stili conferiscono all’aspetto tecnico un valore inestimabile, affermando che tramite la corretta esecuzione è possibile prendere via via sempre maggiore coscienza dell’Aikido stesso.
Concordando con un simile pensiero, non ci sentiamo di sminuirlo, e quindi non ci permettiamo di svalutare nemmeno un po’ l’importanza dell’aspetto tecnico nell’allenamento; tuttavia ci ha colpito l’affermazione più volte sentita ripetere “la tecnica è la cosa più importante”.

In essa non si attribuisce SOLO un grande valore alla tecnica, ma le si conferisce la maggiore importanza nell’Arte, rispetto a qualsiasi altra cosa presente… spesso determinando la distinzione fra l'Aikido GIUSTO e l'Aikido SBAGLIATO.
Questo è ciò che ci ha insospettito e che ha dato il via alle nostre ricerche per vederci più chiaro.

Che la formazione di un Aikidoka maturo passi attraverso il suo livello tecnico ci pare fuori discussione, ma la maggioranza dei praticanti si avvicina all’Arte soprattutto nella speranza di poter un giorno essere in grado di vivere i principi dell’Aikido ben al di fuori delle mura del Dojo, cercando cioè di integrarli nella vita quotidiana (assimilata quindi ad un allenamento continuo con se stessi, all’interno forse di un Dojo chiamato Pianeta Terra).

O’ Sensei spesso ha avuto parole di speranza affinché ciò potesse avvenire fra i praticanti dell’Arte dell’Armonia e della Pace!

Se la precisione tecnica porta inevitabilmente a conoscere meglio i principi della fisicità propria ed altrui, le leggi della dinamica del movimento corporeo… ci chiediamo ora se essa aiuti realmente anche il salto di qualità che si avrebbe nel vivere quotidianamente in atmosfera di Aikido, tanto da promuovere la tecnica come “aspetto principale e piatto unico” da curare e sviluppare.

Ci siamo posti questa domanda poiché nella nostra storia personale ci siamo imbattuti in grandi Insegnanti tecnici, veri e propri riferimenti per quanto concerne la comprensione dell’angolo migliore per effettuare una leva o una proiezione, ma abbiamo constatato anche quanto raramente essi fossero anche in grado di vivere in modo altrettanto esemplare i loro stessi insegnamenti una volta scesi dal tatami: umiltà, rispetto, compassione, apertura, accoglienza… aspetti teorizzati e conditi con un’ottima efficacia marziale, ma è questo l’Aikido?

Prima dell’avvento di O’ Sensei, il Bujutsu si era già posto la questione dell’importanza tecnica nella pratica. I praticanti tecnicamente bravi riuscivano a vincere gli incontri-scontri, quindi parevano essere coloro ai quali dare retta: più la tecnica era affinata, efficace e marziale, più il praticante era considerato esperto.

Morihei Ueshiba però fece evolvere la concezione stessa delle Arti Marziali coniando l’Aikido, una pratica in cui l’efficacia “è TUTTO” SOLO se raggiunta con mezzi ETICI, altrimenti “è UN FIASCO” che fa rotolare di secoli nel passato il suo lavoro.

Forse potremmo sintetizzare così tale balzo in avanti: “Se ledo chi mi attacca per atterrarlo, ho fallito... perché lui è una parte di me. Se ferisco lui, ho ferito me stesso…e “se non atterro chi mi attacca per non ferirlo, verrò ferito a mia volta ed avrò ugualmente fallito”.

Qualsiasi azione così diventa più complessa perché all’efficacia tecnica è necessario aggiungere la purezza di intenti e la forza di mantenerli tali durante qualsiasi scambio di energia con il proprio partner-avversario (in Aikido alla parola “contro” dovremmo forse preferire la parola “con”, quindi “partner” anziché “avversario”).

In questo modo, quando i principi dell’etica efficace e non violenta si riescono ad incarnare nell’allenamento al Dojo, diventa particolarmente interessante riuscire a fare contatto con la vita di tutti i giorni, in cui gli avversari non ci attaccano con yokomen uchi, né con una katana (di solito!), ma ci attaccano comunque in modo verbale, emotivo… più sottile forse, ma alla lunga non meno devastante.
La vita di tutti i giorni è quel luogo “di nessuno e di tutti” in cui ciascuno è sottoposto ad incessanti cicli di stress e di conflittualità, sia interna che esterna: essere capaci a rimanere “centrati”, equilibrati, determinati, coscienti di quando è bene agire e quando è più opportuno non farlo risulta importantissimo!

I praticanti possiedono già un luogo in cui tutto ciò viene allenato, esplorato, favorito… il Dojo: ma come integrare quel mondo di tatami con il datore di lavoro troppo esigente, la moglie/il marito scontenti ed i vicini di casa rumorosi?

Vi proponiamo di seguito un articolo interessante che ne parla:

Per un lungo periodo, non sono stato capace di scorgere paralleli fra l’Aikido e la vita di tutti i giorni. Immagino di non essere stato il solo incapace di correlare una serie di movimenti delle Arti Marziali alle cose che accadono nella vita di ogni giorno. Se anche voi siete in questa situazione, non abbiate timore, più chiarezza [realizzazione] verrà dopo un maggiore allenamento, quando vedrete l’Aikido non come un “JIUSTU” (metodo), ma quale “DO (Via/Cammino)

Contrariamente alla mia credenza iniziale, le tecniche in Aikido non solo veramente l’essenza dell’Arte Marziale. Mentre le tecniche distinguono l’Aikido dalle altre Arti Marziali ed attività come il Karate, la danza, la box o il Kendo, e definiscono anche il sistema dell’Aikido, non sono l’obbiettivo dell’Arte Marziale.

Come [accade in] una religione, le pratiche e le cerimonie non sono l’obbiettivo finale della religione. Noi non preghiamo per diventare esperti in preghiera, non siamo osservanti delle messe per diventare bravi a messa. Persino andare in palestra segue la stessa idea. Non facciamo la panca piana per diventare bravi alla panca piana. Tutte le pratiche e le tecniche sono un puro veicolo per qualche forma di auto-sviluppo, sia essa fisica, mentale o spirituale.

L’essenza dell’Aikido è trovata nella pratica e lo scopo, i benefici sono la crescita e lo sviluppo. Con questo in mente, possiamo disegnare numerosi paralleli con la vita quotidiana – specialmente con l’Aikido, poiché comprendente in toto nel suo scopo la crescita fisica, mentale e spirituale [dell’individuo] -.

All’interno delle sue tecniche c’è il principio di centralizzazione. È qualcosa di ritrovabile in numerosi libri di auto-aiuto. È qualcosa a cui ciascuno aspira. L’abilità di stare centrato attraverso le tue attività quotidiane. Il nostro allenamento ci fornisce una comprensione molto profonda di questo concetto ed esso tocca tutte le tre espressioni del nostro essere [fisica, mentale, spirituale]. Veniamo a comprendere che tutte e tre hanno bisogno di lavorare insieme, si influenzano a vicenda e sono riflessi della stessa realtà. Per essere fisicamente centrati è necessario esserlo anche mentalmente e spiritualmente. Noi possiamo sperimentare l’incredibile differenza che ciò compie nella nostra abilità di manifestare potenza senza sforzo, muoverci con libertà, e vedere cosa accade intorno a noi.

Cambiare è sinonimo di tai no henko. È la stessa mancanza di vincoli. È la stessa cosa con le cose che portano la miseria nella nostra vita di tutti i giorni. Nuovamente con l’Aikido noi sperimentiamo ciò con ogni fibra del nostro essere.

Per eseguire questi movimenti di rotazione, abbiamo bisogno di cambiare completamente, lasciare andare completamente, ingaggiarci completamente. Girare la testa, guardare dove vogliamo andare, dimenticare la pressione sul tuo polso. Se nella vita fossimo semplicemente capaci di lasciar correre i nostri sbagli e fallimenti, non arroccarci sui nostri successi, troveremmo meno persone depresse per bassa stima di sé o intrappolate nei circolo chiuso dei vizi, quali le droghe, il gioco o il bere.

Per eseguire una tecnica correttamente è richiesta piena presenza ed ingaggio. Ad ogni abbassamento [fluttuazione di essi] siamo pieni di aperture, come il formaggio svizzero. È richiesto completo ingaggio fisico, mentale e spirituale per essere realmente nella tecnica.

Serenità mentale focalizzata, un grido per svegliare il nostro spirito e guidarci con il nostro corpo a trovare un senso di verità effettuando la tecnica. Qualsiasi mancanza in queste funzioni sarà incontrata mediante una resistenza e una contro-tecnica. Inoltre, è la gente con questo tipo di focalizzazione che riesce nella vita. La passione muove le masse. L’ingaggio fa i miliardi.

Per essere equilibrato si deve comprendere sia lo yin che lo yang. Una tal persona è centrata naturalmente e flessibile. Tutto il potere di un attacco è ricevuto ed allo stesso istante rilasciato [indietro] di nuovo all'avversario. Essenzialmente usiamo il loro potere contro loro stessi e [quindi] loro si sconfiggono. Anche nella vita incontriamo difficoltà e siamo attaccati mortalmente, ciascuno [di questi momenti] con un proprio lato positivo se scegliamo di riconoscerli. Per capire il yin e yang è necessario vivere nella comprensione che tutti gli alti hanno i loro bassi e che questo ciclo è necessario e naturale. L'interazione di entrambi è la fonte della vita, della creatività e del movimento.

Essere un Aikidoka è essere diligenti nel proprio allenamento. È allenarsi mentre si cammina, si magia, ci si siede. Questa non-mente [mente vuota] è qualcosa alla quale anche i monaci di alto livello aspirano.

Qualsiasi tecnica marziale è intrinsecamente pericolosa e richiede una “mente vuota” per essere in grado di addestrarsi in modo sicuro. Fra i muri chiusi di un Dojo con braccia e gambe che volano dappertutto, la nostra consapevolezza è indirizzata in tutte le dimensioni [direzioni]. Durante il randori, la nostra consapevolezza danza all'interno dello spazio dei nostri attaccanti, nei turbinii ed i gorghi che li portano fuori dall'equilibrio persino prima che effettuiamo una proiezione.

L’Aikido è tutto in merito al produrre il massimo effetto con il minimo sforzo. Muoviamo solo ciò che è necessario, di quanto è necessario lungo il percorso ideale. Il nostro movimento è tanto efficiente quanto possibile per produrre la potenza o generare la velocità richiesta. Impariamo anche efficientemente ad applicare ciascun principio afferrato a tutte le nostre tecniche.

Se le nostre vite dovessero essere condotte così efficientemente, avremmo abbastanza tempo di fare tutte le cose che amiamo ed [risulteremmo] di successo in tutto. Il nostro modo di essere avrebbe una grazia che ispirerebbe e attrarrebbe gli altri.

Alcuni di questi concetti saranno completamente afferrati più avanti nelle nostre vite dell’Aikido, comunque con una pratica costante e consistente i benefici ci arriveranno ed arricchiranno la nostra esperienza quotidiana."

Gregor Erdmann


Potrete trovare il testo originale dell'articolo al seguente link.

Queste parole non ci sembrano contrarie ad una grande attenzione alla qualità della tecnica, ma paiono più interessate a rimandare l’importanza a fare con il massimo ingaggio ciò che si vive, addirittura indipendentemente da cosa ci fa.

Lo studio minuzioso di un particolare tecnico fornisce forse un privilegiato punto d’osservazione di un caso specifico, mentre qui l’attenzione pare più privilegiare uno sguardo d’insieme di un panorama, per poter beneficiare le sue analogie simboliche con la vita quotidiana.
Queste due visioni non ci paiono in conflitto, anzi complementari... ma probabilmente sarà importante il bilanciamento di questi due poli nella nostra pratica, per non incorrere nelle due pericolose estremizzazioni:

- sapere tutto della tecnica e poi non sapere cosa farsene;
- cogliere pienamente la profondità del messaggio insito nell’Aikido, ma non avere sviluppato strumenti efficaci per metterlo in pratica.

Una grande consapevolezza tecnica non è sempre sinonimo di ampia crescita personale ed applicazione dei principi etici dell'Arte, e viceversa, ovviamente.
In questo senso “la tecnica è la cosa più importante” ci pare un Aiki-messaggio pericoloso, ma questa è solo un’opinione che confrontiamo volentieri con le vostre esperienze…

2 commenti:

carlo seishindojo ha detto...

Concordo ed apprezzo, come sempre mi capita quando leggo queste pagine. Tempo fa scrissi qualche riga proprio su questo argomento, e mi fa particolarmente piacere ritrovare qui gli stessi concetti.
Complimenti!

carlo

tapemaru ha detto...

complimenti per la ricchezza dei contenuti e per le interessanti argomentazioni ;)