domenica 16 novembre 2008

Aiki-messaggi pericolosi: 1 – siamo i migliori di tutti


Il nostro mandato non consiste certo nel convincere qualcuno in merito ad una tesi, ma certamente offrire spunti su cui riflettere si…

Perciò, con questa serie di Post, iniziamo a proporre alcune tipologie di “messaggi pericolosi”, a nostro dire, che è possibile che vengano veicolati sui nostri tatami, proprio al fine di agevolare una riflessione ed un confronto sugli stessi.

Va premesso che non crediamo però che tali piccole “patologie” o “pecche”, come le si vuole chiamare, appartengano in realtà all’Aikido stesso di per sé, quanto piuttosto agli uomini che ad esso si accostano con i loro difetti oltre che con i pregi… con i loro lati in ombra, mancanze e parziali consapevolezze.

Non è nemmeno in ordine di priorità o importanza che affrontiamo quelle che, sempre secondo noi, possono rivelarsi delle vere e proprie “trappole” per i praticanti seri ed appassionati: semplicemente ci tuffiamo in esse, per conoscerle, prenderne coscienza… così da poterle quantomeno evitare o da diventare capaci a trasformarle alchemicamente in qualcosa di migliore, dove possibile.

Un ultimo rimando in merito alle responsabilità di tali zone d’ombra dell’Arte: così come le floridità e potenzialità delle quali essa gode sono da riconoscere alle grandi guide che da O’ Sensei in poi hanno agevolato l’opera di diffusione dell’Aikido, anche le attuali piccole patologie di questa disciplina potrebbero dipendere dalle stesse fonti… Maestri di rango elevato, essi stessi uomini, hanno compiuto unitamente importanti traguardi e notevoli errori nei loro percorsi: questo parrebbe naturalmente che sia avvenuto, poiché nella normalità delle dinamiche umane in genere.

Ad essi si indirizzano quindi anche, a nostro dire, le responsabilità maggiori rispetto ai bug che è possibile incontrare su un tatami. Questo non per puntare facilmente il dito su qualcuno, ma per stimolare questa classe dirigenziale ad un continuo sforzo al miglioramento, ed al contempo in sostegno ai Maestri del futuro sull’importanza di non tergiversare sugli errori del passato.

“Non esistono cani cattivi, ma cattivi padroni”, recita un famoso proverbio… così forse si può dire per ogni ambito in cui sia possibile un ulteriore miglioramento dei vertici operativi di una comunità… come quella formata dagli Aikidoka, appunto.

Iniziamo.

Non avete mai sentito dire dai vostri compagni di pratica che il Dojo in cui vi allenate è migliore di un altro… che il vostro Maestro è più in gamba di tizio o di caio… o peggio ancora, è più bravo di tutti?

Non avete mai sentito dire che l’Organizzazione, Ente di appartenenza, Associazione di cui siete membri per la pratica dell’Aikido è la migliore o la più seria o la più tradizionale… efficace… elegante… o peggio ancora, tutte queste grandi doti messe insieme?

Purtroppo è facile di si… che abbiate sentito dire tutto ciò, ed anche più volte, soprattutto se praticate Aikido da qualche anno!

La precedente forma di critica distruttiva del “concorrente” è una dinamica molto comune tra Enti diversi che patrocinano in modo diverso una stessa realtà: non è una caratteristica peculiare dell’Aikido, ma con esso pare si sposi veramente in modo splendido, data la mancanza di competizione aperta sul tatami.

Non affermiamo certo che le gare con punti ed arbitri renderebbero migliore l’Aikido, ci mancherebbe! Questa Arte è nata appositamente con un fine non competitivo e sono infatti perlopiù falliti tutti i tentativi di inserimento della competizione sportiva al suo interno: quello che intendiamo è che, proprio a causa di quest’assenza, il piano del confronto si sposta dal tatami (come invece avviene per il Kendo, il Judo, il Karate… ) ai pensieri ed alla bocca degli “atleti”… cioè gli allievi o gli Insegnanti stessi, in questo caso.
Iniziano così lunghe discussioni e diatribe su chi abbia l’Aikido più puro, più vero, più etico… dimenticando il fine stesso della pratica che “ichiban” (“prima di tutto”) è quello di migliorarsi e di unire.

I Maestri, dobbiamo dire, talvolta offrono in merito un esempio tutt’altro che saggio ai loro allievi: sono generalmente i primi a discordare su tutto, tranne che fare Aikido sia "bello" e "faccia stare bene".
Tutto il resto però spesso è una lotta: avere maggiore nomea, più gradi, maggiori allievi, più Dojo…

Dovrebbero ricordare che il loro compito è di donazione e di guida su un percorso molto importante e delicato, a prescindere dalle opinioni altrui ed indipendentemente da esse: la crescita dell’allievo.

La sociologia e la psicologia ci insegnano infatti che il confronto è il modo più diretto ed efficace per accrescere la propria esperienza, misurare la propria consapevolezza… mettersi in discussione profonda e quindi, in ultima analisi… crescere!

Il fatto che non si possa gareggiare a colpi di kotegaeshi però non impedisce questo, anzi: frequentare GRUPPI DIFFERENTI DAL PROPRIO, i LORO raduni, le LORO dinamiche, è di grandissimo aiuto a fare un serio punto della situazione sul PROPRIO gruppo, sui PROPRI raduni, sulle PROPRIE dinamiche.

Ebbene, ancora oggi non sono pochi i Maestri, anche di alto rango, che richiedono ai loro allievi, ai loro Dojo, di NON frequentare giri e personaggi diversi dal proprio enturage… scegliendo prima ed imponendo poi agli allievi le tipologie di seminari da frequentare e quelli invece da EVITARE, i maestri da contattare e quelli messi all’indice.

Le ragioni sono più che mai varie, ma sempre banalmente radunabili in:

- pericolo di perdere tempo/soldi con cose sciocche;
- pericolo di subire inquinamenti della propria “divina” forma;
- pericolo di mancare di rispetto alla loro autorità;
- pericolo di essere traviati da filosofie non fondate…

Potremmo continuare ancora a lungo, purtroppo. Il gruppo degli Autori stessi solo nel 2002 è stato estromesso da una organizzazione di Aikido italiana, con un'altra decina di praticanti, perché si era “permesso” di presenziare al seminario di un Maestro considerato “antagonista” dal “Presidente pontefice” di turno... figurarsi!

Le cose però non sono così semplicistiche: le persone talvolta “disubbidiscono ai sacri ordini” perché sono fortunatamente libere e intelligenti ed avvertono che le richieste troppo rigide sono esclusivamente segnali di PAURA del confronto aperto e spontaneo, oltre ad incapacità di vera applicazione dei sentieri di "integrazione del diverso", predicati dall’Aikido stesso.

Esistono, è vero, luoghi che è più produttivo frequentare per avere un significativo avanzamento tecnico, etico, filosofico e spirituale… ma il punto è che non dovrebbero decidere gli altri per noi quali essi siano!
Quando potremo formarci una critica autonoma su ciò che facciamo, se qualche luminare continuasse sempre a scegliere per noi, anche solo a scopo protettivo?! Chi è genitore sa che molte lezioni vengono imparate dai figli a seguito di una spiegazione sui rischi di una condotta, ma altre si comprendono solo dopo che essi constatano le conseguenze delle libertà che si sono presi. Anche questo è un aspetto importante dell’educazione, anzi, negli anni dell’adolescenza è ciò che può fare la differenza.

Nell’ultima decina di anni gli Autori, ad esempio, hanno frequentato gruppi di Aikidoka anche molto diversi fra loro, eterogenei per tecnica, stile, modalità di pratica, eticità… questo sia in Italia, che nel resto del mondo: si sono conosciuti Maestri illustri per tecnica, potenza, didattica, dinamica, creatività, filosofia… ma si sono incontrati anche alcuni pressapochisti, superficiali, inclini al delirio di onnipotenza... o semplicemente cialtroni.

… ma sinceramente non possono dire di aver incontrato un contesto in cui NON CI FOSSE NULLA DA APPRENDERE!
Ci sono stati luoghi che abbiamo imparato ad evitare, altri ai quali abbiamo iniziato ad amare la frequenza, abbiamo incontrato Aikidoka mediocri ed altri veramente illuminanti, ma da ciascun incontro c’è stato uno scambio, abbiamo avuto qualcosa.

Ciò forse perché è possibile far tesoro di ogni esperienza, permettendo ad essa di integrare le proprie consapevolezze e creando con essa una propria originale indipendenza di pensiero e di azione… una capacità critica autonoma, che generalmente è sinonimo di una qualche maturità, sempre incrementabile, ma già presente!

Volete quindi avere uno strumento per misurare le capacità di un Insegnante?

- guardate quello che fa, come si muove nella vita oltre che sul tatami… più che quello che dice;
- verificate come tende a risolvere lui stesso i conflitti che gli appartengono,
prima ancora che inizi a spiegare a voi come fare con i vostri;
- valutate quanto rispetto gli sia spontaneamente riconosciuto da chi lo circonda in modo naturale, rispetto a quanto egli richieda che gli venga attribuito;
- guardate quanto vi lascia liberi: un bravo insegnante non ha bisogno di vincolare nessuno a sé con il ricatto, sarà naturale non volersi allontanare dalla sua presenza e se si decidesse di farlo per un reale bisogno personale, egli dovrebbe essere il primo a spronarvi a farlo, non l’ultimo che cerca di trattenervi.

Volete avere un termine di paragone rispetto alla reale genuinità dei vostri compagni di allenamento?

Fate caso a quanto del loro tempo essi trascorrano a studiare intensamente sul tatami, piuttosto a quanta parte di esso destinino alle critiche poco costruttive di altri praticanti, maestri, Dojo, organizzazioni…

In una disciplina in cui l’esperienza personale funge da bussola, concludiamo questa prima parte col le parole stesse di un Maestro, nelle quali non è stato facile riscontrare ombre dovute alla piccolezza umana (non le abbiamo proprio ancora trovate!):

“Pratica con sincerità l’Aikido e pensieri e sentimenti negativi spariranno spontaneamente. La pratica quotidiana permette al divino che é in te di risplendere sempre più radioso. Non bisogna preoccuparsi degli errori o dell’abilità degli altri. Non bisogna agire in modo innaturale o calcolato. Metti il tuo cuore nell’Aikido e non criticare gli altri Maestri o le altre scuole. L’Aikido comprende tutto e purifica ogni cosa”.

[O’ Sensei, Morihei Ueshiba]

3 commenti:

patrick demarta ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
patrick demarta ha detto...

Che bel post! E come sarebbe utile da stampare e affigere a fianco delle regole di etichetta in ciascun dojo.
E già il fatto di poterlo fare darebbe un segno ben chiaro della comprensione reale di questo *fenomeno* assai diffuso.
Sono sicuro che qualcosa di davvero nuovo stia iniziando a farsi vedere nell'aikido italiano e mi è sembrato che questo primo incontro al Lido di Ostia l'abbia dimostrato:
Quando direttori tecnici ed insgegnanti di grado elevato si incontrano e davanti ai rispettivi allievi si dimostrano sincero rispetto e apprezzamento, esprimono il vero cuore della disciplina e offrono a ciascun praticante una rinnovato spazio mentale in cui proseguire la propria personale ricerca .. con molti più amici di prima!
Ben fatto, a presto.
Ciao, Patrick

Shurendo ha detto...

Grazie Patrick,
anche io mi auguro che i semi di una nuova coscienza siano ormai nel terreno...
Mi auguro anche questo cambiamento di paradigma avvenga sempre di più "dal basso", ossia grazie a tutti quei nuovi praticanti che verranno spinti dalla loro passione a cercare in modo continuo ed insaziabile... anche al di là delle proprie scuole e delle forme di per sé, così che i principi tornino a riempire le tecniche in cui dovrebbero essere contenuti, qualunque esse siano.
A presto, Marco