mercoledì 22 ottobre 2008

Il ki che ti stende... anche se non ti tocco

Sospendiamo il giudizio… e guardiamo questo video…



e questo, che comprende anche il precedente, ma all’amoviola…



Che si tratti di qualcosa di non così consueto è banale, ma di cosa si tratta?

Sono diventate leggendarie le tecniche del Fondatore, all’apice delle sue consapevolezze sull’Aikido, in cui l’avversario sarebbe stato atterrato senza il benché minimo contatto fisico… per via del solo effetto del suo ki!

Ma proprio perché leggendarie, queste tecniche si sono poste naturalmente tra fantasia e realtà: sappiamo anche che ogni leggenda contiene sempre qualcosa di vero… ma in quale percentuale rispetto al tutto?

Non eravamo là, non possiamo affermare nulla per esperienza personale.

Ma anche ai nostri giorni questi fenomeni continuerebbero a verificarsi…
Guardiamo questi video (con il giudizio critico TURNED OFF!)



ed ancora…



Questo signore si chiama [渡辺信之] Nobuyuki Watanabe Sensei ed insegna regolarmente tutt’oggi all’Aikikai Hombu Dojo di Tokyo tutti i sabati pomeriggio, dalle 15.00 alle 16.00.

Ad Iwama egli viene chiama to “Magic Man”, in senso svalutativo, per la convinzione più che diffusa che non sia possibile realizzare nulla di così evidentemente in contrasto con le leggi della fisica, a meno di non mettersi d’accordo tra praticanti di cadere l’uno al cenno dell’altro o non ci sia un timore reverenziale così grande nei confronti del proprio insegnante da cadere per compiacerlo…
Anche all’Aikikai Hombu Dojo i praticanti sono scissi in chi simpatizza per le sue lezioni e coloro che vedono una possibile millanteria nell’aria che divide tori ed uke!

Morihiro Saito Sensei, interpellato sull’argomento “no touching techniques” non esitava a dichiarare: “l’aria non ha mai proiettato nessuno!”.
In molti dei filmati di questo genere (compresi quelli di O’ Sensei), secondo lui era possibile scorgere grossolani errori degli uke che si prestavano ad un accordo più o meno tacito: “cado quando mi fai cenno di farlo”… piuttosto che subire l’influsso di una reale forza esterna…

Noi non siamo qui per smentire una fonte così autorevole, ma nemmeno per dare etichette a ciò che è vero ed a ciò che non lo è. Sicuramente queste dimostrazioni di “estensione di ki” possono lasciare anche perplessi sulla loro veridicità, ma scartare a priori ogni possibilità a loro favore non è di aiuto alla ricerca libera da pregiudizi.

Non abbiamo potuto presenziare la scorsa estate di persona alle lezioni di Watanabe Shihan, ma ci siamo riproposti di farlo l’estate prossima, per avere un punto di vista privilegiato, e basato su un’esperienza epidermica e personale… ma intanto…

- abbiamo incontrato sulla Via molti modi di praticare Aikido, anche parecchio diversi da quello tradizionale, di derivazione meno spiccatamente marziale. Nel nord Europa, ad esempio, si stanno diffondendo in modo significativo alcuni stili di Aikido che potremmo definire “relazionali”, cioè che mirano a studiare e rendere visibili le dinamiche comunicative ed interpersonali delle persone in una comunità (il Dojo).

- presso questi corsi l’enfasi non è mai posta su alcuna tecnica, ma su “cosa fa su di te il mio movimento”, sia questo a livello emotivo, che fisico. Per fare questo, viene privilegiato l’aspetto relativo alla connessione tra i partners. Attraverso questo “collegamento” vengono veicolate le informazioni oggetto di studio.

- i movimenti (fisici) che si vengono a realizzare sono quindi anche molto differenti da quanto suggerirebbe l’evasione ad un attacco… sono più arbitrari e spontanei forse. Il compagno “deve” seguire il processo perché in ciò si trova l’essenza stessa dell’esercizio, non perché è connivente.

- sicuramente nei video precedenti salterà all’occhio di tutti lo splendido esempio di connessione e reattività tra gli uke ed i loro partners dotati di “poteri sovrannaturali”. Un minimo movimento di O’ Sensei (o di Watanabe Sensei) genera un corrispondente movimento nell’attaccante. Ma la domanda delle domande è: possono questi evitare di muoversi o c’è realmente una “forza” invisibile che gli costringe a farlo?

Robert Nadeau Sensei, allievo diretto del Fondatore, ha descritto in modo approfondito durante un suo seminario in Svizzera cosa accadde la volta che egli, incredulo come altri rispetto alla leggendaria fama d’invincibilità che attorniava il suo Maestro, ha tentato di attaccarlo di sorpresa per togliersi tali dubbi in modo diretto.

Egli (in un racconto realistico o eccessivamente drammatizzato non ci è dato sapere) dice di aver percepito, man mano che si avvicinava ad O’ Sensei, come la sensazione di appoggiarsi ad una superficie gommosa, nella quale è riuscito per un certo tratto a penetrare, ma che poi lo ha lentamente frenato e rimbalzato via, proprio come avverrebbe se si colpisse una palla di gomma. Nadeau Sensei ha affermato di aver trascorso il resto della sua vita a cercare di studiare a fondo cosa accadde in quegli attimi eterni.

A chi non viene in mente il "grande cattivo" di Guerre Stellari!?...



ma restiamo in Giappone e chiediamoci se il seguente non sia un finale più logico…



Non riusciremo forse né qui, né ora a capire se i vertici massimi dell’Aikido consentano realmente di arrivare ad atterrare qualcun altro con la sola forza del ki anche perché questo francamente non ci interessa più di tanto e perché siamo ancora agli inizi dello studio sulla forza del ki stesso… ma ugualmente ci piace azzardare un’ipotesi che esponiamo di seguito.

Sappiamo che molte nostre azioni sono palesemente determinate (favorite/inibite) dalla nostra psiche, dai nostri blocchi in essa presenti, dalle esigenze che percepiamo in noi e nell’ambiente.

Nessuno di noi avrebbe la minima difficoltà a camminare sopra una striscia rettilinea di 15 cm disegnata sul pavimento di un cortile… ma pochi riuscirebbero a ripetere con tanta leggerezza l’impresa se questa striscia fosse sospesa tra i tetti di due palazzi, per quanto immobile risultasse! Cosa è cambiato, la difficoltà sarebbe paragonabile se non immutata! È cambiata la nostra percezione del pericolo, che farebbe agire il corpo con più prudenza, incertezza esitazione. Il blocco sarebbe più interno che esterno, insomma.

Potrebbe avvenire così anche nel caso si attaccasse qualcuno che si percepisce incredibilmente più potente di sé, soprattutto se egli sapesse come farsi percepire in tal modo. Si partirebbe con l’attacco e poi, in un certo senso, si avrebbe un ripensamento per evitare l’inevitabile conseguenza del proprio operato (essere abbattuti da una tecnica esplosiva, ad esempio), seguendo meticolosamente le sottili indicazioni di coloro che non ci azzardiamo di più a tentare di ledere.
Da questo emergerebbe la necessità di connessione che si evince anche nei video.

Chi insegna sa che gli allievi spesso facilitano con il proprio atteggiamento corporeo i movimenti dell’insegnante, talvolta per rendere ancora più chiara la spiegazione delle tecnica alla quale in un certo senso stanno anch’essi cooperando… talvolta perché temono di essere feriti. Si crea una sorta di “sudditanza psicologica”, insomma.

Non affermando ora che questo sia un bene o un male, si constati solo come sia un fatto naturale. Il fenomeno delle "tecniche senza contatto" potrebbe funzionare su una dinamica simile, ma incredibilmente amplificata...

Ci piace credere per ora che le incredibili dimostrazioni che abbiamo visto siano frutto di auto limitazioni interne inconsce degli uke, più che di strani influssi di una forza invisibile non ben definita. Forse, ad un certo livello diviene possibile agire sulla psiche del proprio avversario più che sul suo fisico, penserà poi lei stessa a bloccare l’impeto di chi attacca, ma dal di dentro.

La strada è ancora lunga prima di poter pronunciare una parola definitiva sull’argomento… aiutateci anche voi, con le vostre opinioni ed esperienze.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dal basso della mia scarsa esperienza, concordo con la tua ipotesi. Se mi vedo arrivare una mano aperta con le dita che puntano ai miei occhi, mi butto per terra prima che mi colpisca, giusto per fare un esempio.
Nel seminario milanese di Daito ryu tenuto qualche settimana fa, Kondo sensei ha accennato a qualcosa di simile parlando dei sette tipi di "aiki" che si sfruttano per eseguire le tecniche della prima serie del mokuroku della Scuola.
Ciao e ancora complimenti per il blog.

carlo