lunedì 8 settembre 2008

岩間 Iwama: culla o tomba dell’Aikido?

Raramente scrivo in prima persona… sfruttando il “potere” di Capo Redatore di Aikime, ma talvolta è bene farlo: il Post che segue perciò rappresenta le idee e riflessioni di Marco Rubatto, più che del Blog stesso… delle quali egli si assume ovviamente ogni responsabilità in prima persona.

Qualche giorno fa, Aikido Journal ha pubblicizzato un video carino di You-Tube dal titolo “Iwama City – the home-town of Aikido – noi stessi stiamo piano piano realizzando un filmato analogo, in cui sverranno condivisi video e fotografie raccolte in quella terra nel nostro peregrinare.

La riflessione in oggetto nasce però non tanto per il video di per sé, quanto per l’idea comunemente consolidata che Iwama rappresenti la culla della nostra Arte.

Chi conosce i fatti storici relativi alla vita del Fondatore sa che è così, sa che questo pensiero è un dato di fatto oggettivo ed incontrovertibile: O’ Sensei si è ritirato per decenni in quelle campagne per studiare ed affinare la sua Arte, fino a farla giungere ai livelli di cui ci piace parlare.

Alcuni poi, provenienti da un percorso particolarmente connesso con gli Insegnanti che hanno sempre operato nella Prefettura di Ibaraki (dove Iwama si trova), hanno anche sostenuto o sostengono che “quello di Iwama sia il vero Aikido”. Questa è un’affermazione più forte, non condivisibile ovviamente da tutti, pur rimanendo oggettivo il fatto che in questa area si pratichi in modo molto differente da Tokyo, con sessioni di allenamento fisicamente piuttosto impegnative e con una tecnica più “dura”, nelle quali l’etichetta marziale e la precisione rappresentano ancora un valore essenziale, in cui il lavoro con le armi è una parte integrante del quotidiano…

È abbastanza documentabile in modo certo che ciò, in effetti, sia avvenuto e continui ad avvenire. Come si diceva, chi ama questo tipo di pratica, per anni patrocinata da Morihiro Saito Sensei, talvolta arriva perciò addirittura ad affermare che questo sia “l’Aikido di serie A” o “l’Aikido originale”: non è il mio pensiero attuale, ma accettiamo che possa accadere.

Ma quanti ad oggi hanno realizzato che Iwama, oltre che la culla, rappresenta piuttosto oggi la TOMBA dell’Aikido?… cioè il luogo in cui tutto ciò che di più caro c’era al suo Fondatore attualmente viene calpestato con leggerezza e noncuranza?
Se queste parole paiono dissacranti, una riflessione doverosa è almeno da fare su come l’Aikido si possa definire: è tecnica? È etica? È sinonimo di ricerca di armonia?

Ero là quest’estate... lasciate che descriva un istante la situazione attualmente in auge fra quelle campagne.

Sicuramente si può andare ad Iwama per incontrare le atmosfere in cui visse O’ Sensei (l’ho fatto), sicuramente poi si può praticare Aikido (l’ho fatto), ed anche di ottimo livello (indipendentemente dalla propria estrazione Aikidoistica o dalle proprie credenze rispetto “all’Iwama Ryu” o il cosiddetto “Takemusu Aiki”)… ma dove?

Ci sono addirittura TRE possibilità per farlo, ma occhio a non fare delle gaffe nell’idea che l’Aikido sia l’Arte della Pace e dell’Armonia!!!

C’è l’Ibaraki Shibu Dojo: luogo storico e casa in cui operò direttamente Morihei Ueshiba, che si trova a pochi metri dall’Aiki Jinja… in cui la tradizione vuole si trovi lo “Spirito stesso dell’Aikido. Attualmente la gestione di tale struttura (che fa anche accoglienza ai visitatori che vogliono studiare full-time) è gestita dalla Fondazione Aikikai, che ha nominato Hiroshi Isoyama Shihan quale responsabile del Dojo. Questa figura storica, che ha iniziato a praticare Aikido direttamente sotto O’ Sensei, si alterna nei giorni della settimana ad altri 6 Insegnanti di altissimo livello tecnico e grado, perlopiù tutti storicamente legati al Dojo ed alla pratica secondo gli insegnamenti di Morihiro Saito Sensei.

C’è poi l’Aiki-House (che fa anche accoglienza ai visitatori che vogliono studiare full-time) di Hiroki Nemoto Sensei, anch’egli figura storica che ha iniziato a praticare Aikido direttamente sotto O’ Sensei, il quale pur facente ufficialmente parte dell’Aikikai ed invitando i suoi studenti a partecipare alle lezioni serali dell’Ibaraki Shibu Dojo, si è allontanato dall’insegnamento in quest’ultimo, a seguito di alcuni “problemi ed incomprensioni”, che lo hanno motivato ad iniziare una sua “scuola” parallela, benché non del tutto conflittuale con la gestione Aikikai.

E c’è ovviamente anche il Tanrenkan (che fa anche accoglienza ai visitatori che vogliono studiare full-time) di Hitoiro Saito Sensei, manco a dirlo, anch’esso figura storica che ha iniziato a praticare Aikido direttamente sotto O’ Sensei, che in qualità di figlio e prosecutore delle attività tecnico-didattiche di Morihiro Saito Sensei, ha preso ufficialmente distanza dalla Fondazione Aikikai ed ora opera in un suo Dojo, sempre in Iwama.

Quanto Aikido che si può fare dunque… e pure di ottima qualità!
Peccato però si debba scegliere la “fazione” alla quale aggregarsi…
anche se la guerra non è nostra.

Ho conosciuto e frequentato di persona negli anni ciascuno degli Insegnanti che fanno capo a queste tre “posizioni” sull’Aikido, che convivono (più o meno pacificamente) all’interno di un paio di chilometri quadrati… ho avuto molte impressioni positive da ciascuno di loro. Sono stato contento di allenarmi nelle lezioni di tutti loro, autentici “pilastri” della tecnica… Ma la domanda ora è: l’Aikido è solo tecnica?

Se la risposta fosse SI, trasferiamoci tutti ad Iwama, dove ce n’è da apprendere a tonnellate… se fosse NO, chiediamoci cosa stia succedendo in quel luogo.

Iwama sta offrendo, a mio giudizio ed in questo momento storico, un pessimo esempio di Aikido, nel senso più profondo del termine… mostrando quanto poco è stato capito ed interiorizzato il messaggio di costruttività e fratellanza che il Fondatore stesso ci ha lasciato. Egli voleva rendere la società migliore, ha asserito che anche i nostri nemici, in realtà non sono realmente tali.
Ha coniato un’Arte che potesse unire, anche nella conflittualità… e questi si dividono?
Non i primi venuti, che non hanno ancora avuto modo di saggiare a dovere la profondità di quanto O’ Sensei ha lasciato al mondo… no, tre suoi studenti, con, poco più, poco meno, 40 o 50 anni di esperienza in pratica ed insegnamento ciascuno, che tengono seminari internazionali in tutto il globo.

I personaggi che ho menzionato hanno tutti praticato insieme per anni, sotto lo stesso tetto, hanno appreso l’uno dall’altro, hanno condiviso sudori e conquiste.

Ma cosa possono andare a raccontare dell’Aikido adesso?! Che kotegaeshi si fa così, anziché cosà?!
Pare che essi siano stati primi a non aver saputo integrare l’Aikido nella vita di tutti i giorni e quando non si sono trovati d’accordo, si sono scissi… ed anche in una modalità poco elegante, talvolta chiedendo ad esempio ai propri allievi di non avere più rapporti con le altre “parti” (ciò avviene tutt’oggi fra Iwama Shin Shin Aiki Shuren Kai di Hitoiro Saito Sensei ed Aikikai Ibaraki Branch Dojo, per esplicita volontà di entrambi).

La pratica dovrebbe essere ciò che unisce al di là delle ideologie… il luogo di incontro autentico, diretto ed esperienziale con “il diverso”: è stato censurato!
(Miles Kessler Sensei sta favorendo un programma di incontro e scambio tra istraeliani e palestinesi sul proprio tatami, ad esempio... pur in un luogo molto meno "sacro" di Iwama!)

L’osmosi fra i vari gruppi è stata impedita o controllata strettamente sotto uno sguardo vigile e sospettoso. Questo era quanto O’ Sensei si auspicava che avvenisse?

Trovo una forte responsabilità di questi Insegnanti in ciò che sta avvenendo, al di là delle loro idee personali (non giudicabili o giudicate certamente ora) o delle ragioni che possono avere spinto ciascuno ad agire proprio come ha agito.

Quindi l’Aikido è la tecnica? La potenza e la tecnica sono così importanti per l’Aikido?
Possiamo invece affermare, in un’altra ottica, che esiste un luogo in esso è vacante sotto il punto di vista etico anche in presenza di molta tecnica? Si… per esempio, ad Iwama, adesso.

Non è facile trovare intese anche dove gli interessi divergono, punti di unione quando si manifestano contrasti ideologici e metodologici… e non si è neppure costretti ad andare d’accordo nella vita, ma ad un certo livello di consapevolezza nell’Aikido a mio dire è fondamentale provarci ad oltranza, e quindi alla fine anche riuscirci… in nome di ciò che si rappresenta e si insegna.

Per via delle politiche disgreganti che hanno favorito l’insorgere delle “fazioni” di cui sopra, ora molti degli Uchideshi che si possono incontrare facendo questo tipo di esperienza iniziano a manifestare le idee distorte dei loro rispettivi Sensei: sguardi dall’alto verso il basso “perché io sono un allievo diretto di Saito Sensei e tu no”, “perché io vivo nella casa del Fondatore e pratico nel tuo Dojo e tu no

Ma andiamo... che scemenze sono queste!

Battibecchi molto umani, ma che non fanno onore allo spirito del tempio - l’Aiki Jinja - davanti al quale magari avvengono (per ironia, l’abitazione degli Uchideshi di uno “schieramento” si trova a meno di 5 metri dall’ingresso di quella di “un’altra”!).
Ciascuno di noi, pur dovendo naturale e meritato rispetto al proprio Insegnante ed alle sue ideologie, dovrebbe anche avere rispetto per quell’ometto giapponese che arò quei campi col sudore della sua fronte, ma giunse all’opposta conclusione che essere diversi non è sinonimo di essere divisi!

Iwama ora sta essendo, secondo me, l’esempio più lampante di come un elevato grado in tecnica non sia necessariamente sinonimo di un analogo livello di maturazione personale. Perciò mentre ciascuno nella culla dell’Aikido “perde tempo” a gareggiare su chi abbia l’Arte più tradizionale, le idee più giuste, la verità più vera… viene sciupata l’enorme potenzialità che un simile luogo avrebbe qualora fosse utilizzato per mostrare con l’esempio le belle filosofie di cui amiamo riempirci la bocca… per dimostrare che le convinzioni di O’ Sensei non erano solo idee sciocche, ma una realtà costruibile con i fatti, tra le persone che ne hanno intuito l’enorme valore trasformativo.

Tornerò ad Iwama, penso incontrerò fra poco Nemoto Sensei in Italia, spero in futuro riceverò i preziosi insegnamenti di Hitoiro Saito Sensei e rispetterò i ragguagli di Isoyama Shihan e del suo valido team di Insegnanti… ma fino a quando tutti questi “grandi maestri” non si chiuderanno in un Dojo e non ne usciranno con una soluzione comune che garantisca cooperazione e costruttività… saranno per me “grandi Insegnanti tecnici” e brave persone da incontrare con gioia.

Maestro è un’altra cosa, soprattutto se lo si vuole scrivere con la lettera maiuscola anche all’interno di una frase e se ad esso si attribuisce l’autorevolezza di insegnare valori come la tolleranza, l’amicizia, l’unione e l’armonia.

Scrivo questo Post volutamente in modo provocatorio e con sofferenza, perché come molti sono stato positivamente impressionato da Iwama, amo il tipo di pratica che la caratterizza… ma ora come ora trovo molto più sano aprirmi anche alle esperienze di quei “diversi” che praticano in altro modo, ma che avranno sicuramente (proprio per questo) qualcosa di sostanzioso da scambiare con me, sia in termini di tecniche, sia di esperienze e filosofie sull’Arte che in fondo,ciascuno a modo suo, sente di amare.

Amo Iwama e la culla che anche io spero che continui a rappresentare per la nostra Arte, ma proprio per questo mi auspico che la situazione là cambi; non volere questo sarebbe per me come ammettere che O’ Sensei ci ha solo regalato l’ennesima forma di Fitness.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Marco! Ho letto il nuovo post.Purtroppo, a mio avviso, la disintegrazione dell'insegnamento originale del Fondatore, riguarda qualsiasi tipo di insegnamento; ciò avviene perchè gli allievi non posseggono le basi adeguate e la giusta attitudine ad imparare: bisogna prima imparare ad imparare. Tale attitudine, che si dovrebbe sviluppare negli allievi prima di iniziare lo studio di un qualsiasi insegnamenti superiore, si può sviluppare solo attraverso la distruzione dei vari condizionamenti a cui l'uomo ordianrio è sottoposto. Ueshiba, secondo me, questo lo sapeva bene, avendo lui seguito un certo tipo di studi, e aveva introdotto tale conoscenza nell'aikido. Non a caso la sua massima è " conosci te stesso" e, come si sa, si può giungere a tale conoscenza solo attraverso un percorso molto duro e difficile che inizia con l'abbandonare qualsiasi interesse per la fama, la gloria, il successo, la vanità etc.... I vari Saito e compagnia bella questo non l'hanno capito, non l'hanno mai saputo e non lo sapranno mai, forse non gliene frega niente; perciò continueranno a focalizzare la loro attenzione solo su un aspetto dell'insegnamento, in questo caso sulla tecnica dell'aikido, solamente perchè da ciò che fanno traggono eccitazione e stimoli che nutrono il loro Io bisognoso di gloria e autocompiacimento. Sono uomini ad uno stadio molto basso di sviluppo interiore mentre Ueshiba aveva raggiunto un certo grado di illuminazione e di liberazione.La chiusura e la mancanza di flessibilità del loro modo di operare finirà per legarli a schemi fissi e banali di comportamento, anche nell'aikido, questo perchè un insegnamento, qualsiasi esso sia, deve sempre potersi "rinfrescare alla fonte" e ciò può avvenire solo in presenza di un Insegnante adeguato.A mio pare bisognerà forse attendere l'arrivo di un nuovo Ueshiba affinchè l'aikido possa ulteriormente svilupparsi. Ciao e a presto

Anonimo ha detto...

non posso che complimentarmi per la chiarezza e per il coraggio. so bene, o meglio, immagino che questo scritto ha avuto una sofferenza e un travaglio interiore. quindi per questo non posso che "togliermi il cappello".

angelo orientale, uno dei tanti che pensa che l'aikido è solo aikido indipendentemente da come lo si fa

Anonimo ha detto...

Non mi sembra di aver mai scritto che:"l'aikido è solo aikido indipendentemente da come lo si pratica", anzi direi che il messaggio che volevo esprimere è esattamente l'opposto! Esistono differenti modi di fare aikido semplicemente perchè esistono, al mondo, persone diverse con altrettante differenti "forme mentali". I messaggi che l'aikido di Ueshiba vuole veicolare sono però unici, precisi e semplici: pace, fratellanza, amore verso se stessi, verso gli altri esseri umani e amore per l'Universo intero! Se si fanno propri questi principi allora ci si avvicina sempre più all'unico e universale modo di fare aikido, che è poi quello del Fondatore. Attenzione "far propri" significa che tali precetti devono essere interiorizzati e non solo concepiti intellettualmente. Se l'aikido fosse solo aikido indipendentemente da come lo si pratica, allora un qualsiasi delinquente che praticasse questa nobile arte per far del male alla gente sarebbe legittimato a farlo! L'aikido è uno dei mezzi che può aiutare la gente a fare un passo in avanti verso la conoscenza di sè, ma è un mezzo, non il fine ultimo! Uomini che hanno raggiunto un elevato grado di sviluppo interiore dicono: "Non è vero che il fine giustifica i mezzi, ma semmai il fine crea i mezzi"!

Anonimo ha detto...

ok capito il messaggio

angelo orientale

Shurendo ha detto...

Grazie Maurizio, grazie Angelo Orientale per i vostri preziosi contributi.

Era mia intenzione sottolineare alcuni notevoli e pericolosi paradossi dei quali rischia di soffrire la nostra Arte, se ogni azione, ogni tecnica, ogni rapporto non viene visto sotto l'ottica dell'Aikido maturo di O' Sensei, quello nel quale la tecnica sembrava non esistere neanche più. Certo, per noi non è semplice rapportarci con tale levatura, ma Iwama ora è il frutto di cosa può accadere quando non ci si riesce... ed è bene saperlo, perchè quello che succede ad Iwama, può accadere anche dentro a ciascuno di noi, se non stiamo più che attenti.
Questa sera, combinazione, rileggevo alcune parole dette in vecchiaia da Moriei Ueshiba: "donate pace ed una possibilità a ciascuno ogni volta che siete dinnanzi ad un confronto". Le sue ultime parole prima di morire sono in tal senso più che embrematiche: "l'Aikido è per il mondo intero, non è per l'egoismo o per intenti distruttivi. Allenatevi incessantemente per il benessere di tutti".
Penso che l'importante quindi non sia tentare di cambiare le dinamiche di Iwama, ma tentare di non prendere ciò che è avvenuto li come un dogma assoluto (tantomeno farlo con una scuola specifica, solo perchè proviene da quella zona) e continuare a contare quante persone ho cercato di aiutare questa sera quando mi sono allenato al Dojo, quanti ho provato a comprendere, quanti a distruggere. Se fossimo schietti e fermi con noi stessi anche solo in questo, già penso avremmo fatto tanto per noi, per gli altri... e anche per poter pensare ad Iwama come ad una culla e non come ad una tomba.

Anonimo ha detto...

Ciao Marco, concordo con le parole che hai scritto. Anch'io mi auguro che Iwama rimanga la culla dell'aikido, cioè un luogo di ispirazione, di riflessione, un posto che ci avvicini, non solo spiritualmente ma anche fisicamente, all'essenza del Fondatore; ma ciò che ho capito da quello che hai scritto nel post è che molto è cambiato da quando Ueshiba ha abbandonato fisicamente quel luogo.
Certo il suo messaggio vive e vivrà in eterno, non solo in Giappone, ma sarà a disposizione solo di coloro che avranno le capacità necessarie per coglierlo e per capirlo profondamente. A mio giudizio a Iwama c'è bisogno di "aria fresca", di rinnovamento e sono sicuro che prima o poi qualche giovane aikidoka allievo di Saito darà inizio ad una nuova fase; chi lo sa magari non sarà neanche giapponese!

Anonimo ha detto...

Iwama è un posto magico, come lo è ogni luogo che è stato abitato da persone meravigliose come O Sensei e solo per questo va rispettato e visitato da tutti. Ma penso che quello che hai detto sia vero. Con tutto il rispetto che meritano tutti e tre i "maestri tecnici" che hai nominato, forse anche O Sensei a un certo punto si è reso conto che la prosecuzione della sua vera arte e del suo vero pensiero non sarebbero stati necessariamente legati al Giappone. Credo che sia proprio per questo che abbia fermamente voluto che l'Aikido si sviluppasse anche all'estero. E dopotutto se è vero quello che dici (vedi Mike Kessler), allora non importa dove o chi prosegua la filosofia di O Sensei, la cosa importante è che non si perda del tutto.

Chakram

Anonimo ha detto...

Il M° Aviotti mi ha segnalato questo blog e questo post in particolare, l'ho letto con un po' di magone, pensando a quanto deve essere costato scriverlo.
Grazie per aver condiviso queste riflessioni e per aver cominciato a togliere di mezzo un po' di ipocrisia.

carlo

Stefano ha detto...

Ciao Marco,
sostanzialmente condivido il contenuto del tuo pensiero.
Già anni fa notai nella maggior parte dei praticanti legati all'Iwama-style una sorta di inversione della cosmogonia in cui Saito sensei spodestava O sensei. Addirittura O sensei era sopportato e talvolta con imbarazzo!
Noati anche come gli Iwama-lover, di cui mi sento parte, prendessero il dito per la luna ovvero una modalità didattica per l'Arte in toto quindi Iwama-style = Aikido-vero.
Mi sento però anche di dire che dividersi non è un male, trovo infantile che l'idea dell'armonia debba coincidere con il soggiornare sotto lo stesso tetto.
La pluralità è bene, quei maestri sono un sacro plotone, peccato per i dispettucci: "Se giochi con lui non gioco con te!" di cui a farne le spese sono i praticanti.
Come i figli nelle separazioni...
Saluti!

Valentino Traversa ha detto...

Credo che sia in Zhuang-zi la storia di un funzionario imperiale cui fu predetto che, per aver fortuna, doveva porre la tomba di un suo avo nel respiro del drago.
Dunque la portò in una caverna a forma di fauci di drago, sospendendola ad una corda, in modo che potesse sempre essere avvolta dal "respiro del drago".
Ed ebbe effettivamente fortuna, questo, in generale, quello dei luoghi degli avi, è un punto importante per gli orientali.
Per l'Ibaraki dojo - e forse Iwama tutta - pare valga lo stesso, fin da quando O-Sensei era in fin di vita, fu impedito a Saito sensei ed alla moglie di seguirlo sul letto di morte, fu portato a Tokyo, perché la maggiore o minore vicinanza al maestro morente, mostrata in quegli ultimi attimi, avrebbe avuto un forte valore di riconoscimento del perseguire o meno la via originale.
Adesso vale lo stesso: l'Ibaraki non poteva essere lasciato ad Hitohira, pena l'instaurarsi di una linea dinastica indipendente da quella di Ueshiba, tuttavia anche Hitohira non ha mostrato, a mio avviso, la forza necessaria per distaccarsi definitivamente, emergere come budoka di per se stesso, in un altro luogo, magari più bello di quell'Iwama oramai inglobata dalla città di Tokyo e dalla sua politica.

Prima di leggere quest articolo, rimpiangevo più che altro che ai non-Aikikai non fosse concesso non la pratica ma anche solo l'accesso all'Ibaraki dojo, ma adesso, dopo le riflessioni suscitate dalle parole di Marco, capisco quanto sia opportuno guardare avanti: Morihei avrebbe fatto lo stesso.