domenica 25 maggio 2008

Aiki-shopping!

Oggi focalizziamo la nostra attenzione su un aspetto collaterale della nostra pratica, ma non per questo privo di importanza: l'Aiki-Shopping.

Ciascuno di noi necessita, anche solo ogni tanto, di acquistare, rinnovare o sostituire alcuni "strumenti da lavoro" per il tatami, siano essi l'uniforme, le armi, l'obi o gli zaori.

Come apprestarsi al meglio a questa operazione?

Per anni l'acquisto delle attrezzature è avvenuto ad esclusivo interessamento (meritevole, ma a volte anche lucroso...) di questo o quel Insegnante, che... avendo più esperienza... essendo più addentro al settore... si prendeva l'onere di comperare gli equipaggiamenti per tutto il suo gruppo (e a volte guai a non rivolgersi a lui!).

Peggio ancora poteva andare per l'inesperto "acquirente fai da te": nomi difficili, prezzi non controllabili per via della diversa valuta o dalle "spese di trasporto", tanto invocate dai negozianti del settore a giustificazione dei loro prezzi salati. Poi, di cosa ha bisogno chi non sa ancora di cosa ha bisogno? Meglio non lasciarselo dire solo dal negoziante!

Da ciò la riflessione odiena: è ancora tutto così ai nostri giorni? E' immutata la situazione o è possibile per ciascuno accedere direttamente alle informazioni ed agli acquisti che necessita?

E' stata aggiunta nella colonna di destra una nuova sezione dedicata ad alcune risorse on-line che vendono attrezzature e gadget per i praticanti di Aikido e di Arti Marziali in genere.

Si noti l'eterogeneità di tali fonti, molte delle quali già contattate direttamente ed utilizzate dai praticanti del nostro gruppo, per il rifornimento periodico di ogni sorta di equipaggiamento (keikogi, hakama, armi, DVD, libri, oggettistica tradizionale...).
Alcuni negozi e magazzini sono italiani, altri provengono da luoghi sparsi nei cinque continenti: benché Aikime si occupi principalmente della realtà della nostro territorio, non può più essere infatti dato per scontato nel "villaggio globale" che il rapporto qualità/prezzo più favorevole si trovi sempre vicino a casa propria.

Organizzando gruppi di acquisto formati da Dojo diversi (fino a 4, nella nostra esperienza) che necessitano di rifornirsi di attrezzature, è stato possibile realizzare ordini cospiqui, che hanno ammortizzato le spese di spedizione... ed hanno permesso, ad esempio, di pagare un'hakama di cotone proveniente da Kyoto (e "griffata" da una famosa casa) quanto nei negozi nostrani si farebbe per una di poliestere-acrilico... o, ancora, bokken e jo in quercia bianca all'incirca al costo di un analoghi "legnacci" da negozio di articoli sportivi (nulla contro questi ultimi, ma non sempre la qualità dei loro prodotti rivolti a noi è eccellente - forse in quanto "nikya" di mercato).

Un vero Aikidoka, se proprio deve spingere il carrello della spesa, dovrebbe almeno provare a farlo con il proprio centro addominale, quindi...

potrebbe guardare al mondo come ad una interessante risorsa, che - oltre ad essere pienamente nella filosofia dell'Aikido - parrebbe convenire anche al portafoglio, in alcuni casi...

così come aprirsi al mondo della collaborazione con tatami diversi dal proprio!

lunedì 19 maggio 2008

20 cose che un Aikidoka può fare per gioire maggiormente della sua pratica

Aikime vi propone oggi la traduzione di un articolo apparso di recente su una famosa rivista on-line del settore, scritto da Autrelle Holland... un praticante di Aikido d'oltre oceano.
L'Autore, contattato dalla Redazione, si è detto entusiasta che il post del suo Blog potesse essere pubblicizzato anche nella nostra lingua ed a noi è parso ottimo materiale sul quale far riflettere: ecco quindi di seguito il testo...

"La mia prima lista. Mi accingo ad elencare alcune cose che ciascuno - non importa a che livello, ma che specialmente se è principiante - può fare per gioire della sua pratica dell'Aikido. Andiamo diritti ad esse:

1 - praticate per conto vostro. Anche Ueshiba disse che un Istruttore può solo impartire una piccola frazione delle lezioni di Aikido. Questo è un suggerimento per fare un po' di allenamento nel tempo che considerate vostro (e solo vostro);

2 - leggete alcuni libri. Non solo inerenti l'Aikido, ma su qualsiasi Arte Marziale. Non solo sulle Arti marziali - ci sono alcune specie dei libri che potrebbero far spegnere le lampadine dal vostro Aikido;

3 - visitate/frequentate altri Dojo di Aikido. Specialmente quelli nella vostra stessa città. Anche questi altri Dojo sono la vostra famiglia. Dovreste creare un punto d'incontro per fare amicizia con loro. Per un riguardo ulteriore, portate un regalo per la vostra visita - solitamente una bottiglia di sake è piacevole e gradita;

4 - investite in un set carino di bokken e jo. Personalmente possiedo un set di ken e jo di stile Iwama, fatto di quercia bianca giapponese. Sono stato un po' titubante nell'ordinarli inizialmente, perché erano abbastanza costosi, ma una volta che li ho avuti fra le mani, me ne sono innamorato;

5 - praticate con le armi in qualche modo. Ok se sono suburi, kata o kumi. Ok se è Saito Sensei o Saotome Sensei. Ok se è Aikiken, Iaido, Kali o Kubodo di Okinawa. La pratica delle armi fa sempre qualcosa di buono per voi;

6 - imparate a piegare l'hakama. Non indugiate nell'essere una persona che si mostra con l'hakama sgualcita e pigramente chiusa come un sacca di stoffa. Inoltre, non saprete mai quando vi sarà richiesto aiuto nel ripiegare l'hakama di qualcun altro;

7 - imparate come cadere ["prendere le cadute"]. Questo può sembrare un non senso, ma sul serio l'Arte è letteralmente nascosta nelle ukemi. A chiunque desideri realmente fare bene in Aikido, dico due cose: 1) cadere molto ["prendere/ricevere molte cadute"] 2) far cadere molto ["far prendere molte cadute"];

8 - guadagnatevi il vostro shodan. No, non così da poter scrivere il vostro primo libro o aprire una vostra scuola. Fate in modo di potervi addestrare ai seminari con gli ossi duri/ pezzi grossi ["cani grandi"]. Quando andate ai seminari, fate in modo di potere tirare da parte per voi l'Istruttore ospite, per ricevere un insegnamento ulteriore. Questo è tutto;

9 - andate ai seminari. Ogni volta che potete, semplicemente fatelo;

10 - prendete appunti. Su qualsiasi cosa. Aggiungete più dettagli possibile. Aggiungete diagrammi e disegni. Aggiungete immagini dalla vostra fotocamera o da internet;

11 - filmate ogni cosa che potete. Seminari. Lezioni ordinarie. La vostra pratica personale. I vostri studenti;

12 - partecipate alle discussioni su i forum di internet. C'è qualche persona veramente piacevole la fuori che condivide ogni sorta di conoscenza in quei luoghi. Forse avete contattato alcuni di loro in un seminario. Alcuni di loro potrebbero vivere all'altro capo del mondo, e potete contattarli facilmente via Internet;

13 - scrivete in merito alla vostra esperienza. E condividete ciò. Potrebbe essere semplice quando scrivete un e-mail a qualcuno. Potrebbe essere in un Blog. Potrebbe essere in un articolo per una rivista o un sito Internet;

14 - guardate i filmati. Ora ci sono tanti video pubblicati. Fra ciò che potete comprare e cosa potete guardare liberamente sui siti come YouTube, non c'è motivo di non guardare i filmati;

15 - invitate il vostro Istruttore a cena. O un vostro studente. O un vostro compagno d'allenamento. Uscendo, gioite della reciproca compagnia anche al di fuori del Dojo;

16 - arrivate un poco in anticipo, trattenetevi un po' più a lungo. Arrivate al Dojo presto se potete. Aiutate con qualunque preparativo si presenti necessario. Colloquiate a qualunque ospite possa giungere. Ingaggiatevi in un lungo riscaldamento extra. Rimanete un po' dopo la lezione, se potete. Aiutate a ritirare le cose. Lavorate un po' di più su qualcos'altro;

17 - focalizzatevi sulla vostra tecnica più difettosa/peggiore. Il mio Insegnante mi ha detto che per diventare migliori, uno dovrebbe esercitarsi nella propria tecnica peggiore, fino a che non diventi la migliore. Quindi ripetete ancora;

18 - diventate esperti. L'Aikido è la somma di parti interconnesse. Per esempio, uno ha potuto esercitarsi in tutto in Aikido, ma focalizzandosi soltanto sulle ukemi, o sulle armi. Selezionate un'area nella quale vi pare di avere acquisito un'abilità particolare, e andate su quella. Abbastanza presto, avrete una solida base per sviluppare un livello di abilità ulteriormente crescente, perché vi siete specializzati;

19 - trovate qualcuno che non potete bloccare o proiettare. C'è molto da imparare nel successo e molto da apprendere anche nell'insuccesso. Quando realizzate che cosa non conoscete, di che cosa non siete capaci, quello è il punto in cui realmente inizierete a prendere coscienza della vostra crescita personale;

20 - contribuite all'Arte. Non siate le persone che si rivelano solo quando ne hanno voglia. Imparate l'Aikido in modo da poterlo trasmettere, implementare, condividere con gli altri. Prendetevi cura dei vostri Insegnanti. Cose semplici, come partecipare ad ogni lezione, o pagare sempre in tempo le rate dell'iscrizione sono realmente sempre apprezzate. Prendetevi cura dei vostri compagni Aikidoka - sempre un sorriso ed un abbraccio".

by Autrelle Holland

di seguito i link alla versione originale:

mercoledì 14 maggio 2008

袴 Hakama: 2 – icona dell’Aikido a confronto


Eccoci nuovamente a discutere del leggendario Aiki-
gonnellone, ma questa volta in un ottica storico-critica che meglio permetta di mettere a fuoco sia le tradizioni, che i falsi miti.

La storia dell’hakama è di per sé amplia e complicata come la tradizione giapponese stessa, ma ora ci limiteremo a guardare ad essa nell’ottica dell’Aikido, Arte che ufficialmente non ha ancora 100 anni (nel 1908 Morihei Ueshiba Sensei aveva infatti solo 35 anni!).

Proprio da O’ Sensei partiamo nella nostra dissertazione, sfatando una credenza molto diffusa, ossia che l’hakama si debba indossare soltanto al raggiungimento del 1° Dan.

O’ Sensei pareva infatti considerare fondamentale che ciascuno praticante indossasse sempre l’hakama, provenendo egli da un tempo e da una cultura nei quali essa rappresentava un abbigliamento formale standard. A riprova di ciò, si riportano alcuni frammenti di un’intervista rilasciata da Mitsugi Saotome Sensei, riguardante una sua diretta esperienza con il Fondatore.

“Quando ero uchi deshi di O’ Sensei ad ognuno era richiesto di indossare l’hakama per praticare, sin dalla prima volta che si saliva sul tatami. Non c’erano restrizioni sul tipo di hakama, così il Dojo era un posto molto colorato. Si vedevano hakama di tutti i colori e tutte le qualità: dall’hakama del Kendo all’hakama a strisce usata nella danza giapponese… fino alla costosa hakama di seta, chiamata sendai-hira. Immagino che alcuni principianti facessero l’impossibile per prendere in prestito l’hakama costosa del nonno, indossata solo in particolari occasioni e cerimonie, e logorando le ginocchia nella pratica in suwari waza (tecniche in ginocchio). Ho un ricordo vivido del giorno in cui scordai la mia hakama. Mi stavo preparando a salire sul tatami indossando solo il mio dogi quando O’ Sensei mi fermò.

- Dov’è la tua hakama? - mi domandò severamente.

- Cosa ti fa pensare di ricevere istruzioni dal tuo insegnante indossando nient’altro che la biancheria intima? Non hai il senso del decoro? Sei evidentemente carente nell'atteggiamento e nell’attitudine necessari ad uno che persegue l’addestramento nel Budo. Vai all’angolo e guarda la lezione -.

Fu solo la prima di molte sgridate che avrei ricevuto da O’ Sensei. Comunque, la mia ignoranza in questa occasione spinse O’ Sensei a parlare ai suoi uchi deshi dopo la lezione sul significato dell’hakama.
Ci disse che essa era un vestito tradizionale degli studenti del Kobudo e chiese se conoscevamo le ragioni delle sette pieghe dell’hakama: - Simbolizzano le sette virtù del Budo -, disse O’ Sensei, - Troviamo queste qualità nei Samurai del passato. L’hakama ci suggerisce di riflettere sulla natura del vero Bushido. Indossarla simboleggia le tradizioni che sono state tramandate fino a noi di generazione in generazione. L’Aikido è nato dallo spirito del Bushido del Giappone e nella nostra pratica dobbiamo sforzarci di perfezionare le sette virtù tradizionali -.

Attualmente la maggior parte dei Dojo non segue la politica severa del Fondatore, riguardo al portare l’hakama. Il suo significato è degenerato da simbolo di virtù tradizionale a quello di status symbol per yudansha. Sono stato in molti Dojo di tante nazioni. In molti dei luoghi dove solo gli yudansha indossano l’hakama, gli stessi hanno perso la loro umiltà. Pensano all’hakama come ad un premio da mostrare, come simbolo visibile della loro superiorità.

Quest'atteggiamento fa della cerimonia del saluto ad O’ Sensei, con la quale iniziamo e finiamo la lezione, una derisione alla sua memoria e arte.

Peggio ancora, in alcuni Dojo, alle donne di grado kyu (e solo le donne) è richiesto di indossare l’hakama, apparentemente per conservare il loro pudore. Per me questo è un insulto ed una discriminazione alle donne Aikidoka.

Può sembrare un problema banale per alcuni, ma ricordo molto bene la grande importanza che O’ Sensei poneva sull’indossare l’hakama. Non posso sminuire il significato di quest’indumento, e nessuno, io penso, può contestare il gran valore delle virtù che simboleggia.

Sento che indossare l’hakama e conoscere il suo significato, aiuta gli studenti ad essere attenti allo spirito di O’ Sensei e tenere viva la sua visione.

Se permettiamo all’importanza dell’hakama di affievolirsi, forse permetteremo che le cose fondamentali dello spirito dell’Aikido scivolino nell’oblio. Se, da un lato, noi siamo fedeli ai desideri di O’ Sensei riguardo all’abito di pratica, il nostro spirito sarà più fedele ai sogni cui dedicò la sua vita”.


Da dove quindi può provenire la norma di indossare questo importante indumento tradizionale solo da un certo punto della propria pratica in poi, in apparente contrasto con l’importanza di farlo sempre e fin da subito… appena rimandata da Morihei Ueshiba stesso?

Presto detto!

Il contesto storico, come spesso accade, viene in aiuto per comprendere le evoluzioni dei comportamenti che gli uomini adottano: stiamo parlando di un Giappone - quello che vedeva crescere la popolarità dell’Aikido - appena dilaniato dalla sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, in uno stato di carenza economica, di grande volontà di tirarsi su le maniche e desideroso di iniziare la ricostruzione della sua società.
Mediamente il tempo per acquisire il grado di yudansha si aggirava in non più di un anno (di pratica quotidiana… persino due/tre allenamenti al giorno), e così il gruppo dei sempai di O’ Sensei descriveva quel periodo:

“Agli studenti veniva richiesto di averne una, ma essi potevano essere troppo poveri per acquistarla. Se non avevano la possibilità di averla in prestito da qualche anziano parente, erano soliti ricavarla dalla fodera di un vecchio futon, tagliandola, tingendola e consegnando il tutto nelle mani di un sarto. Dal momento che dovevano usare tinte economiche, comunque, dopo un po’ i disegni colorati del futon iniziavano pian piano ad emergere nuovamente”.

In un‘intervista rilasciata da Morihiro Saito Sensei ad una rivista nipponica emerse che nel dopoguerra c’erano molte cose difficili da trovare in Giappone, inclusi i vestiti. Per questa mancanza si allenavano senza hakama. Ci si ingegnava a procurarsene una ritagliando le tende, però, essendo esse state appese per molti anni al sole, era facile che si polverizzassero subito all’altezza delle ginocchia, appena si iniziavano a praticare tecniche in suwari waza. Egli afferma che gli allievi erano soliti rammendare in continuazione queste loro creazioni.

In queste precarie condizioni, a qualcuno venne in mente di proporre: “Perché non proporre di stare senza hakama fino a shodan?”. Questa idea fu portata avanti come politica temporanea per evitare di spendere, ed eventualmente per racimolare i soldi necessari ad un acquisto, ma non aveva niente a che fare con il concetto di nobiltà dell’acquisizione dei gradi.
Shigenobu Okumura Sensei ribadiva che, quando lui era uchi deshi di O’ Sensei, ad ognuno veniva richiesto di indossare questo abito fin da subito, e non c’erano restrizioni sul tipo di hakama che era consentito tenere, per cui i Dojo erano luoghi più variopinti di quanto si potesse immaginare.

Da questa grande attenzione verso un indumento costoso e difficile da reperire, deriva anche la tradizionale usanza di non indossare l’hakama nella pratica con le armi all’aperto: sporcarla gravosamente (erba, sabbia, fango…) avrebbe necessitato ulteriori lavaggi e, naturalmente, ulteriore logorio ed indebolimento del prezioso gonnellone.

Cerchiamo quindi di delineare, in ragione di quanto fin qui esposto ed in ultima analisi, cosa l’hakama non dovrebbe rappresentare - a costo di entrare in conflitto con molti luoghi comuni comunemente accettati – traducendo parte di un articolo di Nev Sagiba Sensei:
"[...]
- L’hakama non è un’icona religiosa o qualcosa che denoti un’importanza astratta;
- L’hakama non ha nulla a che vedere con i gradi;
- L’hakama non è un indumento che autorizza chi lo indossa a sentirsi superiore a chi non lo indossa;
- L’hakama non è una gonna;
- L’hakama può essere di qualsiasi colore o combinazione di colori e molto altro ancora;
- L’hakama non è un indumento creato per estetica o per impressionare qualcuno;
- L’hakama non serviva (come si crede comunemente) per nascondere il movimento dei piedi. Qualcuno crede a questo, ma posso assicurare che i guerrieri non erano interessati ai passi di danza, quanto piuttosto all’uccisione dei loro nemici.

Nel Budo allineare la posizione è di importanza fondamentale è […] La stabilità è sinonimo di sicurezza. Nel lavoro con la spada, una posizione errata può condurre alla sconfitta, letteralmente alla perdita della faccia, quando una lama è brandita dall’avversario, oppure un naso contuso o rotto da un bokken. L’hakama è un ricordo di posizione adeguata, posizione invincibile. Prendetela come tale".

E se di stabilità vogliamo parlare, di postura… forse della mente più ancora che del corpo, allora è con equilibrio che dobbiamo considerare ogni questione inerente agli indumenti che indossiamo, siano essi tradizionali, alla moda, d’oriente o d’occidente.

L’hakama è una tradizione da indossare, che può essere fatta rivivere con i propri atti, può essere addirittura fatta evolvere nel tempo… ma che certamente non è da snaturare con ideologie ad essa poco affini o da equivocare non conoscendo con precisioni i fatti storici che hanno determinato le scelte contingenti del suo utilizzo (o abbandono)…

In conclusione: come potremmo definire, quindi, questo curioso indumento!?!
“Una sfida a pieghe”, forse… una sfida a noi stessi per scoprire se siamo capaci di fare tesoro dei preziosi strumenti donati da chi, prima di noi, percorreva con impegno la sua Via.

Ci piace pensare che, così facendo, anche il lavoro di O’ Sensei non andrebbe per nulla perso… anzi, sarebbe ulteriormente valorizzabile.

domenica 4 maggio 2008

袴 Hakama: 1 - le origini di un mito


Quale indumento caratterizza maggiormente i praticanti di Aikido che l’elegante, tradizionale, “gonnellone”… chiamato comunemente hakama?

Spesso questo accessorio è visto come un vero e proprio feticcio da alcuni stessi praticanti, poiché simbolo del tanto agognato raggiungimento della “cintura nera” nelle molte scuole che non ne permettono l’utilizzo prima di tale traguardo. Molto forse ciascuno di noi ha detto e sognato in merito al giorno in cui ne avrebbe posseduta una tutta sua… ma estremamente interessante può risultare il compiere una ricerca storica mirata che ne delinei la provenienza.

Pochi infatti sanno che l’hakama altro non era se non una sorta indumento atto a proteggere le gambe dei cavalieri dalle escoriazioni, similmente a quanto operato dagli spessi pantaloni in pelle dei Cowboy americani. In Giappone non era facile far giungere questo prezioso materiale d’oltreoceano, quindi si ripiegò su pesanti gonne pantaloni.

Gli indomiti guerrieri di cui si parla erano gli avi dei famosi Samurai, che continuarono la tradizione dei combattenti a cavallo, anche quando l’oriente adottò la sellatura “all’occidentale”. Quando poi le esigenze e tecnologie belliche si evolsero, i Samurai divenendo più simili a soldati per campagne terrestri, ma persistettero nell’indossare l’abbigliamento cavalleresco che li aveva caratterizzati e continuava a contraddistinguerli per lo spirito di marzialità, rispetto e fama narrati dalle gesta stesse di questa nobile casta.
L’hakama tuttavia si trasformò nelle sue fattezze ed utilizzi, non dovendo più essere da sostegno ad una cavalcatura: si diramarono diversi stili, dei quali quella utilizzata nelle arti marziali moderne (joba hakama) rappresenta forse il più conosciuto.

Quali sono tuttavia gli elementi che li contraddistinguono?!
L’hakama è una sorta di “gonna pantalone” (ma ne esistono anche versioni “a tubo”) allacciata a vita mediante quattro lunghi lacci (himo), che presenta aperture triangolari più o meno pronunciate su entrambe i lati (dalle quali i Samurai facevano sporgere le armi legate alla vita) ed una caratteristica fascetta che va a ricoprire la zona lombare (koshi)

Esisteva persino una versione a tubo lunga da tre metri a quattro metri e mezzo, piegata ripetutamente e collocata tra i piedi e la parte posteriore del visitatore. Essa veniva usata per far visita ad uno Shogun o all’Imperatore, perché durante le udienze, era necessario muoversi sul tatami con le ginocchia ed un tale abito rendevano molto difficoltoso l’occultamento di qualsiasi arma e l’alzarsi velocemente per portare un attacco.
Le hakama per l’Aikido si differenziano solitamente da quelle utilizzate nel Kendo per avere gli himo più lunghi ed il koshi morbido, per via delle numerose cadute previste nella zona lombare (l’hakama da Kendo ha il koshi rigido invece, solitamente ora con cartone o plastica all’interno della fodera); entrambe questi indumenti presentano 7 pieghe (5 davanti, 2 dietro) il cui significato simbolico è di indubbia importanza, mentre ci sono state molte controversie (che ancora continuano) nel delineare una lettura univoca di questi simboli. Fra essi, quelli maggiormente accettati risultano essere:

1 - [ 勇気 ] Yuki:
coraggio, valore, prodezza
2 - [ ] Tin:
umanità, carità, benevolenza
3 - [ ] Gi:
giustizia, integrità
4 - [ ] Rei:
etichetta, cortesia, civiltà
5 - [ ] Makoto:
sincerità, onestà, regalità
6 - [ 忠義 ] Chugi:
fedeltà, devozione
7 - [ 名誉 ] Meiyo:
onore, gloria, credito, dignità e prestigio

Anche i modi per legare l’hakama sono più che mai vari, e l’unica caratteristica che hanno in comune è che le quattro fibbie a disposizione dovrebbero coprire completamente la cintura sottostante. Tradizionalmente veniva considerato deplorevole che un allievo di grado elevato non curasse a dovere questo particolare del suo abbigliamento: Morihiro Saito Sensei, ad esempio, rimproverava duramente chi veniva scorto con l’hakama che permettesse ancora di intravedere la cintura sottostante.
Molte scuole, come si diceva, permettono di indossarla soltanto agli yudansha ("possessori di gradi Dan"), alcuni solo dal 3º kyu ( detti anche "mudansha", ossia "non possessori di gradi Dan") in poi, altri a tutti fin da subito, altri ancora fin da subito solo alle donne. Ogni comportamento può essere plausibile se ben motivato.
Venga anche però ricordato che il keikogi (tutta d’allenamento) era tradizionalmente visto come una sorta di biancheria intima, perciò il praticante senza hakama nei Dojo tradizionali, almeno un tempo, avrebbe saputo di guerriero in mutande e canottiera!… perciò un tempo, prima ancora dell’Aikido stesso, veniva indossata da tutti e fin da subito.

Ma ora, dopo questo breve escursus storico-culturale, ci si occuperà di definire maggiormente le tendenze storiche ed attuali legate proprio alla nostra Amata Arte, sentendo dalle parole di O’ Sensei e di molti altri rinomati Maestri su cosa l’hakama, in ultima analisi possa considerarsi o rappresentare... o, almeno, come sarebbe meglio che non venisse considerata.

La settimana prossima on-line la seconda parte:
袴 Hakama: 2 – icona dell’Aikido a confronto