lunedì 28 gennaio 2008

反逆人 L'uomo ribelle


Si descrive generalmente il Fondatore dell'Aikido come uno degli ultimi Maestri dell'antica tradizione: un autentico guerriero, filosofo, mistico e poeta che visse nel secolo scorso... le cui gesta sarà difficile che vengano nuovamente eguagliate.

Il mito dell'insuperabilità, tuttavia, ha in sé il grande limite di porre dei confini a priori, che di frequente si rivelano d'ostacolo per un ricercatore serio e motivato.

Se esaminassimo questa figura da un'ottica più insolita, meno "dottrinale" forse, sarebbe invece più semplice cogliere altre sue fondamentali caratteristiche... altrettanto importanti per chi decide di seguire le sue orme impegnative.
Non che ciò che viene raccontato usualmente sul suo conto sia falso (ci sono registrazioni storiche sulle grandi gesta marziali di Morihei, testimoni oculari ancora viventi...), ma cosa accadrebbe se ci proponessimo di dare voce ad alcuni suoi contemporanei? Come avrebbe potuto giudicare O' Sensei un giapponese della sua leva, cresciuto e vissuto nella sua stessa cultura e società?

Probabilmente egli non avrebbe avuto dubbi sulle etichetta da dare: "un uomo ribelle!".
... se non addirittura "un caso disperato"!

Ueshiba si mostrò particolarmente innovatore (e contro corrente) rispetto ad alcune ottiche socio-culturali in voga al suo tempo; facciamo qualche esempio.


- Il rapporto di Morihei con il suo Maestro, Sokaku Takeda:

esso non fu "di stampo tradizionale", potremmo affermare. Dopo un ispirante incontro (1915) ed un periodo passato al suo fianco nell'apprendimento a tempo pieno dell'efficace tecnica marziale (Sokaku aveva in merito una fama che lo precorreva) ed aver ottemperato nella più ferrea tradizione al "servizio completo" delle necessità personali del suo Sensei (ospitandolo, cucinando per lui, curandosi delle sue esigenze economiche...), egli avvertì che stava per prospettarsi l'orizzonte di nuove importanti esperienze (l'incontro con il reverendo Onisaburo Deguchi e con la fede Omoto Kyo), probabilmente in contemporanea ad una presa di coscienza in merito a qualche "divergenza di vedute" del suo imbattibile ed iroso referente (Sokaku aveva fama di guerriero formidabile, ma non pareva avesse particolarmente a cuore lo studio delle leggi dell'universo e/o l'armonia con il proprio avversario, né tanto meno aveva mostrato di volersi curare della integrità fisica di quest'ultimo... staccandogli a volte la testa e recapitandola alla polizia locale, ad esempio).

A questo punto avvenne la separazione dei due (1917): non si può dire la "rottura", in quanto Morihei regalò l'intera sua proprietà immobiliare di Shirataki al suo Maestro e si diresse ad Ayabe... Ma questo non era previsto dalla tradizione che potesse avvenire!

Pare quasi che il Fondatore abbia voluto pagare il pegno della sua libertà, ma si ricordi che un tempo un allievo era legato al suo Maestro fino a quando quest'ultimo non riteneva fosse venuto il momento giusto che il discepolo "camminasse con le proprie gambe", non di certo il contrario.
Sokaku non parve opporsi, ma ora restiamo nel nostro tema: Morihei è andato palesemente contro ciò che la tradizione guerriera permetteva... Cercando una via coerente con il suo pensiero era stato costretto a dividersi da quella del suo insegnante, implicitamente affermando così che quella di Takeda era "UNA strada", non "LA strada" (unica, vera, sola esistente)... Ma stiamo scherzando? Morihei, così, ha forse pensato di poter giungere più in là di quanto il tuo Maestro poteva mostrargli! E' stato un ribelle!


- La presa di posizione rispetto all'accettazione di allievi stranieri:

sarà superfluo ricordarlo, ma un tempo erano gli insegnanti ad esercitare il diritto di accettare o rifiutare un allievo che chiedeva di essere ammesso ai corsi. La cultura nazionalista giapponese, specie poggiante sulle ceneri della una rovinosa sconfitta subita durante il secondo confitto mondiale, non apriva certamente le porte dei suoi tesori "allo straniero", specie se occidentale.

Morihei accettò come allievi interni moltissimi studenti occidentali, fra lo sdegno di alcuni suoi allievi nipponici di alto rango. Egli fu nuovamente innovatore, affermando così che l'Aikido non ha razza o non è destinato a nessuna di esse in particolare, giacché costituisce patrimonio dell'umanità intera. Ma non fu capito e nuovamente etichettato come "ribelle" alla sacra tradizione.
Robert Nadeau Shihan, allievo diretto di O' Sensei ancora in attività, nei suoi racconti spesso rimanda come il Fondatore amasse particolarmente colloquiare con lui, stupendosi che questo straniero si mostrasse molto più interessato a conoscere a fondo la filosofia dell'Arte della Pace che i colleghi nipponici, "bravi solo" a chiedere dettagli geometrici su questa o quella tecnica!
Morihei ha così rischiato che proprio in mano di un disonorevole occidentale finisse tata primizia... Si direbbe incosciente delle responsabilità che si accollava, sprovveduto... oppure nuovamente ribelle!


- Il cambio di posizione in merito alle dimostrazioni pubbliche dell'Arte:

un tempo non era "fare allievi" il compito principale di un insegnante, anzi... bastavano pochi e buoni per tramandare un insegnamento, sempre nell'attenzione che esso non trapelasse al di fuori delle mura familiari o del proprio Clan. Fare "dimostrazione" pareva un inutile esibizione (poiché la pratica era unicamente occasione di formare se stessi e non c'era dunque nulla da esibire ad altri di ciò), che conduceva anche al pericolo di informare occhi indiscreti della propria attività...

Anche il Fondatore fu per molto tempo di questa idea: poi tuttavia qualcosa in lui cambiò ed egli si aprì all'esibizione della sua Arte anche al grande pubblico, permettendo addirittura ad una troupe cinematografica americana di essere ripreso per il famoso documentario "Rendez Vous with Adventure" (1958).
Nuovo sacrilegio: un occhio impertinente è penetrato nel cuore di uno dei Dojo più rinomati del Giappone...
A cosa pensava O' Sensei!?! A farsi pubblicità oltre oceano? A trovare il modo di farsi copiare o deridere nel modo più plateale possibile? Che impunito ribelle!


- Il saluto rituale eseguito al contrario:

il cerimoniale di ogni apertura e chiusura di lezione, così come di ogni scambio fra partners è da sempre stato normato e caratterizzato da importanti regole di etichetta. I samurai portavano tradizionalmente la katana sul lato sinistro del corpo, quindi veniva loro comodo inginocchiarsi prima con la gamba sinistra e quindi alzarsi prima con quella destra per essere fino all'ultimo pronti a sguainare la spada anche durante questo delicato e rispettoso inchino cerimoniale.
Quando la katana divenne un simbolo ed i praticanti non la vestirono più, il saluto rimase quello di un tempo, ad indice della massima prontezza fisica e mentale a cimentarsi con il repentino e imprevisto. Ogni budoka, Morihei per primo, ha conosciuto ed osservato questo protocollo (Morihiro Saito Sensei si scusava con gli allievi quando una problematica fisica alle ginocchia gli impediva di eseguire il saluto o una tecnica in modo corretto).
Ad un certo punto della sua ricerca però, il Fondatore iniziò ad eseguire il saluto cerimoniale al contrario, ossia piegando prima la gamba destra e rialzandosi con la sinistra...
Scandalo degli scandali! Questo gli costò l'insorgere di numerose polemiche quando venne osservato da maestri di alto rango provenienti da altre estrazioni marziali: che ne era del prezioso reishiki? Che esempio e che formazione poteva quindi offrire ai suoi allievi?
Quando gli fu chiesta ragione del suo "assurdo" comportamento Egli disse che la sua pratica si discostava oramai "dall'arte della guerra", da cui traeva origine il cerimoniale... ed il suo fare era opposto poiché egli ora insegnava "l'Arte della Pace".
Rimandò che gli non riteneva più utile essere pronto ad affrontare in ogni istante un nemico, perchè ai suoi occhi non c'erano più nemici che lo potessero affrontare, non c'erano più nemici da sconfiggere, ma solo individui da abbracciare in una fratellanza che va al di là dei conflitti che potevano apparire determinanti.


- Il Maestro con un principio di "Aiki-arterio sclerosi":

Gaku Homma Sensei, in qualità di testimone oculare, ha raccontato di un bizzarro stratagemma al quale è ricorso O' Sensei in tarda età, durante una dimostrazione dinnanzi ad un pubblico molto numeroso, rumoroso e distratto. Dietro le quinte del vasto locale egli fu microfonato per offrirgli la possibilità di raggiungere il pubblico con la voce durante l'esibizione. Il fonico però raccomandò con calore "all'anziano signore" di non sfiorare assolutamente il microfono per evitare fastidiosissimi fruscii e colpi improvvisi nelle casse stereofoniche dell'impianto di amplificazione.
Poi fu la volta della sua entrata in scena.
O' Sensei si rese conto dell'atmosfera che regnava nel luogo, della sommaria tensione di fondo nella quale si trovava per via di tutti gli eccessivi brusii e chiacchiere che avrebbero rischiato di costellare il suo operato. Quindi si finse "rimbambito": iniziò a manipolare il microfono causando incredibili crepitii nell'audio, con l'espressione di un vecchietto che curiosamente ispeziona "l'aggeggio magico" di cui è stato dotato. Subito una grossa risata si levò dal pubblico che richiamato dal rumore non poté che assistere alla comica scenetta.
La tensione a seguito di quello "sfogo collettivo" subito calò e gli spettatori vennero simpaticamente catturati dalla nuova figura entrata in scena: l'attenzione si spostò naturalmente su di lui, che subito abbandonò la parte di attore per assumere il ruolo di Aikidoka, sorprendendo gli astanti con le sue incredibili prodezze.
Cosa fu O' Sensei... un vecchietto rimbambito o il più fine degli psicologi?
Fu sicuramente un ribelle (almeno dal punto di vista del fonico!).


- Un guerriero che afferma cose "inopportune":

"Avere cura del proprio avversario e trattarlo con la delicatezza che si utilizzerebbe con un neonato" ... "Proiettare gentilmente"...

"Porta i nemici, nel nome della Via, a ritrovare i sensi con parole basate sull’amore". (Doka 58)

"Ogni guerriero riceve in dono la vita, la porta ovunque: Amore è vita, essenza del Divino Progetto". (Doka 61)

... ma stiamo scherzando? Cosa sono queste romanticherie!
"L'avversario ti attacca e tu devi neutralizzarlo nel modo più veloce ed efficace"... "E' lui che ha attaccato, lui ha la responsabilità di ciò che gli accadrà a seguito della sua inopportuna azione!": questo è esattamente ciò che hanno sempre ritenuto fondato le scuole marziali di ogni latitudine prima dell'avvento di O' Sensei.

Egli è invece venuto a portare un altro messaggio, più sottile forse e più difficile da vivere nel quotidiano: "se per salvarti la vita da un assassino lo uccidessi, non cambierebbe in numero degli assassini al mondo". E' forse un modo orientale per dire il ben più famoso "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te", ma quale innovazione nel mondo della ferrea disciplina tradizionale guerriera!
Egli fu ancora una volta ribelle ed uscì dagli schemi per portare l'inedito... e fece bene a giudicare dalla risonanza che l'Aikido sta ottenendo nel mondo!

Non volle divenire bravo come il suo Maestro, ma bravo come la parte più profonda di sé... che con coraggio ha fatto emergere al mondo: non è divenuto "il secondo" dei guerrieri Takeda, ma "il primo dei guerrieri Ueshiba"!

Offerse i suoi insegnamenti anche e soprattutto a coloro che si mostravano più distanti dalle storiche tradizioni che hanno fatto da culla all'Aikido.

Cercò ogni modalità e tecnologia per diffondere il suo pensiero.

Scandalizzò nel sedersi e nel rialzarsi per lanciare un messaggio profondo, non curante del fatto che non sarebbe forse stato colto nella sua essenza dai più (com'è infatti avvenuto).

Fece lo sciocco per avere l'opportunità di mostrare cose intelligenti.

Ebbe il coraggio di portare la parola PACE all'interno "dell'arte della guerra", affiancando alle parole storicamente considerate fondamentali, ossia "efficacia" e "vittoria", anche i più etici termini "incontro" e "scambio".

Per riassumere il tutto con poche parole potemmo dire "si è assunto le proprie responsabilità", discostandosi dalla norma ha corso i suoi rischi... per essere se stesso ha affrontato la possibilità della solitudine, ma non si è uniformato in ciò che non sentiva appartenergli.

Quanto dell'Aikido che ci viene insegnato ha queste caratteristiche?

Quanti Maestri luminari si trincerano dietro la tradizione e dietro una rinomata scuola per far valere il loro curriculum?

Quanti siti internet prospettano il lineage che parte da O' Sensei ed arriva al Dojo-Cho di provincia, quasi a dimostrare una "discendenza divina" acquisita da pure ed accreditate fonti?

Tutto ciò fa parte della storia e della tradizione antecedente ad O' sensei, quindi è comprensibile, ma egli stesso non perpetrò più di tanto la tendenza: il Fondatore non fece così, non c'era praticamente nessuno dietro di lui, se non innanzi tutto se stesso.

Questo atteggiamento lo caratterizzò almeno quanto le sue tecniche e la sua avvincente filosofia, perchè non studiare anche questo?

Si potrebbe commentare: "Ma io non sono mica il Fondatore, di O' Sensei ce n'è stato solo uno!"... ricadendo nuovamente nel mito/trappola dell'insuperabilità.

Fortunatamente Egli non se lo pose troppo seriamente e quindi poté arrivare dove arrivò. Come disse infatti Albert Einstein, suo contemporaneo ("a volte tutti pensano che una cosa sia impossibile da realizzare, finché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa"), la liberà di pensiero e di azione è la base per portare nel mondo qualcosa di bello che ancora non c'è.

Al solito, la libertà usata male non porta a grandi traguardi si sa: questo può significare che il sentirsi troppo in diritto di apportare liberamente qualsiasi tipo di "modifica" all'Arte può essere molto pericoloso, soprattutto in ambito tecnico. Il pululare di stili personali di secondo o terz'ordine infatti ne è una chiara dimostrazione... ma questo vuole essere uno stimolo di riflessione per l'altrettanto sbilanciata tendenza a conservare e tramandare in modo maniacale ed esclusivo ciò che ci è stato dato: non fu il "metodo Ueshiba", anzi.. se egli stesso l'avesse pensata così, oggi praticheremo una forma di "Takeda Ryu", non Aikido.

Impariamo la lezione della "parabola dei talenti" quindi noi Aikidoka, oltre che le affascinanti tecniche di O' Sensei: non per diventare "un secondo Morihei Ueshiba", ma per essere "i primi noi stessi" che ci sono al mondo.

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Questo articolo è stato scritto in qualità di "pensiero ad alta voce" e stimolo di riflessione, sulla base di dati storici documentati: nello spirito dei contenuti e seguendo un esempio che credono importante e significativo gli autori sono lieti di assumersi la responsabilità di quanto affermato in conclusione.

Saranno altrettanto lieti di accogliere e condividere i vostri numerosi punti di vista e riflessioni personali in merito.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Morihei Ueshiba aveva capito il principio fondamentale che regola l'universo intero e la vita umana.... parlo di insegnamenti "nascosti" che prendono vita ed essenza nei movimenti che egli compiva e che oggi appartengono agli aikidoka che seguono la sua via. La differenza è che Lui conosceva bene il significato di ogni suo gesto; "frammenti di un insegnamento sconosciuto". L'aikido è molto più di ciò che sembra. Maurizio