Vi parlo oggi di un argomento delicato e controverso, che ho sempre sentito un gran bisogno di approfondire negli anni passati, ma che forse solo ora ho la maturità Aikidoistica per affrontare.. ovvero quello degli "stili" di Aikido, che sembrano tanti, variegati e molto differenti fra loro...
... ma che, a ben vedere, mi pare sempre più che perdano il loro senso divisivo, se osservati in un'ottica appropriata.
Quando nel 2007 ho iniziato a scrivere queste pagine, mi guardavo bene da menzionare qualsiasi cosa che si potesse rifare a questa o quella Scuola o didattica legata all'Aikido: cercavo una sorta di "zona franca" nella quale pubblicare contenuti che potessero risultare utili a tutti i diversi "campanili" (per non dire "fazioni") all'ombra dei quali la ns. disciplina veniva e viene praticata.La tecnica e la didattica mi parevano essere un'importante fonte di divisione e spesso di "scontro" fra gli Aikidoka... quindi me ne tenevo scientemente alla larga.
Iwama Ryu, Kobayashi Ryu, Aikikai Honbu, Aikikai d'Italia (che è parecchio differente dalla suo omologo giapponese), Aikikai Tissier, Ki Aikido (delle varie correnti nelle quali anch'esso si è nel tempo ramificato), Yoshinkan Aikido, Yoseikan, Tomiki, etc... Quanto sembra essersi "speciata" la ns. disciplina in poco più di 50 anni dalla scomparsa del suo Fondatore, non è vero?!
Non è forse così... o meglio: ci sono attualmente molte visioni differenti della stessa cosa, una moltitudine di didattiche e di approcci che un tempo non esistevano, ma questo NON vuole necessariamente dire che gli "stili" siano così importanti. Provo a spiegarmi...
L'Aikido si è diffuso in tutto il mondo, passando così per le mani di tante persone, che di certo hanno messo qualcosa di proprio nell'interpretare ciò che è giunto loro e far proseguire ciò che ritenevano opportuno, facendosi pure ispirare da traguardi inediti che nel frattempo l'umanità ha raggiunto.
Spesso - ad esempio - mi trovo ad utilizzare l'analisi transazionale, la grammatica trasformazionale o elementi di PNL per spiegare ai miei allievi come viene percepita la pratica fra persone diverse... ma ciò non significa che stia fondando il "Rubatto PNL Ryu", ma solo che al tempo di O' Sensei le neuroscience non si erano sviluppate tanto quanto lo sono oggi.Quindi non creo uno stile: utilizzo degli strumenti nuovi per agevolare la comprensione di qualcosa che in passato veniva spiegato semplicemente in altro modo (spesso più criptico e meno immediato per l'uomo della strada), oppure che non veniva spiegato affatto... non sempre con conseguenze positive però. Tuttavia, qualcuno che non ha mai visto una lezione impostata in questo modo, potrebbe appiccicarmi etichetta di un "nuovo stile" o una "nuova didattica"... e si sbaglierebbe un tot.
Sia l'Iwama Ryu, che il Kobayashi Ryu, che l'Aikikai d'Italia fanno essenzialmente studiare tutti IKKYO ai loro rispettivi praticanti: secondo parametri (leggermente o sostanzialmente) differenti... ma sempre sul gomito e polso... ma mai su gluteo e orecchia, come mai?Se l'Aikido fosse una Scuola di cucina, quindi, ogni studente partirebbe dai rudimenti per preparare un pasto ritenuto sano, sostanzioso e gradevole al palato.
Ci sono scuole che partono dal soffritto, altre da come tagliare le verdure, altre da come cuocere pasta o riso... ma TUTTE le scuole di cucina si occupano - prima o poi - di tempi di cottura di pasta e riso, di taglio di verdure e di soffritti. Per forza.
Le questioni "stilistiche" vengono quindi DOPO: una volta che ci si è impadroniti degli elementi di base (che sono tanti, in Aikido come in cucina), allora dopo possiamo dedicarci a dare quell'inclinazione particolare alle nostre tecniche ed ai nostri piatti, secondo lo Chef Tissier, o secondo il Sensei Cracco.Ecco: di solito invece si occupano di "stili" quei praticanti (la maggioranza), che stanno ancora apprendendo le basi del soffritto di nikyo o del taglio delle verdure con il bokken... capite come ciò faccia perdere di senso a questa apparente notevole divisione?
Che sia un 3º kyu a sostenere che l'Iwama Ryu sia meglio o peggio che il Kobayashi Ryu è ridicolo, al di là che stia o meno semplicemente ripetendo a pappagallo cosa sente dire dal suo Maestro di riferimento, che sarà pure l'unico che ha mai sentito esprimersi a riguardo. Ossia, cercare di imparare uno "stile" da 3º kyu è un po' come credersi sommelier dopo aver bevuto il primo bicchiere di Tavernello.
Infatti a livelli molto più alti della disciplina - paradossalmente - ci si apprezza e rispetta molto di più nelle differenze e nelle peculiarità, a confronto di quando si è "principianti".
Solo che questo essere "principianti" mi pare qualcosa che cambia forma man mano che io stesso percorro la mia strada: per me ora un 3º dan è abbastanza un esperto principiante... quindi, quando gli sento proferire parola sugli "stili", mi vien da dirgli: "Pratica ancora serio per una quindicina di ore alla settimana, che poi fa qualche anno nel riparliamo".Un 3º dan in media quanti Maestri ha frequentato?
A quanti stage ha partecipato?
Non quanto tempo fa ha iniziato, ma quanto è piena la sua settimana tipo di Aikido?
Si più essere 3º dan perché ci si dedica mente e corpo all'Aikido, si è giovani e attivi o perché si è parcheggiati su qualche tatami polveroso da 30 anni e qualcuno, impietosito, ci vuole dare un "premio alla carriera": capite che non è proprio la stesa cosa se si esprime una persona consapevole o una che ha un pezzo di carta appeso ad un muro?Nuovamente: di solito quelli consapevoli NON litigano un granché per questioni "stilistiche", sono più i pataccari a farlo, non ci avete mai fatto caso?!
I principi della biomeccanica del movimento sono sempre gli stessi, se applicati ad esseri viventi che hanno 2 gambe e 2 braccia, quindi potranno essere metodi migliori per sottolineare un aspetto del movimento, dell'interazione fra tori ed uke, dell'utilizzo delle armi, del timing, del ma-ai... ma i principi della biomeccanica del movimento rimarranno sempre, comunque e per forza gli stessi in TUTTI i cosiddetti "stili".
Il che non significa che non si abbia il diritto di ambientare la pratica nel luogo e secondo i dettami che sentiamo più nostri, ma parlare di "superiorità" di uno stile rispetto ad un altro è come dichiarare che le pizzerie sono meglio delle trattorie, o che il sushi sia più buono del cous cous...De gustibus, si direbbe rispetto al cibo, non è vero?
Giocano su di noi le origini, il proprio vissuto ed il proprio sistema di credenze, le necessità che si hanno in un certo momento dell'esistenza (che magari sono opposte in un altro).
Vi faccio un esempio: quando ho iniziato a praticare, ritenevo che l'Iwama Ryu fosse il luogo migliore nel quale potessi essere capitato... e sentivo dire questa cosa anche da molti miei senpai e Sensei. Non pareva avessi quindi motivo per dubitare di ciò.Sentivo dire che "eravamo i migliori", quelli più tecnici, più marziali, più tradizionali... PIÙ insomma, e questo non faceva che confermare il mio sistema di credenze di allora.
Poi - per mia fortuna - sono sempre stato curioso come una scimmia, quindi sono andato a mischiarmi più che occasionalmente con altri "stili" di Aikido, dove sulla carta sarebbe dovuto essere tutto molto banale e facile per me. Peccato che non fu così per niente! Avevano tutti un "ikkyo" da farmi fare, diverso da quello che già conoscevo, ma non ero poi così sempre bravo a farlo.
In alcuni ambienti il ritmo della pratica era molto più intenso, i movimenti erano molto più dinamici, ed io non riuscivo ad eseguirli in modo soddisfacente, abituato ad un allenamento quasi esclusivamente statico (come al tempo e forse ancora oggi viene riservato ai kyu): perché mi trovavo in quelle forme di imbarazzo, se noi fossimo stati veramente "i PIÙ" in tutto?Notavo molte imprecisioni tecniche, cose che a mio dire "noi facevamo meglio"... ma c'erano anche un sacco di cose nuove, che "noi non facevamo affatto"... e che per me risultavano un enorme problema da affrontare.
Quindi ho compreso sulla pelle che l'Iwama Ryu non è lo "stile" migliore in assoluto: è la didattica migliore per fare emergere determinate cose, ma non altre... non tutte perlomeno.
Mi sono reso conto poi con il tempo che le cose stavano così pure per tutti gli altri cosiddetti "stili" più blasonati... quindi diventava evidente come il Kobayashi Ryu avesse studiato un sacco l'essenzialità, ma mancasse loro una buona e solida base dal quale esercitarla, che il Ki Aikido aveva studiato profondamente la percezione energetica ed alcuni principi, ma che peccava anch'esso delle basi storiche dalle quali quello studio si era poi evoluto.Insomma, che in tutti c'era qualcosa di buono, ma in nessuno "stile" era possibile trovare in un colpo solo tutto ciò che mi pareva importante studiare in Aikido.
Erano diventati tutti buoni ristoranti: uno di sushi, una di pasta fresca, uno di pizza, uno di cous cous... ma nessuno era capace di cucinare OGNI tipo di cibo con lo stesso grado di competenza e consapevolezza.Questo è perché Saito Sensei non avesse un Aikido "completo", o non ce lo avesse Kobayashi Sensei, o Koichi Tohei Sensei?
Ma manco per niente, erano tutti e 3 alquanto capaci a tirarti per terra che lo volessi oppure no: sono stati piuttosto coloro che hanno seguito questi Maestri a diventare iper-specializzati in UNO dei campi nei quali i loro Insegnanti erano competenti... ma loro avevano studiato TUTTO, ed all'epoca di O' Sensei - quando erano tutti insieme a sudare sullo stesso tatami - non aveva alcun senso parlare di "stili" diversi... c'era la pratica e STOP.
Ed ora non è che invece abbia più senso parlarne, semplicemente si è ABBASSATO tantissimo il livello della pratica, tanto da far focalizzare i praticanti più su cosa differenzia un altro chef da un altro, piuttosto di rendersi conto di quando poco sappiano della cucina in generale!Saito, Kobayashi e Tohei invece avevano tutti buone basi, grande capacità sia statiche, che dinamiche... grande capacità sia di eseguire movimenti ampi (per renderli visibili e comprensibili agli allievi), sia di farne di piccoli ed essenziali, come un livello più maturo consente, sia di percepire la propria energia, sia quelli del proprio uke. Si potrebbe dire che "tutti avevano tutto", pur avendo poi scelto di sviluppare qualcosa di particolare, secondo una visione ed un sistema di priorità altamente personali.
Ora quindi spesso manca quel TUTTO "generico", quella "completezza" da avere prima di sviluppare un nostro SPECIFICO.
- Sei capace di praticare sia in modo STATICO, che DINAMICO una tecnica?
- Quanto è grande il BAGAGLI TECNICO che destreggi?
- Quale competenze hai con la pratica con le ARMI?
- Quanto è INTEGRATO il tuo sistema di armi con le tecniche a mani nude?
- Quando investi sulla ricerca dei PRINCIPI della biomechanics del movimento e dell'interazione fra corpi nel tuo allenamento personale?
- Che rapporto c'è fra la DIDATTICA e la PRATICA, ovvero dallo strumento di apprendimento che utilizzi e ciò che poi effettivamente impari?
- Che rapporto c'è fra gli SCHEMI che utilizzi per apprendere e la capacità di affrancartene quando ciò risulta utile per imparare qualcosa di nuovo ed ulteriore?
- Quanto fai le cose come le fai perché ti hanno detto di farle così... o quanto le fai come le fai perché hai compreso dal di dentro che quello è il modo (temporaneamente) migliore di farle?
Se ciascuno rispondesse a queste domande anziché guardare quanto la sua "parrocchia" sia più statica, dinamica, marziale, spirituale, relazionale, percettiva, efficace rispetto ad un altra... la questione degli "stili" sparirebbe in un secondo, e le persone cercherebbero molto di più in giro ciò che manca loro, anziché mostrare una sorta di fedeltà cieca ad una visione molto specifica (e quindi per forza limitativa) della parola "Aikido".
Penso ancora che ci siano sostanziali differenze nel crescere alla corte di Patricia Hendricks Sensei o accanto all'hakama di Endo Sensei: una è tutta uno spigolo e l'altro è tutto morbido e tondeggiante... ma vi assicuro che la prima è capace di una fluidità notevole, ed il secondo è capace di prenderti a calci nel culo come desidera (con me, ad esempio, lo ha tatto!).Ma essi fanno INNANZI TUTTO entrambi Aikido... ecco, ricordatelo pure tu "che prima di tutto fai Aikido", così anziché investire su ciò che ti distingue dagli altri, avrai modo di andare ad imparare tutte le cose che gli altri sanno già sull'Aikido, e che tu ignori ancora proprio che esistano.
Questo è allenarsi in grande STILE, altroché!Marco Rubatto
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