Si pratica l'Aikido, prima di tutto?
Grazie alla traduzione di Andrea Cecere, quest'oggi vi offriamo un'intervista a Richard Strozzi-Heckler Sensei, fra i pochi che sta promuovendo un progetto di crescita della pratica nel continente africano.
Buona lettura!
Marco Rubatto
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Josh Gold, Aikido Journal |
Richard Strozzi-Heckler, PhD, è il fondatore dell’istituto Strozzi ed ha speso più di quarant’anni nella ricerca, sviluppo e insegnamento di metodi di comando e semantica a capi d’azienda, executive managers, gruppi provenienti dalle aziende di Fortune 500, NGO, nuove start up tecnologiche, organizzazioni no-profit ed appartenenti all’amministrazione e all’esercito americano.
Richard è l’autore di 8 libri, compreso “Alla ricerca dello spirito guerriero”.
Tra il 2002 e il 2007 è stato un consigliere per la NATO e il SACEUR (Comandante Supremo per l’Alleanza Europea) Generale Jim Jones, in passato consigliere per la Sicurezza Nazionale. É il co-fondatore del progetto Mideast Aikido (MAP), che avvicina israeliani e palestinesi attraverso la pratica dell’Aikido.
Richard Strozzi-Heckler |
Josh Gold (Aikido Journal): Grazie ancora per aver trovato il tempo di parlare a tutti noi della comunità di Aikido Journal. Hai fatto così tante splendide iniziative che ero incerto da dove iniziare. Che ne pensi se oggi parlassimo del progetto di Aikido in Etiopia? Potresti raccontarci la storia della sua origine?
Richard Strozzi-Heckler: Certo. Nel 2004 il fondatore di Aiki-extension (Don Levine, n.d.t.) ed io decidemmo di portare avanti un progetto in cui persone provenienti da gruppi, etnie o nazioni storicamente in guerra da secoli potessero riscoprire un terreno comune. Volevamo avvicinare tra loro queste persone tramite la pratica dell’Aikido. Volevamo vedere se questo poteva creare una diplomazia parallela [non governativa o politica n.d.t.]. Abbiamo chiamato il progetto Allenamento senza Frontiere (TAB) e abbiamo avviato un progetto nel 2005 a Nicosia in Cipro e più tardi a Loutrakis in Grecia.
Abbiamo trascorso poco più di una settimana con israeliani e palestinesi, serbi e bosniaci, turchi e greci, giordani, americani e iracheni; tutti gruppi che storicamente sono stati coinvolti tra loro in un conflitto armato sul lungo periodo.
Esfaye Tekelu con Richard Strozzi-Heckler, mentre riceve il suo certificato di shihan nel 2020 |
A seguito di quel periodo di allenamento focalizzato, tornò in Etiopia e iniziò a insegnare là Aikido. Infiammò l’immaginazione di tutti quei giovani ragazzi residenti in un paese da secoli incastrato in tumulti violenti legati a differenze etniche e tribali. Ed ora giovani provenienti da tribù diverse si allenano insieme, il che è una grande conquista considerando che i contatti tra tribù sono estremamente limitati.
Tes ha un ricco passato di lavori sociali svolti in Etiopia ed insieme alla sua organizzazione spesso si reca nelle zone rurali per le campagne di prevenzione contro l’HIV. Al suo ritorno Tes volle aggiungervi anche delle dimostrazioni di Aikido. Dopo l’aggiunta di tali dimostrazioni, la partecipazione a queste riunioni rurali crebbe da un 750 fino a 2000 o 2500 presenze. C’era qualcosa che gli etiopi stavano scorgendo nell’Aikido che promuoveva la visione di un futuro diverso o uno stile di vita in grado di aprirli a una nuova visione collettiva.
G: Quindi hai avuto contatti con Tes in Etiopia, è diventato un tuo studente, lo hai istruito sull’Aikido e sui programmi di personificazione della leadership e Tes è poi tornato in Africa per fare tutti questi fantastici progetti utilizzando gli strumenti e il supporto da te forniti. É una splendida rappresentazione di una moderna versione reale del Monomito (Viaggio dell’Eroe). Deve essere stato parecchio soddisfacente.
S: Nel diffondere l’Aikido in Etiopia e nell’Africa occidentale, il nostro impegno è quello di non guidare i progetti attraverso il complesso del salvatore bianco, ma dare la possibilità agli africani locali di essere coloro che organizzano il tutto. Il modo in cui Tes ha introdotto l’Aikido ai ragazzi prima in Etiopia e adesso in Eritrea, Somalia, Tanzania e Kenya è veramente ragguardevole. É un leader veramente dotato e unico nel suo genere. Quando lo ho incontrato era uno studente estremamente ricettivo e si è completamente sobbarcato l’allenamento nell’Aikido e in ciò che rappresenta, tanto nell’ambito del Budo quanto del cambiamento sociale e spirituale che è possibile al suo interno. É stato in grado di condividere l’Aikido in modo da farlo integrare con le tradizioni e la storia etiope. Successivamente è tornato al Two Rock Dojo per ottenere ulteriore addestramento ed ottenne il suo nidan prima di tornare in Etiopia. Ad oggi nel 2020 abbiamo ben 11 dojo aperti in tutta la nazione. Ce n’è ance uno in Somalia, uno a Zanzibar, diversi in Kenya e Tanzania e ne stiamo per aprire uno in Congo. Ed ora Tes ha raggiunto il sandan.
G: Sei mai stato in alcuni di quei dojo?
S: Si, sono tornato altre due volte in Etiopia. L’ultima volta che sono stato là abbiamo organizzato un East Aikido Summit. In questa importante occasione abbiamo invitato i capi delle cinque principali tribù locali per poter intavolare un discorso riguardo il conflitto: la visione etiope e quella Aikidoistica. É stata la prima volta in tutta la storia del Paese che quei rappresentanti politici si incontravano sotto lo stesso tetto.
G: Ed è stato l’Aikido a riunificarli?
S: Abbiamo utilizzato la filosofia e la pratica dell’Aikido per strutturare un seminar di scambio culturale. I capi tribù si sono avvicinati per discutere della filosofia dell’Aikido e le sue pratiche culturali. Abbiamo alternato tempo sul tatami e tempo di dibattito e confronto. E in questo evento i giovati etiopi potevano porre domande ai loro rappresentanti tribali e iniziare un dialogo su vie alternative di risoluzione dei conflitti, la creazione della parità di genere e su questioni legate all’educazione e alla sanità.
I delegati hanno partecipato ad ogni classe e una manciata di loro si sono anche cimentati con qualche tecnica. Nella cultura etiope la loro cerimonia del caffè è di estrema importanza, così ne abbiamo inserita una all’inizio del seminar. Abbiamo perfino convinto la principale banda musicale di rock and roll della nazione di essere presente per suonare all’evento. Questi eventi da soli sono stati estremamente degni di commemorazione.Abbiamo anche organizzato una dimostrazione presso l’ambasciata americana in Addis Ababa, e grazie al mio lavoro nello strutturare Programma di Arti Marziali per il Corpo della Marina (MCMAP) e le mie collaborazioni con le Forze Speciali (che ho documentato nel mio libro “Alla ricerca dello Spirito Guerriero”), è stato in grado di incuriosire i marines stazionati lì presso la guardia dell’ambasciata. Un certo numero di loro ha partecipato al seminario, si è allenata con gli africani ed ha partecipato alle celebrazioni. É stato davvero un seminario unico nel suo genere.
Dojo etiope, lavori in corso |
G: Gli etiopi che vengono a contatto tramite queste iniziative vivono in una zona martoriata dalla guerra dove la violenza fisica ha una presenza massiccia nelle loro vite. Quando hanno assistito o praticato l’Aikido le prime volte, qualcuno di loro ha mai messo in dubbio la natura cooperativa della pratica aikidoistica? O anche semplicemente il perché le tecniche mostrate lasciano una via d’uscita all’attaccante invece di sottrargliela e dargli il colpo di grazia? Ci sono mai state richiese sull’efficacia nel combattimento o questioni simili?
S: Non ci sono mai state richieste a riguardo. Dal mio punto di vista, scaturito parlando con molti etiopi, tra questa popolazione c’è molta stanchezza riguardo il conflitto. Sono fiaccati da esso. Hanno capito la necessità di provare nuovi approcci. La nozione di una rigorosa ed emotivamente sentita cooperazione che ottenga gli standard minimi prefissati è molto sentita in loro nel momento in cui hanno capito che tutte le parti coinvolte ne possono uscire migliorate.
G: Alcuni vedono degli allenamenti di Aikido sulle piattaforme multimediali e scrivono dei commenti del tipo: “Certo però che una cosa simile per strada non funzionerebbe mai”. Alcune persone hanno una vera necessità per la pratica dell’autodifesa oppure sono ossessionati dall’efficacia marziale e posso rispettare ciò, ma molti dei discorsi sull’efficacia di un’arte marziale per le strade proviene da persone che vivono in zone sicure del mondo e si mischiano in battibecchi sulle piattaforme virtuali. Ma le persone in Etiopia che hanno un rapporto stretto con la violenza fisica e una vera necessità di proteggersi sviluppano una mentalità sulla falsa riga di “Abbiamo avuto abbastanza a che fare con uno spirito di sopruso. Vogliamo qualcosa di diverso”. Mi sembra di capire non vogliano un approccio che propaghi ulteriore violenza. Ritengo questa sia una dinamica su cui chi abita in zone più fortunate del mondo dovrebbe realmente riflettere.
Tesfaye Tekelu |
G: A me questa pare una storia su una creativa creazione del vero potere dell’Aikido, ma anche una storia di sviluppo della capacità di guidare gli altri. Nel lavoro con Tes, hai avuto la possibilità di forgiare questo giovane uomo che è tornato in Etiopia dopo un periodo di allenamento molto intenso ed è diventato una vera guida. Ha accolto la filosofia dell’Aikido e gli allenamenti tecnici e sulla leadership per poi riadattare il tutto alla cultura e all’ambiente etiope. Ha fuso con successo un’arte giapponese con la sua cultura nativa ed ha utilizzato lo spirito pionieristico e d’innovazione americano per creare qualcosa di veramente speciale da tale fusione.
S: É davvero stupendo. Io non ho mai avuto inizialmente alcun piano nel diffondere l’Aikido o i miei studi sulla Leadership Embodiment in Etiopia. Per un paio di anni ho avuto la possibilità di passeggiare con alcuni anziani dei Maasai e qualche cacciatore e raccoglitore delle tribù della Tanzania e sono rimasto veramente colpito dal loro spirito guerriero. L’Africa mi ha colpito profondamente, ma non mi ero mai immaginato di iniziare a sviluppare dei progetti in essa. Ma c’era questa connessione tra Tes e me. Ce ne siamo accorti entrambi e ci siamo impegnati per sfruttarla.
G: Quali sono le nozioni che hai appreso dai tuoi progetti in Etiopia fino ad ora?
praticanti in Etiopia che si preparano per l’esame da primo dan |
Anche di fronte a conflitti armati e violenze ancora in atto, c’è qualcosa dentro tutti noi che risuona nelle nozioni di interdipendenza, interconnettività, reciprocità e mutuo scambio. All’interno dei principi dell’Aikido il conflitto può essere accolto solo in funzione dell’energia che vi è al suo interno. Tale conflitto contiene qualcosa che è in realtà nutriente per entrambi. É c’è un’aspirazione che ricerca una certa interscambiabilità dei ruoli. Voglio attaccare, voglio ricevere l’attacco. Voglio esprimere chiaramente le mie idee e difendere il mio punto di vista, combattere per ciò a cui tengo. Ma voglio anche essere in grado di ascoltare qualcuno che appare completamente diverso da me ed abbracciare ciò che è in grado di smuoverlo emotivamente. L’Aikido può insegnarci a divenire ascoltatori più attenti, a servire uno scopo più grande del nostro ego e dei nostri obbiettivi personali. Ci insegna che l’unica soluzione per i partecipanti non è necessariamente un gioco a somma zero con vincitori e vinti. Possiamo sperimentare la possibilità di uno spazio al di là di ogni divisione tra chi percepisce e chi viene percepito, uno spazio in cui poter contattare l’origine delle cose all’interno della nostra pratica.
Penso sia giunto il momento di distanziarci dall’idea di Aikido come una cosa. Non si tratta di un nome ma di un processo organico, energetico ed evolutivo. E quando lo avvicini a un gruppo di giovani etiopi di questo secolo, la loro storia e cultura inizierà a modificarlo per renderlo una cosa loro. Ritengo dovremo essere sempre più aperti e ricettivi a questo genere di cose.G: Ho intervistato il Doshu qualche mese fa in San Francisco. Una delle cose di cui abbiamo parlato e dell’Aikido in quanto proposta culturale giapponese. Volevo sapere, con l’Aikido ormai diffuso in 140 nazioni, quali elementi culturali giapponesi sono indispensabili all’interno dell’Aikido. E quali caratteristiche, invece, sono libere di variare nella sua diffusione da una cultura all’altra.
Da quanto ho capito secondo il suo punto di vista il cuore vero dell’Aikido sono la sua filosofia e i suoi principi ed il sistema tecnico ad essi sottesi. Penso ritenga che fino a quando quegli elementi sono mantenuti, l’Aikido può tranquillamente esprimersi in modi di versi a seconda della cultura in cui si diffonde.
Richard Strozzi-Heckler, Tesfaye Tekelu e Katina Bishop in presenza del Doshu Moriteru Ueshiba e della signora Ueshiba, San Francisco settembre 2019 |
G: Che tipo di risultati o impatti hai potuto riscontrare all’interno del progetto per ora?
S: Abbiamo informazioni dl 2005 ad oggi. In 15 anni di pratica di Aikido abbiamo visto il 97% degli studenti frequentare un corso di studi avanzato e per quanto riguarda i più piccoli, il 100% di loro ad oggi frequenta regolarmente le lezioni e riesce ad ottenere buoni voti. É un prerequisito obbligatorio alla loro iscrizione al dojo frequentare la scuola e nel caso i loro voti inizino ad abbassarsi ricevono l’aiuto necessario. Per tutti questi anni non abbiamo avuto gravidanze indesiderate tra i nostri giovani. Molti dei ragazzi vengono formati per essere educatori sanitari per tenere in tutto il Paese eventi informativi sull’HIV e le contraccezioni. Trasmettono queste conoscenze ai loro pari e vivono seguendo loro stessi queste precauzioni. In oltre una decade e mezzo non ci sono stati casi di HIV all’interno della comunità del dojo. Ci sono fin troppi orfani da HIV in Etiopia e per noi è un orgoglio che i giovani della nostra comunità siano educati sui rischi delle malattie sessualmente trasmissibili e del sesso non protetto.
Un partecipante su 3 nel nostro progetto è una ragazza o giovane donna e questo è un numero che continua a crescere. Tutte le donne da noi si sono graduate alla scuola superiore e proseguono con gli studi universitari, proprio come gli uomini. Ricevono anche formazione riguardo la leadership e su come essere da esempio per le ragazzine che si approcciano al nostro dojo. Abbiamo riscontrato una riduzione nelle mutilazioni genitali femminili. I nuovi dojo oggi sono guidati da alcune di quelle ragazzine che si sono approcciate all’Aikido 15 anni fa. C’è maggiore uguaglianza di genere e molte delle nostre donne stanno occupando posizioni importanti all’interno del Paese.
Più del 50% della popolazione in Etiopia ha meno di 25 anni e in un ambiente dove i tafferugli urbani e civili sono all’ordine del giorno in molti hanno difficile accesso all’educazione, un impiego dignitoso e più in generale ad un senso di scopo verso cui indirizzare le proprie energie. É fin troppo facile per loro cadere nelle dinamiche di violenza e discordia, mettendo in pericolo oltre alla loro persona le loro famiglie e comunità.
Il dojo offre non solo opportunità ed educazione ma anche una comunità che costruisce i valori della disciplina, del rispetto, della perseveranza, di una visione comune, del lavoro di squadra e della speranza. Queste energie sono contagiose e impattano positivamente la loro salute e il loro benessere tanto nel dojo quanto al di fuori di esso nelle loro vite quotidiane.G: É qualcosa di profondamente ispirante. Ti ringrazio per aver condiviso la storia di questo progetto con Aikido Journal. E grazie anche per aver reso possibile una simile storia di successo per l’arte dell’Aikido. Come possiamo tenerci informati e supportare l’iniziativa?
S: Se volete donare i vostri gi usati o altro materiale utile alla pratica dell’Aikido potete inviarle presso Tesfaye Tekelu, 281 41st Street, Oakland, CA 94611.
Se volete ulteriori informazioni su come procede il progetto o volete fare una donazione, potete farlo QUI.
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